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1.3 Acidi grassi Omega-3 e Omega-6

1.3.4 Possibili impieghi terapeutici

I possibili impieghi terapeutici degli acidi grassi omega-3 sono numerosi in quanto, come precedentemente visto, essi sono coinvolti in molteplici funzioni.

Malattie cardiache

L’utilizzo degli omega-3 viene impiegato soprattutto per il trattamento nutrizionale delle malattie cardiache in particolare nell’insufficienza cardiaca. I cani con insufficienza cardiaca presentano concentrazioni plasmatiche di EPA e DHA inferiori, indipendentemente dalla malattia sottostante (Freeman et al, 1998; Rush et al, 2000). Questa alterazione degli acidi grassi plasmatici è stata riscontrata anche nell’uomo in concomitanza con altre patologie. Ciò suggerisce che in certi processi patologici si verifichino delle modificazioni metaboliche che aumentano l’impiego degli acidi grassi omega-3. Quindi l’integrazione, può migliorare una “carenza” assoluta o relativa degli stessi (Freeman et al, 2008). Le proprietà anti-infiammatorie degli omega-3 si sono rivelate utili nel trattamento della insufficienza cardiaca. Una dieta con supplementi di omega-3 nei pazienti con insufficienza cardiaca, riducendo la produzione di citochine infiammatorie, può migliorare l’assunzione di cibo e minimizzare la perdita di massa corporea magra (Freeman et al, 1998). La cachessia associata a pazienti con insufficienza cardiaca rappresenta un elevato fattore di rischio di mortalità (Anker et al., 1997; Anker et al., 2003). In generale la cachessia colpisce il 50% dei pazienti affetti da insufficienza cardiaca e risultai simili sono emersi anche nel cane (Freeman et al, 1998; von Haehling et al, 2009). Inoltre tutti tipi di cachessia sono associati ad un aumento di fenomeni infiammatori (Ross et al, 1999; Freeman, 2009; von Haehling et al, 2009).

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Figura 1.6: Azioni degli acidi grassi omega-3 e omega-6 sulla degradazione della muscolatura scheletrica.

(da Wakshlag et al, 2008. Status Nutrizionale Dei Cani Con Neoplasia: Valutazione Dietetica E Raccomandazioni. In: Enciclopedia Della Nutrizione Clinica Del Cane Pibot P., Biourge V., Elliott D. Royal Canin Ed)

Per questo motivo gli acid grassi ω-3 sono diventati oggetto d’interesse per possibili impieghi terapeutici nella terapia dell’insufficienza cardiaca. Le citochine infiammatorie (TNF, IL-1) sono mediatori primari della cachessia in quanto inibiscono l’appetito, aumentano il metabolismo energetico ed accelerano il catabolismo proteico muscolare della LBM (Lean Body Mass) attraverso la via NF-κB (nuclear factor kappa-light- chain-enhancer of activated B cells), della down regulation della myoD e myogenin e della ridotta rigenerazione e differenziazione muscolare (Moresi et al, 2008) (vedi Figura 1.6). Gli acidi grassi omega-3 bloccano il catabolismo proteico attraverso

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l’inibizione delle citochine infiammatorie (TNF, IL-1) (Hirschberg et al., 1990). In uno studio condotto da Freeman su cani con DCM (Miocardiopatia dilatativa) si osserva che l’integrazione di omega-3 (25 mg/kg EPA e 18 mg/kg DHA) in questi pazienti ha notevolmente ridotto la produzione del IL-1, delle prostaglandine E2 e la perdita muscolare, rispetto al gruppo di controllo.

Inoltre gli acidi grassi n-3 si sono dimostrati in grado, in numerosi modelli su roditori, primati e cani, di ridurre l’aritmogenesi (Charncok, 1994; Kang et al, 1996; Billman et al, 1999). Molti cani con valvulopatia cronica e la maggior parte di quelli con miocardiopatia dilatativa presentano aritmie. In alcuni cani con cardiopatia, la morte improvvisa dovuta alle aritmie è la prima manifestazione della malattia in un soggetto altrimenti asintomatico. Di conseguenza, l’integrazione con acidi grassi n-3 può risultare utile anche prima dello sviluppo dell’insufficienza cardiaca congestizia (Freeman et al, 2007 Enciclopedia della Nutrizione clinica del cane).

Il dosaggio di acidi grassi omega-3 raccomandato nelle patologie cardiache nel cane e nel gatto è 40mg/kg di Epa e 25mg/kg di DHA (Freeman, 2010).

Iperlipemie

Secondo Schenck, la dose di olio di pesce consigliata è di 220 mg/kg una volta al giorno. L’unico effetto collaterale notato dall’autore è che a volte il cane può acquisire uno sgradevole odore “di pesce”; in tal caso è possibile ridurre il dosaggio a 110 mg/kg, anche se, nella maggior parte dei casi, occorrono almeno 170 mg /kg/die di olio di pesce per mantenere l’assenza di iperlipidemia (Schenck, 2008).

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Neoplasie

L’aumentata assunzione di acidi grassi omega-3 è fortemente correlata con i tempi di remissione e di sopravvivenza nonché con la diminuzione della velocità di accrescimento dei carcinomi nei modelli animali (Thompson et al, 1996; Ogilvie et al, 2000; Togni et al, 2003). Inoltre studi clinici condotti nell’uomo hanno dimostrato effetti positivi dell’integrazione con acidi grassi omega-3 sul peso corporeo, qualità della vita, intervalli liberi da malattia e tempi di sopravvivenza nei pazienti con cachessia neoplastica. Queste modificazioni possono essere valide anche per i cani colpiti da neoplasia (Ogilvie et al, 2000; Wigmore et al, 2000; Barber et al, 2001; Fearon et al, 2003).

Figura 1.7: Azioni degli acidi grassi omega-3 e omega-6 sulla proliferazione della cellula tumorale

(da Wakshlag et al, 2008. Status Nutrizionale Dei Cani Con Neoplasia: Valutazione Dietetica E Raccomandazioni. In: Enciclopedia Della Nutrizione Clinica Del Cane Pibot P., Biourge V., Elliott D. Royal Canin Ed)

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Gli omega-3 possono attenuare la crescita tumorale grazie alla loro capacità di diminuire il metabolismo dell’acido arachidonico attraverso la prevenzione della produzione promitogena di PGE2 nelle cellule neoplastiche (Yuri et al., 2003) (vedi Figura 1.7). Uno studio clinico condotto nel cane con l’impiego di olio di pesce al rapporto 0,3:1 (omega-6/omega-3) ha mostrato un aumento dei tempi di sopravvivenza e degli intervalli liberi da malattia nei cani con linfoma, senza effetti collaterali discernibili (Olgivie et al., 2000). La valutazione clinica dell’integrazione con olio di pesce in molteplici altre condizioni neoplastiche è attualmente in corso ed i dati non pubblicati suggeriscono che l’olio di pesce possa essere promettente per il trattamento in parecchie condizioni neoplastiche (Wakshlag et al, 2008).

Patologie renali

L’uso di acidi grassi omega-3 in pazienti affetti da CKD (Chronic kidney disease) può influenzare la progressione della malattia in quanto condizionano l’emodinamica renale, l’aggregazione piastrinica, la perossidazione lipidica, la pressione arteriosa sistemica, la proliferazione delle cellule mesangiali glomerulari e la concentrazione plasmatica lipidica (Forrester et al, 2010). Le alterazioni della produzione degli eicosanoidi causate dalla competizione degli LCPUFAs con l’acido arachidonico sono considerate nefroprottetive (Brown et al, 1998). Uno studio condotto su cani affetti da CKD che assumevano integrazioni a base di olio di pesce ha mostrato una riduzione della proteinuria, della produzione di eicosanoidi proinfiammatori e ha impedito l’ipertensione glomerulare (Brown et al, 1998, 2000).

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I quantitativi precisi di acidi grassi omega-3 da somministrare ai pazienti affetti da insufficienza renale non sono ancora ben noti. Alcuni autori considerano un dosaggio pari all’ 0.41 al 4.37% DM

(Dry matter) (Brown et al, 1998, 2000, Brown, 2008). Un rapporto omega-6/omega-3 di 5:1 con un 0,41% DM di LCPUFAs ha mostrato di essere in grado di ridurre la ipertensione glomerulare e la produzione renale di eicosanoidi infiammatori (Brown, 2008). Quindi si considera un dosaggio terapeutico di acidi grassi omega-3 che varia da 0,4% fino a 2,5% DM con un rapporto omega-6/omega-3 di 1:1 a 7:1 (Forrester et al, 2010).

Osteoatrosi

Gli acidi grassi omega-3 vengono spesso aggiunti alle diete o somministrati per via orale per contribuire al trattamento dell’osteoartrosi in quanto favoriscono la produzione di mediatori anti-infiammatori. In vitro, i processi catabolici dei condrociti della cartilagine articolare trattati con in interleuchina-1 vengono influenzati dall’integrazione con acidi grassi omega-3 (Curtis et al, 2002). Nelle articolazioni con osteoartrosi, si ha un aumento del contenuto LTB4 (Herlin et al, 1990). Nei cani con sinovite sperimentale indotta, i segni della sinovite, ed in particolare il versamento articolare, sono diminuiti quando è stato somministrato un inibitore della formazione e degli effetti di LTB4 (Hansen et al, 1990). Questi studi dimostrano la conseguenza dell’effetto di questo leucotriene in un’articolazione colpita da osteoartrosi (Hazewinkel et al, 2008). Uno studio condotto su 36 cani con osteoartrosi alimentati con acidi grassi omega-3 e omega-6 in rapporto 1:5 ha mostrato un aumento delle concentrazioni plasmatiche di

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LTB5 (Hazewinkel et al, 1998). Tale risultato è un’ulteriore prova delle caratteristiche antinfiammatorie degli acidi grassi omega-3 e indica una possibile terapia nutrizionale in cani affetti da osteoartrosi.

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