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Riccardo di Mediavilla: la distinzione tra atto naturale della volontà e atto deliberativo e l’impetus conatus

IL MOMENTO DELLA CADUTA ANGELICA

2. Riccardo di Mediavilla: la distinzione tra atto naturale della volontà e atto deliberativo e l’impetus conatus

Riccardo di Mediavilla affronta direttamente il problema nella q. 24, in cui, come Tommaso e Olivi, si chiede se l’angelo abbia potuto peccare nell’istante stesso della sua creazione (Utrum angelus peccare possit in instanti sue creationis)362. Come per la maggior parte dei suoi colleghi tra i quali Tommaso e Pietro di Giovanni Olivi, anche per Riccardo Lucifero non ha potuto peccare nell’istante stesso della sua creazione.

361 THOMAS DE AQUINO, Quaestiones disputatae de malo, q. 16, art. 4, ad.1, ed. Gils: «Ea autem quae

sunt supra naturam, ad gratiam pertinentia, circa quae fuit peccatum Angeli, ut habitum est, magis distant a quibuscumque naturaliter cognitis quam quaecumque naturaliter cognita ab invicem. Unde si non omnia naturaliter cognita propter eorum distantiam potest Angelus apprehendere per unam speciem et simul, multo minus potest simul moveri in naturaliter cognita et in supernaturalia, quae sunt gratuita. Manifestum est autem quod motus Angeli primo est in id quod est sibi connaturale, quia per id pertingit in id quod est supra naturam. Et ideo oportuit quod Angelus in primo instanti suae creationis converteretur ad naturalem sui cognitionem, secundum quam non potuit peccare, ut ex supra dictis patet; postmodum vero potuit converti in id quod est supra naturam, vel ab eo averti. Et ideo Angelus in primo instanti suae creationis non fuit neque beatus per conversionem perfectam in Deum, neque peccator per aversionem ab ipso. Unde Augustinus dicit, IV super Genes. ad litteram, quod post vesperam primae diei fit mane cum lux spiritualis, scilicet angelica natura, post cognitionem propriae naturae, quae non est quod Deus, refert se ad laudandam lucem quae est ipse Deus, cuius contemplatione formatur».

362RICARDUS DE MEDIAVILLA, Quaestiones Disputatae, Tome IV, Les Démons, q. 24, art. 6, ed.

Gli argomenti su cui poggia la tesi contraria, esposti da Riccardo come di consueto nella parte iniziale della questione, sono sei. È opportuno sottolineare che il primo di questi argomenti presenta le obiezioni aristoteliche alla tesi di Riccardo, mentre il terzo e il sesto poggiano su due asserzioni agostiniane. Conviene forse ricordare a questo proposito che lo stesso Agostino non ci ha fornito una posizione solida e chiara sul problema, quasi oscillando in momenti diversi tra le due tesi opposte, il che peraltro era già stato suggerito anche da Tommaso. Riccardo farà leva proprio su questa oscillazione al fine di scardinare le obiezioni dei propri oppositori.

I problemi da aggirare sono i seguenti: innanzitutto, seguendo Aristotele, l’angelo avrebbe potuto conoscere il male e dunque peccare nell’istante della sua creazione, nella misura in cui la conoscenza angelica è una conoscenza intellettuale istantanea. Infatti, Aristotele afferma che la visione non è nel tempo363 e dato che l’intelletto nell’istante può

intelligere, la volontà a sua volta può volere. Inoltre, egli sostiene anche che il piacere

non è nel tempo364 e coincide con un atto della volontà365.

Il secondo argomento in contrario si basa invece su di un’omologia con il peccato originale: l’anima dell’uomo, fin dall’istante della sua creazione, ha contratto il peccato originale. Allo stesso modo, l’angelo avrebbe potuto peccare nell’istante della sua creazione e se così non fosse, sarebbe necessario spiegare il perché di una tale impossibilità366.

Come anticipato, il terzo argomento si basa su di un testo agostiniano, in cui si legge che gli angeli, nell’istante della loro creazione, furono beati367 e pertanto e a maggior

ragione essi avrebbero potuto peccare nell’istante della loro creazione368.

Il quarto argomento parte dal presupposto secondo il quale il merito è un atto del libero arbitrio, così come anche il peccato. Dunque, così come l’anima di Cristo, che è stata creata, ha meritato nell’istante della sua creazione, allo stesso modo l’angelo ha potuto

363 ARISTOTELES, Eth. Nic., X, 4, 1174a 14. 364 ARISTOTELES, Eth. Nic., X, 4, 1174a 18.

365 Cfr. RICARDUS DE MEDIAVILLA, Quaestiones Disputatae, Tome IV, Les Démons, q. 24, 1, ed.

Boureau, p. 58.

366 Cfr. RICARDUS DE MEDIAVILLA, Quaestiones Disputatae, Tome IV, Les Démons, q. 24, 2, ed.

Boureau, p. 58.

367 AUGUSTINUS HIPPONENSIS, De Genesi ad litteram, II, 8, PL 34, col. 276.

368 Cfr. RICARDUS DE MEDIAVILLA, Quaestiones Disputatae, Tome IV, Les Démons, q. 24, 3, ed.

attraverso il proprio libero arbitrio demeritare fin dall’istante della propria creazione e il demerito è causato dal peccato369.

Il quinto argomento muove invece dalla distinzione ormai nota tra peccato di

omissione e peccato di commissione, secondo la quale il primo consiste nell’assenza di

un atto dovuto, cioè nel fatto che un atto che deve essere compiuto non lo sia, mentre il secondo consiste nell’assenza dell’ordine dovuto in un determinato atto. Dunque, l’angelo avrebbe potuto in uno stesso istante astenersi dal compiere un atto dovuto, cioè avrebbe potuto, nell’istante della sua creazione, commettere un peccato d’omissione370.

Il sesto e ultimo argomento invece, come già anticipato, è nuovamente tratto da Agostino371, il quale ricorda che Giovanni afferma che il diavolo fin dall’inizio non stette nella verità, vale a dire che il diavolo ha peccato fin dall’inizio della sua creazione. Sembra dunque che Agostino avvalori questa tesi, anche alla luce del fatto che questa è l’unica tesi in grado di scongiurare e rifiutare la posizione manichea372.

Successivamente, Riccardo oppone a questi argomenti la tesi, già dimostrata nella q. 23, secondo la quale il peccato attuale consiste nella mancanza di un certo bene dovuto ancor prima di averlo posseduto. Dunque, se l’angelo avesse peccato nell’istante della sua creazione avrebbe potuto, sempre nel medesimo istante, ad un tempo possedere e non possedere un certo bene, il che di fatto è impossibile373.

Al fine di dirimere la questione e fare chiarezza, Riccardo organizza la sua argomentazione in modo tale da mostrare innanzitutto la debolezza di alcune tesi che sostengono che l’angelo non abbia potuto peccare nell’istante della sua creazione; in secondo luogo, si propone di chiarire la differenza fondamentale tra l’atto naturale della volontà e l’atto deliberativo; in terzo luogo, di mostrare come sia stato necessario che il movimento naturale nella volontà dell’angelo fosse anteriore rispetto a qualsiasi altro movimento; in quarto luogo, di dimostrare come sia stato necessario che il movimento retto, dipendente dalla rettitudine naturale, della volontà dell’angelo abbia preceduto qualsiasi movimento malvagio; in quinto luogo, si propone di dimostrare a partire dagli argomenti precedenti, che l’angelo non ha potuto peccare nell’istante della sua creazione

369 Cfr. RICARDUS DE MEDIAVILLA, Quaestiones Disputatae, Tome IV, Les Démons, q. 24, 4, ed.

Boureau, p. 60.

370 Cfr. RICARDUS DE MEDIAVILLA, Quaestiones Disputatae, Tome IV, Les Démons, q. 24, 5, ed.

Boureau, p. 60.

371 AUGUSTINUS HIPPONENSIS, DecivitateDei, XI, 15.

372 Cfr. RICARDUS DE MEDIAVILLA, Quaestiones Disputatae, Tome IV, Les Démons, q. 24, 6, ed.

Boureau, p. 60.

373 Cfr. RICARDUS DE MEDIAVILLA, Quaestiones Disputatae, Tome IV, Les Démons, q. 24, Contra, ed.

e in particolare che non ha potuto commettere né un peccato di commissione né un peccato d’omissione; infine, la propria tesi viene ulteriormente avvalorata da altri due argomenti che non sembrano trovare alcun fondamento nelle tesi esposte.

La prima tesi giudicata insufficiente da Riccardo è quella che sostiene l’impossibilità che possano darsi due mutazioni differenti nello stesso istante. L’inconsistenza di questa tesi era stata già messa in rilievo ad esempio da Enrico di Gand, il quale nel 1292 aveva dato avvio al dibattito sulla questione.

Gli esempi contrari che Riccardo espone contro questa dimostrazione sono tre: a) si pensi all’illuminazione di un punto medio che avviene in un istante: è nello stesso istante che la luna è illuminata dal sole e il punto medio, a sua volta, è illuminato dalla luna. E, se l’illuminazione avviene in un istante, è nello stesso istante che il sole, creato, ha illuminato il punto medio; b) i processi di generazione e corruzione, i quali costituiscono due mutazioni differenti, avvengono nello stesso istante, almeno per quanto riguarda gli aspetti complementari della generazione e della corruzione; c) infine, il passaggio da un essere che non pensa a un essere che pensa e da un essere che non vuole a un essere che vuole avviene in due mutazioni distinte e pertanto la creatura razionale può pensare (prima mutazione) e può volere (seconda mutazione) nello stesso istante. Stando a ciò, se l’intellezione è istantanea è evidente per Riccardo che questa tesi non è sufficiente per dimostrare che l’angelo non ha potuto peccare nell’istante della sua creazione374.

La seconda tesi muove dalla distinzione tra la conoscenza del bene apparente e la conoscenza del vero bene: la prima dipende e presuppone la seconda. L’angelo però non può aver conosciuto nello stesso istante il vero bene e il bene apparente, perché l’angelo non conosce simultaneamente più cose. Pertanto, l’angelo non può aver conosciuto e neanche voluto nell’istante della sua creazione il bene apparente e non ha potuto peccare, dal momento che il peccato consiste nel desiderare un bene apparente.

374RICARDUS DE MEDIAVILLA, Quaestiones Disputatae, Tome IV, Les Démons, q. 24, art. 1, ed.

Boureau, p. 62: «Dico ergo quod aliqui nituntur probare principalem conclusionem per hoc quod due mutationes non possunt esse in eodem instanti, cum instans respondeat mutationi, sed quod angelus fuit factus ex non ente ens et de non volente malum volens malum, hoc fuit per aliam et aliam mutationem, quarum una fuit a Deo, scilicit angeli creatio, alia ab ipso angelo, scilicet exitus in malum velle. Ergo non potuerunt esse in eodem instanti.

Hec ratio videtur esse insufficiens, quia, si illuminatio medii est in instanti, in eodem instanti est mutatio qua luna illuminatur a sole et qua medium illuminatur a luna. Item si illuminatio est instans, in eodem instanti quo sol fuit creatus, medium illuminavit. Item in eodem instanti est generatio unius et corruptio alterius, saltem quantum ad complementum generationis et corruptionis et tamen due mutationes sunt generatio et corruptio. Item fieri de non intelligente intelligens et de non volente volens est per aliam et aliam mutationem et tamen, in eodem instanti quo creatura rationalis potest intelligere, potest et velle. Si intelligere est in instanti, sic ergo probata est ratio premissa non valere».

L’insufficienza di questo argomento deriva dal fatto che per peccare è sufficiente sapere che esiste un bene apparente e un vero bene e non è necessario conoscere la ragione della non-esistenza del vero bene né la ragione per cui tale bene è apparente. Dunque, l’angelo ha potuto conoscere il bene apparente e sceglierlo a prescindere dagli aspetti da esso implicati, così come noi possiamo sapere che esiste una verità senza però conoscerne la ragione o il luogo in cui essa si situa375.

La terza tesi sostiene invece che l’angelo non ha potuto deliberare nell’istante della sua creazione e che non può esserci peccato senza una deliberazione precedente.

A questo argomento Riccardo risponde effettuando una distinzione tra tre modi in cui un cattivo volere può corrispondere a una colpa: a) sia nel caso in cui questo abbia fatto seguito a una deliberazione; b) sia nel caso in cui colui che ha scelto il male avrebbe potuto deliberare, ma non l’ha fatto; c) sia nel caso in cui non si sia atteso il tempo necessario alla deliberazione, ovviamente solo se fosse stato possibile attendere. Nel caso dell’angelo, anche se quest’ultimo non avesse potuto deliberare nell’istante della sua creazione, avrebbe comunque potuto sospendere la propria scelta nell’attesa di poter deliberare. Dunque, conclude Riccardo, se nell’istante della sua creazione l’angelo avesse desiderato qualcosa di disordinato, avrebbe potuto tranquillamente peccare, proprio in quell’istante, anche senza aver avuto la possibilità di deliberare376.

L’ultima tesi a dimostrarsi insufficiente è quella secondo la quale né il pensare né il volere, intesi come azioni, possono prodursi nell’istante e dunque, dato che il peccato corrisponde propriamente a un cattivo volere, l’angelo non ha potuto peccare nell’istante della sua creazione.

375RICARDUS DE MEDIAVILLA, Quaestiones Disputatae, Tome IV, Les Démons, q. 24, art. 1, ed.

Boureau, pp. 62-64: «Alia ratio qua aliqui nituntur probare principalem conclusionem est hec: cognitio apparentis boni dependet a cognitione veri boni, sed simul non potuit cognoscere verum bonum et apparens bonum, quia simul non potuit cognoscere plura. Ergo in instanti sue creationis, non potuit cognoscere apparens bonum, ergo nec velle, sed peccatum consistit in appetendo apparens bonum, non verum. Ergo in instanti sue creationis, non potuit peccare. Hec ratio non videtur aliquibus multum valere quia ad peccandum sufficit illa cognitio qua cognoscitur illud quod est apparens bonum et non existens nec oportet quod cognoscitur ratio sue non existentie nec ratio sue apparencie. Cognoscere autem illud quod est apparens bonum sub ratione obiecti et actu distincto, sicut possum cognoscere quod est verum non sub ratione qua verum, absque hoc quod cognoscam illud in ratione obiecti, ratione cuius est veritas in eo».

376RICARDUS DE MEDIAVILLA, Quaestiones Disputatae, Tome IV, Les Démons, q. 24, art. 1, ed.

Boureau, p. 64: «Tertia ratio qua aliqui nituntur probare principale propositum est hec: angelus non potuit deliberare in instanti creationis sue, sed non potuit peccare nisi post deliberationem. Ergo non potuit peccare in instanti creationis sue. Contra hanc rationem potest argui quod malum velle potest esse culpabile triplici de causa: quia consequitur deliberationem, vel quia volens malum potuit deliberare, sed omisit, vel quia non expectavit tempus quod deliberare potuit si fuit possibile expectare. Posito autem quod angelus non potuit deliberare in instanti creationis sue, tamen possibile fuit ipsum suspendere electionem quousque posset deliberare. Ergo si in instanti sue creationis aliquid inordinatum appetivisset, in instanti sue creationis peccasset, etsi in instanti sue creationis deliberare non potuisset».

Questa tesi si basa su alcune auctoritates, quali Giovanni Damasceno e Ugo di San Vittore. A parere del Damasceno tutte le scelte implicano una tensione e una diminuzione tali da non permettere che esse si verifichino nell’istante. Secondo Ugo di San Vittore il volere comporta un movimento che implica necessariamente una successione. Pertanto, seguendo queste opinioni è facile comprendere che coloro che sostengo una tesi del genere ritengono che, sebbene l’angelo abbia potuto cominciare a volere nell’istante della sua creazione, non ha potuto tuttavia nel medesimo istante volere il male definitivamente, ossia sceglierlo in modo compiuto377.

A differenza delle tesi elaborate dai suoi colleghi e dai suoi oppositori, Riccardo ritiene indispensabile fornire delle necessarie puntualizzazioni riguardo gli aspetti epistemologici e gnoseologici implicati nella questione. A questo scopo, nell’art. 2, egli analizza l’importante distinzione tra l’atto naturale della volontà e l’atto deliberativo della volontà.

Innanzitutto, questa distinzione può essere formulata facendo leva su tre elementi fondamentali: a) l’oggetto; b) la potenza; c) la regola.

a) Seguendo Aristotele, è ormai chiaro che l’oggetto dell’atto naturale della volontà è il bene inteso in senso assoluto, mentre l’oggetto dell’atto deliberativo della volontà è il bene inteso nella sua relazione o con l’oggetto verso cui la volontà tende, o verso la circostanza in cui tale relazione si instaura o verso il fine a cui essa tende.

Occorre inoltre precisare che la ragione del bene inteso in senso assoluto coincide propriamente con il fine, mentre la ragione del bene in relazione consiste invece nell’essere ciò che tende verso un fine. In altri termini, Riccardo spiega che i due oggetti, il bene assoluto e il bene in relazione, che determinano rispettivamente l’atto naturale della volontà e l’atto deliberativo, posseggono due ratio diverse e pertanto non solo non coincidono ma si rapportano al bene in maniera diversa. Dunque,

377RICARDUS DE MEDIAVILLA, Quaestiones Disputatae, Tome IV, Les Démons, q. 24, art. 1, ed.

Boureau, p. 66: «Quarta ratio qua aliqui nituntur probare principale propositum est hec quia, dicunt ipsi, intellegere non est in instanti nec velle in instanti et ideo, cum peccatum consistat in malum velle, non potuit peccare in instanti creationis sue. Quod autem velle non sit in instanti probant per auctoritatem Damasceni libro I, cap. VI dicentis sic: intellectualia igitur angelos in contrario quidem et animant demones secundum electionem, ut est ea, que in bono est per factionem et ea, que ex bono est <per> abscessionem intensam et remissam. Ecce quod electiones intenduntur et remittuntur; ergo quod non sunt in instanti. Item probatur per auctoritatem Hugonis dicentis libro I De sacramentis, parte V, cap. 73: “velle autem facere motum habet et de hoc in illud successum et moram”. Dicunt ergo quod angelus, quamvis ab instanti creationis sue potuit incipere velle malum, non tamen ab instanti creationis sue potuit velle malum».

l’oggetto dell’atto naturale della volontà è il fine e l’oggetto dell’atto deliberativo della volontà è ciò che tende verso un fine378.

b) La seconda distinzione, utile anche a comprendere come Riccardo possa intendere la questione della libertà della volontà, è appunto quella che si fonda sulla libertà intesa come una “potenza”, accezione in base alla quale si può distinguere tra la volontà in quanto “natura” e la volontà in quanto “libera”. Ancora una volta Riccardo poggia su un testo del Damasceno (De Fide Orthodoxa, I, 6, II, 20), richiamando la sua distinzione tra volontà naturale e volontà deliberativa, intese non come due potenze distinte, ma come due aspetti della medesima potenza. Stando a ciò Riccardo può affermare che l’atto naturale della volontà è prodotto dalla volontà in quanto essa è una natura, mentre l’atto deliberativo è prodotto dalla volontà in quanto essa è una potenza libera379.

c) L’ultima distinzione si basa invece sulla norma che regola i due atti distinti: l’atto naturale della volontà segue una regola che coincide con l’istinto naturale della ragione, mentre l’atto deliberativo segue una regola acquisita o infusa che coincide con il dictat della coscienza che è stato conferito alla volontà da Dio e dall’ordine che egli ha stabilito380.

Dopo aver chiarito questi elementi fondamentali, Riccardo ritiene necessario dimostrare, nell’art. 3, che il movimento o l’atto naturale nella volontà dell’angelo deve aver necessariamente preceduto qualsiasi altro atto o movimento. In questo contesto emerge sicuramente la chiarezza e la linearità della tecnica argomentativa utilizzata dall’autore, nella misura in cui l’argomento qui esposto è dimostrato a partire dai presupposti tracciati in precedenza attraverso una concatenazione delle varie

378RICARDUS DE MEDIAVILLA, Quaestiones Disputatae, Tome IV, Les Démons, q. 24, art. 2, ed.

Boureau, p. 68: «[…] una ex parte obiecti, quia obiectum actus naturalis ipsius voluntatis est bonum absolute dictum. Unde Philosophus I Ethicorum versus principium dicit: bene enunciant quod omnia exoptant, sed obiectum actus deliberativi ipsius voluntatis est bonum in relatione vel ad obiectum vel ad circumstantiam, vel ad finem, vel ad aliquid aliud et quia bonum absolute habet rationem finis, bonum in relatione habet rationem eius quod est ad finem. Ideo dicitur quod obiectum actus naturalis ipsius voluntatis est finis, obiectum autem actus deliberativi sunt ea que sunt ad finem».

379RICARDUS DE MEDIAVILLA, Quaestiones Disputatae, Tome IV, Les Démons, q. 24, art. 2, ed.

Boureau, p. 68: «Secunda differentia assumitur a parte potentie quia voluntas potest considerari in quantum natura et in quantum libera. Unde Damascenus libro IIº, cap.º 20º dividit voluntatem in naturalem et deliberativam, non tamquam in duas potentias, sed tamquam in duas rationes unius potentie. Dico ergo quod actus naturalis ipsius voluntatis est a voluntate sub ratione qua est natura, deliberativus actus eius est ab ea sub ratione qua est libera».

380RICARDUS DE MEDIAVILLA, Quaestiones Disputatae, Tome IV, Les Démons, q. 24, art. 2, ed.

Boureau, p. 68: «Tertia differentia est a parte regule, quia actus naturalis ipsius voluntatis habet regulam, scilicet naturalem instinctum ipsius rationis, deliberativus vero habet regulam acquisitam vel infusam, scilicet dictamen consciencie acquisitum vel per infusionem acceptum et hec de secundo articulo dicta sint».

dimostrazioni che rende, in un certo senso, alquanto difficile una lettura e un’analisi discontinua del testo.

Non a caso, questo assunto è dimostrabile in primo luogo proprio a partire dalla distinzione degli oggetti della volontà che Riccardo ha effettuato nell’articolo precedente,