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La posizione della dottrina Sull’esistenza del terzo contratto e del contratto

2 FORMAZIONE ED EFFETTI DEI CONTRATTI DI IMPRESA

2.1 I soggetti: contratti unilateralmente e bilateralmente di impresa

2.1.2 Situazioni di debolezza contrattuale connesse a contratti bilateralmente di impresa:

2.1.2.2 La posizione della dottrina Sull’esistenza del terzo contratto e del contratto

Al termine del nostro discorso sul tema del terzo contratto il quesito conclusivo a cui bisogna cercare di dare risposta è il seguente: è possibile, alla luce anche degli indici normativi poc’anzi analizzati, dare una identità al “terzo contratto”?

Ebbene, nel tentativo di dare una risposta (sia essa affermativa o negativa) al quesito iniziale, la dottrina si è trovata a confrontarsi con tutta un'altra serie di domande ad esso conseguenziali. Così facendo, anche quanti negano che la categoria del terzo contratto sia idonea ad individuare, allo stato attuale, un organico ed autonomo statuto (o paradigma) normativo dotato di sufficiente autonomia rispetto a quelli convenzionalmente definiti come primo e secondo contratto, concludendo per il valore meramente descrittivo ed evocativo della formula, non arrivano a rifiutare l’utilità e l’importanza del ragionamento sulla figura. In questa prospettiva, l’espressione “terzo contratto” viene quindi intesa come formula intorno alla quale “agglutinare” la discussione su questioni di rilevante importanza sollevate dal “nuovo diritto dei contratti”, quali quella circa le nuove tecniche rimediali, il problema dell’intervento giudiziario sul regolamento contrattuale, della c.d. “giustizia contrattuale” e così via dicendo.

121Così, V. FARINA, Il Franchising: profili rimediali e rinegoziazione del contratto, in Rass. dir. civ., II, 2011, 453.

Parte della dottrina, ritiene che le peculiarità di disciplina del terzo contratto permettano di assimilarlo al modello del contratto con i consumatori, legittimando così l’unificazione delle due ipotesi entro il più generale paradigma del contratto con asimmetria di potere contrattuale122.

A tale dottrina si obietta come le peculiarità normative che il legislatore riserva alla figura del terzo contratto siano solo apparentemente, e comunque in parte, analoghe a quelle che si riscontrano nella contrattazione con i consumatori. In particolare, la diversità attiene al fatto che, mentre i contratti dei consumatori individuano uno statuto ordinario e omogeneo di rapporti contrattuali, definiti per mezzo dei soggetti contraenti, al contrario il regime normativo del terzo contratto attiene a situazioni particolari, con riferimento alla dipendenza economica dell’impresa; alla peculiarità dei rapporti di integrazione che si stabiliscono tra determinate imprese, con riferimento al caso del franchising e degli altri rapporti a cui la l. 109/2004 può applicarsi; ad aspetti “secondari” della disciplina, con riguardo al profilo dei ritardi nei pagamenti di cui al d.lgs. 231/2002. Non vi sarebbe cioè, a differenza di ciò che avviene nell’area della contrattazione con i consumatori, una situazione di debolezza dell’impresa che assurga a presupposto generale della normativa cui ricollegare una disciplina normativa del rapporto contrattuale differente da quella di diritto comune.123

Il paradigma del contratto asimmetrico, nell’impostazione di chi lo propone124, viene costruito ricalcando quello del contratto del consumatore, attribuendo però ai caratteri

122 Il riferimento è a V. ROPPO, Contratto di diritto comune, contratto del consumatore, contratto

con asimmetria di potere contrattuale: genesi e sviluppi di un nuovo paradigma, in AA. VV., Il contratto e le tutele. Prospettive di diritto europeo (a cura di) S. Mazzamuto, Torino, 2002, p.

639 ss.

123 Così, G. D’AMICO, Il c.d. “terzo contratto”: la formazione, in AA. VV, Studi in onore di

Nicolò Lipari (a cura di) V. Cuffaro, 2008, p. 678 ss.

124 V. ROPPO, Contratto di diritto comune, contratto del consumatore, contratto con asimmetria

di potere contrattuale: genesi e sviluppi di un nuovo paradigma, in AA. VV., Il contratto e le tutele. Prospettive di diritto europeo (a cura di) S. Mazzamuto, Torino, 2002, p.16 ss., descrive i

caratteri contraddistintivi del nuovo paradigma contrattuale in esame nei seguenti termini: “un

contratto la cui “forza di legge” risulta notevolmente attenuata (per l’ampia somministrazione di recessi di pentimento, e per il dilagare delle invalidità discendenti dal moltiplicarsi dei vincoli di forma, di contenuto, di trasparenza/completezza); un contratto in cui la più diffusa impugnabilità è bilanciata da un contenimento forzoso delle conseguenze distruttive dell’impugnazione (nullità relative, nullità solo parziali); un contratto sempre più largamente assoggettato a controlli sull’equilibrio delle prestazioni, in senso non solo normativo ma anche schiettamente economico, ben al di là dei casi limitati in cui la tradizione lo ammetteva; un

contraddistintivi di quest’ultimo una forza espansiva tale da proiettarli entro l’area dei rapporti contrattuali tra imprese, nell’ipotesi in cui essi si instaurino tra soggetti dotati di diverso potere contrattuale.

Ora, proprio tale presunta forza espansiva dei caratteri del secondo contratto rispetto al paradigma del terzo ad essere da altra parte della dottrina criticata.

La differenza fondamentale risiederebbe nel diverso modello di contrattazione. I contratti del consumatore attengono, infatti, ad una contrattazione tendenzialmente “di massa”, standardizzata e uniforme, svolta per lo più nei mercati finali nel cui contesto, data la loro concorrenzialità, piuttosto che un problema di equilibrio economico delle prestazioni, si porrebbe un problema di controllo sulla parte normativa del contratto. Viceversa, la contrattazione tra imprese risponde ad un modello di contrattazione “individuale” e si realizza nei mercati intermedi, nel cui ambito l’eventuale “abuso” dell’impresa in posizione dominante tende a realizzarsi sul terreno delle condizioni economiche del rapporto, traducendosi nell’imposizioni di condizioni gravose sulla controparte.

Nello specifico, con riferimento alle presunte analogie circa le tecniche rimediali utilizzate dal legislatore nel secondo e terzo contratto, si rileva come queste appaiano tali sono ad una lettura superficiale delle norme, mostrando invece la diversità della natura ad un’analisi più approfondita.

E così, ad esempio, si rileva in relazione al meccanismo dello jus poenitendi. Esso costituisce, nei contratti del consumatore, il diritto riconosciuto al consumatore di recedere unilateralmente dal contratto, già concluso, senza alcun obbligo motivazionale, in ragione vuoi delle modalità di conclusione del contratto particolarmente aggressive o invasive (in riferimento ai contratti conclusi a distanza o negoziati fuori dai locali commerciali), vuoi in relazione alla mancanza di un trattativa effettiva, derivante dalla standardizzazione della contrattazione tra impresa e consumatore (in riferimento, ad esempio, ai pacchetti turistici). L’articolo 4 della l. n.129/2004, in materia di franchising, stabilisce che almeno trenta giorni prima della stipulazione del contratto di affiliazione l’affiliante deve consegnare all’affiliato copia completa del contratto da sottoscrivere, attribuendo così al franchisee la possibilità di verificare in via definitiva la volontà di

contratto il cui regime subisce la crescente commistione fra ordini di regole tradizionalmente separati, come le regole di validità e le regole di comportamento/responsabilità”.

Seppur si sia indotti impulsivamente a istituire un’analogia con il diritto di ripensamento attribuito al consumatore, tale analogia si rileva essere solo apparente. Infatti, nei contratti dei consumatori ci si trova di fronte ad accordi che non si accompagnano di norma ad alcuna trattativa, la quale risulta (a seconda dei casi) impossibile e/o comunque inutile, in relazione al tipo di operazione economica che prende forma attraverso il contratto125. Così che in essi il periodo di riflessione è posto “a valle” della stipulazione del contratto, onde rendere “inoperante” un consenso che in realtà non si è mai formato. Al contrario, nel contratto di franchising tale periodo di riflessione precede la conclusione del contratto, rispondendo all’esigenza di evitare spese di investimento poi difficilmente recuperabili, oltre tutto gravato dall’obbligo motivazionale a pena di responsabilità ex art. 1337 c.c.

Ed ancora, con riguardo al c. d. formalismo negoziale, esso viene individuato, nei mercati finali, quale mezzo strumentale alla riduzione dell’asimmetria informativa; diversamente, nei mercati intermedi, esso è finalizzato a richiamare l’attenzione del contraente sul contenuto del regolamento contrattuale in fase di approvazione ovvero a facilitare gli eventuali futuri oneri probatori.126

Infine, appare esse profondamente diverso anche il rapporto con cui tali normative si pongono verso il principio dell’autonomia privata. Nei contratti del consumatore, infatti, gli interventi legislativi 127 incidono profondamente sugli spazi dell’autonomia privata, restringendoli considerevolmente. Nei contratti di impresa, invece, gli interventi normativi, pur ponendo anch’essi limiti all’autonomia privata delle parti, il senso complessivo degli interventi è ben diverso: precisamente, quello di difendere le determinazioni autonome adottate da entrambi i contraenti in sede di instaurazione delle

125 G. D’AMICO, Il procedimento di formazione del contratto di franchising secondo l’art. 4

della l. n. 129/2004, in Riv. dir. priv., n. 4, 2005, p. 15.

126 Al riguardo, significativamente l’art. 2, l. 192/1998 in tema di subfornitura, da un lato

“depotenzia” la prescrizione di forma disposta a pena di nullità al 1 comma, per poi, al 2 comma, ritenerla rispettata anche ove non vi sia stata accettazione scritta della proposta ma solo un comportamento materiale di inizio esecuzione del contratto e in ogni caso facendo salva l’applicazione dell’articolo 1341 c.c.

127 In particolare, il riferimento è alla disciplina delle clausole vessatorie di cui agli articoli 33 ss.,

cod. cons., definite come quelle clausole che, nei contratti tra professionista e consumatore, determinano, malgrado la buona fede, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto.

relazioni contrattuale contro i tentativi di “estorsione post contrattuale” posti in essere da uno di essi128.

Sulla base dei rilievi sopra citati, si conclude quindi per l’irriducibilità delle logiche sottese al “terzo contratto” a quelle maturate nel diverso contesto della contrattazione in ambito consumeristico. l’impossibilità di ricondurre entro un paradigma unitario le normative riconducibili alle figure del secondo e del terzo contratto, non potendosi esse accomunare sulla base di una generica situazione di debolezza (o asimmetria) contrattuale.

In ragione di questa diversità, che non consente di individuare rationes comuni e tecniche di tutela omogenee tra le aree del terzo e del secondo contratto, si esclude, infine, anche l’ipotizzabilità di una generalizzazione delle soluzioni affermatesi in materia consumeristica nell’area della contrattazione diseguale tra imprese a livello di contratto tout court. Se, infatti, la ricostruzione di regoli e principi è già di per sé problematica con riferimento alle singole aree corrispondenti ai fenomeni del secondo e terzo contratto, a maggior ragione si ritiene impossibile, e comunque ancor più problematico, il tentativo di estendere tali regole e principi all’area del primo contratto.

2.2 Il regolamento di interessi nei contratti di impresa tra contratto