• Non ci sono risultati.

cane

Gli acidi grassi omega-3 vengono impiegati attualmente per una grande varietà di problemi clinici come ad esempio nel management terapeutico nutrizionale delle neoplasie (Ogilvie et al, 2000), malattie dermatologiche (Mueller et al, 2005) iperlipemie (Bauer, 1995) malattie cardio-vascolari (Smith et al, 2007), malattie renali (Brown et al, 2000) malattie gastrointestinali (Trepanier, 2009) e malattie ortopediche (Fritsch et al, 2010). Gli acidi grassi omega-3 vengono anche denominati nutraceutici poiché rappresentano un alimento con delle proprietà farmacologiche (Boothe, 1997).

I dosaggi per i supplementi di DHA e EPA variano in base alla condizione clinica del paziente, indicativamente si trovano spesso in un range compreso da 50 fino a 220mg/kg (Bauer et al, 2013). Concentrazioni maggiori vengono somministrate, ad esempio, a pazienti che presentano stati di ipertrigliceridemia, per ridurre gli alti livelli sierici di trigliceridi. Si impiegano, invece, dosaggi inferiori in condizioni infiammatorie, nelle malattie renali e cardiovascolari.

Come tutti i farmaci anche gli acidi grassi omega-3 possono causare degli effetti avversi. Essi consistono in: alterazioni delle funzioni piastriniche, disturbi gastrointestinali, influenza negativa sulla guarigione delle ferite, perossidazione lipidica, potenziale intossicazione per eccesso nutrizionale ed esposizione a tossici, aumento di

59

peso, alterazione della funzione immunologica, effetti sul controllo glicemico e sulla sensibilità all’insulina, interazioni farmacologiche.

Alterazione delle funzioni piastriniche

L’AA presente nelle membrane fosfolipidiche, oltre a fungere come substrato per la ciclossigenasi e la lipossigenasi per formare degli eicosanoidi, è coinvolto anche nella produzione di trombossani A2, che rappresentano dei forti attivatori piastrinici e sono essenziali per un normale funzionamento piastrinico (Thomason et al, 2011) La presenza di DHA e EPA porta alla formazione di trombossano A3 che ha un’ azione meno potente sulla attivazione piastrinica (Saker et al, 1998). Nell’uomo è stata riscontrata una minore attività ed aggregazione piastrinica, con possibile effetto antitrombotico, in soggetti che hanno ricevuto supplementi di EPA e di DHA (Guillot et al, 2009; Wensing et al, 1999). Risultati simili sono emersi anche da studi condotti su altre specie. Gatti che hanno ricevuto integrazioni di acidi grassi con un rapporto omega-3/omega-6 di 1,2:1 mostravano un aumento del tempo di sanguinamento e una riduzione dell’aggregazione piastrinica (Saker et al, 1998; Bright et al, 1994). I medesimi risultati non sono stati riscontrati nella specie canina. Negli studi condotti sui cani, si rilevano solo piccoli o nessun cambiamento circa l’aggregazione piastrinica in seguito ad integrazioni di DHA e EPA (Boudreaux et al, 1997; Le Blanc et al, 2005). Tuttavia si suppone che nei cani con una trombocitopenia causata da una qualche malattia, anche minimi effetti sull’aggregazione o funzione piastrinica, derivanti dall’integrazioni di acidi grassi omega-3, possano diventare clinicamente rilevanti (Bauer et al, 2013).

60

Effetti gastrointestinali

Nei pazienti alimentati con dosaggi alti di acidi grassi omega-3 è frequente rilevare dei disturbi gastrointestinali. Qualora gli acidi grassi non vengano digeriti, passando nel tratto gastrointestinale superiore, possono fungere da substrato per i batteri e causare una diarrea secretoria (Laflamme et al, 2011; Soong et al, 1972).

Il management nutrizionale, per evitare eventuali disturbi gastrointestinali, prevede: un passaggio graduale dalla dieta abituale a quella altamente lipidica, contenente i supplementi di ω-3; la somministrazione di fibre, prebiotici, probiotici e l’uso di antibiotici (Roudebush et al, 2004).

Diete ad alto tenore lipidico possono indurre anche una pancreatite, soprattutto nei cani suscettibili. Tuttavia non ci sono casi nel cane, gatto e uomo in cui sia stata dimostrata una pancreatite indotta da supplementi di acid grassi o oli di pesce (Bauer et al, 2013).

Effetti sulla guarigione delle ferite

Il processo di guarigione delle ferite può essere suddiviso nelle fasi di infiammazione, riparazione e maturazione (Hosgood, 2006). La fase infiammatoria è rappresentata dalla migrazione dei leucociti nella parte interessata, innescata dalle citochine (Hosgood, 2006). Gli acidi grassi omega-3 hanno, come sappiamo, caratteristiche anti- infiammatorie e per questo motivo la componente flogistica della guarigione potrebbe essere compromessa, soprattutto in caso di traumi o ferite post-operatorie estese.

61

Infatti, in uno studio su ratti, eseguito da Albina et al, mostra che diete ricche in acidi grassi omega-3 provocano un ritardo nella guarigione delle ferite (Albina et al, 1993), dall’altro lato Gercek et al non hanno osservato effetti negativi sulla guarigione delle ferite dopo l’infusione parenterale di olio di pesce in ratti trattati con desametasone (Gercek et al, 2007).

Anche ulteriori studi condotti sugli animali da compagnia mostrano risultati contrastanti circa l’influenza negativa degli acidi grassi omega-3 sulla guarigione delle ferite (Corbee et al, 2012; Mooney et al, 1998; Scardino et al, 1999).

Per tale ragione, non si può escludere che gli AG omega-3 possano in qualche modo interferire negativamente sulla guarigione delle ferite e pertanto sarebbe opportuno interrompere la somministrazione di diete ricche di LCPUFAs omega-3 ad esempio prima di un intervento operatorio (Bauer et al, 2013)

Perossidazione lipidica

La perossidazione lipidica è un processo in cui gli acidi grassi insaturi vengono attaccati dai radicali liberi in presenza di ossigeno (Spector , 2006). Gli acidi grassi polinsaturi a lunga catena come l’AA, EPA e DHA sono ad alto rischio di perossidazione. Dopo l’assunzione di olio di pesce, il DHA e EPA si accumulano nelle membrane cellulari. Se non si provvede all’aggiunta di concentrazioni adeguate di antiossidanti, gli acidi grassi contenuti nei fosfolipidi delle membrane diventano vulnerabili alla perossidazione formando radicali liberi (Wander et al, 1997). La perossidazione lipidica è dannosa perché indebolisce la struttura delle membrane cellulari ed inoltre i radicali liberi

62

possono attaccare le proteine e il DNA cellulare (Hall, 1996; Spector, 2006). Tale processo di perossidazione può essere evitato tramite l’aggiunta di antiossidanti, in particolare l’alfa-tocoferolo (vitamina E) che aumenta così la durabilità dei supplementi evitandone l’ irrancidimento (Bays, 2007). La vitamina E, donando molecole di idrogeno ai radicali liberi, previene i danni ossidativi dei LCPUFAs di membrana (NRC, 2006).

Gli studi eseguiti per valutare gli effetti degli acidi grassi omega-3 sulla perossidazione lipidica riportano risultati contrastanti.

Le Blanc et al non ha notato cambiamenti nelle concentrazioni plasmatiche dei sottoprodotti derivanti dalla perossidazione dei lipidi nei cani che hanno ricevuto integrazioni di olio di pesce per 12 settimane (LeBlanc et al, 2007).

In un altro studio, condotto da Wander et al., le concentrazioni plasmatiche dei sottoprodotti della ossidazione lipidica risultano invece aumentate dopo integrazioni a base di olio di pesce con un rapporto Omega-6/Omega-3 di 5,4:1 e 1,4:1. Non sono stati segnalati effetti avversi in questi cani (Wander et al, 1997).

Il modo in cui si possono manifestare i sintomi causati dalla perossidazione dei acidi grassi polinsaturi non è clinicamente chiaro e si presume che assomiglino a quelli della deficienza di Vitamina E (Bauer et al, 2013). Difatti, la domanda corporea di vitamina E aumenta con l’ aumentare delle assunzioni di LCPUFAs attraverso la dieta (NRC, 2006; Hendriks et al, 2002).

I sintomi della deficienza di vitamina E includono debolezza muscolare causata dalla degenerazione muscolare, degenerazione retinica e steatite (gatti) (NRC, 2006).

63

Rischio di esposizione a tossine ed eccesso di nutrienti

Un consumo elevato di pesce o di oli di pesce potrebbe aumentare il rischio di esposizione a tossine ambientali come ad esempio il mercurio, i bifenili policlorurati (PCB) e le policlorodibenzodiossine (PCDD) (Hall, 1996;Bays, 2007).

Nonostante i rischi di intossicazione siano piuttosto bassi (Bays, 2007), diete a base di pesce o con supplementi di olio di pesce effettuate per lunghi periodi potrebbero potenzialmente determinare un’ intossicazione da mercurio (Tegzes, 2006).

I segni clinici sono più comuni nei gatti che nei cani per via di una alimentazione prevalentemente di pesce. I sintomi nei gatti possono essere rappresentati da anoressia, atassia, cecità e crisi epilettiche (Davies et al, 1977). Nei cani, invece, i sintomi di un’intossicazione da mercurio si possono manifestare con disfunzioni neurologiche, disturbi gastro-intestinali e morte (Farrar, 1994).

Un altro inconveniente associato alla somministrazioni di alti dosaggi di olio di pesce, in particolare di olio di fegato di merluzzo, è la possibilità di sviluppare stati di ipervitaminosi. Soprattutto le vitamine D e A, essendo vitamine liposolubili, si accumulano più facilmente nei tessuti e in concentrazioni elevate possono compromettere la salute. Nell’uomo non è mai stato dimostrata una tossicità causata da vitamina D e A associata alla somministrazione di olio di pesce (Bays, 2007;Myhre et al, 2003). Anche con dosaggi alti di 220 mg/kg di olio di pesce sarebbe difficile superare i limiti superiori di sicurezza consentiti per la vitamina A e D. Nel cane per ogni 10 kg il limite superiore per il colecalciferolo è 14,6 μg e per la vitamina A 11,8 retinolo equivalenti (NRC, 2006).

64

Aumento di peso

Il grasso è l’alimento più energetico e ogni grammo fornisce 9 kcal (Kirby et al, 2007). L’aumento del peso corporeo si potrebbe notare soprattutto nei cani che ricevono supplementi con alte concentrazioni di acidi grassi omega-3, come nell’ osteoartrite o nelle malattie neoplastiche (Bauer et al, 2013). Le raccomandazioni per il dosaggio di acidi grassi omega-3 in pazienti affetti da neoplasie prevedono l’assunzione di 12-20 capsule di olio di pesce al giorno per ogni 10 kg di peso vivo. Quindi un cane di 10 kg assumerebbe un equivalente di 108-180 kcal al giorno provenienti dal olio di pesce. Questa quota calorica deve essere considerata nel management nutrizionale del cane e sottratta dal fabbisogno giornaliero energetico (Bauer et al, 2013).

Alterazione della funzione immunologica

Gli acidi grassi omega-3 hanno la capacità di sopprimere i mediatori pro-infiammatori, alterando cosi il sistema immunitario. L’azione dei neutrofili è mediata da leucotrieni della serie B4 che può essere soppressa tramite l’assunzione di acidi grassi omega-3. Lee et al mostra che le integrazioni giornaliere di DHA e di EPA nell’uomo diminuiscono la produzione di leucotrieni B4 e riducono la risposta chemiotattica e l’aderenza dei neutrofili (Lee et al, 1985).

Risultati simili sono emersi anche in uno studio condotti su cani. Vaughn et al. mostrano che con l’assunzione di concentrazioni crescenti di acidi grassi omega-3 con bassi rapporti omega-6/omega-3 (olio di menhaden e olio di semi di lino) riduce la produzione di leucotrieni B4 e aumenta quella dei leucotrieni B5 (Vaughn et al, 1994).

65

È da notare che l’olio di pesce (ricco di DHA e EPA) risulta più efficace rispetto all’ olio di semi di lino nell’ aumentare la produzione dei leucotrieni della serie B5 (Waldron, 2012).

Wanders et al mostra che beagle alimentati con rapporti differenti di acidi grassi omega- 6/omega-3 (1,4:1; 5,4:1; 31:1) mostrano diverse risposte di ipersensibilità ritardata (DTH). Il gruppo che ha assunto l’integrazione con un rapporto omega-6/omega-3 più basso (olio di pesce) ha mostrato una risposta di ipersensibilità inferiore rispetto agli altri gruppi (Wander et al, 1997).

Effetti sul controllo glicemico e sulla sensibilità all’insulina

Nei primi studi pubblicati circa gli effetti avversi della supplementazione degli acidi grassi omega-3, veniva indicata anche la possibilità di sviluppare l’iperglicemia (Hall, 1996). Attualmente questo argomento è ancora molto dibattuto.

Se Glauber et al evidenzia un aumento delle concentrazioni del glucosio a digiuno dopo un mese di integrazioni con acidi grassi omega-3 (Glauber et al., 1988), altri studi suggeriscono che gli acidi grassi omega-3 possano, al contrario, contribuire al miglioramento della sensibilità all’insulina ed al controllo glicemico.

Frasken et al nota un effetto protettivo da parte dall’assunzione di pesce, nello sviluppo della IGT (alterata tolleranza al glucosio o Impaired Glucose Tolerance) e del diabete mellito nell’uomo anziano (Feskens et al, 1991). Un altro studio ancora, condotto nell’uomo, mostra che integrazioni di acidi grassi omega-3 in soggetti obesi giovani

66

durante periodi di restrizione energetica porta ad un aumento della sensibilità recettoriale all’insulina (Ramel et al, 2008).

Anche nei gatti obesi, una dieta a base di acidi grassi oemga-3, può contribuire al mantenimento della sensibilità recettoriale all’insulina (Wilkins et al, 2004).

Inoltre, nei gatti con alte concentrazioni sieriche di EPA i valori di insulina sono risultati più bassi e viceversa (Mazaki-Tovi et al., 2011). Pertanto sembrerebbe che le integrazioni a base di acidi grassi omega-3 non causino iperglicemia nei gatti.

Sarebbero tuttavia necessario ulteriori studi, soprattutto nel cane, per verificare l’utilità dei acidi grassi omega-3 nel trattamento di pazienti diabetici.

Interazioni con farmaci

Nell’uomo gli acidi grassi omega-3 possono formare sinergismi con la simvastatina per diminuire più efficacemente le concentrazioni lipidiche nel sangue (Davidson et al., 2007). È noto anche un sinergismo insieme all’aspirina sul tempo di sanguinamento e sull’aggregazione piastrinica nell’uomo (Harris et al, 1990).

67

Capitolo 3

68

Scopo dello studio

Lo scopo di questo studio è stato di valutare gli effetti dell’integrazione dietetica con olio di pesce (EPA:33%; DHA:22%) sulle capacità di apprendimento in un gruppo di cani guida durante il primo anno di vita fornendo tale integrazione alla metà dei soggetti reclutati, selezionati tramite randomizzazione.

69

Documenti correlati