L’indagine sul campo
4- Progetto e pianificazione
Il quarto paragrafo è dedicato al progetto, alla pianificazione e alla metodologia che hanno forgiato la ricerca empirica svoltasi nel periodo compreso tra il gennaio e l’aprile del 2008.
Per completezza e chiarezza espositiva, una prima parte del paragrafo traccerà le linea guida del progetto e della pianificazione dell’inchiesta da me condotta, ovvero la fase preparatoria della ricerca. La seconda parte si focalizzerà sulla metodologia che ha sotteso il mio lavoro e, in particolar modo, la strutturazione degli strumenti di indagine utilizzati nello studio del caso: il questionario e l’intervista.
L’idea di compiere una ricerca sul campo è maturata lungo il secondo anno della tesi di dottorato, momento in cui stavano prendendo corpo nella mia formazione le letture di natura metodologica e concettuale svolte durante il primo anno di studio (cap. I).
La Giornata di studio interdisciplinare, “Per una nuova geografia delle lingue nel mondo contemporaneo”, svoltasi a Roma il primo marzo 2007, presso la prestigiosa sede della Società Geografica, ha confermato il desiderio, non solo individuale, ma di parte della comunità geografica, di rilanciare, in un dialogo costante con i colleghi di linguistica, l’interesse per quella branca disciplinare, la Geografia delle Lingue, che analizza le forti correlazioni esistenti tra dinamiche territoriali e linguistiche (cap. I).
L’obiettivo della mia tesi, come presentato e analizzato nella parte teorica del mio lavoro, è stato quello di comprendere, attraverso le tecniche di ricerca empirica da me utilizzate (i questionari, le interviste ad attori privilegiati e l’osservazione partecipata), i discorsi e le pratiche identitarie ricorrenti poste in
essere in seno alla comunità, cercando di cogliere le tensioni, le discontinuità, le contraddizioni e le strategie di coerenza e di stabilizzazione implicate nella formazione delle identità italiane a Vancouver ed il ruolo giocato, all’interno di tali processi dalla lingua (considerando sia l’idioma italiano che i dialetti d’origine) e dalle appartenenze territoriali (anche in questo caso cercando di sviscerare all’interno dei processi d’identificazione i riferimenti alla scala nazionale e/o regionale-locale italiana). Come affermato in precedenza (cap. I), il discostarmi da un’idea essenzialista di identità mi porta ad abbracciare da un punto di vista teorico idee rinviabili al costruttivismo sociale (Aru, 2008); il concetto di “italianità”, visto attraverso questa lente, rimanda dunque più ad una categoria analitica che ad un’essenza (Clò e Fiore, 2001) da catturare nella sua unicità. L’identità italiana per questo non viene considerata una dimensione empirica, da cui scaturirebbe la possibilità di operazionalizzarla e misurarla, ma come prodotto dal significato controverso, luogo di negoziazione di significati e pratiche plurimi, soprattutto trasversali alle differenti generazioni (prima, seconda, terza generazione) e alle differenti caratteristiche dei migranti (cap. I).
Lungi dai dibattiti accademici, il riferimento ad un’identità italiana all’interno delle pratiche discorsive assume varie conformazioni, da dato di fatto, ontologicamente fondato, rinviante all’equazione “luogo di origine = identità data”, “stabile”, ad una maggiore problematizzazione interna al discorso stesso, in cui si palesa la pluralità di significati e di pratiche assunte e sottese dal termine stesso.
Dopo aver individuato l’oggetto di interesse, era necessario pianificare la ricerca empirica stabilendo come secondo passo il luogo che potesse rappresentare un campo di ricerca ottimale rispetto allo studio delle problematiche identitarie (territoriali e linguistiche) degli italiani in un contesto transnazionale, la scelta è ricaduta sul Canada. Il paese presenta infatti alcune caratteristiche che mi sono sembrate importanti rispetto all’oggetto di studio e rispetto all’impostazione della ricerca da me scelta:
1- L’emigrazione italiana in Canada conobbe un fortissimo incremento proprio a partire dal II dopoguerra (cap. II)
2- Il Canada, a partire soprattutto dagli anni ’70, ha adottato, primo paese al mondo, una politica volutamente ed esplicitamente multiculturale (cap. II). Tale elemento mi sembrava di primaria importanza dato che uno degli aspetti che caratterizzano l’integrazione e le pratiche identitarie in un contesto straniero è certamente legato, tra i molteplici elementi, alla tipologia di politiche adottate dal paese ospitante (cap. II).
Il desiderio di indagare la comunità italiana di Vancouver, deriva invece dalle seguenti considerazioni:
1- La British Columbia, provincia in cui si situa Vancouver, è la “frontiera” più distante dello Stato Canadese e dunque, come in parte apparirà dal mio lavoro sul campo, gli italiani ivi stanziati sembrano essere, data la lontananza dall’Italia, “più emigrati” dei connazionali residenti in Ontario o in Quebec (cap. IV). 2- Vancouver, così come la British Columbia nella sua interezza, mostrano un tasso di presenze italiane molto più esiguo rispetto alle comunità italiane del Canada orientale. La consistenza della comunità è un altro dato fondamentale rispetto all’integrazione nel contesto d’arrivo. Come si avrà modo di analizzare successivamente, minore è il numero di presenze, maggiore è la necessità di integrazione della comunità emigrata rispetto al nuovo paese sia da un punto culturale che linguistico (cap. IV).
3- Vancouver, nonostante non presenti i tassi di presenze italiane registrate a Toronto o Montreal, ospita, come visto in precedenza, un grande Centro di Cultura italiano (ICC), luogo che poteva fornirmi un punto di riferimento importante durante lo svolgimento della mia inchiesta (cap. III, par. 2).
4- La presenza, in seno all’ICC, di una molteplicità di circoli dal carattere squisitamente regionale (o locale), mi permetteva inoltre di compiere una micro indagine comparata sul “comportamento identitario” (linguistico e territoriale) sia alla scala statale che locale (italiane).
5- Vancouver, città in cui ero ormai orientata a svolgere la ricerca, è inoltre la sede di una prestigiosa università canadese, la U.B.C., University of British
internazionale (si vedano Trevor Barnes, Dereck Gregory, David Lee. Etc.). A dicembre, dopo aver contattato via mail il prof. Trevor Barnes, ho avuto, grazie al suo interessamento, la conferma di poter accedere alle strutture del campus universitario come Visiting Scholar. Si stava dunque profilando un doppio vantaggio rispetto alla scelta di Vancouver: poter svolgere la ricerca sul campo e poter usufruire del campus universitario, in primo luogo del ricco materiale bibliografico presente nelle cinque biblioteche dislocate al suo interno.
Una volta definito il contesto d’analisi e stabiliti i ponti accademici con la U.B.C, era necessario prevedere un piano d’azione con tempistiche, tappe di ricerca e soprattutto modalità di lavoro (tab. n. 1).
Tabella 1- Tappe del lavoro di ricerca (Fonte: autrice, 2007).
PIANO D’AZIONE:
1. Ricerca bibliografica: per capire lo stato dell’arte della geografia delle migrazioni e delle lingue e l’ibridazione di tale filone di studio con altri settori disciplinari in ambito nazionale e internazionale.
2. Ricerca empirica a Vancouver, di tipo quantitativo a mezzo di questionario strutturato rivolto ai membri dei centri culturali regionali e alle loro famiglie. Successiva indagine qualitativa a mezzo di strumenti quali interviste ad attori privilegiati.
3. Analisi dei dati ricavati.
4. Stesura dell’elaborato finale.
Il periodo da me scelto per la ricerca sul campo è stato quello coincidente con il trimestre accademico canadese gennaio- aprile 2008; in tale lasso di tempo mi sono posta l’obiettivo di distribuire un centinaio di questionari all’interno della comunità italiana dell’ICC, e, accanto ad essi, una ventina degli stessi questionari sia ai Friulani raccolti intorno alla Famee Furlane, che ai Sardi, in modo da poter compiere la comparazione, che avevo da subito visto come obiettivo imprescindibile della mia ricerca, tra questi due gruppi ed il resto degli italiani.
Oltre al questionario strutturato di tipo quantitativo e qualitativo, dopo essere entrata nel vivo delle attività della comunità italiana, ho ritenuto utile ed interessante condurre delle interviste semi- strutturate ad alcuni degli attori sociali più rappresentativi della comunità con i quali ero entrata in contatto. Ad aprile, ho concluso la mia esperienza sul campo, riportando in Italia 152 questionari e 11 interviste, per un totale di 6 ore e 22 minuti di registrazione.
Il ritorno ha naturalmente coinciso con la sistematizzazione dei dati ricavabili dai questionari e dalle interviste e con la stesura dell’elaborato finale.