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POLITICHE INTERNAZIONALI

Nel documento FRONTIERE IDENTITARIE (pagine 133-141)

Le migrazioni italiane tra dinamiche storico- politiche nazionali e d internazionali

POLITICHE INTERNAZIONALI

1948 La convenzione internazionale sulla prevenzione e punizione del crimine di

genocidio.

1948 Dichiarazione universale dei diritti umani.

1958 La convenzione internazionale riguardante la discriminazione nel rispetto

dell’impiego e dell’occupazione.

1965 La convenzione internazionale per l’eliminazione di tutte le forme della

discriminazione razziale (ratificata dal Canada nel 1969).

1966 La convenzione internazionale sui diritti economici, sociali e culturali

(ratificata dal Canada nel 1976).

1966 La convenzione internazionale sui diritti civili e politici (ratificata dal Canada

nel 1976).

Tabella 6 - Politiche internazionali sui diritti fondamentali dell’uomo38.

Nel 1967 il governo federale mise in atto una politica migratoria race- blind (Kabayasky, 1992, p. 212), ovvero non curante delle differenze razziali. Potevano entrare dunque nel paese coloro che possedevano determinati requisiti individuali che venivano valutati sulla base di nove criteri tra cui appunto non figurava la

38 Fonte: http://www.canadianheritage.gc.ca/progs/multi/policy/framework_e.cfm (traduzione mia).

provenienza geografica del singolo. Questo sistema abolì, almeno inizialmente, le barriere poste in passato all’immigrazione da alcuni paesi, e autorizzò il Canada a rispondere positivamente a movimenti improvvisi di persone provenienti da nuovi paesi d’emigrazione, come l’Uganda a partire dal 1971. È sempre in seno a questa delicata fase di gestazione che si profilarono varie azioni politiche di alcuni gruppi minoritari finalizzate alla creazione di una “terza forza” che riflettesse, all’interno della politica Canadese, le istanze degli “altri gruppi etnici” accanto ai due principali (inglese e francese).

Accanto alle richieste sempre più calzanti delle minoranze, forti spinte al cambiamento provenivano anche dalle popolazioni aborigene e da quell’area, il Quebec, che dette prova più volte nella storia dello Stato federale del suo nazionalismo e di quanto questo potesse essere destabilizzante per la sorte unitaria del paese. La necessità che la diversità venisse presa in considerazione nelle sue varie articolazioni, portò per la prima volta all’adozione di un’idea di “Canadesità” (Canadian-ness, Kobayashi, 1992, p. 213) basata proprio sulla molteplicità culturale; questo condusse durante l’amministrazione Pearson, ad adottare la bandiera con la foglia di acero come simbolo dell’identità nazionale.

È dunque in questa congiuntura che in maniera progressivamente crescente si sviluppò un fortissimo senso identitario canadese che trovava nella figura del mosaico etnico una delle sue caratteristiche fondanti, caratteristica progressista che si stagliava in palese antitesi con lo stereotipo di una società statunitense “barbara” non rispettosa, col suo modello del “melting pot”, delle diversità culturali. Nel 1963, come risultato della Commissione voluta dal governo Pearson su “Bilinguismo e biculturalismo”, si decretò che la società canadese era basata su due lingue e due culture: inglese e francese. La commissione produsse anche un testo, Book IV, in cui si dette una grande attenzione agli “altri gruppi etnici” presenti nel vasto territorio federale. Il rapporto del gruppo di studio ravvisò che, a fronte del declino numerico della popolazione di origini britanniche, la loro dominanza politica ed economica era ancora forte, soprattutto all’interno delle aree dei servizi militari e civili controllate dal governo dove i Canadesi Britannici ottenevano stipendi molto più alti.

La commissione, a fronte dei dati ottenuti, annunciò pubblicamente:

Lo stato di subordinazione economica e sociale dei gruppi minoritari.

La necessità di un dialogo sistematico tra il governo e tali gruppi. Tale impostazione decretò di fatto la loro partecipazione all’interno dell’arena politica.

Un’intensificazione dei discorsi teorici e filosofici che andranno a definire il multiculturalismo (dibattiti incentrati intorno ai nessi “pluralismo vs assimilazionismo”, “individualismo vs diritti dei gruppi”, lingua e cultura, relazione tra tradizione e cambiamento sociale ed infine sul ruolo dello Stato nel promuovere il cambiamento sociale e nel preservarne i valori).

Il termine “multiculturalismo”, non a caso, prese forma proprio a partire da questo contesto. Per la prima volta si parlò esplicitamente del concetto di integrazione come termine da sostituirsi a quello, considerato obsoleto, di assimilazione.

Durante la seconda fase, definita come quella del momento simbolico (Symbolic Multiculturalism, Kobayashi, 1992, p. 215), che ebbe luogo tra il 1971 ed il 1988, la politica ufficiale analizzò e promosse il multicultualismo. La politica annunciata nel 1971 disegnava quattro propositi principali. Prima di tutto, il governo si premurava, risorse permettendo, di assistere tutti i gruppi culturali canadesi che avessero dimostrato il desiderio di impegnarsi dando il loro contributo nella crescita del Canada e questo valeva sia per i gruppi piccoli e deboli così come per i gruppi forti e altamente organizzati. Lo Stato si poneva inoltre il compito primario di assistere i membri di quei gruppi che mostravano difficoltà, a causa di barriere culturali, ad inserirsi appieno nella società canadese. A tale scopo vennero promossi incontri e interscambi tra tutti i gruppi culturali canadesi nell’interesse dell’unità nazionale e vennero assegnati numerosi finanziamenti per agevolare l’acquisizione, da parte degli immigrati, di almeno una delle due lingue ufficiali del Canada. Il percorso di integrazione linguistica veniva dunque a profilarsi come indispensabile passo per una piena partecipazione alla vita sociale dello Stato.

Venne inoltre creato un Ministero apposito per il Multiculturalismo il cui primo ministro fu l’On. Stanley Haidasz, che ricevette l’incarico nel 1972. Il budget

del ministero includeva sussidi per le comunità, un programma “Identità Canadesi” (Canadian Identities) per supportare le arti, i festival folk e progetti a favore della storia etnica (inclusi una serie di volumi sui maggiori gruppi etnici presenti in Canada); fu inoltre creato un Concilio canadese consultivo sul Multiculturalismo.

Una serie di governi liberali durante il 1970 furono seguiti da una serie di Ministeri conservatori durante gli anni ’80, che, pur continuando a fare discorsi sull’importanza della diversità culturale in Canada, mostrarono di discostarsi in parte dagli intenti espressi dal discorso di Trudeau. Una collezione di discorsi pubblicati come atti della seconda conferenza canadese sul multiculturalismo testimoniano tale politica durante il periodo definito dalla Kobayashi “simbolico” (1992). Alcuni stralci mostrano come, pur rimanendo i richiami formali sia al bilinguismo che al multiculturalismo, nulla chiarisce quale sia il ruolo giocato da questi due aspetti nel forgiare concretamente le politiche governative. La lettura degli studiosi rispetto a questa fase non è molto “generosa”; si affermò da più parti che nonostante gli intenti dichiarati si continuasse a perpetrare in questa fase una politica del “noi e loro” in cui gli immigrati permanevano relegati a cittadini di serie B.

Interessante quanto affermato rispetto alla gestione dei fondi da Buchignani:

[…] the original charter of Multiculturalism was so vague that actual programmes implemented in its name were at first largely determined by ethnic interest groups rather than by government.

(cit. in Kobayashi, 1992, p. 218).

In questa fase, tutto ciò sembra aver dunque incoraggiato il proliferare di associazioni su base etnica piuttosto che una politica integrata in cui le “diversità”, più o meno costruite, venissero integrate in scopi unitari.

Nel 1980 venne fondato il Canadian Ethnocultural Council (CEC) come organizzazione di sintesi di 38 differenti organizzazioni internazionali e oltre 2000 associazioni locali e provinciali; esso è, a tutt’oggi, uno degli effetti più importanti della politica multiculturale, ma, allo stesso tempo, l’oggetto delle più aspre critiche politiche.

Questa organizzazione è infatti considerata uno dei gruppi di forza (lobby) emersi nella negoziazione dell’identità canadese durante gli anni ’80.

La CEC, nonostante le critiche di cui è stata oggetto, in collaborazione con un vasto panorama di organizzazioni per i diritti umani, ha svolto un ruolo importantissimo nel produrre uno slittamento da un tipo di politica legato alla conservazione del patrimonio dei vari gruppi ad una diretta all’eguaglianza dei diritti dei cittadini.

Altri fattori sono naturalmente coinvolti in questo cambiamento di prospettive. Tra questi si ricorda la creazione nel 1983 di un Comitato speciale per le minoranze visibili in Canada (Special Committee on Visibile Minorities in Canada, SCVM). Il comitato condusse indagini all’interno degli oltre 1000 gruppi e persone residenti in tutto il Canada prima di redigere il primo rapporto: Equaly Now (Canada, SCVM, 1984), contenente ben otto raccomandazioni esplicite per eliminare le discriminazioni razziali del paese. Come risposta a tale rapporto, fu formato nel 1984 lo Standing Committee on Multiculturalism, creato con l’intento di definire le linee guida per quello che si sarebbe definito un multiculturalismo di tipo strutturale. L’estensione dell’interessamento pubblico in questi progetti è indice di una crescente importanza attribuita alle relazioni tra governo e popolo. Come rappresentante della società civile, la CEC media tra il popolo e le istituzioni statali. Se esiste in Canada una “terza forza” trova in questa organizzazione la sua manifestazione.

Il momento strutturale (Structural Multiculturalism, cit. in Kobayashi, 1992, p. 219) rappresenta l’ultima fase ravvisata dagli studiosi. Quest’epoca sembra portare, in un’ottica di progressione lineare rispetto alle fasi precedenti, ad un’interazione ancora più sistematica tra le riforme legislative ed i nuovi cambiamenti sociali all’orizzonte. Nel 1982 il multiculturalismo venne incluso nel

Canadian Charter of Rights and Freedoms. Uno degli obiettivi primari che si pone la

carta dei diritti canadese è l’eliminazione delle discriminazioni garantendo l’equità di ogni cittadino di fronte alla legge senza differenze di razza o di cultura. Due anni dopo, il comitato speciale sulle minoranze visibili produsse il famoso report Equality

Now! E, sulla scia delle sempre presenti richieste di parità dei cittadini nel rispetto

della diversità culturale, venne creato nel 1985 l’ House of Commons Standing

partire dal 1988, anno in cui venne adottato dal Parlamento nel mese di Luglio, il

Multiculturalism Act. Tale legge rese il Canada il primo paese al mondo ad adottare

una norma giuridica riguardante il multiculturalismo. La legge disciplina, a livello federale, la tutela della cultura e della lingua, la lotta contro le discriminazioni, la promozione della comprensione tra culture39.

Sempre alla ricerca di un equilibrio tra peculiarità culturali ed equità dei diritti, la legge sancisce il diritto fondamentale all’identificazione con quella che si ritiene la propria eredità culturale, salvaguardando allo stesso tempo la piena ed equa partecipazione alla vita sociale canadese.

In effect, the Act sought to preserve, enhance and incorporate cultural differences into the functioning of Canadian society, while ensuring equal access and full participation for all Canadians in the social, political, and economic spheres. It also focused on the eradication of racism and removal of discriminatory barriers as being incompatible with Canada’s commitment to human rights. (Kobayashi, 1992, p. 218)

Queste nuove tappe dunque segnano un cambiamento attraverso cui il multiculturalismo assume un nuovo carattere ufficiale; l’obiettivo della politica infatti sembra poggiare maggiormente, rispetto al passato, sull’equità dei diritti piuttosto che sulla conservazione dell’eredità, un multiculturalismo che ha dunque come obiettivo sempre più palese l’integrazione40.

39 La British Columbia adottò il Multiculturalism Act nel 1993, ovvero cinque anni dopo la sua proclamazione a livello federale. Ogni anno, da tale data, viene stilato da ogni ministro provinciale una relazione in cui dichiara gli sforzi compiuti nella promozione del multiculturalismo; il ministero responsabile del multiculturalismo a sua volta appronta un resoconto generale il Report on

Multiculturalism: Government of British Columbia. Tale Ministero è informato dal Multicultural Advisory Council, organismo composto da persone provenienti dalle varie aree della British

Columbia, rende noto al Ministero gli obiettivi anti-razzisti e multiculturali da perseguire.

40 “Come la nozione di cultura, a cui all’inizio era collegata, la nozione di integrazione è essenzialmente polisemica: in particolare ogni senso che essa acquista da un contesto nuovo non cancella del tutto il senso precedente. Si produce così una specie di sedimentazione di senso, uno strato semantico che recupera una parte di significato depositato negli strati semantici che lo hanno preceduto. La parola integrazione, come la intendiamo oggi, ha ereditato i sensi di altre nozioni concomitanti, come per esempio quelli di adattamento e di assimilazione. […] Dovendo dare un nome allo stesso processo in contesti sociali e anche mentali diversi, sembra che ogni epoca abbia avuto bisogno di darsi una propria tassonomia” (Sayad, 2002, p. 289). Il concetto di integrazione si staglia agli antipodi rispetto a quello di assimilazione, in quanto quest’ultimo “[…] costituisce il punto di

[…] Discrimination still exist, especially against recently arrived groups, but there is an array of formal and informal means of combating it, and few Canadians esitate to employ those means. Canada has become multicultural. (Burnet and Palmer, cit. in Kobayashi, 1992, p. 219).

La politica del multiculturalismo inaugurata nel 1971 venne considerata in quest’ottica insufficiente e datata, non più in grado di rispondere ai bisogni della società multiculturale di “oggi” (Canada Standing Committee on Multiculturalism, 1987).

La nuova legislazione si accompagnò, nell’autunno del 1989, alla creazione di un nuovo Dipartimento del Multiculturalismo e della Cittadinanza (Department of

Multiculturalism and Citizenship) il cui programma di apertura ribadiva i concetti di

fondo che si erano ormai fatti strada: equità giuridica dei cittadini, salvaguardia delle peculiarità culturali dei vari gruppi etnici e lotta al razzismo che si concretizzò sempre di più nello slogan “Togheter we’re better!” (“Insieme siamo migliori”!) (Kobayashi, 1992, p. 221).

Il Dipartimento ebbe vita breve; quattro anni dopo la sua apertura i programmi multiculturali vennero integrati nel neonato Dipartimento dell’eredità canadese (Department of Canadian Heritage) che provvedeva alla tutela generale delle lingua ufficiali, dell’arte, della cultura, dei parchi nazionali e dei siti storici, dei diritti umani, degli sport amatoriali, etc. La promozione della cittadinanza e l’iter burocratico per ottenerla vennero invece affidati al Department of Citizenship and

Immigration. Il Dipartimento del Multiculturalismo e della Cittadinanza adottò, in

risposta a varie critiche al programma multiculturale sorte nel tempo, un programma

vista dominante (o dei dominanti) in base a cui definiamo ciò che si verifica e ciò che è opportuno si verifichi presso gli altri, gli adattabili e gli “adattati”, gli assimilabili e gli “assimilati” (qui il punto di vista descrittivo è il punto di vista prescrittivo). Il punto di vista dell’osservatore esterno, un osservatore sicuro di sé e della propria visione del mondo, conferisce un ruolo totalmente passivo agli individui di cui constata l’adattamento o il non-adattamento, l’assimilazione o la non-assimilazione. […] E non intendiamo dire che nel momento stesso in cui assimila gli altri, essa sia assimilata da costoro proprio per poterli assimilare. Ci si ricorda di questi altri solo per criticarli duramente quando il processo di assimilazione fallisce. Allora la colpa ricade su di essi, mentre se l’assimilazione riesce il merito e il credito vanno alla società che assimila” (Idem, pp. 291-292).

rinnovato che venne pubblicato nell’ottobre del 1996; gli obiettivi cardine della nuova politica erano:

 La giustizia sociale (che si doveva concretizzare nella propensione verso una società più giusta ed equa).

 La partecipazione civile (con l’obiettivo di ampliare la partecipazione alla vita sociale del paese dei Canadesi di tutte le origini).

 La politica identitaria (attraverso la promozione di una società che fosse specchio delle differenti culture, in modo che le persone con differenti origini potessero sviluppare un senso di appartenenza canadese).

Il governo, nel novembre del 2002, decretò il 27 giugno come la data in cui, ogni anno, si sarebbe festeggiato il giorno del multiculturalismo canadese. Nel febbraio del 2005, inoltre, vennero stanziati 56 milioni di dollari in un programma contro la xenofobia da svilupparsi nell’arco di cinque anni, uno dei risultati più concreti è stata l’approvazione del piano d’azione A Canada for All: Canada’s

Action Plan Against Racism, che condivideva, come i provvedimenti passati, azioni

volte alla coesione sociale, ai diritti umani, alla lotta contro i razzismi vecchi e nuovi. Il bilancio stanziato prevedeva inoltre 25 milioni di dollari che, durante i tre anni successivi, sarebbero stati impiegati per finanziare iniziative commemorative ed un programma educativo volto a sottolineare da più punti di vista il contributo che ogni gruppo aveva offerto alla storia unitaria del grande stato federale. Durante l’agosto e il novembre del 2005, come parte fondamentale di questo programma, vennero annunciati accordi con la comunità ucraina, italiana e cinese. Sempre durante lo stesso anno, il governo adottò la convenzione UNESCO sulla salvaguardia e promozione delle espressioni delle peculiarità culturali (Convention on the

Protection and Promotion of the Diversity of Cultural Expressions). La convenzione

ribadisce il diritto dei singoli paesi a incoraggiare al loro interno le differenti espressioni culturali.

Tabella 7- Politiche canadesi che hanno scandito le tappe del multiculturalismo41.

41 Fonte: http://www.canadianheritage.gc.ca/progs/multi/policy/framework_e.cfm (traduzione mia).

Nel documento FRONTIERE IDENTITARIE (pagine 133-141)