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Politica e religione: i fumetti nel mondo arabo dopo la Guerra dei Sei giorni

Dal punto di vista delle pubblicazioni a fumetti, la guerra dei Sei giorni segnò l'inizio di una nuova

12 G. Condovini, Storia del conflitto arabo israeliano palestinese, Milano, Mondadori, 2000, p. 121. 13 M. Campanini, Storia del Medio Oriente Contemporaneo, Bologna, Il Mulino, 2014, p. 192.

era incentrata sul controllo diretto del governo su tutte le pubblicazioni. Uno soltanto, infatti, era il messaggio che doveva passare da qualsiasi pubblicazione: l'appoggio alla resistenza e la volontà di combattere. Il motto, comparso per la prima volta sulla copertina del numero 592 di "Samir", era esplicito: «Tutti per la resistenza popolare»14. Gli artisti si divisero dunque i campi d'azione, unificati nella maggioranza dei casi da un forte sentimento militarista. La guerra «contro i nemici della nazione» venne promossa da nuovi personaggi appositamente creati, nuove serie videro la luce nel tentativo di creare uno spirito di solidarietà, fraternità e resistenza. Le pagine di "Samir" arrivarono persino ad ospitare le «Lezioni di resistenza popolare» di Loutfi Wassi.

La dimensione politica del fumetto e il suo indirizzamento da parte dello stato aprì la strada, in tutto il Medio Oriente, a biografie di quei «supereroi del mondo politico» che dovevano essere, nell'immaginario comuni, i leader arabi. Una sfida e un passo avanti sicuramente importante per il mondo della nona arte, portata avanti con l'opera Jamal 'Abd al- Nasir15 pubblicata nel 1973 da Ruffieux, Muhammad Al-Dhakiri e Salma al-Dhakiri e scritta prevalentemente con un arabo letterario, al di là di alcuni passaggi nel dialetto del Cairo. Molto interessante l'analisi su quest'opera di Douglas e Malti-Douglas:

Il testo cerca di presentare il suo eroe in un contesto completamente storico e di descrivere tutti gli aspetti delle sue azioni, in guerra come in pace, nella politica interna così come in quella estera. Per questo, l'opera ha dovuto sviluppare strategie per l'integrazione di questo complesso materiale storico nel formato di una strisca a fumetti. […] Gli eventi narrati sono tutti punti di svolta nella carriera di Nasser, compreso il funerale, qua inteso come reazione degli egiziani alla morte del loro leader. 16

Questa forma di celebrazione della vita di un dittatore sotto forma di storia a fumetti venne ripresa pochi anni più tardi in Iraq con al-Ayyam al-Tawila17 (“I lunghi giorni”), riproposizione in chiave

14

Jad, A brief history of Arab Comics.

15

Fig. 16 - http://www.reocities.com/safran-can/ARAB.GIF

16 A. Douglas, F. Malti-Douglas, op. cit., pp. 41-42.

17 Trad. Ing. The Long Days, poi anche un lungometraggio sulla vita di Saddam realizzato nel 1980. Figura 16 - Tavola da "Jamal 'Abd al-

quasi mitologica datata 1975 di alcuni anni di vita di Saddam Hussein prima della rivoluzione baathista del 1968. L'opera proponeva i valori dell' eroe arabo così come esso era inteso prima dell'avvento dell'Islam: Saddam era infatti salito al potere nel 1979 con il partito baathista e aveva definito il proprio potere in termini panarabi, secondo i quali l'Iraq era una regione all'interno della nazione araba18. In seguito all'inizio della guerra con l'Iran si creò un vero e proprio culto della persona attorno al dittatore iracheno, investendo importanti risorse all'educazione delle masse e

soprattutto alla propaganda e, di riflesso, favorendo la pubblicazione di un albo completamente dedicato a

Saddam. Un volume in cui la contestualizzazione storica è di fatto molto vaga19 e il protagonista è tale Muhammad Husayn al-Saqr, nome che permette all'autore di rimanere libero di divagare come preferisce sulla sua biografia, mentre gli avvenimenti lasciano palesemente identificare il personaggio con Saddam. Vi sono alcune differenze

rispetto alla biografia di Nasser: il leader egiziano è «fuso nella storia della sua nazione, mentre Saddam Hussein, al contrario, ne viene rimosso»20.

Un fumetto di fatto didascalico, come si confà a quelle opere pensate appositamente per raggiungere le masse21: gran parte degli materiale storico compare nel fumetto accompagnato da testi esplicativi e illustrazioni non strettamente necessarie per la comprensione dello stesso, ma fondamentali affinché la più ampia fetta di lettori possa essere in grado di interpretarlo. The Long Days22 ci racconta quindi la storia di un uomo come eroe solitario, cristallizzato nel tempo e mai più vecchio di come lo abbiamo visto la prima volta. Secondo Douglas e Malti-Douglas,

ciò che più colpisce tra le virtù attribuite all'eroe è la loro corrispondenza con un set di valori di origine pre-Islamica,

18 M. Khadduri, Socialist Iraq, Washington, D.C., Middle East Institute, 1978), pp. 36-41. 19 A. Douglas, F. Malti-Douglas, op. cit., p. 47.

20 ivi, p. 48. 21

Esempio tutto italiano di questo tipo di fumetto è Tex: un linguaggio estremamente semplice, il lettore guidato tramite didascalie che spiegano l'ovvio, la necessità assoluta che il fumetto non comporti alcuno sforzo mentale a parte del lettore.

22 Fig. 17 - https://www.lambiek.net/artists/image/m/makki_adib/makki_adib_hussein.jpg Figura 17- Tavola da "The Long

conosciuti nella tradizione araba come muruwwa23. La cultura araba della Jahiliyya, il periodo precedente all'Islam, fu una sorta di età d'oro che segnò le origini della lingua araba e delle tradizioni poetica di quella che di fatto fu l'identità araba. Nonostante l'importanza della missione del Profeta e la crescita dell'Islam, la Jahiliyya è rimasta un punto focale nella cultura delle società arabe fino al giorno d'oggi.24

Il fumetto va allora a rispecchiare la realtà del mondo arabo pre-Islamico, esplorando le virtù di Saddam e rappresentando il fallimento della precedente generazione al potere come un passaggio chiave nel percorso di emancipazione dell'eroe. Saddam sarà allora «il nuovo individuo che ha superato la divisione tra la vecchia e la nuova società irachena, divenendo così adatto per la guidare la sua nazione»25. Nel corso degli anni '70, inoltre, in Iraq il governo pubblicò le riviste giovanili “Majallaty” e “al-Mizmar”, entrambe ovviamente orientate a tema politico e capaci di mantenere uno stile locale senza comunque abbandonare le influenze europee. Tutte le pubblicazioni irachene, tuttavia, scomparvero durante la guerra con l'Iran per non ricomparire mai più26.

Quella della celebrazione di eroi nazionali non è tuttavia l'unica strada intrapresa dai fumettisti arabi per trattare argomenti politici. L'egiziano Ahmad Hijazi, ad esempio, ha realizzato negli anni numerose strip di carattere politico, sia di stampo conformista sia in alcuni casi di fattura più sovversiva. Di fatto, sottolineano Douglas e Malti Douglas, «è piuttosto normale nel mondo arabo, o almeno in nazioni come l'Egitto che tollerano una stampa di opposizione, che alcuni fumettisti prendano posizioni antigovernative. Finché queste non riguardano il capo di stato»27. I messaggi politici di Hijazi erano dunque contenuti nelle storie per bambini pubblicate a partire dal 1965 su "Samir". Ma l'autore collaborò anche con altri quotidiani molto diffusi a livello nazionale (al-Ahali, sabah al-Khayr) e partecipò nel 1979 alla fondazione di Majid, una delle più importanti riviste per bambini del mondo arabo, facendo emergere nelle storie da lui stesso concepite le proprie convinzioni politiche: ostilità all'imperialismo ma anche al militarismo, critica del patriottismo, del nazionalismo e di tutte le forme moderne di controllo autoritario, veicolate tramite vigorosi attacchi agli Stati uniti e, immancabilmente, a Israele. Si trattò quindi di un autore che pubblicava per il regime – si ricordi che "Samir" era una rivista avallata dal governo – ma che dallo stesso si sentiva assai distante, dal momento che il culto della personalità e la venerazione dello stato erano agli

23 La muruwwa, secondo lo studioso Ignaz Goldziher, consiste in una combinazione di alcune virtù che si adattano

alla vita nel deserto: coraggio, fedeltà e ospitalità, i valori secondo Douglas e Malti-Douglas promossi in modo più concreto da “The Long Days”.

24

A. Douglas, F. Malti-Douglas, op. cit., p. 52.

25

ivi, p. 59.

26 Jad, A Brief History of Arabic Comics 27 A. Douglas, F. Malti-Douglas, op. cit., p. 61.

antipodi delle sue convinzioni. Queste non potevano chiaramente essere inserite nelle sue pubblicazioni per bambini, ma Douglas e Malti-Douglas hanno rintracciato diversi elementi dell'ideologia inserite in diverse sue opere e, in particolare, all'interno di Tanabila, la sua opera più lunga, dove il messaggio ideologico «emerse soltanto progressivamente»28, portando avanti in “Tanabilati al-Khirfan" una satira sulla società egiziana e in particolare sulla corruzione delle imprese e dei media. Tra le pagine di questa storia si trova una critica alla società capitalista, nella quale i consumatori sono manipolati e i loro desideri creati dai media che controllano la città meglio che qualunque forza dell'ordine. Scritta durante l'era nasseriana, questa storia riuscì a prevedere alcuni degli sviluppi iniziati durante il regno di Sadat e proseguiti in quello di Mubarak, rendendo ancora più chiara la genialità della visione di Hijaz e la percezione dei media nell'Egitto degli anni Sessanta e Settanta. Con Tanabilat al-Sibyan wa Tanabilat al-Khirfan, Hijaz criticava lo Stato, le imprese e i media, ma anche l'avidità degli egiziani stessi, voracemente guidati dal desiderio di ricchezza e complici nel rispondere in maniera omologata a tutto ciò che viene propinato dai media, membri di un sistema del quale, tuttavia, rimangono principalmente vittime.

Il culto della persona era altrettanto forte in Siria, dove si assistette a uno dei più puntuali esempi di un fumetto completamente dominato dallo Stato e dal partito. Un paese capace di bloccare l'importazione di tutti i fumetti stranieri, compresi quelli degli altri paesi arabi, e di creare due principali riviste per bambini entrambe finanziate dal regime di al-Assad: “al-Tali'i” e “Usama”. La prima proponeva un vasto numero di generi, dal racconto storico-politico all'avventura, passando per lo humour, all'interno di pubblicazioni dove la narrazione era sempre subordinata alla pedagogia e all'intento politico. All'ordine del giorno erano infatti la diffusione dei messaggi di patriottismo, militarismo, secolarismo e, caso emblematico in Medio Oriente, l'adorazione della scienza: come affermano Douglas e Malti-Douglas, «è difficile pensare a una rivista araba dove la religione è più assente»29. In luogo della religione, su “al-Tali'a” trovava spazio la scienza, e con essa il produttivismo, con l'assidua presenza visiva di fabbriche ed edifici moderni. Oltre, naturalmente, all'elogio del “padre-leader” (al-ab al-qa'id), che sostituisva la figura del padre mai menzionato e al quale si faceva riferimento sulla prima pagina di ogni numero della rivista. Anche in questo caso è evidente la contrapposizione con la tradizionale enfasi sulla famiglia proposta nelle strisce a fumetti di matrice Islamica, a favore invece del potere dello Stato e del Partito Baathista.

Usama, pubblicato da parte del Ministero della cultura dal 1969 a metà anni '80 con una periodicità di circa due volte al mese, proponeva una visione più chiara della moralità e delle relazioni

28 ivi, p. 63. 29 ivi, p. 113.

famigliari, con le istituzioni del Baath e dello Stato non poste sempre in primo piano. Nelle storie, da quelle fantastiche a quelle di animali erano i principi morali sono veicolati come l'importanza del lavoro e la cautela nei confronti degli estranei, lo studio e l'apprendimento. Peculiarità di queste storie era la trasformazione degli elementi scientifici in personaggi, come ad esempio in una storia del 1977 di Nasir Na'sani dove l'ossigeno si innamorava della sorella dell'idrogeno e assieme producevano l'acqua.

Al tema politico, come visto declinato sia in forma di opera celebrativa sia in quella di protesta più o meno velata, si affiancò negli anni la presenza di riviste che contenevano strip a tema Islamico. Si trattò inizialmente delle pubblicazioni promosse e finanziate dal governo, per poi evolvere, verso la metà degli anni '80, in periodici per bambini pubblicati da associazioni indipendenti. È il caso di al- ”Muslim al-Saghir”, pubblicato a partire dal 1984, e di “Zam Zam”, supplemento al giornale Islamico “Majallat al-Mukhtar al-Islami” nato nel 1988 e così intitolato per via del pozzo sacro dal quale Hagar estrasse l'acqua per Isma'il. La rivista si definì, riprendendo la frase da una recensione, «la prima rivista musulmana che affronta i problemi dei bambini musulmani in Egitto», a dispetto del be più longevo “al-Muslim al-Saghir” e a simboleggiare una marcata opposizione da parte di “Zam Zam” all'establishment politico e religioso egiziano.30

Il principale obiettivo di queste riviste era quello di prendere il posto, nelle letture dei bambini, delle pubblicazioni secolari, fossero esse originarie del mondo arabo o importate. Questi magazine, di fatto, adottavano a grandi linee la medesima impronta, rifacendosi ai tradizionali messaggi Islamici senza tuttavia disdegnare sortite in ambito politico, morale e storico-religioso. Per questi motivi l'intifada era un argomento spesso trattato dal momento che raccontava di un trionfo degli arabi, trasmetteva un messaggio consensualmente accettato come il supporto per i palestinesi e trasformava in eroi i bambini che, al pari di uomini e donne, affrontavano i soldati israeliani. Si trattava di riviste che, come di consueto nel mondo arabo, prendevano molto seriamente la propria funzione educativa, seguendo spesso nelle storie due schemi preconfezionati: la ricompensa di chi svolge buone azioni – spesso secondo modalità inattese – o, in alternativa, la punizione di chi si comporta male,. In particolare, mentre le ragazze erano molto spesso esempi di comportamenti virtuosi, i maschi si rivelavano frequentemente inclini ad attività giudicate sciocche o improprie. Il discorso su fumetti e religione si fa ben diverso quando si parla di rappresentazione dei profeti, di fatto considerata profana e per questo condannata. Uno dei primi casi in cui venne violato questo tabù fu nel 1974, su una striscia a fumetti pubblicata su “"al-Firdaws"” e scritta da Aliyya Tawfiq, nella quale venne raccontato un episodio della Sira, la biografia del Profeta. “"al-Firdaws"” era una

rivista che dedicava regolarmente tre pagine alle strisce a fumetti, principalmente ambientate nell'era del Profeta o in quella della Jahiliyya, in luoghi che volevano appositamente essere identificati con un vago Medio Oriente non meglio precisato. Per i lettori egiziani, le vicende esistevano «in un tempo e in uno spazio che non sono i loro»31, in scene principalmente pastorali dove la vita urbana veniva evocata raramente, la presenza di cammelli e pecore era dominante e gli uomini venivano rappresentati con nasi quasi caricaturali, maestosi e, a loro volta, in modo che non potessero essere ricondotti agli egiziani né ad altri popoli arabi in particolare. La storia, in queste strisce e in generale su "al-Firdaws", non era affrontata come una sequenza di eventi, ma piuttosto considerata come simultanea, in un passato lontano nel quale i personaggi e le loro azioni «sono considerati quasi unicamente da una prospettiva morale»32, assistendo così a un appiattimento della storia in una giustapposizione tra buone e cattive azioni.

Si può ben immaginare, quindi, come possano diventare ancora più complessi i problemi della rappresentazione quando si tratta di voler riproporre a fumetti nientemeno che il Corano, considerato parola di Dio e in quanto tale assolutamente perfetta, tanto dal punto di vista dottrinale, quanto da quello puramente estetico. Pertanto, mentre voler illustrare la biografia del Profeta significava comunque rappresentare e lavorare su un prodotto dell'essere umano, mettere mano al Corano implicava avere un rapporto con qualcosa che con la sua stessa esistenza rappresenta Dio. Nonostante ciò, a volersi misurare con una simile sfida fu il tunisino Youssef Sadik, pubblicando un'edizione illustrata del Corano sia in francese sia in arabo, scritta da lui e disegnata da diversi artisti francesi. Nonostante nell'opera non sia mai rappresentato il Profeta se non attraverso bolle di fuoco all'interno delle quali sono riportate le parole pronunciate33, la condanna delle autorità Islamiche di tutto il mondo fu immediata. Tutto ciò che ottennero, tuttavia, fu un'accorata critica da parte di Seddik verso il modo in cui il Corano era insegnato, spesso senza che lo stesso venisse realmente compreso. Per via del realismo delle illustrazioni, la striscia a fumetti implica un'interpretazione univoca del testo, omettendo tutte le parti non narrative del testo e unendo passaggi che nel Corano sono distanti l'uno dall'altro. Proprio grazie a questa sfida, Seddik riuscì a rendere evidente a tutti le contraddizioni e le tensioni implicite in qualunque trasposizione a fumetti della parola dell'Islam.

Anche il Libano, centrale nella nascita del fumetto in Medio Oriente, negli anni '80 conobbe un nuovo boom: nel 1979 nacque infatti "Samer", la prima rivista per bambini a pubblicare fumetti

31

A. Douglas, F. Malti-Douglas, op. cit., p. 93

32

ivi, p. 94

33 In questo modo, secondo Douglas e Malti-Douglas, Seddik riesce a rendere invisibile l'umanità del Profeta, pur

completamente prodotti da autori panarabi34.

Nel 1965 in Libano aveva esordito la rivista "Bissat al- Rih"35, mentre nel 1972 un editore aveva acquistato i diritti di pubblicazione in arabo della DC Comics, portando le nuove generazioni libanesi alla lettura di Superman, Batman e snobbando per qualche anno le produzioni locali. Un punto cruciale nel tentativo di ridefinire la percezione del fumetto nella cultura araba fu poi Jadworkshop, fondato a metà anni Ottanta da George «Jad» Khoury, uno dei più importanti fumettisti libanesi. Il collettivo aveva l'obiettivo di promuovere i fumetti libanesi non commerciali e secolarizzati, diffondendo questo genere all'interno del mondo arabo quale forma d'arte e dando vita a una vera cultura del fumetto. Jadworkshop promosse diverse mostre sia in Libano sia all'estero e realizzò tre pubblicazioni, per poi salutare il proprio pubblico con l'albo e la mostra omonima «From Beirut...», prima che il collettivo si disgregasse36.

A giocare da sempre un ruolo molto importante nell'affermazione del fumetto nel mondo arabo è la Tunisia, potendo contare su riviste per bambini che vantano grande influenza sulla popolazione locale e, in generale, su tutta quella del nordafrica, I tunisini, in seguito all'occupazione francese, risultarono molto ricettivi verso la cultura occidentale e con essa al fumetto: la cultura del paese era già abbastanza moderna e popolare da permettere di insediarsi a un medium occidentale, ma al contempo arabizzato al punto di vedere le proprie storie pubblicate in lingua araba. In particolare le storie dedicate ai bambini erano esclusivamente in arabo, dando quindi luogo a un'emblematica situazione in cui il medium occidentale veniva utilizzato per convogliare un processo di arabizzazione, con gli autori ed editori tunisini che presero sin da subito molto sul serio le proprie

34 In “A Brief History of Arabic Comics” si fanno i nomi di Nabil Kadouh (Libano), Loujayna el-Assil (Siria), Taha

El-Khalidi (Palestina), Mumtaz el-Bahra (Siria) e Mike Nasser (Libano) come autori principali.

35 Fig. 18 - http://www.al-fanarmedia.org/wp-

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36 Anche in questo caso un appunto relativo ai nomi citati da “A Brief History of Arabic Comics” per chi volesse

approfondire: Edgar Aho, Lina Ghaibeh, May Ghaibeh, Wissam Beydoun, Shoghig Der-Ghogassian.

responsabilità di divulgatori della lingua araba.

Si è già parlato di "Irfan", il progenitore di tutte le riviste tunisine datato 1966, ma ci sono anche “Shahlul” (1984) e “al-Riyad” (1981) a portare strisce a fumetti, secondo uno schema che vede il culto della personalità assai meno centrale rispetto a quanto, si è visto, è tipico di Iraq e Siria. E poi “Cosco” nel 1968, anche se solo per pochi numeri, e “Chahloul” nel solito anno, riviste su cui lavorò anche uno dei nomi centrali del fumetto tunisino, il talentuoso Habib Bouhaoual, che aveva già esordito anche su "Irfan". Proprio Bouhaoual scrisse nel 1976 una delle serie più celebri del paese: Si Tahar et les gens, pubblicato settimanalmente sul quotidiano generalista “Le Temps”, e Le

poulet au pied, la prima striscia a fumetti a carattere politico della storia del paese. Il 1978 fu poi

l'anno del primo albo completamente a fumetti della storia del paese, ancora una volta firmato Bouahoual: Allo Tunis, ici l'Argentine, uscito in occasione della coppa del mondo di calcio in Argentina che segnò lo storico esordio nella competizione della nazionale tunisina. E nel 1984 vi fu