• Non ci sono risultati.

Pietro di Giovanni Olivi: la volontà creata e la sua libertà

peraccidentalitas del peccato e l’inordinatus amor sui di Lucifero

3. Pietro di Giovanni Olivi: la volontà creata e la sua libertà

Il terzo autore che prenderemo in considerazione in questa analisi, seguendo sempre il criterio principale che muove questa trattazione, è il francescano Pietro di Giovanni Olivi, la cui speculazione ha destato un notevole interesse negli ultimi anni.

La data di nascita di Pietro di Giovanni Olivi è collocata tra il 1247 e il 1248, mentre il luogo della sua nascita è sicuramente Sérignan, comune francese del dipartimento dell’Hérault. Tra il 1259 e il 1260 entra a far parte dell’ordine francescano per compiere poi i suoi studi principali a Parigi dove ha modo di seguire, nel 1268, le collationes di Bonaventura. Successivamente, durante il 1270, egli insegna in uno studium francescano nel sud della Francia, o a Narbonne o, con più probabilità, a Montpellier, dove inizierà a maturare il suo carattere ardente e a dare avvio a molteplici controversie sui temi più caldi del suo tempo. Non a caso, già nel 1277 viene richiamato dal ministro generale dell’ordine, successore di Bonaventura, Girolamo d’Ascoli (il futuro Papa Nicola IV), sulla questione della dottrina dell’Immacolata concezione. Successivamente, Olivi subisce la prima vera condanna nel 1283286 che gli costò la sospensione dall’insegnamento fino al 1287, condanna pronunciata dopo che il nuovo ministro generale, Bonagrazia di San Giovanni in Persiceto, aveva convocato una commissione composta da quattro maestri e tre baccellieri incaricati di esaminare le tesi di Olivi, commissione di cui faceva parte, come abbiamo visto in precedenza, anche Riccardo di Mediavilla.

Come sottolinea Alain Boureau287, l’opposizione dell’ordine francescano alla speculazione di Olivi subì delle oscillazioni continue, a causa delle altrettanto continue variazioni della politica dell’ordine e del pontificato. Innanzitutto, Olivi è coinvolto direttamente nella disputa sulla povertà francescana e nel 1279, qualche settimana prima che fosse promulgata la bolla di Nicola III, Exiit qui seminat, redige la maggior parte delle

quia, sicut probatum est supra per auctoritatem Augustini De libero arbitrio, error in intellectu non fuit ante peccatum. Ergo primum peccatum ipsius angeli non potuit esse ira.

Restat ergo non potuit esse nisi invidia, vel odium, vel superbia. Non invidia quia invidia oritur ex superbia. Invidia enim est inordinata displicentia de prosperitate alterius in quantum apprehenditur ut impeditiva vel diminutiva singularis excellentie quam appetit invidus. Primum ergo peccatum ipsius angeli non potuit esse invidia. Nec potuit esse odium, quia sicut probatum est supra, oportuit ipsum primum peccatum angeli esse inordinatum amorem.

Restat ergo primum peccatum angeli non potuit esse nisi superbia».

286 Cfr. S. PIRON, Censures et condamnation de Pierre de Jean Olivi: enquête dans les marges du

Vatican, in Mélanges de l’École française de Rome – Moyen Âge, 118/2 (2006), pp. 313-373.

287 Cfr. BOUREAU, Introduction, in Pierre de Jean Olivi, Traités des démons, Summa, II, Questions 40-

Questioni sulla Povertà Evangelica. Egli porterà avanti questa controversia a più riprese,

in occasione dei due capitoli generali di Montpellier (1287) e Parigi (1292), dove la sua posizione sull’usus pauper venne accettata dall’ordine. Al contrario, l’ordine rimase fermamente contrario rispetto alla sua speculazione in ambito escatologico, filosofico e teologico288.

Come Tommaso d’Aquino e Riccardo di Mediavilla, Pietro di Giovanni Olivi è autore di un complesso di nove questioni, che vanno ricomprese all’interno del più ampio progetto della sua Summa, direttamente dedicate allo statuto, al peccato e alla caduta dei demoni289 composte tra il 1288 e il 1295290. Anche in questo caso siamo dunque di fronte a quello che può essere definito a tutti gli effetti un piccolo trattatello di demonologia scolastica.

Il primo elemento degno di nota consiste nel rilevare la profonda differenza che intercorre tra le nove questioni oliviane e i testi di Tommaso d’Aquino e di Riccardo di Mediavilla. Lo scarto essenziale consiste in un modo del tutto nuovo di porre il problema della caduta angelica, tematica inserita in un preciso quadro escatologico, la cui portata emerge fin dalla prima questione. Inoltre, seguendo in parte l’impostazione del confratello francescano Riccardo di Mediavilla, anche Pietro di Giovanni Olivi affronta le questioni legate allo statuto dei demoni per tentare di risolvere i punti più spinosi della propria dottrina antropologica. A differenza degli altri due trattatelli, l’opera di Pietro di Giovanni Olivi si discosta invece per la sua struttura e per le modalità espositive delle questioni di volta in volta affrontate, il che emerge già a partire dall’analisi degli interrogativi posti dall’autore. L’unica questione comune agli altri due trattati è quella relativa al momento della caduta angelica, la q. 42 (Tertio queritur An angelus potuerit

peccare in primo nunc sue creationis), in cui il problema è posto nei medesimi termini,

ma è affrontato in modo decisamente differente, almeno rispetto all’analisi condotta da Tommaso d’Aquino291. Quanto alle tematiche affrontate, nella sua edizione Boureau ha

rintracciato quattro nuclei tematici fondamentali in cui possiamo raggruppare le nove

288 Cfr. E. BETTONI, Le dottrine filosofiche di Pier di Giovanni Olivi, Vita e Pensiero, Milano 1959; F.-X.

PUTALLAZ, Entre grâce et liberté: Pierre de Jean Olivi, in J. AERTSEN / A. SPEER (Hrsg.), Geistesleben im 13. Jahrhundert, , Walter de Gruyter, Berlin-New-York 2000 («Miscellanea Mediaevalia», 27), pp. 104- 115;

289 PETRUS IOANNIS OLIVI, Summa, II, Traités des démons, Questions 40-48, ed. A. Boureau, Les Belles

Lettres, Paris 2011.

290 Cfr. BOUREAU, Introduction cit., p. IX.

291 Nel caso di Riccardo di Mediavilla, invece, l’impostazione argomentativa è più o meno la stessa,

nella misura in cui i due maestri francescani adducono ai corpi delle loro soluzioni una serie di argomenti che sostengono la propria tesi ma che, tuttavia, si dimostrano poi di fatto insufficienti.

questioni292. La q. 40 (Primo queritur an Deus possit facere aliquam potentiam

intellectivam aut liberam essentialiter inerrabilem et impeccabilem) pone una domanda

fondamentale che consiste nel cercare di comprendere per quale motivo Dio non abbia potuto creare delle nature immuni dal peccato. La questione, a nostro avviso, fornisce anche una soluzione al problema della causa del peccato, mentre il problema della sua natura sarà affidato più in particolare alla q. 43 (Quartio, quia vero quibusdam

philosophantibus videtur incredibile quod primus angelus sic peccaverit sicut doctrina fidei tradit, idcirco aliquid breviter de hoc subdo), nella quale Olivi affronta direttamente

i dubbi dei cosiddetti philosophantes sulla dottrina della caduta angelica comunemente accettata. A partire dalla q. 41 (Secundo queritur an potentia peccandi sit pars nostre

libertatis) è invece possibile ricavare ulteriori elementi a proposito della causa del peccato

angelico che Olivi rintraccia e fa coincidere essenzialmente con il concorso di due fattori essenziali: la libertà della volontà e la caratteristica di ogni creatura di essere stata tratta dal nulla. Quanto alle questioni successive, nella q. 44 (Quinto queritur an demones

possint aliquid addiscere et oblivisci) Olivi cerca di spiegare se i demoni possano

imparare o dimenticare, o meglio “obliare”. Siamo nel campo dell’analisi dello statuto demonico dopo la caduta e prima del Giudizio e Olivi affronta qui la questione della funzione dell’oblio nelle creature razionali293, dedicando all’analisi escatologica della

condizione demonica prima del Giudizio poi anche le brevi qq. 46 (Septimo queritur an

citra diem iudicii habeant aliquas complacentias et gaudia in iis que pro voto volunt et agunt; et an aliquando habeant intensiores actus ire et tristitie seu alacritatis et complacentie et astitie, aliquando minores. Quero etiam an timor pene retrahant eos ab aliquo malo quod alias facere volunt et possunt), 47 (Octavo queritur an decor et integritas universitatis angelice hierarchia sic fuerit per casum demonum imminutus quod omino eguerit restaurari) e 48 (Nono queritur an ruinam angelicat decuerit ex hominibus reparari). In quest’ultima questione Olivi affronta una tematica piuttosto

discussa in epoca scolastica, quella della creazione dell’uomo intesa nel senso di una riparazione della rovina angelica. Infine, a partire dalla q. 45 (Sexto queritur an eorum

habitualis malitia usque ad diem iudicii augeatur) possiamo ricavare elementi utili a

proposito della possibilità del pentimento angelico, sebbene, a differenza di quanto

292 Cfr. BOUREAU, Introduction cit., pp. X-XV. 293 Cfr. BOUREAU, Introduction cit., pp. XII- XV.

accade nelle questioni di Tommaso e soprattutto di Riccardo, la questione non sia trattata in maniera dettagliata e il problema non sia approfondito analiticamente.

Conviene dunque, al fine di rintracciare la posizione di Pietro di Giovanni Olivi sulla causa e sulla natura del peccato angelico, prendere le mosse dalle prime due questioni, qq. 40-41, e dalla q. 43.

Come abbiamo già anticipato brevemente, nella q. 40 Pietro di Giovanni Olivi pone un importante interrogativo a livello teologico e filosofico nel quadro in cui si situa la questione del peccato angelico, un interrogativo che risponde essenzialmente alla domanda sull’effettiva possibilità del peccato angelico: Dio può creare una potenza intellettiva o libera, per essenza, che sia immune dall’errore e dal peccato (inerrabilis et

impeccabilis)?294

La risposta di Olivi a questo interrogativo sarà, come vedremo, assolutamente negativa. In effetti, a favore della tesi dell’impeccabilità si possono sollevare solo tre argomenti, peraltro due dei quali non risultano neanche troppo convincenti.

I primi due argomenti muovono in ultima analisi dal presupposto del principio di non- contraddizione: Il primo si basa sul fatto che un’asserzione del genere sembra non contraddire lo statuto dell’essenza creata, dal momento che la virtù, e in particolare la

virtus caritatis, la massima virtù di puro amore, è per essenza immune dal peccato; Il

secondo argomento, invece, sostiene che una peccabilità di questo tipo viene meno con l’intervento della gloria e della grazia perfetta. Stando a ciò, dunque, questa condizione di peccabilità non sarebbe essenziale alla potenza e pertanto, il suo opposto, vale a dire l’impeccabilità non contraddice l’essenza della potenza.

Il terzo argomento, il più decisivo tra i tre, anticipa già quella che sarà effettivamente la posizione definitiva di Olivi: se il libero arbitrio è essenzialmente una facoltà peccabile, ossia è effettivamente nella condizione di poter peccare, questa condizione gli deriverebbe sia dal fatto che è stato creato dal nulla sia dal fatto che esso è libero. Se così fosse, dunque, la peccabilità o la possibilità di peccare costituirebbero una parte essenziale della libertà295.

Contro quest’ultima possibilità si schiera però la posizione di Anselmo d’Aosta, contro il quale come vedremo Olivi costruirà le argomentazioni necessarie a fondare la propria posizione. Infatti, nel De libertate arbitrii Anselmo sostiene innanzitutto che Dio e gli

294 PETRUS IOANNIS OLIVI, Summa, II, Traités des démons, q. 40, ed. A. Boureau, pp. 2-19. 295 PETRUS IOANNIS OLIVI, Summa, II, Traités des démons, q. 40, 1-2-3, ed. A. Boureau, p. 2.

angeli non sono dotati di libero arbitrio, poiché essi non hanno la possibilità di peccare. Inoltre, per Anselmo la possibilità di peccare aggiunta alla volontà indebolisce la loro libertà e questo indebolimento accresce allo stesso tempo la libertà, nella misura in cui è più libero chi possiede ciò che è conveniente e adeguato senza la possibilità di perderlo che colui che lo possiede ma ha tuttavia la possibilità di perderlo e che può dirigersi verso ciò che invece non è conveniente e adeguato296.

A questo punto l’autore propone la propria soluzione, dividendo la sua argomentazione in due parti essenziali. A Olivi preme dimostrare l’impossibilità che una qualsiasi potenza possa essere creata per essenza immune dall’errore e dal peccato. Per far ciò egli adduce due argomenti principali tratti rispettivamente da Giovanni Damasceno297 e da Agostino298.

Secondo il Damasceno, qualsiasi natura intellettuale e libera può mutare secondo la sua volontà. Infatti, ogni essere creato, e dunque anche l’angelo, è soggetto al cambiamento e questa condizione implica la facoltà di poter permanere o accrescere nel bene oppure di poter convertirsi al male. Per Agostino, così come abbiamo già avuto modo di vedere nel primo capitolo, il fatto che la volontà pecchi non è causato dal fatto di essere una natura, ma dal fatto di essere una natura creata dal nulla. Questa condizione, per Agostino come anche per Olivi, è assolutamente necessaria e insopprimibile per qualsiasi volontà creata.

Si tratta dunque di comprendere come possa essere impossibile il contrario e per farlo Olivi analizza innanzitutto la natura della volontà e dell’intelletto, vale a dire la natura delle potenze libere che hanno come oggetti l’essere, il bene e il vero e dalle quali dipende la scelta per il male. In questo caso è anche necessario sottolineare che la volontà è libera per essenza e l’intelletto è per essenza liberamente mobile in rapporto a essa. Sulla base di ciò, spiega Olivi, se queste potenze fossero essenzialmente indenni dall’errore o dal peccato, bisognerebbe necessariamente ammettere che il loro ordine in disposizione e in

296 PETRUS IOANNIS OLIVI, Summa, II, Traités des démons, q. 40, ed. Boureau: «Cuius contrarius dicit

Anselmus, libro De libertate arbitrii, capitulo 1 et 2. Cuius ratio est duplex: prima est, quia tunc Deus et angeli non haberent liberum arbitrium, cum non habeant potentia peccandi. Secunda est, quia potestas peccandi addita voluntati minuit eius libertatem et eius demptio auget libertatem, quia liberior est qui sic habet quod decet et expedit ut hoc ammittere non queat quam qui sic habet hoc ut perdere possit et qui ad hoc quod dedecet valet adduci».

297 IOANNES DAMASCENUS, De fide orthodoxa, II, 3: «Est igitur natura intellectualis et arbitrio libera

vertibilis secundum mentem, scilicet voluntatem; omne enim creabile est vertibile, solum enim increabile est invertibile» e ancora «Ut creabilis, ut vertibilis est habens facultatem manendi et proficiendi in bono et ad malurn vertendi».

atto in rapporto a tutti i loro oggetti, sarebbe a esse essenziale. In altri termini, esse possiederebbero per essenza qualsiasi ordine retto che possano assumere rispetto a qualsiasi oggetto, il che significa che possiederebbero essenzialmente qualsiasi virtù, tesi di fatto non ammissibile e contraddittoria299.

A questo punto Olivi espone ben dieci argomenti contraddittori che sostengono l’impossibilità di una tesi del genere300, dimostrando dunque per negazione la validità

della tesi contraria con lo scopo di ribadire che la virtù può essere sostanziale solo in Dio e non nelle potenze create301.

Un’ulteriore approfondimento è costituito dalle risposte che Olivi fornisce ai tre argomenti contrari esposti all’inizio della questione. La risposta al terzo argomento, sul quale ci siamo soffermati in precedenza, è alquanto esplicativa in riferimento alla posizione dell’autore. Infatti, Olivi spiega, utilizzando il concetto di defectibilitas già utilizzato da Riccardo di Mediavilla, che la peccabilità o la possibilità di peccare, in quanto è defectibilis, implica una spiegazione generale di tale defectibilitas e una spiegazione particolare, nella misura in cui essa è una defectibilitas che interessa nello specifico un difetto della volontà e del vizio. La spiegazione generale risiede nella volontà per il fatto che essa è stata creata dal nulla, mentre la spiegazione particolare risiede nella specificazione secondo la quale essa è una volontà libera che proviene dal nulla, in modo tale che quest’ultima spiegazione comprenda e includa la prima. È in virtù della convergenza di questi due fattori che la libertà della volontà è essenzialmente defectibilis e dunque soggetta alla peccabilità e alla possibilità di peccare302.

299PETRUS IOANNIS OLIVI, Summa, II, Traités des démons, q. 40, ed. Boureau: «Rursus, de essentia

voluntatis est quod sit libera, et de essentia intellectus est quod sit libere mobilis ab illa. Si igitur essent essentialiter inerrabiles et impeccabiles, tunc oporteret quod habitualis et actualis ordo earum ad omnia sua obiecta sub debito ordine sumptus inesset eis essentialis, ita quod omnem rectum ordinem quem respectu cuiuscunque obiecti possunt suscipere essentialiter in se haberent. Hoc autem est idem quod dicere omnem virtutem eis esse essentialem, quod est impossibile et plenum contradictionis».

300 Cfr. PETRUS IOANNIS OLIVI, Summa, II, Traités des démons, q. 40, 1-10, ed. Boureau, pp. 6-10. 301 PETRUS IOANNIS OLIVI, Summa, II, Traités des démons, q. 40, ed. Boureau, p. 10: «Ex predictis autem

facile est advertere quod virtus non potest esse substantialis alicui substantie preterquam Deo. Unde philosophi nunquam posuissent eas esse substantiales intelligentiis separatis, nisi supposuissent ipsas esse deos invariabiles et eternos et actu infinitos».

302PETRUS IOANNIS OLIVI, Summa, II, Traités des démons, q. 40, ed. Boureau, p. 16: «Ad tertium

dicendum quod peccabilitas seu potentia peccandi, in quantum defectibilis, includit in se generalem rationem deficiendi et ultra hoc specialem, quia non est potentia ad quemcunque defectum, sed solum ad defectum voluntarium et vitiosum.

Sua igitur ratio generalis inest voluntati ex hoc quod est de nihilo, specialis vero inest ei ex hoc quod est voluntas libera et de nichilo, ut sic sumatur simul ratio generalis cum speciali. Verum est ergo quod non competit sibi ex hoc solo quod est de nichilo aut solum quia libera, sed coniunctim, quia scilicet habet talem libertatem quod est de nichilo, ex hoc enim habet libertatem defectibilem».

La dimostrazione di questa tesi è infine comprovata da alcune precisazioni essenziali che Olivi fornisce alla dottrina di Anselmo, in modo tale che la sua posizione risulti maggiormente rafforzata303.

Dopo aver chiarito ciò, nella q. 41 (Secundo queritur an potentia peccandi sit pars

nostre libertatis), Olivi si preoccupa dib rintracciare la causa del peccato angelico, e in

ultima analisi del peccato dell’uomo, dimostrando come essa risieda essenzialmente nella libertà della volontà. Nella presente questione, Olivi analizza in dettaglio la capacità del peccato della creatura e le caratteristiche di quella che egli stesso definisce potentia

peccandi, vale a dire la potenza capace di peccare. Il senso in cui questa potenza va intesa

è quello aristotelico che indica propriamente una delle facoltà particolari in nostro possesso (si pensi ad esempio, alla capacità di parlare o di camminare). Olivi utilizza tale concetto trasformandolo in una vera e propria funzione dello spirito umano e angelico, funzione ben distinta dalla semplice capacità o dal poter mettere in atto qualcosa di determinato. Al contrario, la potentia peccandi è per Olivi a tutti gli effetti uno dei modi che caratterizzano la creatura razionale e dotata di libertà304.

In questo contesto specifico, il bersaglio polemico di Olivi è senza ombra di dubbio Anselmo d’Aosta e la sua tesi secondo la quale la causa e la possibilità del peccato non risiedono nella nostra libertà, ossia nell’esercizio del nostro libero arbitrio. Non a caso, cinque degli otto argomenti contrari alla sua tesi sono direttamente tratti da Anselmo305.

Contro quest’ultimo e i suoi sostenitori, Olivi fa leva soprattutto su argomenti agostiniani e aristotelici, al fine di dimostrare come appunto la capacità e la possibilità del peccato risiedano essenzialmente nella libertà umana e angelica.

Per far ciò, Olivi distingue in un primo momento tra due aspetti essenziali che caratterizzano propriamente la potentia peccandi. Essa può essere infatti intesa sia in senso passivo sia in senso attivo. A sua volta, la passività di tale potenza può essere

303 PETRUS IOANNIS OLIVI, Summa, II, Traités des démons, q. 40, ed. Boureau, pp. 16-18: «Ad

verificationem autem verbi Anselmi duplex distinctio est subintelligenda: prima est, quia potentia peccandi potest sumi aut pro essentia potentie volitive, in quantum habet vim causalem simul et subiectivam seu receptivam defectivi actus peccati, aut pro sola defectibilitate ipsius potentie, per quam scilicet nichil causat entis, sed solum dum aliquid causat, deficit ab aliquo bono vel est apta nata deficere. Et de hoc secundo modo verum est verbum Anselmi, non autem de primo. Secunda distinctio est, quia per partem essentia seu potentie potest designari quodcunque positivum illius potentie vel essentie constitutivum aut quecunque ratio, sive positiva sive negativa seu defectiva, essentialiter inclusa in essentia talis potentie. Primo modo est verum verbum Anselmi, non autem modo secundo. In secunda tamen ratione Anselmi ibidem tacta sumitur ratio peccandi pro dispositione seu facili mobilitate vel pronitate ad peccandum. Hoc enim modo minuit libertatem gratie, quamvis non minuat nostram libertatem essentialem».

304 Cfr. BOUREAU, Introduction cit., p. XI.

305 Cfr. ANSELMUS CANTUARIENSIS, De libertate arbitrii, 1-2-3-5; De concordia prescientie

concepita in due modi differenti: da un lato, considerandola in quanto essa subisce o può subire la privazione della forma delle virtù; dall’altro, in quanto essa può ricevere un atto