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3.1 I settori economici costieri

3.1.4 Pesca e acquacoltura

La pesca si può definire come un prelievo di una risorsa naturale rinnovabile dall’ambiente acquatico ossia di una risorsa che entro certi limiti può ricostituirsi, mentre l’acquacoltura è uno sfruttamento delle capacità produttive di un ecosistema acquatico.

Fig. 12 Andamento mondiale pesca e acquacoltura dal 1950 al 2004

54 Stretto di Gibilterra. 2000000 2500000 3000000 3500000 4000000 4500000 5000000 5500000 6000000 6500000 7000000 0 20000000 40000000 60000000 80000000 100000000 120000000 140000000 160000000 180000000 1950 1953 1956 1959 1962 1965 1968 1971 1974 1977 1980 1983 1986 1989 1992 1995 1998 2001 2004 n ° ind iv idu i to n e lla te pesca acquacoltura produzione totale popolazione mondiale Poli. (pesca) Espo. (acquacoltura) Poli. (produzione totale)

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Fig. 13 Pescato nell'UE-27 dal 1950 al 2008 suddiviso per specie demersali e pelagiche. Nota: le specie demersali sono

quelle che vivono in prossimità dei fondali (prevalentemente costiere). Le statistiche non sono complete per gli UE-27 per l'intero periodo. Dal 1988 la curva delle catture di specie pelagiche aumenta improvvisamente, poiché da quel momento comprende anche i dati di Estonia, Lettonia e Lituania. La Slovenia è inclusa dal 1992 in avanti. Fonte FAO Fishstat, 2010.

A partire dalla metà degli anni '80 la pesca a livello mondiale è entrata in crisi rallentando la crescita. La situazione è particolarmente critica nelle acque costiere, che rappresentano oltre il 30% della produttività e il 70% dei pesci pescati, dove il declino ha raggiunto proporzioni serie.

La pesca subisce impatti diretti: l’MSY55

atteso per le risorse si riduce a causa dell’alterazione o della distruzione di habitat critici per le diverse specie ittiche; la composizione specifica delle risorse varia modificandone la salute e

la diversità, poiché le alterazioni ambientali sottopongono a selezione genetica le specie più resilienti che sono di solito quelle a più basso valore commerciale. L’introduzione di specie alloctone invasive mediante acque di zavorra sta diventando un disturbo serio; aumenta l’instabilità e la variabilità degli ecosistemi; si riduce la qualità del cibo e la sicurezza.

Il settore della pesca sta affrontando una crisi di tipo strutturale con una tendenza negli anni ad una diminuzione

55 Maximum Sustainable Yield. La più alta quantità prelevabile al fine di realizzare la massima velocità di recupero,

cioè il massimo tasso di crescita.

Fig. 15 Consumo di pesce e pescato

nell'UE-27 dal 1989 al 2007.

Fig. 14 Andamento stock di pesci nel

Nord Est Atlantico che evidenzia l'incremento del pescato da stock di pesci per i quali è rispettato l'MSY.

50 del numero dei pescatori. Nonostante ciò può registrarsi una crescita nelle tonnellate di pesce sbarcato, ma gli aumenti degli sbarchi non sono il segnale di un andamento positivo del settore, in quanto possono dipendere da maggior disponibilità di pesce, ma anche da un’intensificazione dell’attività di pesca (sovrasfruttamento). L’aumento di richiesta di pesce sul mercato è stato soddisfatto con una maggior pressione di pescato anche di specie non convenzionali e con pescato proveniente da mari non europei. Le difficoltà nel settore della pesca hanno indotto lo sviluppo del settore dell’acquacoltura, che è aumentata soprattutto nella produzione di pesce più che di molluschi. La maggior parte della produzione avviene in acque marine e salmastre. Il principale produttore è la Norvegia, che produce salmoni con sistemi di maricoltura, che sovraccaricano le acque costiere di nutrienti.

Il settore della pesca in Europa era già entrato in crisi alla fine degli anni novanta, tra il 1995 e il 2002 la produzione di pescato è diminuita del 17%, mentre quella mondiale è aumentata del 17%, e questo sia per una diminuzione della pezzatura media del pescato e sia per il minor numero di specie sfruttate commercialmente.

Per superare questa crisi strutturale, causata dal crollo degli stock, sono state adottate delle misure (Regolamento europeo CE 1967/2006)56, che puntano al loro recupero attraverso l'utilizzo di reti a

maglie più grandi, l'aumento delle distanze di pesca dalla costa e la creazione di zone a protezione integrale.

Le misure UE hanno trovato impreparato il settore della pesca, in particolare quello italiano, con conseguenti reazioni di varie comunità di pescatori (Chioggia, Cesenatico, ecc.).

Il nocciolo della questione, delle reazioni e delle obiezioni sta nel fatto che in Europa si tende a stabilire norme uguali per tutti, con l’obiettivo indiscutibile di salvaguardia dell’ecosistema marino. Tale obiettivo trova ovviamente consensi unanimi, tuttavia le specie pescate in Atlantico hanno dimensioni notevolmente superiori a quelle dell’Adriatico, con la conseguenza che i grossi pescherecci e le industrie, continuerebbero ad essere intoccabili, mentre a rimetterci sarebbero solo i piccoli pescatori. Le questioni che dovrebbero essere oggetto di soluzioni politiche diventano spesso strumentali alle politiche, per cui, ci si misura più in termini populistici di consenso o difensori del dissenso su posizioni opportunistiche, individuando l'Europa, come un Superstato, che impone leggi e regolamenti contro gli interessi del nostro Paese e contro le nostre tradizioni culturali e gastronomiche.

56 http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2006:409:0009:0064:IT:PDF Regolamento CE

n.1967/2006 del 21 Dicembre 2006 relativo alle misure di gestione per lo sfruttamento sostenibile delle risorse della pesca nel mar Mediterraneo e recante modifica del Regolamento (CEE) n.284/93 e che abroga il Regolamento (CE) n.1626/94.

51 Le scelte politiche in Italia sono spesso quelle delle “deroghe” (la pesca in deroga, le quote latte in deroga, la caccia in deroga, ecc.), per cui ci si trova frequentemente su posizioni che rincorrono il passato piuttosto che anticipare il futuro. Strumenti, come la GIZC, rimangono spesso sulla carta e/o costituiscano semplicemente delle “buone intenzioni” più propagandistiche che di sostanza politica, mentre dovrebbero aiutarci ad anticipare le questioni, per evitare di affrontarle da posizioni di debolezza e quindi di "subirle" (le misure sulla pesca del Regolamento, di cui sopra, sono state applicate in Italia nel corso del 2010), a volte dovendo pagare anche delle multe e/o delle sanzioni, a causa della difesa di interessi di parte, tali, se non altro, perché non condivisi da tutti.

Oltre alle misure adottate per la ricostituzione degli stock un'alternativa è rappresentata dalla itticoltura, sia nella forma dell'acquacoltura che in quella della maricoltura. Le specie non commerciali possono essere sfruttate per produrre le farine di pesce per l'acquacoltura, ma ciò potrebbe portare ad una minore disponibilità di cibo per le specie commerciali e in ogni caso il "bilancio energetico" (non quello economico) sarebbe negativo, poiché per produrre un Kg di pesce commerciale si utilizzerebbero tre Kg di pesce non commerciale di pesce selvatico, di scarso valore commerciale: dal punto di vista ambientale il bilancio è negativo.

Non si deve poi dimenticare che l'itticoltura può portare a problemi di eccessiva presenza di nutrienti (azoto) e conseguenti eutrofizzazioni sempre a discapito dei pesci selvatici, e anche ad altri problemi come: integrità genetica, malattie, farmaci e prodotti chimici.

I problemi della pesca e dell’itticoltura, proprio per le situazioni di crisi e di conflittualità, vanno quindi affrontati in un contesto di sostenibilità economica, sociale e ambientale attraverso strumenti idonei (vedi sostenibilità e GIZC).

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