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Tommaso d’Aquino e l’ostinazione dei demoni al male

LA POSSIBILITÀ DEL PENTIMENTO ANGELICO

1. Tommaso d’Aquino e l’ostinazione dei demoni al male

Il problema dell’impossibilità del pentimento dei demoni è affrontato per la prima volta da Tommaso nella Summa Theologiae, nell’articolo 2 della q. 64 (Utrum voluntas

daemonum sit obstinata in malo)418. Come abbiamo già avuto modo di anticipare, la questione è di particolare rilievo e la soluzione addotta da Tommaso è particolarmente interessante, nella misura in cui egli non si limita a rintracciarne la causa estrinseca, come molti suoi colleghi invece si sono limitati a fare, ma cerca di rintracciarne e mostrarne chiaramente anche la causa intrinseca sottolineandone il portato filosofico. In questo contesto, Tommaso traccia un fitto parallelismo tra il caso dell’uomo, il quale ha la possibilità effettiva di volgere nuovamente la propria volontà al bene anche dopo il peccato, e quello dell’angelo a cui tale possibilità è definitivamente preclusa dopo la scelta. È infatti questa la tesi di Tommaso in proposito, il quale, contro gli argomenti che sostengono il contrario, afferma saldamente che per il diavolo non vi è possibilità alcuna di pentimento, nella misura in cui la sua volontà, dopo la scelta, rimane stabilmente ostinata e orientata verso il male. Tommaso giunge a questa ferma conclusione sulla base dell’analisi dello statuto angelico che ha in precedenza effettuato e dalla quale emerge con chiarezza l’impossibilità di un ritorno al bene dopo la scelta definitiva per il male.

Questa tesi è esposta nel corpo centrale dell’articolo quinto, là dove Tommaso parte dalla confutazione della celebre tesi di Origene, secondo il quale la volontà di qualsiasi creatura, fatta eccezione per quella di Cristo, può volgersi sia al bene sia al male in virtù del suo libero arbitrio. Al contrario, per Tommaso è necessario affermare, in linea con le premesse di fede e con quanto affermato dalla Scrittura, che la volontà degli angeli buoni è confermata nel bene, mentre la volontà dei demoni è ostinata nel male419.

Come abbiamo già anticipato, questa tesi è dimostrata da Tommaso sia in relazione alla sua causa estrinseca sia in relazione alla sua causa intrinseca. In relazione alla sua causa estrinseca, Tommaso tende a precisare che l’ostinazione dei demoni non proviene

418 THOMAS DE AQUINO, Summa theologiae, Iᵃ, q. 64, art. 2, ed. Leonina.

419 THOMAS DE AQUINO, Summa theologiae, Iᵃ, q. 64, art. 2, ed. Leonina: «Origenis positio fuit quod

omnis voluntas creaturae, propter libertatem arbitrii, potest flecti et in bonum et in malum, excepta anima Christi propter unionem verbi. Sed haec positio tollit veritatem beatitudinis a sanctis Angelis et hominibus, quia stabilitas sempiterna est de ratione verae beatitudinis; unde et vita aeterna nominatur. Repugnat etiam auctoritati Scripturae sacrae, quae Daemones et homines malos in supplicium aeternum mittendos, bonos autem in vitam aeternam transferendos pronuntiat, Matth. XXV. Unde haec positio est tanquam erronea reputanda; et tenendum est firmiter, secundum fidem Catholicam, quod et voluntas bonorum Angelorum confirmata est in bono, et voluntas Daemonum obstinata est in malo».

dalla gravità della loro colpa, ma dalla particolare condizione della loro natura e del loro stato. Ciò è dimostrato dalla celebre sentenza del Damasceno, a cui abbiamo già in precedenza fatto riferimento, il quale sostiene che «la morte è per gli uomini ciò che la caduta è per gli angeli». In altri termini, chiarisce Tommaso, nel caso dell’uomo i peccati sono sempre remissibili, ma ciò è possibile solo prima della morte: dopo la morte essi divengono irremissibili e durano per sempre. Allo stesso modo, ciò è evidente anche per gli angeli, i cui peccati dopo la caduta, che equivale alla morte per l’uomo, divengono altrettanto irremissibili420.

In relazione alla sua causa intrinseca, Tommaso spiega che è necessario tenere conto del fatto che la facoltà appetitiva, ossia la volontà, è interamente proporzionata alla facoltà conoscitiva, ossia l’intelletto, la quale spinge la volontà ad agire, la porta cioè a muoversi (come il mobile è proporzionato al suo motore). Inoltre, come è ormai noto, la volontà si volge verso il bene universale, così come l’intelletto conosce i suoi oggetti in universale. L’intuizione intellettiva dell’angelo si differenzia da quella dell’uomo perché l’angelo percepisce con il suo intelletto in modo irremovibile (apprehendit immobiliter per

intellectum), il che vale anche per l’uomo nel caso dell’apprensione di quei principî primi

che sono oggetto del suo intelletto. Ma, a differenza dell’angelo, l’uomo apprende attraverso la ragione in modo instabile, nella misura in cui procede attraverso il ragionamento da una nozione all’altra e ha la possibilità di scegliere tra due alternative opposte. Va da sé dunque che la volontà dell’uomo si volge verso qualcosa in maniera del tutto instabile, avendo la possibilità di distogliersi da essa e di volgersi nuovamente verso il suo contrario. Al contrario, la volontà dell’angelo si volge verso il suo oggetto e aderisce a esso in maniera stabile e irremovibile. Dunque, e qui la soluzione elaborata da Tommaso appare in tutta la sua evidenza, se consideriamo la volontà dell’angelo prima della sua adesione, allora essa ha la capacità effettiva di aderire liberamente a una cosa o al suo contrario (Tommaso qui fa riferimento ovviamente a ciò che l’angelo non è portato a volere per natura); ma se consideriamo la sua volontà dopo la sua adesione, quest’ultima è assolutamente irremovibile e non convertibile. Questo è ciò che distingue la volontà dell’angelo dalla volontà dell’uomo: è per questo che possiamo legittimamente affermare che l’uomo ha la possibilità di scegliere attraverso il suo libero arbitrio tra due alternative

420 THOMAS DE AQUINO, Summa theologiae, Iᵃ, q. 64, art. 2, ed. Leonina: «Causam autem huius

obstinationis oportet accipere, non ex gravitate culpae, sed ex conditione naturae status. Hoc enim est hominibus mors, quod Angelis casus, ut Damascenus dicit. Manifestum est autem quod omnia mortalia peccata hominum, sive sint magna sive sint parva, ante mortem sunt remissibilia; post mortem vero, irremissibilia, et perpetuo manentia».

possibili sia prima sia dopo l’elezione; al contrario, il libero arbitrio dell’angelo si può volgere verso le due alternative possibili solo prima dell’elezione ma non dopo. Ne consegue dunque che per questo motivo gli angeli, aderendo per sempre alla giustizia divina, sono confermati nel bene; mentre gli angeli malvagi, avendo peccato, rimangono ostinati nel male421.

La stessa tesi è ribadita, in modo più dettagliato e quasi del tutto invariato, nell’articolo 5 della q. 16 del De malo, dove Tommaso cerca appunto di spiegare se nei demoni il libero arbitrio possa ritornare al bene dopo il peccato (Utrum liberum arbitrium in

daemonibus possit reverti ad bonum post peccatum)422.

Già a partire dall’esposizione degli argomenti in contrario, Tommaso ribadisce sinteticamente, facendo molto probabilmente riferimento a quanto da lui stesso teorizzato nella Summa, che sulla base del confronto tra Dio, l’uomo e l’angelo, il libero arbitrio di Dio è immutabile prima e dopo la scelta, mentre quello dell’uomo è mutevole sia prima che dopo la scelta. L’angelo, invece, si trova in una posizione intermedia tra Dio e l’uomo e il suo libero arbitrio è pertanto mutevole solo prima della scelta e non dopo. Dunque, dopo la scelta per il peccato, l’angelo non può in alcun modo tornare al bene423.

Rispetto all’argomentazione presentata nella Summa theologiae, nel De malo Tommaso ci offre un’ampia digressione sul libero arbitrio con lo scopo di dimostrare la fondatezza della propria tesi sulla base di solidi presupposti teoretici.

A questo scopo, per Tommaso è necessario innanzitutto considerare ciò che caratterizza di per sé la facoltà del libero arbitrio, e in primo luogo il fatto che esso possa

421 THOMAS DE AQUINO, Summa theologiae, Iᵃ, q. 64, art. 2, ed. Leonina: «Ad inquirendum ergo causam

huiusmodi obstinationis, considerandum est quod vis appetitiva in omnibus proportionatur apprehensivae a qua movetur, sicut mobile motori. Appetitus enim sensitivus est boni particularis, voluntas vero universalis, ut supra dictum est; sicut etiam sensus apprehensivus est singularium, intellectus vero universalium. Differt autem apprehensio Angeli ab apprehensione hominis in hoc, quod Angelus apprehendit immobiliter per intellectum, sicut et nos immobiliter apprehendimus prima principia, quorum est intellectus, homo vero per rationem apprehendit mobiliter, discurrendo de uno ad aliud, habens viam procedendi ad utrumque oppositorum. Unde et voluntas hominis adhaeret alicui mobiliter, quasi potens etiam ab eo discedere et contrario adhaerere, voluntas autem Angeli adhaeret fixe et immobiliter. Et ideo, si consideretur ante adhaesionem, potest libere adhaerere et huic et opposito (in his scilicet quae non naturaliter vult), sed postquam iam adhaesit, immobiliter adhaeret. Et ideo consuevit dici quod liberum arbitrium hominis flexibile est ad oppositum et ante electionem, et post; liberum autem arbitrium Angeli est flexibile ad utrumque oppositum ante electionem, sed non post. Sic igitur et boni Angeli, semper adhaerentes iustitiae, sunt in illa confirmati, mali vero, peccantes, sunt in peccato obstinati. De obstinatione vero hominum damnatorum infra dicetur».

422 THOMAS DE AQUINO, Quaestiones disputatae de malo, q. 16, art. 5, ad.1, ed. Gils.

423 THOMAS DE AQUINO, Quaestiones disputatae de malo, q. 16, art. 5, ad.1, ed. Gils: «Angelus medius

est inter Deum et hominem. Sed Deus habet liberum arbitrium invertibile ante electionem et post; homo autem habet ipsum vertibile ante et post. Ergo Angelus medio modo se habet, ut scilicet sit vertibile ante sed non post: nam contrarium est impossibile, ut scilicet sit vertibile post, et non ante. Non ergo post electionem peccati potest reverti ad bonum».

rivolgersi verso oggetti diversi. Tale caratteristica esclude già alcune sostanze dal novero delle creature dotate di libero arbitrio, il quale si ritrova essenzialmente solo in quelle dotate di intelletto e ragione, nelle quali l’arbitrio è libero proprio perché agisce in virtù di una conoscenza dell’intelletto o della ragione, conoscenza che può essere in rapporto con oggetti diversi424.

Inoltre, Tommaso spiega molto approfonditamente che la diversità degli oggetti verso cui si orienta il libero arbitrio delle creature razionali può essere intesa in tre modi diversi: in relazione al fine, in relazione alla differenza tra bene e male e in relazione alla differenza della mutazione (ossia alla mutevolezza a cui di per sé sono soggette le creature):

a) In relazione al fine: ogni creatura tende per necessità naturale verso un solo e unico fine, dal momento che la stessa natura tende sempre verso un unico fine. E poiché si possono ordinare molte cose a un unico fine, il desiderio della natura intellettuale o razionale può dunque tendere verso oggetti diversi. Ciò vale nel caso di Dio, ma anche in quello dell’uomo e dell’angelo, il cui fine fissato dalla natura è la beatitudine. Ma dal momento che alla beatitudine possono essere ordinate diverse cose, sia la volontà dell’uomo sia la volontà dell’angelo buono o malvagio possono volgersi nella scelta verso cose diverse425;

b) In relazione alla differenza tra bene e male: tale diversità, precisa Tommaso, si rapporta alla facoltà del libero arbitrio non di per sé ma accidentalmente, poiché implica la presenza di un certo difetto nella natura considerata. Dato che la volontà si

424 THOMAS DE AQUINO, Quaestiones disputatae de malo, q. 16, art. 5, ad.1, ed. Gils: «Considerandum

est autem, quod hic Origenis error ex hoc provenit quod non recte consideravit quid per se pertineret ad liberi arbitrii potestatem, sine qua homo in nullo statu invenitur. Est ergo considerandum, quod ad rationem liberi arbitrii pertinet quod in diversa possit. Unde res cognitione carentes, quarum actiones sunt determinatae ad unum, nihil agunt suo arbitrio. Animalia vero irrationalia agunt quidem arbitrio, sed non libero; quia iudicium quo aliquid prosequuntur vel fugiunt, est in eis determinatum a natura, ita ut ipsum praeterire non possint, sicut ovis non potest non fugere lupum visum. Sed omne illud quod habet intellectum et rationem, agit libero arbitrio, in quantum scilicet arbitrium eius, quo agit, consequitur apprehensionem intellectus vel rationis, quae se habet ad multa. Et ideo, sicut dictum est, ad rationem liberi arbitrii pertinet quod in diversa possit».

425 THOMAS DE AQUINO, Quaestiones disputatae de malo, q. 16, art. 5, ad.1, ed. Gils: «Sed ista diversitas

potest attendi tripliciter. Uno modo secundum differentiam rerum quae eliguntur propter finem: nam unicuique naturaliter convenit unus finis quem naturali necessitate appetit, quia natura semper tendit ad unum; sed quia ad unum finem multa possunt ordinari, appetitus intellectualis vel rationalis naturae potest tendere in diversa, eligendo ea quae sunt ad finem. Et hoc modo Deus tamquam proprium finem naturaliter vult suam bonitatem, nec potest non velle eam. Sed quia ad bonitatem eius ordinari possunt diversi modi et ordines rerum, voluntas eius non sic fertur ad unum in suis effectibus, quin, quantum est de se, possit ferri in aliud; et secundum hoc competit Deo libertas arbitrii. Similiter et Angelus et homo habent finem naturaliter sibi praestitutum, beatitudinem, unde naturaliter appetunt eam, nec possunt velle miseriam, ut Augustinus dicit in VIII de Trin. Sed quia ad beatitudinem diversa possunt ordinari, in eligendo ea quae sunt ad finem, potest voluntas tam hominis quam Angeli boni vel mali in diversa ferri».

rivolge per sé verso il bene, che è il proprio oggetto, la possibilità che essa possa tendere al male si giustifica solo in relazione al fatto che essa conosce ciò che è male sotto la ragione di bene e ciò a causa di un errore dell’intelletto o della ragione, che a loro volta causano la libertà dell’arbitrio. Tuttavia, chiarisce Tommaso, ciò accade solo accidentalmente e nulla impedisce che il libero arbitrio tenda verso il bene in modo tale che non possa tendere verso il male, come accade in Dio o nel caso degli uomini o degli angeli beati, investiti dalla grazia divina426;

c) In relazione alla differenza della mutazione: tale diversità, anch’essa accidentale, consiste nel fatto che si dà la possibilità che l’oggetto verso cui il libero arbitrio tende sia diverso in momenti diversi. In altri termini, per usare l’esempio di Tommaso, non è detto che nello stesso momento si voglia ciò che si voleva poco prima o che non si potrebbe volere ciò che prima non si voleva. Ora, la mutevolezza non appartiene di per sé al libero arbitrio perché non rientra nella sua natura, ma gli è accidentale nella misura in cui esso si ritrova in una natura mutevole. Infatti, spiega Tommaso, nell’uomo il libero arbitrio muta in virtù di una causa intrinseca e in virtù di una causa estrinseca. La causa intrinseca coincide o con la ragione, nella misura in cui ad esempio si conosce una cosa che prima non si conosceva o con il desiderio che cessa di tendere verso qualcosa nello stesso momento in cui vengono meno la passione o l’abito da cui era disposto a tendere verso quella determinata cosa. La causa estrinseca, invece, è Dio che ad esempio muta la volontà dell’uomo dal male al bene attraverso la grazia427.

426 THOMAS DE AQUINO, Quaestiones disputatae de malo, q. 16, art. 5, ad.1, ed. Gils: «Secunda autem

diversitas in quam liberum arbitrium potest, attenditur secundum differentiam boni et mali. Sed ista diversitas non per se pertinet ad potestatem liberi arbitrii, sed per accidens se habet ad eam, in quantum invenitur in natura deficere potenti. Cum enim voluntas de se ordinetur in bonum sicut in proprium obiectum: quod in malum tendat, non potest contingere nisi ex hoc quod malum apprehenditur sub ratione boni; quod pertinet ad defectum intellectus vel rationis, unde causatur libertas arbitrii. Non autem pertinet ad rationem alicuius potentiae quod deficiat in suo actu, sicut non pertinet ad rationem visivae potentiae quod aliquis obscure videat. Et ideo nihil prohibet inveniri liberum arbitrium quod ita tendit in bonum, quod nullo modo potest tendere in malum, vel ex natura, sicut in Deo, vel ex perfectione gratiae, sicut in hominibus et Angelis beatis».

427 THOMAS DE AQUINO, Quaestiones disputatae de malo, q. 16, art. 5, ad.1, ed. Gils: «Tertia autem

diversitas in quam liberum arbitrium potest, attenditur secundum differentiam mutationis. Quae quidem non consistit in hoc quod aliquis diversa velit: nam et ipse Deus vult ut diversa fiant secundum quod convenit diversis temporibus et personis; sed mutatio liberi arbitrii consistit in hoc quod aliquis illud idem et pro eodem tempore non velit quod prius volebat, aut velit quod prius nolebat. Et haec diversitas non per se pertinet ad rationem liberi arbitrii, sed accidit ei secundum conditionem naturae mutabilis: sicut non est de ratione visivae potentiae quod diversimode videat; sed hoc contingit quandoque propter diversam dispositionem videntis, cuius oculus quandoque est purus, quandoque autem turbatus. Et similiter etiam mutabilitas seu diversitas liberi arbitrii non est de ratione eius, sed accidit ei, in quantum est in natura mutabili. Mutatur enim in nobis liberum arbitrium ex causa intrinseca, et ex causa extrinseca. Ex causa quidem intrinseca, vel propter rationem, puta cum quis aliquid prius nesciebat quod postea cognoscit; vel

Nel caso degli angeli, spiega Tommaso, questa duplice causa cessa di esistere subito dopo la loro scelta in virtù dell’immutabilità che caratterizza le sostanze sempre in atto. Infatti, l’intelletto angelico, a differenza di quello umano, rimane stabile e immutabile in tutto ciò che conosce naturalmente e ciò vale anche per la volontà angelica, totalmente proporzionata all’intelletto. Gli angeli sono in potenza solo rispetto al movimento che li fa volgere verso l’ordine sovrannaturale ed è questa l’unica forma possibile di mutamento alla quale essi sono soggetti: dal grado della loro natura si muovono verso l’ordine sovrannaturale che è al di sopra della loro natura, avvicinandosi o allontanandosi da esso. Ma anche una tale mutazione, dopo la scelta, cessa e rimane immutabile sempre in virtù della stessa natura immutabile dell’angelo. Sulla base di ciò, conclude Tommaso, è evidente che gli angeli perseverano immutabilmente o nell’avversione o nella conversione al bene sovrannaturale.

Tale conclusione è inoltre valida anche in rapporto alla causa estrinseca poiché, come abbiamo avuto modo di vedere in precedenza, la caduta è per l’angelo ciò che la morte è per l’uomo: gli angeli malvagi, dopo la scelta, peccano in ogni loro atto perché in ogni loro azione permane la forza e la stabilità della loro scelta primordiale428.

propter appetitum qui quandoque sic est dispositus per passionem vel habitum, ut tendat in aliquid sicut in sibi conveniens, quod cessante passione vel habitu sibi conveniens non est. Ex causa vero extrinseca, puta cum Deus immutat voluntatem hominis per gratiam de malo in bonum, secundum illud Prov., XXI, 1: cor regum in manu Dei, (et) quocumque voluerit vertet illud».

428THOMAS DE AQUINO, Quaestiones disputatae de malo, q. 16, art. 5, ad.1, ed. Gils: «Haec autem

duplex causa cessat in Angelis post primam electionem. Et primo quidem naturaliter in his quae ad ordinem naturae pertinent, immutabiliter se habent: quia mutatio est existentis in potentia, ut dicitur in III Phys. Hoc autem ad naturam angelicam pertinet, ut actu habeant notitiam omnium quae naturaliter scire possunt; sicut nos naturaliter actu habemus notitiam primorum principiorum, ex quibus procedimus ratiocinando ad acquirendam cognitionem conclusionum. Quod in Angelis non contingit, quia in ipsis principiis intuentur omnes conclusiones quae ad naturalem eorum cognitionem pertinent. Et ideo sicut immobiliter nos habemus in cognitione primorum principiorum, ita intellectus eorum immobiliter se habet circa omnia quae naturaliter cognoscit. Et quia voluntas proportionatur intellectui, consequens est quod etiam voluntas eorum naturaliter sit immutabilis circa ea quae ad ordinem naturae pertinent. Verum est autem quod sunt in potentia respectu motus in supernaturalia, sive per conversionem sive per aversionem, unde haec sola mutatio in eis esse potest, ut de gradu naturae ipsorum moveantur in id quod est supra naturam, convertendo