• Non ci sono risultati.

Le tentazioni dell'altrove. Erotismo e alterita'

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Le tentazioni dell'altrove. Erotismo e alterita'"

Copied!
167
0
0

Testo completo

(1)

1

Introduzione

Ma non può resistere: l’Oriente l’attira come una donna amata per anni1

Perché i testi letterari legati all’esotismo e al colonialismo sono attraversati spesso da spinte erotiche? Questa è la domanda da cui si è deciso di partire. In effetti la ricorsività di questo connubio, esotismo-erotismo, può sorprendere e in molti studi ne è stata sottolineata l’importanza, ma raramente ci si è posti il problema di indagare a fondo il motivo per cui così frequentemente l’incontro con l’altro si trasformi in incontro erotico. Si è provato qui a dare una risposta attraverso un’analisi tematica, cercando di tracciare precisamente i contorni di questa questione e di individuarne la frequenza e i momenti cruciali attraverso alcune opere ritenute significative. Prima di affrontare direttamente i testi si è tentato, però, di delineare un possibile approccio teorico a cui appoggiarsi per la spiegazione di alcuni punti salienti dell’attrazione per l’altrove, come, per esempio la centralità del corpo e del desiderio, l’influenza di questi sull’ interiorità, il ruolo del paesaggio e, infine, il concetto di perturbante. Per meglio affrontare l’argomento, il tema dell’alterità e dell’erotismo sono stati affrontati separatamente per poi unirli soltanto alla fine dell’impostazione metodologia. Il primo capitolo prosegue, quindi, con una breve panoramica sull’evoluzione e sui cambiamenti principali dei due termini della tesi per ricercare il momento in cui hanno iniziato a intersecarsi in maniera più massiccia: a una prima parte dedicata all’importanza del viaggio e dello straniero per la letteratura occidentale segue, dunque, una focalizzazione sui mutamenti della sensibilità erotica. In questo modo si riesce a delimitare un periodo particolarmente fecondo per la tematica prescelta che va da circa la metà dell’Ottocento alla fine della Grande Guerra e al cui interno si possono identificare due linee maggioritarie: quella francese, più legata a un esotismo tradizionale, basato sull’evasione immaginativa verso un altrove moralmente più libero e disinibito; e quella inglese, più coinvolta nelle dinamiche coloniali del proprio paese e quindi più attenta al contingente con un risultato di maggiore realismo. In entrambi i casi si nota comunque una dinamica di

(2)

2

fascinazione e orrore nei confronti della terra straniera, dinamica sintomatica della complessità anche psicologica dell’incontro con l’altro. Le cinque brevi analisi che chiudono il capitolo cercano di dare conto dello sviluppo della questione esposta e, partendo dall’Eneide virgiliana, arrivano fino alle soglie dell’epoca prescelta per poi superarla con l’ultimo romanzo che funge da piccolo accenno ai mutamenti degli anni successivi. Il secondo e ultimo capitolo presenta, infine, tre casi esemplari, tre romanzi del periodo preso in esame: una della corrente francese, Aziyadé di Pierre Loti; due della corrente inglese, The Beach of Falesá di Stevenson e An Outcast of the Islands di Conrad. Attraverso di essi si cerca di dimostrare ciò che nelle premesse è esposto teoricamente: cioè che l’abbondante frequenza dell’erotismo nelle opere che trattano dell’altrove sta nell’importanza che esso riveste nelle dinamiche di incontro tra Occidente e Oriente come pulsione in grado di metterne in dubbio i rapporti di forza e di svelarne le aporie e le contraddizioni, concedendo, attraverso il desiderio, la parola all’alterità.

(3)

3

Premesse tematico-metodologiche

I. Verso una definizione di Oriente in letteratura

Dans l’universalité de la ratio occidentale, il y a ce partage qu’est l’Orient : l’Orient pensé comme l’origine, rêvé comme le point vertigineux d’où naissent les nostalgies et les promesses de retour, l’Orient offert à la raison colonisatrice de l’Occident, mais indéfiniment inaccessible, car il demeure toujours la limite : nuit du commencement, en quoi l’occident s’est formé, mais dans laquelle il a tracé une ligne de partage, l’Orient est pour lui tout ce qu’il n’est pas, encore qu’il doive y chercher ce qu’est sa vérité primitive.2

Quando si parla di esotismo in letteratura è necessario affrontare prima un’altra nozione chiave, l’Oriente: esso è infatti fin dall’inizio meta privilegiata di ogni fantasticheria e termine del paragone e del confronto in cui l’altro termine è, ben inteso, l’Occidente. Si tratta, dunque, di definire verso quale direzione si inizia a parlare di esotico rispetto a un punto di partenza ritenuto familiare. Quello che emerge in numerosi studi sull’argomento è che, in realtà, la potenza evocativa dell’Oriente stia proprio nell’indeterminatezza del concetto, nonché nella possibilità di plasmare il suo significato in base alle proprie necessità creative3. Ciò è ben chiaro anche nel cle che insiste, appunto, sulla labilità di senso: « Rien de plus vague, en effet, rien de plus mal défini de la contrée à laquelle on applique ce nom». Per cercare di darne una spiegazione il più pregnante possibile Jean Marc Moura4 lega alla nozione di Oriente tre possibili definizioni e lo divide in un « Orient du rêve », un «Orient Musulman » e un «Orient Byzantin », ai quali, poi, aggiunge le Americhe e l’Oceania in quanto altra area di alterità in generale al quale l’Oriente rimanda più o meno in particolare. Per il primo Oriente Moura intende quel luogo impreciso a

2

M. Foucault, prefazione all’ Histoire de la folie, Paris, Plon, 1961, p. IV. 3

A titolo esemplificativo: J.C. Berchet, Le voyage en Orient, Robert Laffont, 1985, p. 15 : «Plus qu’un espace géographique, il désigne un espace mythique, traversé du pulsion contradictoires, à la fois nature et histoire» ; K. Hata, Voyageurs romantiques en Orient. Étude sur la perception de

l’autre, Paris, L’Harmattan, 2008, p. 12 : «Plus qu’un espace géographique, l’Orient révèle de

l’imaginaire romantique». 4

J. M. Moura, L’Europe littéraire et l’ailleurs, Paris, Presses Universitaires de France, 1998. Per la definizione dei tre orienti si veda le pp. 14-20.

(4)

4

cui rimandano anche gli altri studiosi; il secondo, invece, può essere all’incirca identificabile con l’Impero ottomano e, chiaramente, porta con sé tutti i connotati storici, religiosi e ideologici affidategli fin dal medioevo, ma anche tutto un filone immaginativo che fin dalle crociate lo relega a grande avversario dell’Occidente; il terzo, infine, pur essendo connesso a uno spazio e a un tempo precisi, risente, però, di una tendenza artistica che avrà la sua massima espressione alle fine dell’Ottocento5

. Nonostante la ricerca di concretizzazione portata avanti da Moura, affiora, però, anche in questo tentativo, un’indefinibilità di fondo del concetto in questione dovuta al fatto che l’Oriente, più che indicare uno spazio più o meno preciso, è legato a una dimensione di alterità complessiva di fondamentale importanza nella dialettica instaurata con esso dall’Occidente per la propria definizione.

È forse più giusto, dunque, rispetto a cercare di localizzare le zone a cui l’Oriente può rimandare, cercare di analizzarlo come immagine, con un’adiacenza a vari gradi di realtà, che entra in funzione ogni qualvolta la letteratura occidentale si scontra o incontra con l’altrove. A questo proposito Moura scrive:

Les frontières qui délimitent les trois Orientes puis l’Amérique et l’Océanie révèlent d’une géographique de l’imaginaire irréductible aux simplifications des chronologies ou des planisphères. Elles ont créé ce qu’on peut appeler des bassins sémantiques où prolifèrent des types caractérisés d’images et de représentations, vielles légendes aux traits à la fois usés et compliqués.6

Definire l’Oriente come un bacino semantico permette di evidenziare le varie connessioni che questo instaura con la letteratura: da un’alterità reale di cui dare conto a uno spazio immaginario sede di investimenti interiori, da una serie di repertori mitico-simbolici stereotipati e già pronti all’uso a una possibilità di rinnovamento e ripensamento del proprio linguaggio e della propria formazione culturale; permette, inoltre e soprattutto, di sottolineare l’influenza essenziale che questo ha avuto, in ogni sua forma, nell’espressione artistica che l’Europa stessa ha dato della propria identità.

5

Si veda: M. Praz, La carne, la morte e il diavolo nella letteratura romantica, Milano, Rizzoli, 1999, p. 352: «L’epoca del passato colla quale piacque a molti artisti della fin de siècle d’identificarsi fu il lungo crepuscolo bizantino, tenebrosa abside balenante d’oro matto e di sanguigna porpora, da cui occhieggiavano enigmatiche figure, barbariche e insieme raffinate, colle loro dilatate pupille nevrasteniche».

(5)

5

Questo utilizzo unilaterale che viene fatto dell’Oriente è stato negli ultimi tempi ampiamente criticato, soprattutto da Edward W. Said7, proprio per questo ripiegamento conoscitivo verso l’interno piuttosto che verso l’esterno, come dovrebbe essere in prima istanza. Ciò che lo studioso palestinese addita all’orientalismo, e all’esotismo in generale, è di portare avanti un discorso non solo distaccato dalla verità dell’Oriente storico, ma anche improntato a un’ideologia di superiorità dell’ Europa rispetto a qualsiasi altro paese, senza tenere mai in conto le voci dell’altro:

Analogamente, l’approccio immaginativo a ciò che è orientale ha preso le mosse da una sovrana coscienza occidentale, dalla cui indiscussa centralità è emerso un mondo orientale conforme dapprima a nozioni generali un po’vaghe, poi a una logica più stringente coadiuvata non solo dalle nozioni empiriche che via via si accumulavano, ma anche da una quantità di desideri, rimozioni, investimenti e proiezioni.8

Quello che Said addita all’esotismo è di rendere, proprio come sopra illustrato, l’Oriente una mera immagine a libero utilizzo dell’Occidente; quindi, si cercherà di dimostrare non tanto che l’Oriente non sia stato rappresentato secondo questa metodologia, ma piuttosto quanto questa rappresentazione, in campo artistico, non abbia come unica direzione una formulazione auto elogiativa dell’Europa. Come verrà illustrato, infatti, la raffigurazione dell’altro esce fuori da questo schema preimpostato secondo due linee: in primo luogo in quanto, nel momento di contatto tra un io e un tu esterno, l’io deve comunque mettersi in gioco; in secondo luogo in quanto nella composizione artistica, nel linguaggio letterario c’è sempre, più o meno esplicitata e su diversi livelli possibili, una resistenza al potere codificato ideologicamente nel linguaggio stesso.

 L’importanza dell’incontro con l’altro per il sé.

A prescindere da qualsiasi dicotomia tra un Est e un Ovest, tra un qui e un altrove, alla base del rilievo assunto dal concetto di Oriente e dalla letteratura di

7

E. W. Said, Orientalismo: L’immagine europea dell’oriente, Milano, Feltrinelli, 2010. 8 Ibid. p. 17.

(6)

6

viaggio e di esotismo sta il ruolo che l’Altro ricopre per l’Io nella demarcazione della propria individualità. L’Io, prendendo infatti posizione rispetto a tutto ciò che ritiene estraneo da sé, si ritaglia e si distingue uno spazio di esistenza, creando, così, dei confini conoscitivi tra la propria condizione e quella altrui. Questi confini conoscitivi entreranno in gioco ogni qualvolta verrà formulata una proposizione riguardante il proprio sé: cercando di esplicitare ciò che l’Io è, verrà chiarito anche ciò che non è e viceversa. Questo meccanismo mette in luce quanto la dialettica con l’altro da sé sia costituente del sé stesso. Facendo un passo ulteriore e utilizzando il concetto di negazione freudiana così come impiegato da Francesco Orlando9, si può dire che tutte le volte che viene messo in discussione il non-/Io verrà messo in discussione, a partire proprio dall’enunciazione, anche l’Io. Questa connessione risulta di grande rilevanza poiché comporta che, nonostante il non-Io sia utilizzato per l’Io, ciò non avvenga obbligatoriamente per affermarlo, ma anche per metterlo in questione secondo schemi che spesso cedono la parola all’altro. In altri termini, non è solo il non-/Io che viene trasposto sull’Io, ma è anche l’Io che può essere trasposto sul non-Io, creando così un possibile scambio che, pur essendo innegabilmente parziale, può comunque essere destabilizzante. Sotto un altro aspetto della questione resta necessario, inoltre, rimarcare che spesso l’incontro e la conoscenza dell’alterità non sono ottenibili con scorrevole facilità: come risulta da molti racconti e romanzi di viaggio, sono necessari almeno una certa dimestichezza con il luogo e una buona padronanza della lingua straniera, per non pensare alle difficoltà anche psicologiche incontrate da uno straniero in paesi avversi al forestiero a partire perfino dall’ambiente climatico. Quello che vuole essere, in sintesi, evidenziato è che non è sottovalutabile la problematicità anche materiale in cui ci si imbatte al momento dell’incontro con il diverso, che ha come conseguenza una certa impossibilità di vera comunicazione e reciprocità. Non solo, ma spesso, per raccontare la diversità, vengono a difettare proprio alcuni mezzi di espressione: per cercare di rendere familiare qualcosa di estremamente disuguale alla realtà fino allora conosciuta è inevitabilmente necessaria una traduzione tipologica che come ogni traduzione implica una perdita. Questo non significa che l’altrove sia fondamentalmente inconoscibile nella sua effettività, ma che questa per essere comunicabile deve passare

9

F. Orlando, Per una teoria freudiana della letteratura, Torino, Einaudi, 1992, pp. 213-215, ma anche Id., Illuminismo, barocco e retorica freudiana, Torino, Einaudi, 1997, pp. 12-13.

(7)

7

obbligatoriamente dentro le categorie conoscitive della società a cui vuol essere comunicata, comportando una certa denaturalizzazione. Sarebbe sbagliato vedere questo procedimento in maniera negativa, in quanto, come già detto, è inaggirabile; più giusto, al contrario, considerarlo come prezzo da pagare perché l’Io e il Tu si avvicinino e si rivelino l’un l’altro. Detto con le parole di Sarga Moussa:

La représentation de l’autre implique, inévitablement, une réduction. Mais celle-ci, loin de constituer toujours une forme d’appropriation, peut au contraire déboucher sur un partage.10

 Ideologia e letteratura

Prima di passare alla proposta concettuale scelta per affrontare l’argomento, può essere interessante fare accenno a un altro approccio alla questione, i cui risultati, tuttavia, possono risultare non troppo distanti. J. M. Moura11, prendendo spunto dagli E ’h mé q di Ricœur, inserisce la creazione letteraria tra due poli, l’ideologia e l’utopia. Secondo questa linea di oscillazione su un estremità l’ideologia rappresenterà un atteggiamento di ripiegamento sull’identità di un gruppo, piuttosto che sull’alterità, rafforzando quei legami che ne costituiscono l’uniformità e la compattezza; sull’altra estremità, l’utopia figurerà come propensione a preferire l’alterità all’identità, mettendo la realtà di questa in questione, là dove l’ideologia tendeva a consolidarla. Diventa importante sottolineare che Moura tiene per implicito che la letteratura si muove entro questi due poli, a cui può anche avvicinarsi iperbolicamente, ma che non arriva mai a ricoprirne uno del tutto e, nel caso in cui questo succeda, avverrà piuttosto sull’asse dell’utopia che sul suo opposto. Infatti questa ha la facoltà positiva di mantenere aperto il campo del possibile, zona estremamente feconda per la creatività artistica. A prescindere da ciò, in ogni caso, Moura cerca di svuotare questi due concetti dai contenuti loro propri, sviluppando, piuttosto, la loro funzione come categorie vuote da poter utilizzare più ampliamente. A questo

10

Sarga Moussa, La relation orientale. Enquête sur la communication dans le récits du voyage en

Orient (1811-1861), Paris, Klincksieck, 1995, p. 83.

(8)

8

scopo è presa in carico un’altra terminologia che si basa sulla distinzione latina tra Alter e Alius: il primo indicante un altro tra due, il secondo un’alterità più estesa e generale, questi due vocaboli sono utilizzati in quanto mettono l’accento rispettivamente l’uno su una dialogica stretta tra un’identità e tutto ciò che in base a questa si staglia solo come il suo contrario e, quindi, ponendo l’attenzione più sulla prima che sulla seconda; l’altro, invece, sulla dimensione stessa di alterità con tutto ciò che questo comporta di spaesamento e messa in questione del punto di partenza. La precisazione che, poi, l’autore aggiunge in nota è ancor più significativa:

Mais l’image d’Alter n’est pas le simple signe que la culture « regardante » est tenue pour supérieure à la culture « regardée » ; non plus que l’image d’Alius peut être interprétée comme l’indice d’une infériorité supposée de la culture de départ. Au-delà du procès de supériorité ou d’infériorité, ce qui est fondamentalement en jeu, c’est la capacité de l’œuvre littéraire à dépouiller l’étranger de toute représentation convenue pour exhiber son altérité.12

L’importanza sta proprio in questa esibizione di alterità, che chiaramente sarà più facilmente raggiungibile nelle rappresentazioni di tipo utopico, dato che verso essa tendono. Ma l’utopia ne è sospinta positivamente, mentre quello che è fondamentale comprendere è che si può concedere spazio all’altro non per forza sotto una patina incantata, ma che, anzi, le regioni e le ragioni dell’altro posso essere, forse, più comunicative nel momento in cui entrano nel testo in contrasto e come forze reattive di esso.

Con questa ottica è possibile, adesso, passare alla prospettiva teorica scelta principalmente per affrontare il problema dell’ideologia in letteratura. Come accennato precedentemente, quando si parla di linguaggio artistico è necessario tenere conto che questo non è acriticamente permeabile al pensiero della cultura da cui è prodotto; insieme alla constatazione che allo stesso tempo non è possibile produrre nessun discorso totalmente esente da esso, ciò comporta che nella letteratura convivano due istanze: una tributaria delle convenzioni dominanti, l’altra che sussiste a prescindere o perfino contro queste. Per chiarire meglio questa dialettica è necessario ricorrere alla concezione orlandiana della letteratura come formazione di compromesso:

12 Ibid., p. 53.

(9)

9 Definiamo formazione di compromesso una manifestazione semiotica – linguistica in senso lato – che fa posto da sola, simultaneamente, a due forze psichiche in contrasto diventate significanti in contrasto.13

Come anticipato prima attraverso il concetto di negazione freudiana, ogni qualvolta in letteratura si parla dell’Io si parla anche, inevitabilmente, del non-Io e viceversa, implicando entrambi nel discorso. Ora, ammettendo per un attimo che l’Io rappresenti l’ideologia dell’Occidente e che il non-Io stia, dunque, dalla parte dell’Oriente, risulta che per quanto un’opera possa portare avanti il pensiero dominante, legato magari alla costruzione di un’egemonia coloniale, non può non dar spazio anche a tutto ciò che da questo pensiero dominante è escluso, a tutto ciò che da esso viene taciuto o stigmatizzato. L’Oriente, perciò, parla inevitabilmente, magari ambiguamente o ambivalentemente, spesso sotto forma di critica latente o di aporie del discorso coloniale, di rimozioni, ma non può non parlare. La situazione delineata fino a questo punto si presenta, dunque, così: c’è un linguaggio predominante che è quello della propria individualità, di un Io che si identifica, o si dovrebbe identificare, pienamente in una società, quindi in una cultura e in una scala di valori da questa imposti, riassumibile sotto la categoria di Occidente; e c’è un contro-linguaggio che è quello dell’alterità, di un non-Io che viene identificato come antitetico alla società, alla cultura e alla scala di valori da questa imposto, che è rappresentato dalla categoria di Oriente. I due discorsi così strutturati si sistemano nel testo su due livelli differenti, essendo il primo in una posizione più esplicita del secondo.

È necessario, a questo punto, cercare di significare meglio queste due categorie che fino adesso sono state solo portate avanti in quanto contrastanti. L’Occidente sta, ben inteso, a rappresentare la società occidentale: il progresso, la modernità, la civilizzazione e, attraverso tutto un bagaglio culturale che risale alla classicità greca, la razionalità. L’Oriente, come cercato di spiegare all’inizio, rappresenta, chiaramente, anche uno spazio geografico, declinato via via in ogni singola opera, ma è soprattutto, come in un certo senso anche l’Occidente, un’immagine: di diversità, di tradizioni e credenze antiche se non oscure, di una certa persistenza di spirito barbarico, selvaggio o primitivo, in una parola, dell’irrazionalità. Va ancora una volta assolutamente evidenziato che, per quanto questa dicotomia sia rappresentativa di un giudizio di valore in campo ideologico, perde, tuttavia,

(10)

10

questo connotato con l’alzarsi del tasso di letterarietà di un testo. La creazione artistica, infatti, permette una messa in dubbio, anche se parziale o implicita, dei metri di valutazione che permettono all’egemonia dominante di imporre unilateralmente la supremazia dell’Io sull’altro. In altre parole ancora:

La force novatrice d’une image -sa littérarité- résidera dans l’écart qui la sépare de l’ensemble des représentation collectives (donc conventionnelles), forgées par la sociétés où elle nait.14

Occidente e Oriente, viste sotto un punto di vista di razionalità e irrazionalità, iniziano a tratteggiare due facce della stessa medaglia, due aspetti della stessa umanità, iniziano cioè a poter essere visti come esteriorizzazione di una scissione interna15 tra progresso e regresso, la civilizzazione migliorando, sì, la condizione umana, ma non senza grandi rinunce e sacrifici, non senza un’operazione di repressione di impulsi che disgregherebbero l’ordine che si vuole costituire. In un’opera letteraria questi due aspetti entreranno sempre attraverso una formazione di compromesso, in cui la forza predominante, la razionalità occidentale, potrà anche avere la meglio sull’altra componente, ma senza mai poterla soffocare del tutto.

Per illustrare meglio questo meccanismo si sfrutterà un ulteriore modello orlandiano, quello di ritorno del represso16: esso esplicita meglio il funzionamento della formazione di compromesso; infatti, mentre questa ammette semplicemente la presenza di due istanze in contrasto nello stesso testo, quello ne esplicita i rapporti di forza, le spinte reciproche. A livello grafico è necessario immaginare una frazione al cui numeratore sta la forza che reprime, indicata con R, e al denominatore quella che è repressa, indicata con r:

.

Per quanto un’opera d’arte possa cercare di adeguarsi alla pressione promossa al piano alto della frazione, ci sarà sempre anche una contro-pressione dal basso che creerà una frizione sia a livello contenutistico che formale: questa frizione è, appunto, il

14

J. M. Moura, op. cit., p. 45. 15

B. Johnson, The Critical Difference. Essays in the Contemporary Rhetoric of Reading, Baltimore, Johns Hopkins University Press, 1980, pp. X-XI: « The differences between entities ( prose and poetry, man and woman, literature and theory, guilt and innocence) are…based on a repression of differences within entities, ways in which an entity differs from itself».

(11)

11

ritorno del represso. Bastino a riassumere questa concezione poche parole significative di Francesco Orlando:

Una ipotesi tuttavia mi tenta per il suo alto grado di probabilità: che solo in forma di ritorno del represso, intatta o rovesciata, l’ideologia possa entrare con piena validità estetica in un discorso letterario.17

Sostituendo ai termini repressione e represso i due concetti che sono stati fino ad ora indagati, troveremo al numeratore l’Occidente con la sua spinta civilizzatrice e raziocinante, al denominatore starà, invece, l’Oriente, portatore di tutte quelle energie disgreganti e turbanti l’ordine costituito.

A questo punto del discorso è possibile ritornare al tentativo iniziale di individuare il significato di Oriente per una letteratura di esotismo. Oriente è tutto ciò che è rimasto fuori dal processo inarrestabile di civilizzazione e razionalizzazione: sarà di volta in volta il primitivo, il selvaggio, l’oscuro, il sacro antico o pagano, l’incomprensibile; sarà tutto ciò che di più naturale e immediato è rimasto nell’uomo, dagli impulsi più incontrollabili, al bisogno di libertà da qualsiasi inibizione interna o esterna; sarà, insomma, patria di tutti quei desideri che in Occidente non sono più attuabili, luogo di trasgressione alle proibizioni che la civiltà ha imposto e che l’uomo ha con fatica accettato. Questa dicotomia, come più volte ribadito, non implica in letteratura un giudizio di valore univoco, anzi al contrario, comporta il coinvolgimento di queste due diverse dimensioni di esistenza in uno stesso momento; coinvolgimento non sempre pacifico e indolore, ma che, tuttavia, porta sempre di più nella direzione di un riconoscimento delle perdite che il progresso, sotto forma di repressioni, ha comportato. Questa tendenza, come verrà mostrato nel capitolo successivo, diventerà, con l’affermarsi della modernità, sempre più chiara, portando gli artisti, a partire dalla metà del XIX secolo, a sognare nell’Oriente un luogo di espressione più autentica e non frenata, dove sia possibile, a seconda dei casi, trovare una religiosità più pura, un paesaggio meno addomesticato, una sensibilità meno inibita, una quotidianità meno gestita, un’assenza di doveri e di obblighi morali. Come sostiene Stefano Brugnolo: « In questo senso possiamo immaginare tanti Orienti e intenderli tutti come luoghi dove finalmente vengono mano i tabù »18.

17

Id., Per una teoria freudiana della letteratura, cit., p. 72. 18 S. Brugnolo, opera di prossima pubblicazione, p. 113.

(12)

12

II. L’erotismo come ritorno del represso

Ideale esotico e ideale erotico vanno di pari passo, e anche questo fatto costituisce un’altra prova di una verità abbastanza evidente, che cioè l’esotismo è solitamente una proiezione fantastica di un bisogno sessuale.19

L’Oriente, come si è tentato di avvalorare fin qui, è visto e vissuto narrativamente, e non solo, come luogo di liberazione di desideri immediati. Quello che verrà da ora in poi analizzato è il perché la maggior parte di questi desideri liberati siano desideri erotici. Il legame tra erotismo e esotismo è evidente in molte opere e molti studi critici ne sottolineano la frequenza, ma il motivo per cui questo connubio si istaura non è sempre indagato con precisione. Si cercherà, dunque, di comprenderne le dinamiche cercando anche in questo caso di trovare un approccio in grado di dare maggior chiarezza alla questione.

Alla luce di quanto detto nel paragrafo precedente, si può dire che l’Oriente permette ciò che l’Occidente proibisce. Non è una novità che i maggiori divieti e tabù in una società come quella europea vadano a colpire la sfera della sessualità; l’Oriente diventa allora un luogo in cui possono essere recuperati certi comportamenti erotici che in patria non sono possibili. Questo è, però, solo un aspetto della questione, che rivela avere lati molto più profondi che possono andare a toccare, come si cercherà di dimostrare, problematiche epistemologiche. Ridurre, infatti, la portata che l’erotismo ricopre in certa letteratura di viaggio a una sorta di mero turismo sessuale rischia di far passare inosservate certe ripercussioni che questa tendenza ricopre perfino nella composizione stessa dell’opera. Al fine di portare avanti questa ipotesi si proseguirà secondo due linee parallele. La prima servirà a sostenere il ruolo essenziale della sessualità nella definizione dell’identità, con tutte le conseguenze che ciò comporta nella sfera della conoscenza in generale; con la seconda, appoggiandosi sul fondamentale saggio di Bataille sull’erotismo20

, si cercherà di dimostrare come l’esperienza erotica sia prima di tutto l’esperienza di un linguaggio e di una dimensione della coscienza che esulano dall’uso normale di questi due strumenti, ma che sono essenziali nel momento in cui entra in gioco la composizione letteraria.

19

M. Praz, op. cit., p. 172.

(13)

13

 Sessualità e identità

Sexuality belongs not simply to the physical body, but to the complex of phantasies and symbolization which largely determine identity. Sexuality […] involves a dynamic of curiosity that is possibly the foundation of all intellectual activity, which I describe under the rubric of “ epistemophilia”.21

Fin dall’infanzia, il corpo è mezzo di riconoscimento del proprio sé, a partire dalla definizione della propria identità sessuale, del proprio nome e di tutta una serie di comportamenti che di conseguenza ci si aspetta che ne derivino. Inoltre il corpo è il tramite delle prime esperienze di conoscenza. L’importanza che per un individuo rivestono la sessualità e la propria fisicità genera una forte curiosità, già nel bambino, per il proprio corpo e soprattutto per quello altrui che inizia, dunque, a essere investito da un’attenzione sempre crescente che si trasforma, sotto varie spinte (incentivate soprattutto dai divieti imposti proprio per limitarle), in desiderio. Quello che emerge da questa dinamica è la complessità delle intersezioni degli elementi che ne sono coinvolti. Brooks, infatti, sottolinea più volte l’ambiguità insita nello sviluppo del desiderio: esso non ha mai un solo oggetto o, meglio, non si accosta mai al proprio oggetto con una sola aspirazione, ma, al contrario, agisce sotto più impulsi. Il desiderio, dato il ruolo attribuito al corpo, è in primo luogo desiderio sessuale, ma non solo, dato che, nel momento in cui è orientato verso un corpo differente dal proprio, viene coinvolta anche una volontà di conoscenza dell’altro, una volontà di sapere. La curiosità sessuale e la curiosità conoscitiva sono i due nuclei principali dell’erotismo. All’investimento erotico segue solitamente una spinta al possesso del corpo altrui, poiché solo attraverso il possesso si pensa di poter soddisfare la propria frenesia. In questa maniera si delineano le tre libido che secondo Brooks sono costitutive di ogni azione umana: la libido amandi, la libido capiendi e la libido dominandi. Principio creatore dell’interiorità dell’uomo, il desiderio è alla base dei suoi movimenti essenziali, che a loro volta sono all’origine dello sviluppo stesso della specie e della società. Questa vitalità fondante del desiderio porta il corpo a essere identificato, di conseguenza, come chiave non solo verso il piacere, ma anche verso sapere e potere: nel suo possesso, infatti, sembra soddisfare impulsi erotici,

21

P. Brooks, Body Work. Objects of desire in modern narrative, Boston, Harvard University Press, 1993, p. XII.

(14)

14

conoscitivi e di controllo della realtà e, di conseguenza, sembra promettere accesso a una possibilità di significare questa realtà in maniera totalizzante, di dotarla, cioè, di senso. La fruizione di questa sensazione aumenta nel momento in cui si passa dal dominio del proprio corpo al dominio di quello altrui: conquistare la fisicità dell’altro è, chiaramente, affermazione ulteriore delle tre libido. L’incremento che un corpo estraneo al proprio riesce a dare all’appagamento di desideri individuali ne estrinseca l’importanza per il soggetto che, quindi, gli concederà sempre maggiore interesse fino a spostare il valore complessivo dal corpo in generale, come luogo di nascita del desiderio, a un corpo particolare, quello dell’altro, come punto di compimento e appagamento del desiderio. In quest’ottica non è più possedere il corpo che conta, ma è possedere l’altro: la dimensione di alterità sembra risultare, così, la vera sede del piacere, del sapere e del potere, o almeno il catalizzatore di queste tendenze, che, come detto prima, sembrano avere la capacità, una volta assecondate, di dare accesso al godimento della realtà e, quindi, alla sua comprensione. In questo senso il desiderio largamente inteso può essere ridefinito, secondo le parole di Brooks, come: « the desire to pierce the mysteries of life that are so often subsumed for us in the otherness of other people »22.

Questo aspetto di comprensione totalizzante della vita riconosciuto al desiderio va sotto il termine, già citato, di epistemofilia, inteso come piacere morboso provato nell’acquisizione di un sapere, che lega già nella sua definizione i tre impulsi che formano il desiderio. A questo concetto se ne può associare un altro, quello di scopofilia, che declina l’appagamento sessuale in desiderio di possedere e di conoscere il proprio oggetto erotico tramite l’azione del vedere. Vedere il corpo altrui, in questo senso, permetterebbe già di attentare a una dimensione di penetrazione della realtà sublimandone, in quanto azione metonimica, gli aspetti più fattuali. La vista assume su questo piano una valenza metaforica in quanto è in grado di sostituirsi e di rimandare ad altri aspetti dell’erotismo, come, per esempio, alla denudazione del corpo. Vedere, denudare il corpo diventano sinonimi o, meglio ancora, simboli, in primo luogo, del possedere e del conoscere il corpo, in secondo luogo, della possessione e della conoscenza in generale. La vista della nudità, starà, allora, per lo svelamento di un mistero epistemologico.

22 Ibid., p. 8.

(15)

15

Questo passaggio è in grado di evocare tutta una certa corrente immaginativa legata al raggiungimento del sapere e della verità attraverso rimozione di veli e di palesamento della nudità che parte fin dal mito di Atteone. A questo punto è necessario fare un ulteriore passo in avanti e notare come, in una società caratterizzata da una cultura patriarcale come la società occidentale, il corpo svelato tenderà a essere corpo di donna, corpo femminile e ad assumere in questa direzione ulteriori valori simbolici. Se, come prima detto, il desiderio può diventare mezzo per attingere ai misteri della realtà, allora svelare il corpo di una donna diventerà svelare, per analogia, la realtà stessa, la verità di essa. Ciò sbocca in quello che Brooks ha chiamato « the metaphysical Don Juan tradition»23 che esplicita, nella cultura europea, l’idea che il possesso e la conquista di più donne (a cui, per estensione, è possibile aggiungere il possesso e la conquista dell’altro in generale) stia per il successo e allo stesso tempo per l’insoddisfazione nella ricerca della conoscenza:

Sight, knowledge, truth, and woman’s body: such a nexus intertwines central and highly charged attitudes and gestures of our culture. Man as knowing subject postulates woman’s body as the object to be known, by way of an act of visual inspection which claims to reveal the truth – or else makes that object into the ultimate enigma. Seeing woman as other is necessary to truth about the self.24

Con l’ultima frase della citazione vengono colti, in senso inverso, i passaggi fondamentali di quanto detto fino a ora: il desiderio del corpo femminile rinvierà al desiderio di un corpo diverso dal proprio che rinvierà a sua volta a un alterità più sfumata che a sua volta rinvierà a un elemento fondamentale della conoscenza di sé. Il desiderio, così come l’alterità, si rivela, dunque, come costituente necessario alla costruzione della propria identità. Inoltre, nel momento in cui ci si avvicina a una sfera di rimandi più o meno simbolici, entra in questione il campo della rappresentazione che è individuato, per eccellenza, con l’arte, essendone questa manifestazione principale. In altre parole, il corpo, soprattutto dell’altro, nella sua carica fortemente rappresentativa e rappresentabile, può diventare veicolo di espressione artistica dell’identità e porta alla luce, sotto questo aspetto, l’interdipendenza tra arte, appunto, ed erotismo.

23

Ibid., p. 97. 24 Ibid., p. 97.

(16)

16

 L’erotismo come linguaggio e dimensione di coscienza (che uno scandalo erotico può veicolarne uno critico)

Per utilizzare l’erotismo come metafora di una categoria interiore è necessario partire da una distinzione che Georges Bataille fa nella sua introduzione all’argomento25, quella tra discontinuità e continuità dell’esistenza. Bataille

afferma che tutti gli esseri sono totalmente distinti gli uni dagli altri, nel senso che essi nascono, vivono e muoiono indifferentemente e indipendentemente dalla nascita, la vita e la morte degli altri esseri e questo comporta una separazione radicale tra di essi che sfocia in una discontinuità pressoché assoluta. Nonostante questo distacco tra un individuo e l’altro o proprio a causa di questo distacco gli esseri non possono non sentire che questa situazione di isolamento gli accumuna: nella loro discontinuità, infatti, essi differiscono irrimediabilmente gli uni dagli altri, ma nel momento di sentimento di questo stato essi tendono a riconoscersi una continuità. In altre parole ancora, ognuno differisce nel suo essere, ma tutti sono uguali nel non-essere: tra un essere individuale e un altro essere individuale c’è un non-essere che li unisce entrambi. Questo stato di continuità viene, dunque, in quanto non-essere, equiparato alla morte o a una condizione di pre-nascita ed è investito da una volontà di ritorno a esso in quanto momento di totalità e pienezza. La tensione che caratterizza questo investimento è la stessa che caratterizza l’erotismo, inteso, appunto, come movimento di fascinazione verso una dimensione in cui la finitezza degli esseri viene meno, lasciando spazio a uno stato di interezza tra di essi.

Nous sommes des êtres discontinus, individus mourant isolement dans une aventure inintelligible, mais nous avons la nostalgie de la continuité perdue. Nous supportons mal la situation qui rive à l’individualité de hasard, à l’individualité périssable que nous sommes. En même temps que nous avons le désir angoissé de la durée de ce périssable, nous avons l’obsession d’une continuité première, qui nous relie généralement à l’être. […] cette nostalgie commande chez tous les hommes les trois formes de l’érotisme.26

25

G. Bataille, op. cit., pp. 13-17. 26 Ibid., p.17

(17)

17

Mettendo da parte la suddivisione in tre tipologie che Bataille accenna qui, quello che conta è che l’erotismo venga definito come quell’aspetto dell’interiorità dell’uomo che risponde al suo bisogno, alla sua nostalgia di continuità. Si rende necessario, a questo punto, avvicinarsi meglio alla dicotomia che comanda questi spostamenti. Nel suo studio Bataille cerca di dimostrare che la discontinuità non è solo lo stato di normalità dell’essere, ma ne è anche l’elemento principale di sopravvivenza. Sotto questo termine, infatti, passa tutta quella forma di organizzazione umana legata alla capacità di distinzione non solo degli oggetti, ma delle situazioni e soprattutto dei parametri morali. La discontinuità può essere, in questo senso, legata alla razionalità e alla disposizione al lavoro, in quanto sta dalla parte delle condizioni abituali, della divisione delle attività e soprattutto delle regole e dei limiti che ne permettono il regolare funzionamento. Lo stato della continuità, essendo quello della morte e dell’indifferenziazione dell’essere, sarà, di conseguenza, anche quello in cui le distinzioni vengono meno, i confini si sfumano, gli opposti morali tenderanno a identificarsi, le regole e i limiti saranno trasgrediti: in quanto opposta alla discontinuità, sarà, dunque, il luogo degli impulsi più immediati e naturali, della violenza, dell’irrazionalità. L’erotismo appartiene, chiaramente, a questa seconda sfera, ma non le appartiene interamente: l’erotismo non è, infatti, sessualità pura, animale; l’erotismo è, piuttosto, un atteggiamento di attrazione verso il dominio della continuità che non sarebbe, però, possibile se non ci fosse il sentimento angosciato della propria condizione di discontinuità. Ancora, l’erotismo non potrebbe sussistere se non in una dialettica di discontinuità-continuità, perché è il tentativo di superare il primo elemento in favore del secondo, perché è il bisogno di trasgredire i limiti che il primo impone al secondo. Essendo questa dicotomia fondamentale all’esistenza, l’erotismo ne rappresenta una manifestazione imprescindibile, tra le più significative per l’interiorità dell’uomo.

Toute la mise en œuvre de l’érotisme à pour fin d’atteindre l’être au plus intime, au point où le cœur manque. Le passage de l’état normal à celui de désir érotique suppose en nous la dissolution relative de l’être constitué dans l’ordre discontinu.27

L’erotismo, come sottolineato anche nelle frasi appena citate, più che uno stato è un passaggio di stato o, meglio, con le parole di Bataille: « L’érotisme est dans la

27 Ibid., p. 19.

(18)

18

conscience de l’homme ce qui met en lui l’être en question»28. L’esperienza

erotica si rivela essere ciò che problematizza la sussistenza dell’organizzazione umana, ciò che la mette in dubbio, svelandole altre dimensioni di realtà. L’erotismo permette di far entrare nella coscienza razionale aspetti turbanti che da questa sono esclusi, che appartengono piuttosto a un ordine di incoscienza o, meglio, a un ordine di un diverso tipo di coscienza29. È necessario insistere sul fatto che l’erotismo è in grado di tradurre, in modo che diventino intellegibili per la coscienza discontinua, zone di verità della vita intima umana che sarebbero altrimenti incomunicabili, inconoscibili. È a questo livello che l’erotismo può essere inteso come un linguaggio30.

Per cercare maggiore chiarezza è, forse, necessario tornare alla differenziazione iniziale tra continuità e discontinuità e tentare di definirla ulteriormente utilizzando la formulazione che Ignacio Matte Blanco31 dà della logica simmetrica e asimmetrica. La logica asimmetrica è la logica classica, scientifica e aristotelica, la logica simmetrica è una logica che esula da tali principi seguendone altri suoi propri: il principio di generalizzazione e, soprattutto, il principio di simmetria. Il principio di generalizzazione viene spiegato da Matte Blanco in questi termini:

Il sistema inconscio tratta una cosa individuale (persona, oggetto, concetto) come se fosse un membro o un elemento di un insieme o classe che contieni altri membri; tratta questa

28

Ibid., p. 33.

29 Ibid., p. 173: a questo proposito Bataille parla proprio di una “conscience de l’érotisme” in grado, appunto, di aprire il pensiero legato al lavoro e alla razionalità ad aspetti che altrimenti rimarrebbero a esso sconosciuti.

30 Questa possibilità di erotismo come linguaggio può aprire un’argomentazione molto ampia, che lo stesso Bataille sfiora, ma che lascia cadere e che, anche qui, verrà solo accennata. Bataille, enuncia più volte che l’esperienza dell’erotismo, in quanto esperienza di continuità è incomunicabile poiché, in una dimensione di indistinzione, il linguaggio, facoltà umana di indicare gli oggetti distinti, non è possibile. L’erotismo, dunque, rimane significativo di per sé e, in un certo senso, sussiste come linguaggio ulteriore autoreferenziale. Ma lo stesso Bataille, all’inizio della sua argomentazione, ammette, in realtà, una zona di linguaggio in grado di stare sullo stesso piano dell’erotismo: «La poésie mène au meme point que chaque forme de l’érotisme, à l’indistinction, à la confusion des objets distincts. Elle nous mène à l’éternité, elle nous mène à la mort, et par la mort, à la continuité» (Ibid. p. 29). La poesia, per estensione la letteratura in generale, può dar conto della stessa possibilità esistenziale di cui parla l’erotismo, può dar voce cioè a quelle regioni dell’umano che altrimenti sarebbero taciute. In breve, si può forse tentare di dire che erotismo e letteratura sono entrambe in grado di essere veicolo di un ritorno del represso e che, come verrà chiarito nel prossimo paragrafo, quando si avrà un ritorno del represso in campo erotico, esso sarà portatore di altri tipi di ritorno del represso essenziali in letteratura.

(19)

19 classe come sottoclasse di una classe più generale e questa classe più generale come sottoclasse o sottoinsieme di una classe ancora più generale e così via.32

Il principio di simmetria:

Il sistema inconscio tratta la relazione inversa di qualsiasi relazione come se fosse identica alla relazione. In altre parole, tratta le relazioni asimmetriche come fossero simmetriche33.

Come queste definizioni mostrano c’è molto in comune tra il concetto di continuità in Bataille e la logica simmetrica di Matte Blanco. Se, come è stato sostenuto, la discontinuità è l’ordine raziocinante, rappresentante di un pensiero dominato dalla distinzione degli oggetti e dalla categorizzazione dei contenuti esterni e interni dell’uomo e quindi assimilabile alla logica asimmetrica in quanto pensiero scientifico bivalente, la continuità, allora, nella sua dimensione di disgregazione delle individualità definite e di annullamento totale di qualsiasi differenziazione partecipa, da parte sua, attraverso i due principi sopra riportati, alla logica simmetrica. Un passo ulteriore: in realtà la continuità partecipa del solo principio di simmetria in quanto questo «come unico ed onnicomprensivo principio logico dissolve completamente ogni logica»34e in quanto «l’applicazione piena del principio di simmetria dà origine a un insieme infinito onnicomprensivo in cui non si può distinguere nulla»35. Anche la dimensione continua così come pensata da Bataille può essere definita come un insieme infinito onnicomprensivo

in cui non si può distinguere nulla. In altre parole Bataille, come Matte Blanco,

afferma che la continuità in sé, il principio di simmetria in sé non può entrare da solo nello stato di discontinuità e nella logica asimmetrica e, per farlo, ha bisogno di un tramite che Bataille ha identificato nell’erotismo, Matte Blanco nel sistema bilogico. Con quest’ultimo concetto si intende l’ingresso del principio di simmetria e del principio di generalizzazione dentro la logica asimmetrica senza, però, una dissoluzione di quest’ultima.

Quell’aspetto dell’uomo che può essere descritto nei termini del principio di simmetria […] sta continuamente « esercitando una pressione» per esprimere se stesso, e in questo 32 Ibid., p. 43. 33 Ibid., p. 44. 34 Ibid., p. 62. 35 Ibid., p. 62.

(20)

20 modo è sempre presente. A questa pressione, però, sempre oppone resistenza, per così dire, l’altra parte dell’uomo che sottosta alle regole della logica bivalente.[…] Il «pensiero simmetrico» compare ogni volta che la logica bivalente non è capace di impedire il rendersi visibile di questa pressione e ciò è dovuto a varie cause. Quando si verifica questa situazione il pensiero simmetrico irrompe. La logica bivalente, che in questo momento ha perso la battaglia, cerca di opporsi al pensiero simmetrico e di circoscriverne gli effetti, cerca di «ristabilire l’ordine legale», e riesce a fare ciò solo a costo di lasciare in mezzo ad esso alcune zone più o meno ampie di simmetria.36

Questa situazione di azione e reazione, di pressione e contropressione, riportano l’attenzione sullo schema del ritorno del represso di Francesco Orlando e si potrà immaginare la bilogica come una frazione al cui numeratore starà la logica asimmetrica e al denominatore la logica simmetrica, l’una applicando una pressione verso l’altra e entrambe traendo da essa il loro significato:

.

A questo punto è necessario ritornare all’erotismo. Esso non starà, come già detto prima, né dalla parte dell’asimmetria né dalla parte della simmetria, ma sarà, appunto il tramite, la pressione di una verso l’altra. In altre parole ancora, non sarà né istanza di repressione né istanza repressa, ma sarà un ritorno del represso, erotico, appunto.

La domanda posta all’inizio di questo paragrafo verteva sul perché esotismo ed erotismo fossero spesso collegati; si è cercato di darne una risposta spostando l’attenzione dall’erotismo come tematica all’erotismo come dinamica. Quindi, si proverà adesso a riutilizzare la frazione tenendo conto del ritorno del represso di tipo erotico così come impostato fino a qui. Nei racconti e nei romanzi di tipo esotico l’Oriente, inteso come alterità, viene a rappresentare, come si è detto, tutti quegli aspetti che la civiltà occidentale, per definirsi in quanto tale, esclude: la spontaneità, la naturalezza, l’impulsività, la violenza, l’irrazionalità, il desiderio, a cui si può aggiungere, adesso, la dimensione di continuità. L’erotismo, dunque, servirà anche nella dicotomia Oriente/Occidente a trasmettere la pressione del primo verso il secondo e a cui questo cercherà di resistere in una maniera più o meno rigorosa. L’erotismo, in altre parole, riuscirà a dare voce a quelle componenti che nella letteratura di esotismo stanno propriamente dalla parte dell’esotico, dell’altro: un ritorno del represso erotico

36

(21)

21

diventa, perciò, veicolo di un ritorno del represso culturale. Quando un personaggio cede all’attrazione erotica verso l’altro cede allo stesso tempo o, meglio, cede di conseguenza anche a certi aspetti dell’altro in generale, che l’attrazione stessa già denuncia. Questa dinamica è già stata presentata sotto la concezione del desiderio come tripla libido: quando si cede a un desiderio sessuale, si cede inevitabilmente anche a un desiderio conoscitivo e di possesso e viceversa, quando si cede a un desiderio di possesso (come la conquista coloniale), si cede di conseguenza anche agli altri due aspetti del desiderio. Per quanto questo processo possa sembrare radicale, i testi che saranno analizzati nel corso della trattazione aiuteranno a mettere in luce queste interconnessioni che, sicuramente saranno meno nette e meno dirette rispetto all’enunciazione teorica qui formulata, ma che non di meno sussisteranno. Ciò dimostra che nel rapporto con l’alterità in arte, l’occidentale, lungi dall’essere totalmente indifferente all’altro, ne è intimamente coinvolto, fosse anche in circostanze e atteggiamenti che tentano di rivendicare la propria superiorità.

Lo slittamento da un ritorno del represso erotico a un ritorno del represso culturale può essere notato in due segnali ritrovabili spesso nei testi in questione. Il primo è individuabile in un atteggiamento definibile di attrazione erotica verso il paesaggio esotico: spesso infatti posteriore o, perfino anteriore, alla manifestazione del desiderio verso l’altro, il personaggio occidentale sperimenta una sorta di smarrimento fascinato all’interno del territorio straniero in cui si svolge la vicenda, la cui la descrizione a livello testuale, risulta, poi, portata avanti con un lessico definibile ambiguo, se non, appunto, erotico. La maggior parte delle volte questa situazione si concretizza in una perdita dentro una foresta o dentro una città orientale, la cui rigogliosità nel primo caso, i cui dedali e vicoli, nel secondo, sono spesso metafore dell’unione con l’altro. Il secondo segnale è, però, più importante in quanto dimostra che nel momento in cui si concede spazio all’alterità attraverso un rapporto erotico, questo spazio si allarga fino a toccare altri punti dell’interiorità individuale e a mettere in dubbio delle certezze che fino a quel momento si erano ritenute incrollabili e che stavano, non a caso, dalla parte di una mentalità razionale. Per spiegare meglio questo passaggio si utilizzerà un altro concetto che Orlando ricava dal testo di Freud intitolato Das Unheimliche, traducendolo con «il sinistro». Con ciò si intende tutti quegli atteggiamenti irrazionali di superstizione, di paura, di religiosità magica, di ricorso al

(22)

22

soprannaturale di fronte, per esempio, alla morte, ma anche davanti a fenomeni che sembrano inspiegabili o semplicemente nel rispetto della propria tradizione culturale.

Le primitive credenze relative alle opposizioni fra animato e inanimato, fra mortalità e al di là della morte ecc., non sono mai state dimenticate e tanto meno rimosse lungo l’evoluzione individuale da bambino ad adulto, come non lo sono state lungo l’evoluzione sociale dalla magia animistica alla civiltà scientifica: sono state piuttosto «superate».37 Da questo passaggio Orlando prosegue poi a utilizzare il termine di superato per spiegare la formulazione del modello del ritorno del represso. Da qui è possibile estrapolare che in una frazione del genere: certezze razionali/ credenze irrazionali, la sensazione di sinistro si presenti come manifestazione delle seconde nel sistema delle prime, così come l’erotismo era manifestazione del pensiero simmetrico dentro il pensiero asimmetrico. Premesso questo, è interessante notare che in molti dei testi di esotismo, dopo essersi lasciato andare a un’attrazione erotica, il personaggio è frequentemente rappresentato in balia di paure e angosce dovute a un cedimento alle vecchie istanze del soprannaturale che credeva superate. Molto spesso, inoltre, è osservabile come queste credenze e superstizioni gli siano trasmesse proprio dalla persona investita dal desiderio erotico. Con ciò non si vuol negare che ci siano opere in cui sia presente solo la sensazione di sinistro senza coinvolgimento sessuale; si vuol, tuttavia, evidenziare che un ritorno del represso erotico è foriero sempre, nei grandi testi letterari legati all’esotismo, anche di un ritorno del represso culturale la cui prova più interessante è, in questo ambito, un ritorno del superato, un turbamento soprannaturale.

Ricapitolando: è stata in primo luogo tentata una definizione di Oriente utilizzando la frazione esemplificativa del modello di ritorno del represso orlandiano, provando a svincolare, così, l’esotismo dall’accusa di ideologia; secondariamente è stato affrontata l’importanza che l’erotismo può assumere in certe opere legate all’alterità, cercando di dimostrare come esso non sia solo un aspetto in più in un’esperienza esotica, ma possa, appunto, veicolare una sfida all’ideologia dominante, in quanto forza che disgrega o, meglio, che interrompe il normale corso di una civiltà rigorosamente organizzata come quella occidentale.

(23)

23

Per fare ciò ci si è appoggiati soprattutto alle teorie di Bataille che vede nell’erotismo una forza insopprimibile della volontà interiore umana contro le abitudini imposte da un ordine razionale costituito38. Nel terzo passaggio, attraverso le teorie matteblanchiane sulla bilogica e sul pensiero simmetrico e asimmetrico, si è tentato di unire le concezioni della prima e della seconda parte tramite l’idea di un ritorno del represso erotico accelerante di un ritorno del represso culturale la cui presenza può essere riconosciuta soprattutto attraverso la presenza nei testi della sensazione di Unheimliche freudiano.

Si concluderà, quindi, con una citazione da Matte Blanco in grado di riassumere tutti i concetti e tutte le tendenze esaminati fino a qui:

Bisogna riconoscere che vi è una difficoltà emozionale nell’accettare che il pensiero umano è come un gioco che si conforma allo stesso tempo a due differenti regole; e il peggio è che una delle regole diventa visibile soltanto nei termini dell’altra, cioè nei termini delle violazioni dell’altra: se non fosse per questo, la seconda regola sarebbe «muta» e «invisibile». È da far impazzire ma è così.39

38 Si veda G. Bataille, op. cit., p. 116: «Nous parlons d’érotisme toutes le fois qu’un être humain se conduit d’une manière qui présente avec les conduites et les jugements habituels une opposition contrastée.»

(24)

24

Verso un’alternativa dell’altrove

Poste le precedenti premesse è necessario ora proseguire con una breve panoramica che dia conto dell’evolversi del tema dell’alterità e del viaggio nella letteratura occidentale, che colga cioè la presenza di esso fin dalle origini e che ne segua gli sviluppi fino a epoche più recenti. Fondamentale a questo punto cercare di andare verso una delimitazione del periodo sul quale si porrà maggiore concentrazione. Per fa questo si ricorrerà all’altro argomento chiave già presentato nelle premesse: si vedrà cioè in che modo l’erotismo può intersecarsi con la storia della letteratura di viaggio e secondo quali modalità. Seguendo quest’ottica, si tenterà di dimostrare come nel giro degli stessi anni sia la tematica esotica che quella erotica siano soggette a dei cambiamenti che le metteranno in contatto in maniera particolare rispetto alle esperienze precedenti o che, in altre parole, le renderanno campo fertile di creatività l’una per l’altra. Il fatto che il periodo di questi mutamenti pressoché coincida è suggestivo al fine di una demarcazione temporale. Si parlerà più generalmente di un mutamento tra Ottocento e Novecento, ma vedendo già i prodromi intorno al 185040. Una volta avvicinate queste due linee si cercherà, dunque, dove esse si intersechino e si procederà a una rassegna di testi tesa a dimostrare la prolificità di questa intersezione.

I. Alterità e viaggio

L’ensemble des récits peut se ramener à une double posture: on part ailleurs ou quelqu’un arrive d’ailleurs.41

Come sottolineato dalle parole di Moura appena riportate, l’alterità ha da sempre rappresentato un forte impulso per la creazione letteraria, la cui totalità dei contenuti sembra poterle essere attribuita. Con ciò si intende che la necessità di raccontare il diverso o di raccontare attraverso il diverso è uno dei motivi fondanti

40

Ci si appoggia per questa datazione alle suggestioni di Mario Praz, op. cit. la cui sintesi migliore sta nel saggio introduttivo all’opera di F. Orlando, Costanti tematiche, varianti estetiche e

precedenti storici, p. XXI: «È in direzione non troppo lontana che cercherei il discrimine più

profondo fra le metà del secolo; se si vuole fra prima e dopo il 1848, anno che compì idealmente la fase ascendente e progressiva della borghesia»,

(25)

25

dell’atto letterario stesso. Pur concentrandosi piuttosto sulla prima delle due posture indicate, cioè nello spostarsi altrove, tuttavia può essere interessante notare come il contatto con lo straniero in senso generale origini una spinta tesa alla comprensione dell’altro all’interno della propria ottica e di conseguenza inneschi un meccanismo narrativo in grado di dar conto di questo incontro. Secondo questo punto di vista si può dire che è lo statuto stesso dello straniero a essere foriero di possibilità espressive, in quanto per poter passare da un ambito ignoto a un sistema di cose note richiede di essere raccontato. Secondo questa dinamica qualsiasi opera letteraria in cui l’alterità sia presa in questione coinvolge automaticamente la fissità di quegli stereotipi che già ne fornirebbero una spiegazione: essi, infatti, sono o vorrebbero essere delle definizioni già pronte all’uso per evitare proprio il racconto del diverso. Nel momento in cui, dunque, la letteratura parla dell’altro non può farlo, come ribadito più volte anche nel primo capitolo, che differentemente rispetto ai pensieri convenzionali.

Sin dall’inizio l’idea data dello straniero, commisurata ai valori di riferimento della comunità, produce, appena verbalizzata l’impulso a farsi tema letterario; e quel che più conta, questo impulso («lo straniero genera testi», osserva efficacemente Antonio Pioletti) non lascia inalterato lo stereotipo, che da questo passaggio risulta in certo modo messo in dubbio, contestato. Il racconto dello (sullo) straniero inevitabilmente contraddice o quanto meno sviluppa e corregge, proprio in quanto percorso narrativo, la fissità dell’ideologia di riferimento, e in certo modo ne contesta la normatività.42

Quindi si può dire che l’altrove non solo genera un movimento di narrazione, ma che questo movimento di narrazione, essendo orientato alla comprensione del diverso, si distaccherà in minore o maggior misura da quelle concezioni che tenderanno a ridurre questo diverso a formule fisse e, di conseguenza, più accettabili.

Non è sorprendente, a questo proposito, che la letteratura, in quanto formazione di compromesso, abbia seguito fin dall’inizio questa direzione di conoscenza in quanto portatrice di apertura a possibilità scrittorie maggiori:

Depuis Gilgamesh, depuis l’Odyssée, cet ailleurs est une possibilité narrative. Q q ’

part quelque part : tel est le schéma qui inspire les variations d’intrigues naissant de ce

qui est rencontré après le départ.43 42

P. Fasano, Il racconto dello straniero, in Lo straniero, Atti del Convegno di Studi : Cagliari, 16-19

novembre 1994, a cura di M. Domenichelli e P. Fasano, Bulzoni, Roma, 1997. p. LV.

(26)

26 Qualcuno parte da qualche parte: è questo lo schema di base da cui si può

iniziare e di cui l’Odissea viene a rappresentare il punto di partenza esemplare, come grande opera della cultura occidentale in cui il viaggio è centro e tema. Non solo, come suggerisce anche Brugnolo44, sulla scorta di Horkheimer e Adorno, essa è il primo grande testo in cui un soggetto razionale è costretto a confrontarsi con entità che appartengono piuttosto a una dimensione di esistenza ancora barbara, mitica e a ridurle all’intellegibile della propria realtà. Per una panoramica che abbia come centro la letteratura di viaggio è dunque giusto partire da qui, almeno concettualmente.

Se si ammette nell’alterità uno dei primi e più potenti slanci verso la narrazione, si vedrà poi nel viaggio il mezzo più efficace per mettersi in contatto con essa. L’Odissea permette esattamente ciò: con un viaggio lungo dieci anni il protagonista tocca più alterità possibili, in una serie quasi iniziatica prima di poter ritornare a casa come, ribadendo il concetto di Brugnolo, rappresentante maggiore della propria cultura. Il viaggio non è però l’unica possibilità di entrare in contatto con il diverso, l’altro grande campo di incontro o, meglio, di scontro tra civiltà è, ben inteso, la guerra. Non è un caso, forse, che allora l’altro grande poema omerico metta in scena proprio un conflitto anch’esso decennale in cui la diversità è rappresentata nella sua più drammatica irriducibilità45. Basti pensare, per consolidare quanto appena detto, a un'altra grande opera della letteratura greca, in cui è appunto la guerra, in un certo senso, a far da tramite e che è indicata spesso come primo esempio in cui si cede la parola all’altro: I Persiani di Eschilo. Nella messa in scena del dolore del nemico dopo la sconfitta, Eschilo riesce a permettere allo spettatore un’operazione d’astrazione da individui riconoscibili sotto una categoria spazio-temporale precisa di ostilità a individui sofferenti, permettendo a questo livello un’empatia in grado, almeno per la durata della tragedia, di concedere ascolto alla civiltà avversaria. Questo meccanismo di astrazione è quello già affrontato sotto il nome di principio di generalizzazione

44

Brugnolo, op. cit, p. 1.

45 Si veda per questo schema J. M. Moura, op. cit., p. 1: «Lorsque le grand romancier américain John Gardner remarque qu’il existe seulement deux types d’intrigues dans toute la littérature: «You go on a journey or a stranger comes to town», il songe sans doute à l’Odyssée et à l’Iliade, œuvres paradigmatiques des lettres occidentales».

(27)

27

matte blanchiano così come esposto nel primo capitolo46. Attraverso di esso sarà possibile applicare quest’operazione a tutte le opere letterarie che trattano dell’alterità.

Lasciando da parte l’antichità classica e il medioevo, che pur avrebbero a disposizione grandi esempi di viaggi e di incontri47, ci si concentrerà, volendo arrivare a una focalizzazione sulla seconda metà dell’800, su epoche più recenti. A questo proposito Fasano scrive: «Una storia diversa comincia, come tutti sanno, quando uno straniero (così si definisce spesso Cristoforo Colombo) decide di giocarsi la vita per scoprire nuove terre»48. Quello che interessa qui è il perché si sottolinei il fatto che con la scoperta dell’America cominci una storia diversa anche sul piano del viaggio e quindi della letteratura a esso legata. Prima di quel momento infatti, benché il confronto con l’alterità ci fosse sempre stato, raramente veniva messa in dubbio o anche soltanto sfiorata la certezza che su di sé aveva la civiltà occidentale, nonostante, magari, fascinazioni dell’altrove fossero sempre state presenti. Con la scoperta del nuovo continente, invece, e a partire proprio dai diari di Cristoforo Colombo, la diversità inizia a mettere davanti all’Europa possibilità alternative sterminate e man mano che si avanza con le scoperte, le esplorazioni e le navigazioni intorno al globo queste possibilità diventano sempre più attraenti.

Sotto l’impulso di queste nuove scoperte e alla base di molto immaginario moderno legato al viaggio di avventura stanno due opere riconosciute generalmente come ideologemi, cioè unità minimali a cui molti testi successivi si rifanno in quanto schemi epistemologici già potenzialmente suscettibili di narrazione: The Tempest di Shekespeare e il Robinson Crusoe di Defoe; il primo, attraverso il personaggio di Caliban, modello dell’idea del selvaggio mostruoso e

46

A questo proposito risulta esemplare F. Orlando, L’altro che è in noi. Arte e nazionalità., Torino, Bollati Boringhieri, 1996. Dopo aver inserito il principio di generalizzazione di Matte Blanco, Orlando conclude il discorso sulla divisione in nazionalità in questo modo: «Forse allora: le sostanze nazionali cesserebbero di illuderci come sostanze, però diventerebbe chiaro cosa ne resta o cosa mettiamo al loro posto se le concepissimo appunto come sottoinsiemi d’insiemi più

generali, e senza che caratteristiche individuali vadano mai perdute. […] Può esserci in parole

povere e con banale luogo comune, sia uno spagnolo non fiero che un uomo fiero non spagnolo ma quest’ultimo potrebbe nel più credibili dei modi, in circostanze adatte, atteggiarsi a spagnolo sul solo presupposto della sua fierezza» (p. 52).

47 Basti pensare a Erodoto per la classicità, e ai vari pellegrinaggi e poemi cavallereschi medievali. 48

P. Fasano, op. cit., p. LXII, interessante anche lo sviluppo successivo in cui si mette l’accento sulla possibilità che un grande impulso al viaggio Colombo lo abbia preso dal desiderio di raccontare terre straniere.

Riferimenti

Documenti correlati

Da un lato, quindi, siamo di fronte ad un cittadino che ha sempre più bisogno di un intervento sanitario e sociale attivo da parte del sistema, pubblico e privato no

4.3 Controindicazioni - Ipersensibilità al principio attivo, ai salicilati o ad uno qualsiasi degli eccipienti elencati al paragrafo 6.1, - Pazienti con mastocitosi preesistente,

Medicinae Doctor Aurelio Sessa, presidente regionale di Simg Lombardia: “la presa in carico delle cronicità è una prero- gativa esclusiva della Medicina Generale e oggi le

Nell’anno i cui i Confidi hanno assunto un ruolo sempre più centrale per effetto della crisi economica e finanziaria, i tre Consorzi fidi Cofiter (terziario), Fidindustria

Proprio per favorire una presa in ca- rico precoce, appropriata e omoge- nea su tutto il territorio nazionale dei pazienti affetti da depressione è stato di recente presentato

In ogni modulo, al ma no, è presente, di norma, almeno un medico, che: si fa carico delle necessità diagnos che e terapeu che dei pazien ricovera ; garan sce l’integrazione con

Di conseguenza il momento angolare del quadrato non si è conservato (prima dell’urto è nullo) e neppure lo ha fatto quello totale del sistema.. Questo significa che durante l’urto

Sappiamo però che il cilindro durante l’urto applica un impulso orizzontale J al blocco, e quindi possiamo scrivere?. M 2 ∆V