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4più adatto in considerazione del tipo di azienda, della sua cultura e del settore in cui opera:

se devi sostenere un colloquio presso un istituto bancario, sarà opportuno avere un abbi-gliamento formale; se invece sei stato contattato da una radio per una posizione di DJ, un abbigliamento formale apparirebbe inadeguato e fuori contesto;

i documenti: ricordati di portare con te un documento di identità ed alcune copie del tuo CV; il cellulare: ricordarti di spegnerlo. Uno squillo improvviso potrebbe pregiudicare l’esito del colloquio. Dimenticare di spegnerlo darebbe l’idea di una persona distratta e poco pro-fessionale.

Durante il colloquio

Quali sono i comportamenti da tenere durante l’intervista? Quali atteggiamenti vanno evi-tati? Di seguito troverai alcuni consigli e suggerimenti per sostenere un buon colloquio. • Cerca di controllare l’ansia e l’emotività: se andrai al colloquio “preparato” (vedi

sopra), avrai sicuramente meno ragioni per essere (eccessivamente) teso e ansioso; • evita gesti compulsivi (toccarsi continuamente i capelli, giocherellare con una penna,

ecc.) che attestino le tue difficoltà nella gestione dell’ansia da colloquio;

cerca di avere un atteggiamento realmente positivo, aperto e disponibile (ricorda che il linguaggio non verbale – tono di voce, postura, espressioni, ecc. - dice moltissimo del tuo atteggiamento);

cerca di parlare in modo chiaro e senza timori, con naturalezza e con proprietà di lin-guaggio;

ascolta attentamente le domande e le osservazioni del selezionatore; se una domanda non ti è chiara, non esitare a chiedere delucidazioni e chiarimenti;

cerca sempre di motivare le risposte e di spiegare le ragioni delle tue scelte; non essere logorroico, ma non rispondere neppure a monosillabi: rispondi in modo

sintetico ma esauriente, articolando adeguatamente le risposte;

non mentire; evita anche di enfatizzare esageratamente le tue competenze ed espe-rienze. L’azienda non sta cercando un genio, ma una persona adatta a svolgere deter-minate attività in un determinato contesto;

non essere aggressivo: l’arroganza è motivo sicuro di esclusione. Questo non vuol dire che tu debba avere un atteggiamento passivo o dimesso: poniti con naturalezza e cerca di essere aperto e propositivo.

In conclusione, tieni sempre presente che, attraverso le sue domande, il selezionatore vuol capire: chi sei (il tuo carattere, la tua personalità, le inclinazioni, gli interessi, le attitudini, ecc.); 57

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cosa saresti in grado di fare in azienda (cioè se il tuo profilo è in linea con quello ri-cercato dall’azienda);

quali ragioni/motivazioni determinano il tuo interesse per quel tirocinio. Va infine ricordato che, in alcuni casi, si può essere chiamati a sostenere due colloqui con la stessa azienda: ad una prima intervista di tipo “conoscitivo”, può seguire un secondo col-loquio di tipo “tecnico”, finalizzato cioè a verificare l’effettivo possesso delle conoscenze e competenze richieste.

Non solo colloquio

Oltre al classico colloquio, talvolta le aziende possono anche avvalersi di altri strumenti di selezione, quali test psicoattitudinali, logico-matematici, ecc.

Tra gli strumenti di selezione più utilizzati dalle aziende, una menzione particolare spetta a una metodologia articolata e complessa: l’Assessment Center. L’AC, utilizzato per lo più dalle grandi aziende, si svolge in genere nell’arco di una giornata e serve essenzialmente a valutare (assessment significa valutazione) il potenziale, le capacità e le attitudini dei candidati in re-lazione a determinate posizioni lavorative. In sostanza serve a capire, mediante un insieme di “prove” - alcune individuali, altre di gruppo - se una persona è in grado di ricoprire efficace-mente un determinato ruolo in azienda. Ad una sessione di assessment partecipano in genere 5-10 candidati. Attraverso l’osservazione dei loro comportamenti, i selezionatori valutano una serie di caratteristiche: le capacità di interazione e relazione, di negoziazione e di leadership, di lavorare in gruppo e di gestire situazioni conflittuali o stressanti; e ancora: le capacità de-cisionali, le doti organizzative, la capacità di affrontare e risolvere problemi complessi, ecc. Ecco alcune possibili prove di un AC:

– in gruppo: autopresentazione e discussione di gruppo su un tema o un problema spe-cifico (ad esempio la discussione di un caso aziendale);

individuali: test attitudinali, simulazioni di casi aziendali (ad es. l’in basket25), colloquio. Per affrontare al meglio un assessment, la prima regola è quella di presentarsi per ciò che si è, senza cercare ad ogni costo di far colpo sui selezionatori: i comportamenti innaturali, sopra le righe o forzati vengono immediatamente scoperti. Concentrazione e naturalezza, flessibilità e disponibilità al dialogo, propositività e determinazione: è questo l’approccio migliore all’assessment. 58

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25 L’in basket è una sorta di gioco di ruolo individuale in cui viene simulata una situazione aziendale complessa: sulla tua scrivania trovi una serie di “messaggi” che presentano questioni o problemi da risolvere; sei quindi chiamato a prendere varie decisioni, entro tempi prestabiliti, per affrontare nel modo migliore le diverse problematiche.

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5. Consigli utili per affrontare il tirocinio

5.1 Muoversi in azienda

Se hai superato la selezione e sei stato scelto per un tirocinio, l’azienda (o il soggetto pro-motore) ti chiamerà per firmare il Progetto formativo. Come abbiamo visto, nel Progetto formativo devono essere indicate le attività che dovrai svolgere e le competenze che svi-lupperai nel corso del tirocinio.

L’insieme delle attività assegnate definiscono il tuo ruolo all’interno dell’organizzazione; le competenze attese rappresentano invece il risultato, l’esito del tuo percorso formativo. In sostanza nel Progetto formativo viene definito:

che cosa farai all’interno dell’azienda (attività da svolgere); cosa imparerai a fare nel corso del tirocinio (competenze attese).

È evidente che le due cose sono strettamente connesse: tutto ciò che imparerai a fare, lo imparerai facendolo.

Ciò che nel Progetto formativo non viene detto è invece come comportarsi in azienda, quali atteggiamenti assumere, quali comportamenti tenere e quali evitare. Si tratta di un aspetto da considerare con grande attenzione, dal momento che il lavoro non è semplicemente un insieme di mansioni da svolgere, ma anche e soprattutto una rete di relazioni, di rapporti, di scambi.

Tieni quindi presente che la valutazione del tirocinio non dipenderà soltanto da quello che dimostrerai di saper fare, ma anche dal modo in cui svolgerai le attività che ti verranno af-fidate, dai comportamenti, dagli atteggiamenti e dai modi di fare e di relazionarti. Schematizzando, si può dire che il successo nel lavoro dipende essenzialmente da tre fattori:

 sapere (l’insieme delle conoscenze necessarie per lo svolgimento del proprio lavoro);  saper fare (l’insieme delle competenze professionali necessarie in relazione al ruolo

che si ricopre);

 saper essere (l’insieme dei comportamenti che ci si aspetta da chi opera in un deter-minato ruolo e in una determinata realtà aziendale).

Con l’espressione “saper essere” si intende dunque la capacità di assumere comportamenti, atteggiamenti, modi di fare e di porsi che siano coerenti tanto con il proprio ruolo, quanto con la cultura dell’organizzazione, con i suoi valori e la sua immagine, con le sue regole scritte e non scritte. Ogni organizzazione è costituita da un patrimonio di storia, valori, idee

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e conoscenze che orientano il modo di comportarsi delle persone che ne fanno parte. Saper essere significa sapersi integrare nel contesto sociale e organizzativo di cui si fa parte, non soltanto mediante il rispetto delle più ovvie e generali regole di comportamento o dei re-golamenti aziendali, ma anche e soprattutto attraverso modi di porsi e di comportarsi che esprimano la comprensione e la condivisione della filosofia aziendale. Non si verrà mai ap-prezzati se, pur facendo un buon lavoro, si assumono atteggiamenti inadeguati o contrari alla cultura e ai valori dell’organizzazione. Saper stare in azienda è una condizione fonda-mentale per la buona riuscita di un tirocinio.

Ovviamente ogni organizzazione ha una sua specifica identità, una sua storia e una sua cultura e quindi i comportamenti attesi varieranno a seconda dell’azienda in cui ci si trova. Pertanto la prima cosa da fare è “studiare” l’organizzazione prima ancora di entrare a farne parte, raccogliendo il maggior numero possibile di informazioni sulla sua storia, cul-tura, obiettivi, strategie, ecc.. A questo scopo possono essere utilizzate le più diverse fonti di informazioni: internet, giornali, ecc.. È evidente che l’ideale sarebbe poter chiedere in-formazioni direttamente a chi lavora in quell’organizzazione.

Nel momento in cui si entra in azienda diventa fondamentale osservare lo stile relazio-nale, i comportamenti e gli atteggiamenti tenuti dai colleghi e dai responsabili. Tutte le aziende richiedono ai propri collaboratori buone capacità relazionali, disponibilità al dialogo e al confronto, capacità di lavorare in gruppo, ecc.; ma queste caratteristiche generali tro-vano declinazioni e applicazioni diverse in ogni realtà lavorativa. Per integrarti quanto prima nel tuo ambiente di lavoro, devi comprendere le (e adattarti alle) peculiari dinamiche sociali, comunicative e relazionali che caratterizzano l’organizzazione in cui svolgi il tirocinio. Pertanto, una volta entrato in azienda, dovrai osservare con attenzione:

• il modo in cui i tuoi colleghi si relazionano tra di loro (formalità/informalità dei rap-porti, stile comunicazionale, tipo di linguaggio, ecc.);

• il modo in cui i tuoi colleghi si relazionano con i “capi”;

• il modo in cui vengono gestite le situazioni conflittuali all’interno del gruppo di la-voro;

• il modo in cui vengono gestiti i rapporti con i clienti e/o i partner;

• il modo in cui vengono gestite le telefonate (modo di porsi, frasi standard, ecc.); • gli orari effettivi dei tuoi colleghi di lavoro;

• il tipo di abbigliamento dei tuoi colleghi.

Ricorda comunque che adattarsi alle regole del gioco non significa appiattirsi in compor-tamenti puramente imitativi e “spersonalizzati”. Per entrare in sintonia con il proprio am-biente di lavoro non è necessario infatti rinunciare al proprio stile e al proprio modo di

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