• Non ci sono risultati.

Pierre Loti, Aziyadé

Il problema maggiore del testo di Loti è che rischia di sparire all’interno della grande quantità di opere letterarie francesi che in quegli anni (Aziyadé esce nel 1879) parlano dello stesso argomento allo stesso modo. Questo romanzo può apparire, infatti, come un’ulteriore avventura orientale, tipica del gusto estetico di quell’epoca, in nome dell’accumulo più o meno senza criterio di esperienze il più pittoresche ed esagerate possibile; in un certo senso sicuramente lo è, ma, come

80

suggerisce Roland Barthes nell’articolo intitolato Pierre Loti: Aziyadé136, è anche qualcosa di più. Questo qualcosa in più deriva proprio dall’uso dell’erotismo che Loti fa in questo libro:

Qual è dunque la persona che il tenete Loti auspica di essere? Probabilmente quella di un turco del tempo antico, ossia un uomo dal Desiderio puro, disancorato dall’Occidente e dal modernismo, nella misura in cui, a giudizio di un occidentale moderno, l’uno e l’altro si identificano con la responsabilità stessa di vivere.137

Aziyadé appartiene completamente a quella tendenza francese descritta nel

capitolo precedente, in cui prevale il desiderio di fuga e di allontanamento dal centro verso una maggiore libertà rispetto alla moralità borghese chiusa e spersonalizzante e in cui dunque non c’è tanto attenzione all’altro come presenza con cui confrontarsi realmente: l’altro è piuttosto una possibilità rispetto al qui o, brutalmente, un mezzo per aumentare l’esperienza di straniamento dell’occidentale. Detto questo va anche considerato che la linea francese tende anche a un maggiore metaforizzazione dell’esperienza esotica e che quindi essa può essere letta su più piani fino a un punto in cui l’alterità arriva a rappresentare almeno una proposta di alternativa estetica. Il testo di Loti si gioca su questo piano simbolico: a una prima lettura esso può apparire semplicemente un romanzetto rosa, in cui succede il minimo indispensabile per l’evolversi della storia amorosa impossibile tra un uomo occidentale e una donna turca; in realtà, come dimostra Barthes nell’articolo già citato, l’amore per la donna non è che uno degli aspetti sotto cui l’erotismo di Loti si manifesta, forse l’aspetto più evidente, quello più accettabile, quello, in un certo senso riassuntivo, ma sicuramente non l’unico. L’amore per Aziyadé si rivela essere, appunto, un simbolo, una metafora, che sta per qualcos’altro di più ampio e complesso.

In breve il romanzo si può riassumere così: un tenente inglese, giovane, ma già disincantato, incontra casualmente una ragazza turca, quarta moglie in un harem; attratto dalle possibilità di trasgressione e avventura che questa situazione può comportare spinge oltre la sua relazione con la donna di cui infine si innamora, ma è costretto a rientrare in patria dalla situazione politica. La distanza porta, alla fine, alla morte di entrambi. La trama dunque non è certo tra le più originali, né tra

136

R. Barthes, Pierre Loti: Azyadé, in Il grado zero della scrittura, Torino, Einaudi, 1982, pp. 166- 181.

81

le più complesse, ma risulta essere basilare per lo sviluppo di altri filoni più sotterranei. La semplicità della storia principale permette, infatti, piccole storie parallele, un’attenzione maggiore ai dettagli, continue digressioni e notazioni paesaggistiche; inoltre, essendo il romanzo in forma diaristica, spesso il corso degli eventi viene interrotto dall’inserimento di scambi epistolari tra il protagonista e suoi interlocutori occidentali. Tutti questi elementi vanno a creare un effetto di insieme molto meno lineare e agevole rispetto a quello che ci si aspetterebbe a partire dalla sola trama.

La prima parte della vicenda si svolge a Salonicco e procede tutta sotto il segno di un gioco, come già fatto notare, in cui l’importate è movimentare un po’ le giornate noiose e in cui la maggior parte dei fatti e degli spazi descritti fa parte di un repertorio di immagini riciclate dall’orientalismo di tutto il secolo. Loti, l’autore e/o il personaggio, capisce subito che sta giocando con dei luoghi comuni e lo fa con ironia: nella prima lettera che invia in Inghilterra parla di sé in terza persona come un attore, un eroe e parla poi di melodramma, di scene, di dramma lirico; sa, insomma, che si sta muovendo in uno spazio in cui già molti sono passati e cerca di farlo se non in maniera originale, almeno in maniera consapevole. Sarà con lo svilupparsi della storia, con il suo trasferimento a Stamboul e con l’inizio della sua doppia vita che le cose prenderanno un’altra piega.

Per districarsi meglio tra i vari aspetti di questa «fantasmagorie orientale»138 è meglio provare a distinguere prima alcune venature che vi sono all’interno e che vanno a confluire tutte nella storia principale. Seguendo il suggerimento di Barthes, dunque, si guarderanno prima quelle tendenze minori di cui Aziyadé risulta essere, come già detto, simbolo riassuntivo.

 L’omoerotismo

Sa main tremblait dans la mienne et la serrait plus qu’il n’eut été nécessaire.

- Che volete, dit-il d’une voix sombre et troublée, che volete mî ? (Que voulez-vous de moi ?)…

82 Quelque chose d’inouï et de ténébreux avait un moment passé dans la tête du pauvre Samuel ; - dans le vieil Orient tout est possible ! – et puis il s’était couvert la figure de ses bras, et restait là, terrifié de lui-même, immobile et tremblant…

Mais, depuis cet instant étrange, il est à mon service corps et âme ;139

L’ambivalenza di questo passo è evidente e, anche se la tensione erotica è spostata dal protagonista all’altro personaggio, l’atmosfera suggerisce un coinvolgimento complessivo che viene sottolineato nell’inciso che sarà poi la chiave interpretativa di tutto il romanzo: nel vecchio Oriente tutto è possibile!

Loti incontra Samuel subito dopo aver incrociato Aziyadé e si fa avvicinare da lui per usarlo come intermediario, ma il ruolo che egli assume si fa via via più ambiguo e anche i termini con cui viene descritto («air câlins […] grand douceur dans les dans les yeux[…] propre comme une chatte»140

) sono significativi e fanno di lui un personaggio estremamente duttile all’interno dell’equilibrio del romanzo. Samuel è infatti indefinibile a partire proprio dalle sue origini: «Il est Turc d’occasion, israélite de foi, et Espagnol par ses pères»141

. Per capire meglio la figura di Samuel può essere utile metterla a confronto con quella di un altro personaggio maschile importante, Achmet. Egli è pressoché il contrario del primo, ha origini turche ben definite e fisicamente è definito erculeo; inoltre mentre Samuel si staglia rispetto ad Aziyadé quasi in una situazione di complementarità, Achmet ne diviene il difensore e messaggero; mentre, insomma, questo garantisce il rapporto tra il protagonista e la donna, l’altro diventa portatore di altre spinte non facilmente definibili, che possono essere indicate al meglio proprio con un’espressione della citazione sopra riportata: qualcosa di inaudito e tenebroso. In altre parole Samuel riveste un ruolo di inserimento nel testo di dettagli meno lineari e chiari rispetto alla trama piana del romanzo, ma lo fa in sordina: non succede cioè mai niente di eclatante, rimane tutto giocato sotto la superficie, piuttosto suggerito che raccontato. Uno di questi dettagli è inserito sicuramente nella scena della barca-letto, che, come si vedrà in seguito, ha una grande importanza all’interno dell’immaginario dell’opera: dopo aver passato tutta la notte con Aziyadé, Loti torna sulla barca di Samuel e lo trova addormentato:

139 Ibid. p. 16. 140 Ibid. p. 12. 141 Ibid. p. 35.

83 Alors je soulevai avec des précautions infinies la couverture qui enveloppait Samuel, pour m’étendre sans l’éveiller à coté de cet ami de hasard.

Et, sans en avoir conscience, en moins d’une seconde, nous nous étions endormis tous deux de ce sommeil accablant contre lequel il n’y a pas de résistance possible ; - et la barque s’en alla en dérive.142

A parte espressioni come senza averne coscienza o nessuna resistenza possibile, l’immagine della deriva ha, come si vedrà e come suggerisce bene Barthes, delle valenze profonde legate al dispiegarsi del desiderio e la sua presenza al termine di questo brano diventa illuminante non solo rispetto alla notte passata con la donna, ma anche con il distendersi finale accanto all’amico. Infine, va notato, che Samuel, a parte il ruolo iniziale di intermediario, non ha un vero e proprio campo d’azione per il resto della storia; la sua presenza, cioè, può risultare gratuita: infatti egli entra e esce dalla narrazione, sparisce e ritorna senza motivi apparenti, è protagonista di scene senza alcune importanza; insomma, diventa chiaro con l’evolversi della vicenda che la sua presenza non è inserita a nessuno scopo se non a quello di rappresentare aspetti meno esplicitabili del soggiorno in Oriente di Loti.

Infatti non è un caso che il protagonista, pur vivendo altre situazioni omoerotiche, guardi con indulgenza solo a Samuel, come a dire che solo attraverso di lui e nei limiti di quel personaggio possono essere fatte entrare delle tendenze che altrimenti non potrebbero minimamente comparire se non per essere rifiutate. Bastino due esempi:

Après avoir couru, Izeddin-Ali et moi, tout Stamboul, à trois heures du matin nous terminions nos exploration par un souterrain de banlieue où de jeunes garçon asiatiques, costumés en almées, exécutaient des danses lascives devant un public composé de toutes les repris de la justice ottomane, saturnale d’une écœurante nouveauté. Je demandai grâce pour la fin de ce spectacle, digne des beaux moment de Sodome, et nous rentrâmes au petit jour.143

E ancora :

Un demi-heure après, la portière de ma chambre se soulevait pour donner passage a six jeunes garçon israélites […] J’avais déjà compris la situation et je ne manifestai aucune surprise ; j’eus seulement la curiosité de pousser plus loin cette étude d’abjection humaine.

142

Ibid. p. 23. 143 Ibid. p. 36.

84 - Vieux Kaïroullah, dis-je, ton fis est plus beau qu’eux…

Le vieux Kaïroullah réfléchit un instant et répondit : - Monsieur Marketo, nous pourrons recauser demain…

… quand j’eus chassé tout ce monde comme un troupe de bêtes galeuses […]144

Entrambi questi due episodi vengono inseriti e ben costruiti per poi essere sdegnosamente rifiutati. Che senso hanno allora ai fini del racconto? Possono semplicemente essere una variazione rispetto alla linea della narrazione principale o possono stare lì a voler rappresentare i costumi orientali, perché va ricordato ancora una volta che siamo in un Oriente in cui tutto è possibile, ma verosimilmente va accettata l’ipotesi di Barthes secondo cui il rifiuto finale non è che un «espediente ben noto della malafede, dove il discorso serve ad annullare retrospettivamente l’orgia avvenuta, che peraltro costituisce l’essenziale del messaggio»145. Non è un caso a questo proposito che tutto ciò avvenga quando la donna è lontana, quando, cioè, il protagonista non può sublimare e ridurre in lei il suo desiderio stratificato e multiforme. Da ciò si può dedurre che accanto all’amore con Aziyadé, che è l’aspetto accettabile da romanzo rosa, sta tutta un’altra serie di piccoli quadri paralleli che vanno a rimpolpare la gamma dei sentimenti presenti nel testo; se Aziyadé non fosse arrivata probabilmente essi avrebbero preso il sopravvento, ma la donna sta lì proprio a poterli rendere comunicativi nello spazio di digressione rispetto alla vicenda di cui lei è protagonista.

Autour de ma maison s’étendaient des vastes terraines dominant Stamboul, plantés de cyprès et des tombes, - terrains vagues où j’ai passé plus d’une nuit à errer, poursuivant quelque aventure imprudente, arménienne ou grecque.

Tout au fond de mon cœur, j’étais resté fidèle à Aziyadé, mais les jours passaient et elle ne venait pas…146

Con Aziyadé lontana non rimane che perdersi nella città feconda di altre situazioni possibili.

144

Ibid. p. 45. 145

R. Barthes, op. cit., p. 173. 146 P. Loti, op. cit., p. 28.

85

 La città

Qui me rendra ma vie d’Orient, ma vie libre en plein air, mes longues promenades sans but, et le tapage de Stamboul ?

Partir le matin de l’Atmeïdan, pour aboutir la nuit à Eyoub ; faire, un chapelet à la main, la tournée des mosquées ; s’arrêter à tous les cafedjis, aux turbés, aux mausolées, aux bains et sur les places ; boire le café de la Turquie dans les microscopiques tasses bleus à pied de cuivre ; s’asseoir au soleil, et s’étourdir doucement a là fumée d’un narguilé ; causer avec les derviches ou les passants ; être soi-même une partie de ce tableau de mouvement et de lumière ; être libre, insouciant et inconnu ; et penser qu’au logis la bien- aimée vous attendra le soir.[…]

La tableau s’assombrit à mesure qu’on s’enfonce dans le vieux Stamboul, qu’on approche du saint quartier d’Eyoub et des grands cimetières. Encore des échappées sur la nappe bleue de Marmara, les îles ou les montagnes d’Asie, mais les passants rares et les cases tristes, - un sceau de vétusté et de mystère, - et les objets extérieurs racontant les histoires farouches de la vieille Turquie.147

Come tutto il romanzo, anche questo passo può sembrare a un primo sguardo un pezzo di bravura di descrizione orientalista e, chiaramente, lo è, ma, ancora una volta, si può andare oltre. Infatti, come viene più volte detto nella citazione, non è solo il gusto di far parte di una scenografia pittoresca e esotica che spinge il protagonista a perdersi nella città: nel girovagare incessante dalla mattina alla sera c’è piuttosto una ricerca e un piacere della libertà. Quello che conta prima di tutto è poter andare alla deriva dentro la città e l’elenco asindetico non fa che ripercorrere linguisticamente il progressivo allontanamento da uno stato di coscienza, con un ritmo quasi ipnotico che riprende quello reale degli spostamenti. Alla fine dell’enumerazione e anch’essa collegata per asindeto, quasi ad indicare che non è che l’ultima tappa di un percorso dentro Costantinopoli, sta l’espressione: essere libero, spensierato, sconosciuto. Perdersi nella città si rivela essere un cammino iniziatico al modo di essere della città stessa il cui fine ultimo è l’allontanamento dalla propria identità di uomo occidentale e responsabile. Dunque, Costantinopoli come Aziyadé, o attraverso di lei, sta a indicare più cose: la città orientale in senso generale è sicuramente il suo significato primo e più diretto, ma sta anche come luogo di libertà, come appena dimostrato, in cui si può fare tutto, in cui i propri desideri possono essere appagati senza troppi sensi di colpa. Indicativa a questo proposito la vicenda dell’incontro-inseguimento con una dama orientale:

147 Ibid. p. 49-50.

86 Alors commença une longue promenade de deux heures, pendant laquelle la belle dame m’envoya par la portière ouverte la collection de ses plus délicieux sourires. La voiture filait grand train, et je l’escortai sur tout son parcours, passant devant ou derrière, ralentissant ma course, ou galopant pour la dépasser. […]

Nous passâmes Dolma-Bagtché, Sali-Bazar, Top-Hané, le bruyant quartier de Galata, - et puis le pont de Stamboul, le triste Phanar et le noir Balate. A Eyoube enfin, dans une vieille rue turque devant un Conak antique, à la mine opulente et sombre, les trois femmes s’arrêtèrent et descendirent.148

Le strade diventano luogo di corteggiamento e i quartieri di Stamboul, nominati a uno a uno, incalzano la corsa come in una vera e propria caccia; in questo modo la città e la donna vanno in un certo senso a sovrapporsi in quanto permettono l’un all’altra una maggiore rivelazione e una conoscenza progressiva: inseguendo la donna si scopre la città, percorrendo la città ci si avvicina alla donna. In altre parole, qui, come nella citazione precedente (e pensare che a casa la sera ci sarà

’ m ), la corsa nella città si conclude sempre con un incontro amoroso.

Costantinopoli, però, assume anche un significato più impegnato, più, in certo senso, politico. Siamo negli anni 1876-77, alla vigilia della guerra russo-turca e l’atmosfera, avvicinandosi la fine del libro, si fa in questa direzione più pesante. Loti più volte si rende conto e denuncia il fatto che la guerra farà perdere alla Turchia molto del suo fascino. Già la promulgazione della costituzione, passo diplomatico obbligato dalle potenze europee, sdegna, insieme alla popolazione turca, anche il protagonista, come segno dell’arrivo dei costumi occidentali: «la Turquie sera perdue par le régime parlamentaire, cela est hors de doute»149. La Turchia, dunque, rappresenta un mondo minacciato dalle potenze occidentali in nome di principi superiori che Loti mostra chiaramente di non condividere e capisce che in gioco non ci sono soltanto dei confini o dei territori, ma una contrapposizione più netta tra diversi modi di esistenza; comprende anche che la sconfitta dell’impero ottomano è certa, ma il suo legame a questa civiltà, proprio per questo senso di ineluttabile perdita, va aumentando. Interessante rimarcare che prima di partire Loti preferisce girovagare ancora nella città che rivedere Aziyadé, proprio a dimostrazione del suo attaccamento a una cultura, a uno stile di vita.

148

Ibid. p. 82. 149 Ibid. p. 55.

87

Malgré mon indifférence politique, mes sympathies sont pour ce beau pays qu’on veut supprimer, et tout doucement je deviens Turc sans m’en douter.150

Nonostante questo passo sia all’inizio, già mostra tutto il carico emotivo che Loti mette nel suo soggiorno Turco, in avversione alle forze esterne a esso che lo vogliono sopprimere in favore di ragioni di stato astratte e lontane. Il protagonista non adduce motivazioni politiche, non sono quelle che lo toccano (malgrado la

mia indifferenza politica), si erge piuttosto a difesa di uno spazio di esistenza che

a partire dal secolo precedente, come visto nello scorso capitolo, era in grado di offrire agli artisti europei una via di fuga dall’imborghesimento generale e un bacino in cui fosse ancora potente tutta una tipologia di immaginazione; in favore di un luogo, insomma, in cui era ancora possibile ciò che in Occidente non lo era più:

Constantinople était le seul endroit où pareille chose put être tentée; c’est le vrai désert d’homme dont Paris étais autrefois le type, un assemblage de plusieurs grandes villes où chacun vit à sa guise et sans contrôle, - où l’on peut mener de front plusieurs personnalités différentes, - Loti, Arif, Marketo.151

Il paragone Costantinopoli-Parigi è qui ben chiaro e i tempi dei verbi, presente per la città turca, passato, per quella francese, indicano esplicitamente il passaggio di investimento emotivo e allo stesso tempo quanto ancora possa essere centrale per gli artisti francesi la loro capitale, almeno come modello ormai perso da ricercare altrove. A parte, comunque, l’ultima notazione, importante è proprio come venga sottolineato il fatto che Stamboul permetta ciò che da altre parti non sarebbe neppure pensabile in termini di eclettismo di personalità, al di fuori di ogni controllo:

Questa è la Stambul di Loti: viva, persino vivace, come un quadro colorato, odoroso, ma privo di proprietario: la Turchia agonizzante (come grande potenza), il modernismo alle porte, poche difese e, qua e là, il culto dei fuori moda, della raffinatezza passata – del passato come raffinatezza.152

150

Ibid. p. 35. 151

Ibid. p. 48.

88

 I travestimenti

Il binomio appena presentato tra libertà incontrollata e identità vacillanti è essenziale alla comprensione dell’intero romanzo e trova la sua massima espressione proprio nei vari personaggi che Loti interpreta e che alla fine smetteranno di essere vissuti come un gioco per andare a intaccare qualcosa di più profondo. Loti è prima di tutto Loti, tenente della marina inglese, poi per i primi incontri con Aziyadé si traveste da albanese, nei suoi primi mesi di soggiorno a Costantinopoli invece utilizza l’identità di Marketo, non meglio precisata, ma che gli serverà nei momenti più ambigui e nelle notti di «pâle débauche»153; infine Arif, la sua identità turca, quella che più di tutte sarà presente e che più influenzerà la storia. Ci si concentrerà dunque sull’oscillazione tra questa e quella europea; il progressivo scivolamento verso la personalità turca mostra anche

Documenti correlati