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INFLUENZA DEGLI ACIDI GRASSI OMEGA-3 SULLE CAPACITà DI APPRENDIMENTO DEL CANE GUIDA PER CIECHI DURANTE IL PERIODO EVOLUTIVO

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Università di Pisa

Corso di Laurea Magistrale in Medicina Veterinaria

Influenza degli acidi grassi omega-3 sulle capacità

di apprendimento del cane guida per ciechi durante

il periodo evolutivo

Candidato: Robin Kohl Relatori: Prof.ssa Giulia Biagi

Dott. Anna Pasquini

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1

Indice

Riassunto…………..……….……3

Parte Generale

Capitolo 1

Lipidi ed acidi grassi

1.1

Definizione e Classificazione dei Lipidi………6

1.2

Metabolismo dei Lipidi……….9

1.3

Acidi grassi Omega-3 e Omega-6……….13

1.3.1

Struttura degli acidi grassi……….……15

1.3.2

Metabolismo degli acidi grassi………..17

1.3.3

Effetti principali degli Omega-3……….………...20

1.3.4

Possibili impieghi terapeutici……….30

1.3.5

Il rapporto Omega-6/ Omega-3 nella dieta……….37

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Capitolo 2

Effetti degli acidi grassi omega-3 sul SNC

2.1

Effetti sulla capacità visiva………..…………46

2.2

Resolvine e Protectine: Mediatori lipidici anti-infiammatori e

neuro-protettivi ………..…51

2.3

Effetti acidi grassi omega-3 sullo sviluppo cerebrale……….54

2.4

Possibili effetti avversi degli acidi grassi omega-3 nel cane…...…..58

Parte Speciale

Capitolo 3

Scopo dello Studio……….….68

Capitolo 4

Materiali e metodi……….……….69

Capitolo 5

Risultati………..………..78

Capitolo 6

Discussione e conclusioni………84

Ringraziamenti………...………....92

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3

Riassunto

Parole chiavi: DHA, sviluppo, memoria, apprendimento, addestramento, cane

Vi sono alcune evidenze scientifiche che dimostrano come gli acidi grassi omega-3, in particolare l’acido docosaexanoico (DHA), influiscano sullo sviluppo neurologico del bambino e del cucciolo migliorandone le capacità visive, di memoria e di apprendimento. Lo scopo di questo studio preliminare è stato di valutare gli effetti dell’integrazione dietetica con DHA sulle capacità di apprendimento in un gruppo di cani guida durante le fasi di educazione ed addestramento fornendo tale integrazione alla metà dei soggetti reclutati, selezionati tramite randomizzazione. I risultati ottenuti possono confermare l’utilità di una integrazione dietetica, pari ad almeno 65 mg/kg, di DHA nel cucciolo, durante il primo anno di vita, per migliorare le sue capacità cognitive.

Abstract

Keywords: DHA, evolution, memory, learning, training, dog

There is some scientific evidence that omega-3 fatty acids, particularly docosahexaenoic acid (DHA), affect the neurological development of children and puppies by improving visual skills, memory and cognitive learning. The purpose of this preliminary study is to evaluate the effect of the integration of dietary DHA on learning abilities in a group of dogs during the phases of education and training. The sample consists of two equally sized groups of dogs which were selected on a random basis. Only one of the groups was provided with integration of dietary DHA. With respect to puppies the results obtained in this study confirm the usefulness of dietary supplementation of at least 65 mg/kg of DHA during the first year of life for improving their cognitive skills.

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Capitolo 1

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1.1 Definizione:

I Lipidi sono composti altamente energetici che forniscono supporto nutrizionale e funzionale all’organismo. Hanno la caratteristica di essere insolubili in acqua (idrofobi) e solubili in soluzioni non polari come ad esempio il cloroformio e l’etere.

Classificazione:

In base alla loro composizione chimica e al grado di complessità, i lipidi possono essere suddivisi in tre gruppi principali:

i. Lipidi semplici: trigliceridi, cere, terpeni.

ii. Lipidi composti: fosfolipidi, glicoproteine, lipoproteine. iii. Lipidi derivati: steroidi.

Trigliceridi o Triacilgliceroli. Sono composti da tre acidi grassi, ciascuno legato con un

legame estere a uno dei gruppi ossidrilici di una molecola di glicerolo.

I trigliceridi sono molecole non polari, idrofobiche ed essenzialmente insolubili in acqua.

Gli acidi grassi che li compongono possono essere ulteriormente classificati in base al numero di atomi di carbonio presenti nella catena idrocarburica. Si distinguono così acidi grassi a corta, media, lunga o lunghissima catena.

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Quelli più comuni presentano un numero pari di atomi di carbonio e una catena non ramificata composta da 12- 24 atomi di carbonio.

Gli acidi grassi si differenziano anche per l'assenza o la presenza di doppi legami lungo la catena carboniosa. In base a questa caratteristica si riconoscono: acidi grassi saturi, che sono privi di doppi legami ed acidi grassi insaturi.

Questi ultimi sono ulteriormente suddivisi in monoinsaturi e polinsaturi, che presentano rispettivamente uno o più doppi legami.

In generale, i trigliceridi rappresentano la forma di deposito e di trasporto dei grassi, mentre gli acidi grassi sono la fonte energetica.

Fosfolipidi. Costituenti essenziali di tutte le cellule, rappresentano la principale classe di

lipidi di membrana, prevalentemente sotto forma di glicerofosfolipidi.

In quanto molecole anfipatiche, a contatto con l’acqua si organizzano in strutture a doppio strato, dove le molecole lipidiche si raffrontano, ponendo all’interno la parte idrofoba e all’esterno le funzioni polari.

I fosfolipidi comprendono molecole di varia complessità e sono classificate in tre grandi classi: lecitine, cefaline e sfingomieline.

Mentre la sintesi dei trigliceridi avviene soprattutto nel fegato, nel tessuto adiposo e nell’intestino, quella dei fosfolipidi avviene in tutte le cellule ad eccezione degli eritrociti. Essi svolgono numerose funzioni: sono importanti componenti delle lipoproteine, necessari per la coagulazione, donatori di radicali fosforici, ecc., nonché appunto componenti strutturali essenziali delle membrane cellulari assieme a colesterolo, glicolipidi e glicoproteine.

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Steroidi. Questa classe di lipidi è basata su un motivo strutturale comune di tre anelli a

sei atomi ed uno a cinque tutti fusi insieme.

Lo steroide più comune nei tessuti animali e precursore di tutti gli altri steroidi è il colesterolo.

È un costituente delle membrane cellulari, delle lipoproteine ed è inoltre precursore degli acidi biliari, degli ormoni steroidei e della vitamina D.

Il colesterolo totale presente nell’organismo in parte deriva dalla dieta (colesterolo esogeno) e l’altra parte proviene dalla sintesi cellulare (colesterolo endogeno). Quasi tutte le cellule sono in grado di sintetizzare il colesterolo, ma la massima velocità di produzione si ha nel fegato e nell’intestino (Turley et al, 1981).

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1.2 Metabolismo dei Lipidi

I grassi contenuti nella dieta sono rappresentati prevalentemente dai trigliceridi, seguiti dai fosfolipidi, dagli acidi grassi non esterificati (NEFA o FFA, free fatty acids) e dal colesterolo. Prima però di poter essere assorbiti a livello del lume intestinale, i lipidi devono subire una serie di processi enzimatici e fisici (vedi Figura 1.1).

La prima fase della digestione comincia nello stomaco dove i grassi contenuti nella dieta vengono degradati ad opera della lipasi gastrica. Successivamente i sali biliari emulsionano i grassi, rendendoli più accessibili all’azione delle lipasi pancreatiche ed intestinali, le quali trasformano i trigliceridi in monogliceridi, digliceridi, acidi grassi liberi e glicerolo. Questi composti sono pronti per essere assorbiti dall’ enterocita.

Figura 1.1: Metabolismo dei Lipidi.

(da Debraekeleer et al (2010). Macronutrients in: Small Animal Clinical Nutrition, Hand, Thatcher, Remillard, Roudebush, Novotny,5th Edition, Mark Morris Insitute)

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All’interno degli enterociti gli acidi grassi e i monogliceridi vengono riconvertiti in trigliceridi. Questi si combinano con i fosfolipidi, colesterolo libero ed esterificato, e un’apolipoproteina formando così i chilomicroni (Bauer 2004).

I chilomicroni si riversano dapprima nel sistema linfatico ed attraverso il dotto toracico giungono nel sangue, dove acquisiscono le apoproteine C ed E dalle HDL circolanti (Bauer, 2004; Ginsberg,1998).

L’apoproteina C-II, che è esposta sulla superficie dei chilomicroni, attiva la lipasi lipoproteica (LPL) presente sull’endotelio dei capillari, in particolare a livello del tessuto adiposo e muscolare striato. L’enzima LPL idrolizza nuovamente i trigliceridi in acidi grassi liberi e glicerolo che possono così penetrare all’interno delle cellule.

Nei miociti gli acidi grassi saranno utilizzati per produrre energia attreverso il processo di β-ossidazione, mentre negli adipociti verranno riesterificati in trigliceridi ed immagazzinati.

Dopo l’idrolisi, i chilomicroni, resi più piccoli e ricchi di colesterolo (“remnant”), cedono l’apo C-II alle HDL (High Density Lipoprotein) in circolo e vengono trasportati nel fegato, dove uno specifico recettore riconosce la loro apo E, rendendone possibile la metabolizzazione all’interno degli epatociti.

I trigliceridi contenenti acidi grassi a media catena subiscono il processo appena descritto fino all’assorbimento all’interno dell’enterocita, in cui non vengono riesterificati, ma direttamente trasportati al fegato legati all’albumina.

Anche gli acidi grassi a catena corta, derivanti dalla fermentazione della fibra nel grosso intestino, possono arrivare direttamente al fegato attraverso la circolazione portale. Gli acidi grassi liberi intraepatici possono dunque originare dai trigliceridi alimentari presenti nelle particelle dei chilomicroni remnant, oppure risultare da un’eccessiva

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mobilizzazione endogena dei lipidi o ancora dalla produzione endogena secondaria a un surplus di carboidrati nella dieta (Elliot, 2005).

Gli acidi grassi liberi in eccesso che non sono direttamente ossidati per ricavare energia vengono trasformati dall’epatocita in trigliceridi, inglobati nelle particelle di VLDL (Very Low Density Lipoprotein) e liberati nel sangue.

Similmente ai chilomicroni, le VLDL giunte nel torrente circolatorio acquisiscono le apo C ed E dalle HDL. L’apo C-II delle VLDL attiva la lipasi lipoproteica localizzata nell’endotelio capillare promuovendo così l’idrolisi dei trigliceridi, trasportati dalle VLDL stesse, in acidi grassi liberi e glicerolo.

Ciò che rimane dopo l’idrolisi dei trigliceridi, VLDL renmant, viene rimosso dal circolo ad opera del fegato oppure sottoposto ad ulteriori trasformazioni dalla lipasi lipoproteica o epatica a formare le LDL (Low Density Lipoprotein) (Bauer, 2004; Ginsberg ,1998). Le LDL rappresentano la maggiore riserva di colesterolo in circolo, il quale viene impiegato principalmente per la sintesi degli steroidi e degli acidi biliari, ma anche come costituente delle membrane cellulari.

Le HDL, anch’esse sintetizzate soprattutto a livello epatico, svolgono un ruolo importante come donatrici ed accettatrici di apolipoproteine C, E per le altre lipoproteine in circolo. Esse inoltre rimuovono il colesterolo non esterificato in eccesso dalle cellule e dalle altre lipoproteine e lo riportano al fegato affinché venga escreto con la bile (“trasporto inverso del colesterolo”).

Nell’uomo vi è un ulteriore enzima, non presente nella specie canina, conosciuto come CETP (proteina di trasferimento degli esteri del colesterolo), che trasferisce i trigliceridi dalle VLDL e dai chilomicroni alle HDL e il colesterolo esterificato dalle HDL alle VLDL e LDL.

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L’assenza di CETP nel cane comporta che la molecola di HDL continui ad acquisire il colesterolo esterificato dai tessuti, ad opera dell’enzima LCAT (Lecitin Cholesterol Acyl

Transferase), per poi trasportarlo al fegato dove verrà smaltito o riutilizzato. Ciò

potrebbe pertanto spiegare la ridotta incidenza di aterosclerosi nel cane rispetto all’uomo (Johnson, 2005).

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1.3 Acidi grassi Omega-3 e Omega-6

Gli Omega-3 e Omega-6 fanno parte della famiglia degli acidi grassi polinsaturi non esterificati. Essi presentano rispettivamente il primo doppio legame fra il terzo e il quarto atomo di carbonio (Omega 3) e fra il sesto e il settimo atomo di carbonio (Omega 6). Nell’uomo sono entrambi acidi grassi essenziali che devono essere assunti con la dieta perché l’organismo non riesce a sintetizzarli. Anche il cane e il gatto non sono capaci di sintetizzare l’acido linoleico e per questo motivo deve essere assunto con la dieta. Nei gatti c’è inoltre una ridotta attività del enzima ∆-6 desaturasi che determina che la richiesta fisiologica dell’acido arachidonico non possa essere soddisfatto tramite l’assunzione di acido linoleico (Rivers et al., 1975). Di conseguenza nel gatto devono essere considerati essenziali sia l’acido linoleico che l’acido arachidonico (MacDonald et al, 1983). I cani, al contrario dei gatti, presentano la peculiarità di essere in grado di allungare e desaturare l’acido linoleico per formare acido arachidonico (Mac Donald et al, 1984; McLean et al,1989).

Appartengono alla famiglia degli omega-6 l’acido linoleico, l’acido gamma linoleico e l’acido arachidonico. Gli effetti degli omega-6 sono molteplici: ad esempio, favoriscono l’accrescimento, stimolano la riproduzione, intervengono nella formazione dei precursori degli eicosanoidi e nella sintesi di prostaglandine.

Membri della famiglia degli omega-3 sono l’acido alfa linoleico (ALA), l’acido eicosapentaenoico (EPA) e l’acido docosaesaenoico (DHA). Gli acidi grassi omega-3, in particolare DHA, sono necessari soprattutto per le funzioni cerebrali e per il funzionamento della retina (Neuringer et al, 1984; Arbuckle et al, 1992).

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La sintesi degli acidi grassi omega-3 ed omega-6 avviene prevalentemente a livello epatico attraverso processi di elongazione e desaturazione (desaturasi ed elongasi). Questi enzimi epatici attaccano gli atomi di carbonio e i doppi legami insaturi nella molecola degli acidi grassi (acido linoleico; acido alfa.linoleico) rendendoli più complessi formando cosi i LCPUFAs (acidi grassi polinsaturi a lunghissima catena). Il fatto che siano gli stessi enzimi ad agire nella sintesi degli omega-3 e omega-6, spiega la ragione della competizione fra le due famiglie (Schenck, 2008).

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1.3.1 Struttura degli acidi grassi

Gli acidi grassi sono composti da catene idrocarburiche di varia lunghezza (vedi Figura 1.2). Di solito la maggior parte degli acidi grassi ha un numero di atomi di carbonio che varia da 12 a 24. Le catene sono lineari e contengono un numero pari di atomi di carbonio. Un’altra caratteristica importante degli acidi grassi consiste nella presenza di un gruppo carbossilico e uno metilico. Un sistema per classificare gli acidi grassi è in base al numero dei doppi legami presenti nella catena idrocarburica. Si parla di acidi grassi saturi quando non presentano doppi legami (es. acido stearico), invece sono monoinsaturi quando è presente soltanto un doppio legame (es. acido oleico).

Con l’aumentare dei doppi legami vengono chiamati acidi grassi polinsaturi (es. acido linoleico).

La nomenclatura degli acidi grassi prevede l'assegnazione di una lettera greca ad ogni atomo di carbonio in base alla sua distanza dall'estremità carbossilica; quello presente a tale estremità viene definito carbonio alfa, quello ad esso adiacente è detto beta e così via. All’estremità opposta, quella metilica, l'atomo di carbonio terminale viene indicato con l’ultima lettera dell’alfabeto greco, omega (ω). I termini Omega-6 e Omega-3 si riferiscono pertanto alla posizione del primo doppio legame rispetto alla porzione metilica terminale. Negli omega-6, quindi, il primo doppio legame è tra il sesto ed il settimo atomo di carbonio a partire dal gruppo metilico, mentre negli omega-3 la prima insaturazione si trova tra il terzo ed il quarto carbonio a partire dalla suddetta estremità. Un’altra caratteristica distintiva degli acidi gassi consiste nel orientamento della molecola in corrispondenza del doppio legame. In natura la conformazione più comune degli acidi grassi è rappresentata dalla configurazione cis, soprattutto per quelli che si

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trovano nel pesce e nelle piante. Ciò significa che gli atomi di idrogeno del doppio legame appaiono sullo stesso lato. La configurazione cis crea una piega all’interno della molecola rendendola più flessibile. Nella configurazione trans gli atomi di idrogeno del doppio legame appaiono su lati separati, pertanto la molecola risulta più rigida e diritta, però anche più simile nel comportamento chimico agli acidi grassi saturi.

Figura1.2: Struttura acidi grassi omega-3 e omega-6.

(da Kashiwagi et al (2012).Dietary Supplements and Cardiovascular Disease: What is the Evidence and What Should We Recommend?, Cardiovascular Risk Factors, Prof. Armen Gasparyan Ed.)

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1.3.2 Metabolismo degli acidi grassi

Gli acidi grassi essenziali come gli omega-3 e omega-6 possono intraprendere diverse vie metaboliche (vedi Figura 1.3). La prima è la beta-ossidazione che serve a ricavare energia in forma di ATP. Il passaggio degli acidi grassi a lunga catena dal citosol al mitocondrio prevede operazioni preliminari come l’attivazione degli acidi grassi che avviene a livello della membrana mitocondriale esterna ad opera di una acilCoA sintetasi secondo lo schema: Acido grasso + CoA + ATP ←— → acil-CoA + AMP + PPi.

Il passaggio attraverso la membrana interna avviene dopo che l’acil-CoA si è legato reversibilmente alla carnitina, per l’azione di un trasportatore specifico (carnitin-acil transferasi). Una volta nella matrice mitocondriale l’acido grasso è pronto per l’ossidazione da parte di enzimi specifici.

Gli acidi grassi a catena media e corta invece non necessitano questo passaggio e entrano nel mitocondrio senza aiuto specifico. Come risultato finale della beta ossidazione a livello mitocondriale troviamo acitil-CoA e NADH/FADH2. L’acetil-CoA entra nel ciclo di Krebs allo scopo di produrre energia sotto forma di ATP. I Figura 1.3: Metabolismo degli acidi grassi.

(da Debraekeleer et al (2010). Macronutrients in: Small Animal Clinical Nutrition, Hand, Thatcher, Remillard, Roudebush, Novotny,5th Edition, Mark Morris Insitute)

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coenzimi ridotti NADH e FADH2 saranno utilizzati nella fosforilazione ossidativa a scopo energetico.

La seconda via metabolica degli acidi grassi essenziali, consiste nella esterificazione in lipidi cellulari come trigliceridi, estere di colesterolo e fosfolipidi. Quelli che vengono assimilati in fosfolipidi sono particolarmente importanti per il mantenimento della integrità e funzionalità della membrana cellulare. Questa caratteristica viene attribuita soprattutto agli acidi grassi delle famiglie Omega-3 e Omega-6.

Figura 1.4: Diagramma delle vie metaboliche degli acidi grassi essenziali (da Debraekeleer et al (2010). Macronutrients in: Small Animal Clinical Nutrition, Hand, Thatcher, Remillard, Roudebush, Novotny,5th Edition, Mark Morris Insitute)

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Infine un’ulteriore via metabolica è rappresentata dalla conversione dei acidi grassi essenziali come l’acido linoleico (18:2; AL, ω-6) e l’acido α-linoleico (18:3; ALA, ω-3) nei loro prodotti, più importanti, maggiormente insaturi e con la catena idrocarburica più lunga che sono rappresentati rispettivamente dall’ acido arachidonico (20:4;AA,ω-6), l’acido eicosapentaenoico (20:5; EPA,ω-3) e l’acido docosaesaenoico (22:6; DHA,ω-3). Questo processo avviene primariamente nel fegato attraverso una serie di reazioni enzimatici di elongazione e desaturazione (vedi Figura 1.4). Esiste una competizione per gli enzimi elongasi e desaturasi tra LA e ALA pertanto gli PUFA omega-3 inibiscono il metabolismo dei PUFA omega 6 e viceversa.

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1.3.3 Effetti principali degli Omega-3

Effetti Anti-infiammatori

Gli acidi grassi omega-3 e omega-6 sono incorporati nelle membrane cellulari. All’interno delle membrane cellulari hanno effetti significativi sulla loro integrità, fluidità e trasmissione di segnali (Torrejon et al, 2007). Nel caso che vengano rilasciati dalle membrane cellulari ad opera della fosfolipasi formeranno dei eisosanoidi tramite azione degli enzimi ciclossigenasi e lipossigenasi (vedi Figura 1.5).

Figura 1.5: Metabolismo ossidativo del acido arachidonico e EPA tramite la ciclossigenasi e la 5-lipossigenasi.

(da Simopoulos A.P (2003). Omega-6/Omega-3 Essential Fatty Acid Ratio: The Scientific Evidence. Simopoulos A.P. (Washington, D.C.), Cleland L.G. (Adelaide, S.A.))

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I precursori più importanti degli eicosanoidi sono rappresentati dall’acido arachidonico (ω6) e dal EPA (ω3). Gli eicosanoidi derivati dall’acido arachidonico sono rappresentati dalla serie 2 e 4 (es. prostaglandine E2, leucotrieni B4), quelli derivati dall’EPA derivano dalla serie 3 e 5 (es. prostaglandine E3, leucotrieni B5). Gli eicosanoidi della serie 2 e 4 sono generalmente mediatori infiammatori meno potenti rispetto a quelli delle serie 3 e 5 e di conseguenza causano vasodilatazione, effetti antitrombotici e chemiotassi ridotta (Kang et al, 2008). Quindi gli eicosanoidi derivati dall’EPA hanno una azione infiammatoria minore e riducono la produzione di citochine, tumor necrosis factor (TNF), interleuchine-1β (IL-1), interleuchine-6 (IL-6), transcription factor κB (NF-κB) e reactive oxygen species (Endres et al, 1989; Caughey et al, 1996; Kang et al, 2008; LeBlanc et al, 2008; von Haehling et al, 2009). Inoltre gli acidi grassi omega-3 producono mediatori anti-infiammatori chiamati “risolvins” e “protectins” che sembrano giocare un ruolo importante nelle azioni anti-infiammatorie (Kang et al, 2008).

Gli effetti degli acidi grassi omega-3 sui fattori coinvolti nella fisiopatologia della infiammazione sono riportati nella Tabella 1.1.

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Factor Function Effect of ω-3 fatty

acid Arachidonic acid Eisosanoid precursor; aggregates

platelets; stimulates white blood cells

Tromboxane Platelet aggregation; vasoconstriction; increase of

intracellular Ca²⁺⁺

Prostacyclin (PGI⅔) Prevent platelet aggregation; vasodilation; increase cAMP

↑ Leucotriene (LTB₄) Neutrophil chemoattractant;

increase of intracellular Ca²⁺⁺ ↓ Fibrinogen A member of the acute phase

response; and a blood clotting factor

Tissue plasminogen activator

Increase endogenous fibrinolyses ↑ Platelet activating factor

(PAF)

Activates platelets and white blood cells

↓ Platelet-derived growth

factor (PDGF)

Chemoattractant and mitogen for smooth muscles and macrophages

↓ Oxygen free radicals Cellular damage; enhance LDL

uptake via scavenger pathway; stimulate arachidonic acid

metabolism

Lipid hydroperoxides Stimulate eicosainoid formation ↓ Interleukin-1 tumor

necrosis factor

Stimulate neutrophil O₂ free radical formation; stimulate

lymphocyte proliferation; stimulate PAF; express intercellular adhesion molecule-1

on endothelial cells; inhibit plasminogen activator, thus,

procoagulants

Interleuchin-6 Stimulates the synthesis of all acute phase proteins involved in

the inflammatory response: C-reactive protein; serum Amyloid A; Fibrinogen; α ₁-chymotrypsin;

and haptoglobin

Tabella 1.1: Gli effetti degli acidi grassi omega-3 sui fattori coinvolti nella fisiopatologia della infiammazione.

(da Simopoulos A.P (2003). Omega-6/Omega-3 Essential Fatty Acid Ratio: The Scientific Evidence. Simopoulos A.P. (Washington, D.C.), Cleland L.G. (Adelaide, S.A.))

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Effetti dermatologici

La funzione della barriera idrica dell’epidermide dipende dal contenuto di acido linoleico (AL) nella frazione fosfolipidica cellulare, conosciuta come ceramidi. Nella pelle normale e sana, i ceramidi contenenti l’AL vengono espulsi dai cheratinociti come granuli lamellari intracellulari che migliorano la coesione cellulare e conferiscono cosi al epidermide una efficace barriera idrica (Elias, 1987; Freinkel, 1987). I cani col pelo arruffato, secco, presenza di forfora e altri disordini cutanei non pruriginosi rispondono in genere a un supplemento di acidi grassi omega-6 nella dieta, come ad esempio l’olio di mais e girasole. Uno studio condotto su cani sani comparava supplementi di semi di lino e quelli di semi di girasole associato ad una dieta base e mostrava che tutti i due gruppi presentavano un miglioramento della pelle e del mantello a breve termine (Rees et al, 2001). Il seme di lino oltre a contenere AL (15%) è ancora più ricco di ALA(55%). Ne risulta l’ipotesi che anche l’acido alfa-linoleico potrebbe avere la funzione come AL di essere incorporato in forma di strati di ceramidi nella pelle, partecipando cosi ad un miglioramento della lucentezza del pelo e ad una riduzione della perdita idrica transepidermica. Altri autori ipotizzano che l’ALA potrebbe avere un effetto risparmiatore sulla conversione di AL in metaboliti di catena più lunga, arricchendo in questo modo i ceramidi di acidi grassi omega-6 invece di metabolizzarli (Rees et al, 2001). È ancora da chiarire se gli effetti sulla cute da parte degli omega-3- e omega-6 siano attribuibili ad un aumento della quantità del grasso ingerito indipendentemente dal tipo di grasso.

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Come già accennato, gli acid grassi omega-3, avendo effetti anti-infiammatori, possono risultare utili anche in pazienti con disordini cutanei infiammatori (Bauer, 1994)

Effetti antiossidanti

Gli acidi grassi omega-3 aumentano l’espressione genica degli enzimi antiossidanti. In uno studio sono stati identificati diversi geni che sono coinvolti nel processo ossidativo e che sono regolati dall’ assunzione di olio di pesce (Schmidt et al, 2012). In tale studio sono stati somministrati integrazioni a base di olio di pesce per 12 settimane (1.14 g di DHA e 1.56 g di EPA) a uomini che presentavano dislipidemie e a persone normolipemiche. Tutti i due gruppi presentavano un aumento dell’espressione di enzimi antiossidanti e contemporaneamente una riduzione dell’espressione degli enzimi pro-ossidanti e tissutali, come il citocromo P450 e il MMP (matrix metalloproteinases). Questi risultati indicano un potenziale effetto antiossidante degli acidi grassi omega-3.

Effetti sulla pressione sanguigna

Diversi studi hanno mostrato che l’assunzione di acidi grassi omega-3 potrebbero avere degli effetti antipertensivi in soggetti con ipertensione e in pazienti con altri fattori di rischio cardiovascolare come ad esempio obesità ed iperlipidemia (Cabo et al, 2012). Le prove di efficacia degli acidi grassi omega-3 sull’abbassamento della pressione sanguigna non sono coerenti. Da diversi studi emerge che l’assunzione di omega-3 induce solo una minima riduzione della pressione sanguigna. Tuttavia, in soggetti con ipertensione e anziani che hanno ricevuto concentrazioni alte (<3gr/giorno) di ω-3, la riduzione della pressione sanguigna risultava maggiore. Tale caratteristica

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antipertensiva potrebbe essere un approccio importante nella terapia nutraceutica in pazienti ipertesi, iperlipemici e diabetici che presentano un fattore di rischio di cardiovascolare elevato (Cabo et al, 2012).

Effetti sul comportamento

Nell’uomo, un’alterazione della concentrazione plasmatica degli acidi grassi omega-3 e un aumento del rapporto omega-6/omega-3 sono stati associati a disturbi comportamentali. Nel cane è stato condotto uno studio sull’aggressività in relazione a bassi livelli di acidi grassi polinsaturi omega-3 (Re et al, 2008). In confronto ai cani normali, i cani aggressivi mostravano una concentrazione più bassa di acido docosaesaenoico (22:6; DHA) e un rapporto Omega-6/Omega-3 più alto. Occorre ancora dimostrare, tuttavia, se un arricchimento della dieta in acidi grassi omega-3 abbia effetto sulla riduzione della aggressività nel cane.

Effetti sulla Riproduzione

Le cellule spermatiche contengono alte concentrazioni di acidi grassi polinsaturi (PUFA) (Rooke et al, 2001) e gli spermatozoi normali sono caratterizzati da una quantità superiore di DHA rispetto a quella che si trova nei fosfolipidi plasmatici e in quelli cellulari (Lenzi et al, 1996). È stato dimostrato che negli spermatozoi la composizione lipidica, il grado di insaturazione degli PUFA e il rapporto tra di loro hanno influenza sulla quantità dello sperma (Safarineja et al, 2012). Nel uomo (Safarinejad et al, 2012) e nel verro (Estienne et al, 2008) gli acidi grassi omega-3 hanno effetti benefici sulla capacità riproduttiva. Altri studi invece mostrano che gli

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omega-3 PUFA non hanno alcun effetto sulla quantità e motilità dello sperma (Castellano et al, 2010).

Un altro studio ha messo in evidenza però, che il rapporto degli PUFA omega-3 e omega-6 negli spermatozoi è da considerare un importante fattore per la qualità spermatica (Am-in et al, 2011). In questo lavoro il rapporto omega-6/omega-3 era inferiore nei soggetti con spermatozoi di motilità normale rispetto a quelli con motilità ridotta. L’assunzione di un appropriato rapporto di omega-6/omega-3 con la dieta in ratti mostrava avere un aumento della qualità dello sperma e una migliorata integrità strutturale del testicolo e dello sperma (Lin Yan et al., 2013). Nel futuro sarà necessario lo studio di rapporti adeguati dietetici di omega-6/Omega-3 PUFA nelle altre specie in merito al beneficio sulla capacità riproduttiva.

Effetti sull’iperlipidemia

L’integrazione di acidi grassi omega-3 può essere utile nel trattamento dell’iperlipidemie che persistono nonostante la dieta a ridotto contenuto in grassi.

Gli oli di pesce, ricchi di omega-3, costituiscono substrati sfavorevoli per gli enzimi che sintetizzano i trigliceridi e portano alla formazione di particelle di VLDL povere di trigliceridi (Elliot, 2005).

Diversi studi suggeriscono che gli oli di pesce esercitano un effetto favorevole sull’iperlipemia stimolando l’attività della lipoproteina lipasi (Levy et al,1993), diminuendo l’assorbimento intestinale di glucosio e lipidi (Thomson et al.,1993), aumentando la secrezione di colesterolo nella bile (Smit et al., 1991) e riducendo l’assorbimento del colesterolo (Thompson et al, 1989). Gli oli di pesce riducono anche

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la concentrazione sierica di acidi grassi liberi (Singer et al, 1990), che può essere importante nella prevenzione della pancreatite e del diabete mellito.

Effetti sullo sviluppo neurologico

Nell’uomo e negli animali, le funzioni cerebrali e della retina dipendono dall’acido docosaesaenoico (DHA) sia durante la gravidanza che dopo il parto. Il periodo di maggiore accrescimento del cervello nell’uomo inizia nell’ultimo trimestre della gestazione, raggiunge il picco al parto e continua fino ai 18 mesi post partum (Clandinin et al., 1980). Durante questo periodo cruciale il cervello si ingrandisce di 10 volte (Dobbing et al, 1973) e avviene un accumulo selettivo di acido arachidonico (AA) e DHA nel cervello e nella retina. Una deficienza in acidi grassi omega-3 durante questo periodo esita in una riduzione della concentrazione di DHA nella retina e una conseguente diminuzione della funzione visiva e neurologica (Neuringer et al, 1986). Nel cane le richieste di LCPUFAs durante lo sviluppo cerebrale in fase di gravidanza e nel periodo neonatale sono simili a quelle dell’uomo (Heinemann et al, 2006). La retina del cane è capace di sintetizzare DHA a partire dal suo precursore DPA (acido docosapentaenoico 22:5 n-3) (Alvarez et al, 1994). Uno studio (Bauer et al, 1998) mostra, che in cani adulti alimentati con ALA aumenta solo la concentrazione di DPA nei fosfolipidi plasmatici ma non quelli del DHA. L’accumulo del DPA serve come substrato importante per l’uptake in tessuti nervosi e la successiva conversione in DHA nella retina e probabilmente anche in altri tessuti nervosi (Alvarez et al, 1994).

Nel cane la richiesta di DHA da parte dei tessuti nervosi potrebbe essere soddisfatta tramite 4 vie (Heinemann et al, 2006):

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1) Elongazione e desaturazione di ALA (acido alfa-linoleico) nel cervello e nella retina

2) Previa conversione epatica dall’ALA, trasporto del DPA al cervello e alla retina, conversione in DHA;

3) Sintesi di DHA in altri tessuti, per esempio nel fegato, e possibile riassorbimento dal tessuto nervoso;

4) Introduzione di DHA direttamente con la dieta.

L’inclusione di quantità moderate di DHA e altri n-3 LCPUFAs nella dieta è più efficace rispetto ad alte quantità di ALA per migliorare la risposta nel elettroretinogramma (ERG). Questo risultato è stato ottenuto in uno studio condotto su cuccioli di 12 settimane che sono stati esposti a queste diete durante il periodo di gestazione, lattazione e dopo lo svezzamento (Heinemann et al, 2005).

Lo sviluppo neurologico nel cucciolo è stato valutato anche sulla capacità di apprendimento e di memoria durante diversi programmi di addestramento. Sia la memoria (Reynolds et al, 2005) che la capacità nell’ apprendimento (Kelley et al, 2004) risultano migliorate dopo la integrazione di LCPUFAs (anche DHA) nella dieta a partire da un paio di settimane dopo il parto. I cuccioli sono stati valutati quando avevano fra le 8 e 16 settimane di età. Il lavoro svolto da Kelley et al aveva come obiettivo di dimostrare gli effetti di una dieta a base di acidi grassi omega-3 durante la lattazione e post svezzamento sulla addestrabilità dei cuccioli di beagle. Le cagne selezionate e divise in due gruppi sono state alimentate con una dieta di base (31% proteine, 20,75% grassi) di cui un gruppo soltanto ha ricevuto integrazioni di olio di pesce a 1,1%. La somministrazione di tali diete è stata continuata anche nei cuccioli dopo la lattazione. Dai risultati è emerso che i profili plasmatici degli acidi grassi, sia nelle cagne che nei

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cuccioli, sono significativamente cambiati, in particolare quelli degli omega-3. Nei cuccioli del gruppo che aveva ricevuto integrazioni di olio di pesce, le membrane degli eritrociti contenevano concentrazioni di LCPUFAs omega-3 quattro volte maggiori rispetto al gruppo di controllo (0% olio di pesce). Inoltre il 68% dei cuccioli del gruppo che ha ricevuto integrazioni a base di olio di pesce hanno superato il test di discriminazione (T-Maze, Discrimination Task Testing) contro il 30% dei soggetti appartenenti al gruppo di controllo. In conclusione gli autori di questo studio sottolineano l’importanza delle fonti lipidiche dietetiche, in particolare del DHA, sul funzionamento neurologico (addestrabilità) e sullo stato nutritivo nei cani durante la fase critica dello sviluppo.

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1.3.4 Possibili impieghi terapeutici

I possibili impieghi terapeutici degli acidi grassi omega-3 sono numerosi in quanto, come precedentemente visto, essi sono coinvolti in molteplici funzioni.

Malattie cardiache

L’utilizzo degli omega-3 viene impiegato soprattutto per il trattamento nutrizionale delle malattie cardiache in particolare nell’insufficienza cardiaca. I cani con insufficienza cardiaca presentano concentrazioni plasmatiche di EPA e DHA inferiori, indipendentemente dalla malattia sottostante (Freeman et al, 1998; Rush et al, 2000). Questa alterazione degli acidi grassi plasmatici è stata riscontrata anche nell’uomo in concomitanza con altre patologie. Ciò suggerisce che in certi processi patologici si verifichino delle modificazioni metaboliche che aumentano l’impiego degli acidi grassi omega-3. Quindi l’integrazione, può migliorare una “carenza” assoluta o relativa degli stessi (Freeman et al, 2008). Le proprietà anti-infiammatorie degli omega-3 si sono rivelate utili nel trattamento della insufficienza cardiaca. Una dieta con supplementi di omega-3 nei pazienti con insufficienza cardiaca, riducendo la produzione di citochine infiammatorie, può migliorare l’assunzione di cibo e minimizzare la perdita di massa corporea magra (Freeman et al, 1998). La cachessia associata a pazienti con insufficienza cardiaca rappresenta un elevato fattore di rischio di mortalità (Anker et al., 1997; Anker et al., 2003). In generale la cachessia colpisce il 50% dei pazienti affetti da insufficienza cardiaca e risultai simili sono emersi anche nel cane (Freeman et al, 1998; von Haehling et al, 2009). Inoltre tutti tipi di cachessia sono associati ad un aumento di fenomeni infiammatori (Ross et al, 1999; Freeman, 2009; von Haehling et al, 2009).

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Figura 1.6: Azioni degli acidi grassi omega-3 e omega-6 sulla degradazione della muscolatura scheletrica.

(da Wakshlag et al, 2008. Status Nutrizionale Dei Cani Con Neoplasia: Valutazione Dietetica E Raccomandazioni. In: Enciclopedia Della Nutrizione Clinica Del Cane Pibot P., Biourge V., Elliott D. Royal Canin Ed)

Per questo motivo gli acid grassi ω-3 sono diventati oggetto d’interesse per possibili impieghi terapeutici nella terapia dell’insufficienza cardiaca. Le citochine infiammatorie (TNF, IL-1) sono mediatori primari della cachessia in quanto inibiscono l’appetito, aumentano il metabolismo energetico ed accelerano il catabolismo proteico muscolare della LBM (Lean Body Mass) attraverso la via NF-κB (nuclear factor kappa-light-chain-enhancer of activated B cells), della down regulation della myoD e myogenin e della ridotta rigenerazione e differenziazione muscolare (Moresi et al, 2008) (vedi Figura 1.6). Gli acidi grassi omega-3 bloccano il catabolismo proteico attraverso

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l’inibizione delle citochine infiammatorie (TNF, IL-1) (Hirschberg et al., 1990). In uno studio condotto da Freeman su cani con DCM (Miocardiopatia dilatativa) si osserva che l’integrazione di omega-3 (25 mg/kg EPA e 18 mg/kg DHA) in questi pazienti ha notevolmente ridotto la produzione del IL-1, delle prostaglandine E2 e la perdita muscolare, rispetto al gruppo di controllo.

Inoltre gli acidi grassi n-3 si sono dimostrati in grado, in numerosi modelli su roditori, primati e cani, di ridurre l’aritmogenesi (Charncok, 1994; Kang et al, 1996; Billman et al, 1999). Molti cani con valvulopatia cronica e la maggior parte di quelli con miocardiopatia dilatativa presentano aritmie. In alcuni cani con cardiopatia, la morte improvvisa dovuta alle aritmie è la prima manifestazione della malattia in un soggetto altrimenti asintomatico. Di conseguenza, l’integrazione con acidi grassi n-3 può risultare utile anche prima dello sviluppo dell’insufficienza cardiaca congestizia (Freeman et al, 2007 Enciclopedia della Nutrizione clinica del cane).

Il dosaggio di acidi grassi omega-3 raccomandato nelle patologie cardiache nel cane e nel gatto è 40mg/kg di Epa e 25mg/kg di DHA (Freeman, 2010).

Iperlipemie

Secondo Schenck, la dose di olio di pesce consigliata è di 220 mg/kg una volta al giorno. L’unico effetto collaterale notato dall’autore è che a volte il cane può acquisire uno sgradevole odore “di pesce”; in tal caso è possibile ridurre il dosaggio a 110 mg/kg, anche se, nella maggior parte dei casi, occorrono almeno 170 mg /kg/die di olio di pesce per mantenere l’assenza di iperlipidemia (Schenck, 2008).

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Neoplasie

L’aumentata assunzione di acidi grassi omega-3 è fortemente correlata con i tempi di remissione e di sopravvivenza nonché con la diminuzione della velocità di accrescimento dei carcinomi nei modelli animali (Thompson et al, 1996; Ogilvie et al, 2000; Togni et al, 2003). Inoltre studi clinici condotti nell’uomo hanno dimostrato effetti positivi dell’integrazione con acidi grassi omega-3 sul peso corporeo, qualità della vita, intervalli liberi da malattia e tempi di sopravvivenza nei pazienti con cachessia neoplastica. Queste modificazioni possono essere valide anche per i cani colpiti da neoplasia (Ogilvie et al, 2000; Wigmore et al, 2000; Barber et al, 2001; Fearon et al, 2003).

Figura 1.7: Azioni degli acidi grassi omega-3 e omega-6 sulla proliferazione della cellula tumorale

(da Wakshlag et al, 2008. Status Nutrizionale Dei Cani Con Neoplasia: Valutazione Dietetica E Raccomandazioni. In: Enciclopedia Della Nutrizione Clinica Del Cane Pibot P., Biourge V., Elliott D. Royal Canin Ed)

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Gli omega-3 possono attenuare la crescita tumorale grazie alla loro capacità di diminuire il metabolismo dell’acido arachidonico attraverso la prevenzione della produzione promitogena di PGE2 nelle cellule neoplastiche (Yuri et al., 2003) (vedi Figura 1.7). Uno studio clinico condotto nel cane con l’impiego di olio di pesce al rapporto 0,3:1 (omega-6/omega-3) ha mostrato un aumento dei tempi di sopravvivenza e degli intervalli liberi da malattia nei cani con linfoma, senza effetti collaterali discernibili (Olgivie et al., 2000). La valutazione clinica dell’integrazione con olio di pesce in molteplici altre condizioni neoplastiche è attualmente in corso ed i dati non pubblicati suggeriscono che l’olio di pesce possa essere promettente per il trattamento in parecchie condizioni neoplastiche (Wakshlag et al, 2008).

Patologie renali

L’uso di acidi grassi omega-3 in pazienti affetti da CKD (Chronic kidney disease) può influenzare la progressione della malattia in quanto condizionano l’emodinamica renale, l’aggregazione piastrinica, la perossidazione lipidica, la pressione arteriosa sistemica, la proliferazione delle cellule mesangiali glomerulari e la concentrazione plasmatica lipidica (Forrester et al, 2010). Le alterazioni della produzione degli eicosanoidi causate dalla competizione degli LCPUFAs con l’acido arachidonico sono considerate nefroprottetive (Brown et al, 1998). Uno studio condotto su cani affetti da CKD che assumevano integrazioni a base di olio di pesce ha mostrato una riduzione della proteinuria, della produzione di eicosanoidi proinfiammatori e ha impedito l’ipertensione glomerulare (Brown et al, 1998, 2000).

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I quantitativi precisi di acidi grassi omega-3 da somministrare ai pazienti affetti da insufficienza renale non sono ancora ben noti. Alcuni autori considerano un dosaggio pari all’ 0.41 al 4.37% DM

(Dry matter) (Brown et al, 1998, 2000, Brown, 2008). Un rapporto omega-6/omega-3 di 5:1 con un 0,41% DM di LCPUFAs ha mostrato di essere in grado di ridurre la ipertensione glomerulare e la produzione renale di eicosanoidi infiammatori (Brown, 2008). Quindi si considera un dosaggio terapeutico di acidi grassi omega-3 che varia da 0,4% fino a 2,5% DM con un rapporto omega-6/omega-3 di 1:1 a 7:1 (Forrester et al, 2010).

Osteoatrosi

Gli acidi grassi omega-3 vengono spesso aggiunti alle diete o somministrati per via orale per contribuire al trattamento dell’osteoartrosi in quanto favoriscono la produzione di mediatori anti-infiammatori. In vitro, i processi catabolici dei condrociti della cartilagine articolare trattati con in interleuchina-1 vengono influenzati dall’integrazione con acidi grassi omega-3 (Curtis et al, 2002). Nelle articolazioni con osteoartrosi, si ha un aumento del contenuto LTB4 (Herlin et al, 1990). Nei cani con sinovite sperimentale indotta, i segni della sinovite, ed in particolare il versamento articolare, sono diminuiti quando è stato somministrato un inibitore della formazione e degli effetti di LTB4 (Hansen et al, 1990). Questi studi dimostrano la conseguenza dell’effetto di questo leucotriene in un’articolazione colpita da osteoartrosi (Hazewinkel et al, 2008). Uno studio condotto su 36 cani con osteoartrosi alimentati con acidi grassi omega-3 e omega-6 in rapporto 1:5 ha mostrato un aumento delle concentrazioni plasmatiche di

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LTB5 (Hazewinkel et al, 1998). Tale risultato è un’ulteriore prova delle caratteristiche antinfiammatorie degli acidi grassi omega-3 e indica una possibile terapia nutrizionale in cani affetti da osteoartrosi.

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1.3.5 Il rapporto Omega-6/Omega-3 nella dieta

Sia gli omega-3 che gli omega-6 sono considerati acidi grassi essenziali che devono essere assunti con la dieta in quanto non possono essere sintetizzati dai mammiferi. Anche l’assunzione di solo uno non soddisfa la necessità dell’altro, perché gli acidi grassi omega-3 e omega-6 non sono interconvertibili fra di loro (es. acido gamma-linoleico non può essere convertito in acido alfa-gamma-linoleico). Le diete tipiche dell’uomo, dei cani e dei gatti sono composti primariamente da acidi grassi della serie omega-6 rispetto ai acidi grassi omega-3. Comunque modificazioni dietetiche o supplementi di acidi grassi omega-3 possono aumentare in modo significativo le loro concentrazioni nel sangue e nei tessuti. Esiste una competizione diretta per gli enzimi (Δ6-desaturasi) che intervengono nel metabolismo degli acidi grassi omega-3 e omega-6. Più acidi grassi omega-3 vengono assunti con la dieta, maggiore sarà la loro utilizzazione e incorporazione nelle cellule. I cani e l’uomo sono capaci di convertire ALA in EPA ma la quota di conversione è bassa (<5%) (Brenna, 2002, Bauer, 2007). I gatti, per via di una deficienza del enzima epatico Δ6-desaturasi, non sono capaci di elongare acidi grassi omega-3 o omega-6. Questo spiega perché nei gatti l’acido linoleico e l’acido arachidonico sono ritenuti essenziali in questa specie. L’input dietetico di EPA e DHA è quindi necessario sia nel cane che nel gatto per soddisfare livelli adeguati di acidi grassi a lunghissima catena omega-3.

La dieta nelle civilizzazioni industrializzate, chiamata anche “western diet”, è caratterizzata da un aumento del rapporto Omega-6/Omega-3. L’uomo nella fase di raccoglitore-cacciatore aveva un rapporto intorno a 2,4, che paragonato a quello odierno era 5 volte inferiore. L’evoluzione alimentare ha portato l’uomo in un ambiente

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alimentare che differisce da quello per cui la nostra costituzione genetica è stata selezionata. Negli ultimi 10.000 anni i nostri geni non sono cambiati per cui non vi è stato tempo di adeguarsi al nuovo regime alimentare. Da un’alimentazione preagricolturale (carne magra, pesce, verdure a foglie verdi, frutti, noci, bacche e miele) siamo passati ad una alimentazione soprattutto basata sul consumo di cereali come ad esempio il frumento, il mais o il riso. I cereali sono ricchi in carboidrati e acidi grassi omega-6, però il contenuto in acidi grassi omega-3 e antiossidanti risulta basso. Studi recenti mostrano che una dieta a basso tenore di grassi ed ad alti contenuti in carboidrati favorisce l’insulina resistenza e iperinsulinemia, che rappresentano fattori di rischio per l’insorgenza di malattie coronariche, ipertensione, obesità e diabete (Fanaian et al, 1996; Simopoulos, 1994a; Simopoulos et al, 1999). Le società dei paesi industrializzati sono caratterizzate da un aumento della quota energetica della dieta e da un abbassamento delle spese energetiche, legato soprattutto ad uno stile di vita sedentario. Inoltre è aumentato il consumo degli grassi saturi, degli acidi grassi omega-6 e degli acidi grassi trans a sfavore degli acidi grassi omega-3.

Nell’alimentazione moderna si assiste anche ad una minor assunzione di fibre, carboidrati complessi, frutta e verdura. Pure le quantità di proteine, di antiossidanti e di calcio introdotte, risultano diminuite (Simopoulos et al 2003).

A proposito degli acidi grassi trans, occorre dire che l’aumento delle quantità assunte con la dieta risultano dannose per l’organismo. Gli acidi grassi trans interferiscono con gli enzimi responsabili della elongazione e desaturazione degli acidi grassi omega-3 e omega-6, riducendo cosi la disponibilità di acido arachidonico, acido docosaesaenoico e di acido eicosapentaenoico per il metabolismo umano (Simopoulos, 2003).

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Negli animali selvatici il bilancio Omega-6/Omega-3 si aggira intorno a 1, presumibilmente anche nell’uomo preistorico, mentre nella “western diet” questo rapporto è salito fino a 15-20/1 causando una “deficienza” in acidi grassi omega-3. Durante l’evoluzione dell’uomo, gli acidi grassi omega-3 si trovavano in tutti i cibi consumati, come ad esempio nella carne, piante selvatiche, uova, pesce, noci e bacche. Nell’agricoltura moderna i contenuti di PUFA omega-3 negli alimenti, come ad esempio il pesce allevato, verdure coltivate o le uova, risultano piuttosto ridotti rispetto ai loro equivalenti in natura. Anche la carne di allevamento ha, rispetto alla carne selvatica, una minore concentrazione di acidi grassi omega-3. Questo perché gli animali selvatici si nutrono di piante e di conseguenza presentano una quantità 5 volte maggiore in acidi grassi polinsaturi rispetto al bestiame allevato. Un’ulteriore spiegazione per la differenza di concentrazioni di omega-3 negli animali selvatici e negli animali allevati è che questi ultimi vengono alimentati prevalentemente con cereali, che sono ricchi in acidi grassi omega-6.

Questo sbilancio di omega-6/omega-3 a favore degli Omega-6 ha una serie di conseguenze metaboliche sull’organismo. Gli eicosanoidi derivanti dall’acido arachidonico sono già biologicamente attivi in quantità molto ridotte. Se la loro concentrazione aumenta in seguito ad una maggiore assunzione di omega-6, possono contribuire alla formazione di trombi e ateromi, disordini infiammatori, allergie e proliferazioni cellulari. Quindi una dieta ricca di acidi grassi omega-6 sposta l’omeostasi corporea verso uno stadio protrombotico e proaggregatorio con aumento della viscosità sanguigna, presenza di fenomeni di vasospasmo, vasocostrizione e aumento del tempo di sanguinamento (Simopoulos, 2003).

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In conclusione si può affermare che il rapporto di PUFA Omega-6/Omega-3 nella dieta è fondamentale per la salute. Simopoulos e De Meester concludono che un rapporto basso di omega-6/omega-3 è associato ad una riduzione del rischio di sviluppare malattie croniche includendo malattie cardiovascolari, ipertensione, artrite, osteoporosi, neoplasie, malattie neurodegenerative e alcune affezioni mentali, comportamento aggressivo, deficienze cognitive in bambini e anziani (Simopoulos et al, 2009).

Per il cane e il gatto non ci sono raccomandazioni in merito ai rapporti ottimali di acidi grassi omega-6/omega-3. I rapporti ottimali dipendono da parametri individuali, fisiologici ed in base all’età (Debraekeleer et al, 2010). Inoltre sembra che gli effetti benefici dei bassi rapporti omega-6/omega-3 siano dovuti per lo più alle alte concentrazioni degli acidi grassi omega-3 ed in particolare all’DHA (Watson, 1998).

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1.3.6 Fonti di acidi grassi omega-3 ed omega-6

Figura 1.8: Schema della elongazione e desaturazione degli acidi grassi Omega-3 e Omega-6. (da Innis (2008). Dietary omega 3 fatty acids and the developing brain. Brain Res)

Le principali fonti di acidi grassi Omega-6 sono rappresentate dagli oli di semi, dalla frutta secca con il guscio e dalla maggior parte dei semi oleosi e dai cereali.

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Nella Figura 1.8 sono descritte le principali fonti degli omega-3 e omega-6 ed il loro metabolismo.

Per quanto riguarda gli acidi grassi Omega-3, in particolare in forma di ALA, si trovano soprattutto nei semi di lino, nella colza, nei semi di canapa, nella soia, nelle noci, nei semi di zucca e nei loro oli.

Le foglie delle piante hanno un alta concentrazione di ALA, però essendo quasi prive di altri lipidi non costituiscono la maggior fonte di grasso nell’ alimentazione del cane (Bauer, 1994).

I prodotti di origine marina hanno il più alto contenuto in DHA e EPA, come ad esempio il salmone, l’aringa, le sardine, lo sgombro, il tonno e le acciughe. Nel pesce magro, di cui fa parte il merluzzo, i lipidi vengono stoccati nel fegato, mentre nei pesci grassi (aringa, salmone, tonno ecc.) i lipidi si concentrano a livello della carne e per tale motivo risultano più ricchi in acidi grassi ω-3. Le differenze nella quantità di EPA e DHA nelle diverse specie ittiche si spiega col fatto che i pesci hanno caratteristiche metaboliche diverse in base alla loro dieta, all’habitat, alla stagione e alla temperatura dell’acqua. Concentrazioni di LCPUFAs omega-3 più alte si trovano soprattutto nei pesci di acqua fredda perché l’ambiente in cui vivono, la dieta e la loro fisiologia promuovono la produzione di acidi grassi omega-3 e l’immagazzinamento nel muscolo. Anche i pesci marini, come i mammiferi, non sono capaci di sintetizzare gli acidi grassi omega-3, pertanto devono assumerli con la dieta. I pesci predatori assumono gli LCPUFAs omega-3 nutrendosi delle specie erbivore che a loro volta si cibano di alghe e fitoplancton, ricche di DHA e EPA.

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In alternativa al pesce marino come fonte di acidi grassi omega-3, considerando la deplezione delle popolazioni ittiche selvatiche e l’aumento dell’inquinamento globale (Garcia et al, 2010), le alghe sono considerate una alternativa sostenibile e promettente. I microrganismi marini come le microalghe e le diatomee (alghe unicellulari non flagellate) sono i principali produttori degli LCPUFAs nella catena alimentare acquatica. La coltivazione di microalghe ricche in DHA e EPA si è dimostrata una valida alternativa agli oli di pesce (Harwood et al, 2009). Tuttavia l’enorme richiesta di acidi grassi omega-3 da parte della industria risulta difficile da soddisfare tramite la coltivazione delle microalghe. Il processo della fermentazione auxotrofica, attraverso il quale si produce il DHA, è costoso da mantenere e risulta difficile da ampliare dal punto di vista tecnologico. Inoltre la possibilità di esprimere geni algali in piante superiori in una produzione non acquatica di LCPUFAs omega-3, è stata studiata con qualche successo ma presenta dei limiti nell’attuazione pratica (Ruiz-Lopez et al, 2013; Sayanova et al., 2011; Venegas-Caleron et al, 2010). Un approccio alternativo consiste nell’ingegneria metabolica, che prevede il miglioramento e reindirizzamento dell’accumulo di LCPUFAs omega-3 in microalghe allo scopo di aumentane la sintesi endogena e la loro incorporazione in lipidi neutrali come per esempio il triacilglicerolo (trigliceridi) (Hamilton et al, 2014).

Nella tabella seguente sono riportate le quantità di acidi grassi omega-3 e omega-6 contenute nei vari alimenti.

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Tabella 1.2: Contenuti acidi grassi omega-3 e omega-6 negli vari alimenti

(tratta da Wang et al (1990) Omega-3 Fatty Acid In Lake Superior Fish, Journal Of Food Science; Spiller G.A (1996). Lipid In Human Nutrition Handbook. Manuals Etc., Crs Press Inc.; Souci et al (2008). Die Zusammensetzung Der Lebensmittel – Nährwert-Tabellen. 7th Edition. Wiss. Verlagsgesellschaft, Stuttgart;Nettleton J.A. (1995). Omega-3 Fatty Acids And Health. Chapman & Hall (Ed))

Quantità su 100 gr Ω-6 AL (18:2 n-6) in gr Ω-3 ALA (18:3 n-3) in gr Ω-3 DHA gr Ω-3 EPA gr Ratio ω-6/ω-3 Olio di lino 14,3 52,8 1:4 Olio di noce 52,4 12,2 4:1 Olio di colza 22,4 9,6 2:1 Olio di soja 52,9 7,7 7:1 Olio di mais 55,5 0.96 58:1 Olio di girasole 63,1 0,5 <0,1 <0,1 126:1 Olio d’oliva 8,3 0,86 <0,1 <0,1 10:1 Burro 3,5 2,2 <0,1 <0,1 2:1 Carne bovina 0,17 0,02 8:1 Carne di agnello 0,57 0,06 9:1 Carne di suino 0,8 0,1 8:1 Carne di avicoli 0,5 0,1 5:1 Uova 1,29 0,07 18:1 Latte bovina 1,12 0,07 16:1 Formaggio 1 0,6 2:1 Trota “Siscowet” AD 1,6 1,8 1,2 Aringa Atlantico 0,1 0,9 0,7 Storione Atlantico Tracce 0,5 1 Pesce spada 0 0,1 0,1 Gamberetti “shrimps” 0 0,2 0,3 Acciughe mediterranea 0 0.9 0,5 Salmone allevato 1,1 0,8 Salmone selvatico 1,4 0,4 Trota 0,7 0,3 Sgombro (Atlantico) 0,7 0,5 Sardine (Atlantico) 0,5 0,5 Tonno, tonnetto striato* 0,2 0,1

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Capitolo 2

Effetti degli acidi

grassi omega-3 sul

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2.1 Effetti sulla capacità Visiva

Come precedentemente accennato, il DHA può arrivare tramite diverse vie al SNC, dove è necessario per lo svolgimento di diverse funzioni, fra cui memoria e visione. I siti di maggiore accumulo del DHA sono rappresentati dalla frazione fosfolipidica delle cellule della retina e dalle cellule nervose cerebrali (Aveldaño de Caldironi et al, 1980). In particolare nel bastoncello, responsabile della visione scotopica, si trovano alte concentrazioni di DHA in quanto metà degli acidi grassi contenuti nei fosfolipidi della membrana del segmento esterno (SE) è composta da DHA (Fliesler et al, 1983, Boesze-Battaglia et al, 1989). I fosfolipidi all’interno delle membrane, quali la fosfatidilcolina (FC) e la fosfatidilserina (FS), hanno concentrazioni più alte di DHA rispetto ad altre frazioni fosfolipidiche e le conferiscono una maggiore fluidità, aumentando l’efficienza di trasmissione e di trasduzione dei segnali chimici e degli stimoli luminosi. La FC e la FS sono altamente

Figura 2.1: Asscociazione EPR (RPE) e fotoreccettoere (bastoncello).

(da Heinemann et al, 2006. Docosahexaenoic acid and neurologic development in animals. JAVMA, Vol 228, No. 5.)

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concentrate intorno alla rodopsina (proteina fotosensibile formato da 11-cis-retinale e da opsina) ed interagendo insieme contribuiscono al controllo della funzione visiva (Wiedmann et al, 1988; Wang et al, 2002). La facilità con cui le proteine messaggere passano la membrana del SE determina l’efficienza della cascata della trasduzione dei segnali visivi (Heinemann et al, 2006). Questa facilità viene influenzata dalla fluidità della membrana (Calvert et al, 2001) e quindi dal contenuto di FC e FS. La elevata fluidità della membrana del SE dovuta, come visto in precedenza, ad una alta concentrazione di DHA all’interno dei fosfolipidi, permette una rapida azione degli enzimi e del trasporto ionico (Wiedmann et al, 1988; Dratz et al, 1986). Il SE del bastoncello è formato da numerose invaginazioni della membrana plasmatica creando dischi formati da uno doppio strato fosfolipidico. Al loro interno si trovano la rodopsina e altri enzimi necessari per la trasduzione dei segnali visivi. Adiacente al SE si trova l’epitelio pigmentato retinico (EPR) da cui deriva il supporto metabolico per i fotorecettori (Bok, 1985) (vedi Figura 2.1).

L’EPR mantiene l’approvvigionamento di DHA per la membrana del SE e aiuta nella conservazione di DHA all’interno della retina (Gordon et al, 1990). La richiesta di DHA da parte della retina può essere soddisfatta tramite l’assorbimento selettivo dal plasma sanguigno della sua forma libera o attraverso il suo precursore ALA. I processi di desaturazione ed elongazione dell’ALA avvengono nella retina (Wetzel et al, 1991; Bazan et al, 1982) e nell’ EPR (Wang et al, 1993).

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Il fatto che le concentrazioni di DHA nella retina rimangano pressoché costanti, anche durante deficienze dietetiche in acidi grassi omega-3, indica che ci devono essere sistemi che assicurano adeguati livelli di tale LCPUFA. I dischi fotoreccettoriali vengono continuamente assemblati alla base del SE che determina uno spostamento dei dischi più vecchi nella direzione apicale, allungando l’intero segmento. Per evitare che si allunghi troppo, la parte distale viene staccata e fagocitata dall’EPR. Il DHA così ottenuto viene ritrasportato al segmento interno attraverso la matrice inter-fotorecettoriale (Gordon et al, 1992), dove sarà di nuovo disponibile per la sintesi di nuovi fosfolipidi. Questo sistema di riciclaggio viene definito “short loop” (vedi Figura 2.2). In conclusione l’EPR assume una grande importanza per assicurare l’approvvigionamento del DHA per i fotorecettori modulando l’assorbimento, la

Figura 6.2 Neuroprotectin D1-mediated

anti-inflammatory andsurvival signaling in stroke, retinal degenerations, and Alzheimerʼs disease.

(da Bazan (2009). Neuroprotectin D1-Mediated Anti-Inflammatory And Survival Signaling In Stroke, Retinal Degenerations, And Alzheimerʼs Disease. Journal of Lipid Research April Supplement)

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conservazione e il trasferimento (Bazan et al, 1985). Una deficienza di acidi grassi omega-3 durante il periodo di sviluppo provoca un abbassamento della concentrazione retinica del DHA con conseguente diminuzione della capacità visiva e di altre funzioni neuronali (Neuringer er al, 1986). Se la deficienza in acidi grassi omega-3 avviene in età adulta, quindi dopo il completamento dello sviluppo neuronale, la concentrazione del DHA retinico rimane pressoché inalterata. (Stinson et al, 1991).

Nel cane le informazioni che riguardano il metabolismo del DHA sono limitate. È noto che la retina del cane è capace di sintetizzare il DHA a partire dall’EPA (Alvarez et al, 1994). Uno studio condotto da Bauer et al nel 1998 mostra che cani alimentati con una dieta a base di ALA presentavano un accumulo di DPA nei fosfolipidi plasmatici e non di DHA (Bauer et al, 1998). Probabilmente il DPA serve da importante substrato per l’uptake nei tessuti nervosi e per la successiva sintesi di DHA nella retina (Heinemann et al, 2006). Nella cavia e nei babbuini il DHA assunto direttamente con la dieta è la fonte più efficace per il DHA neuronale rispetto all’assunzione del suo precursore ALA (Greiner et al, 1997; Abedin et al, 1999; Su et al, 1999; Woods et al, 1996). Il cucciolo di cane è capace durante il periodo della lattazione di convertire l’ALA in EPA e DHA. Tale capacità cessa dopo lo svezzamento per cui dopo tale periodo, integrazioni dietetiche ricche di ALA aumentano le concentrazioni solo di EPA nei fosfolipidi plasmatici e non di DHA (Heinemann et al, 2005). Pertanto si potrebbe ipotizzare che il cane neonatale abbia una capacità maggiore di sintetizzare DHA durante questa fase di vita che è caratterizzata da una richiesta particolarmente alta di tale acido grasso (Heinemann et al, 2005). È da aggiungere che il corretto rapporto fra gli acidi grassi omega-3 e quelli omega-6 durante la fase neonatale è essenziale. Difatti, vi è una competizione fra queste famiglie di acidi grassi dal punto di vista metabolico, più

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precisamente la ∆ 6-desaturasi epatica ha una affinità maggiore per AL che per ALA (Heinemann et al, 2005). Risulta importante che le formulazioni dietetiche per i sostituti di latte materno in acidi grassi omega-3 e -6 siano equilibrate per assicurare le richieste di entrambi da parte dei tessuti.

Diversi studi mostrano l’importanza del DHA dietetico nel cane giovane per la funzionalità retinica. Cuccioli che hanno assunto latte o cibo secco con alte concentrazioni di DHA dimostrano un miglioramento della sensibilità bastoncellare misurato tramite elettroretinogramma. Un altro risultato interessante da questo studio consiste nel fatto che i cuccioli alimentati con una dieta ricca in ALA non presentano capacità visive molto inferiori rispetto a quelli alimentati con DHA (Heinemann et al, 2005).

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2.2 Resolvine e Protectine: Mediatori lipidici

anti-infiammatori e neuro-protettivi

L’EPA e l’AA competono per la sintesi di eicosanoidi proinfiammatori. Nelle cellule infiammatorie l’AA è maggiormente rappresentato nei fosfolipidi di membrana. Qualora ci sia anche un alto contenuto in EPA quest’ultimo inibisce la trasformazione delle prostaglandine e leucotrieni ad attività proinfiammtoria attraverso l’inibizione del substrato. Allo stesso tempo a partire dall’EPA vengono sintetizzate degli eicosanoidi (prostaglandine della serie 3 e leucotrieni della serie 5) che sono meno o non-infiammatori (Hamm et al, 2008; Richter et al, 2011; Singer, 2000). Un altro meccanismo anti-infiammatorio da parte degli LCPUFA’s omega-3 consiste nell’effetto sulla espressione genetica delle molecole segnalatrici dell’infiammazione.

Gli LCPUFA’s ω-3 riducono l’espressione delle citochine e delle molecole di adesione, che giocano un ruolo nell’ evoluzione infiammatoria.

È stato scoperto recentemente che gli acidi grassi omega-3, oltre ad avere funzioni antinfiammatorie, hanno anche la capacità di produrre mediatori lipidici (resolvine, protectine e maresine) che intervengono nella fase risolutiva dell’infiammazione.

Nel passato si pensava che la fase acuta dell’infiammazione terminasse con l’arresto della sintesi delle molecole pro-infiammatorie prodotte dal tessuto infiammatorio. Le conoscenze odierne evidenziano che la riduzione dell’infiammazione e la guarigione sono correlati ad un cambiamento del metabolismo. Le cellule infiammatorie cambiano

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fenotipo ed iniziano a sintetizzare localmente e temporaneamente mediatori della fase risolutiva dell’infiammazione (Bannenberg, 2009; Serhan, 2011; Yang et al, 2011; Weylandt et al, 2012). Questo processo di risoluzione dell’infiammazione compete con altri processi che causano l’insorgenza ed il perpetuamento dell’infiammazione. Il rapporto relativo tra tali processi determina la durata e la gravità dell’infiammazione e la possibilità di cronicizzare. Il substrato per la sintesi di mediatori (resolvine, protectine, maresine, lipossine) è rappresentato dagli LCPUFA’s. Le resolvine (risolution phase interaction products) sono metaboliti bioattivi che si formano dopo reazioni catalizzate da enzimi a partire da LCPFA’s omega-3. L’EPA rappresenta il substrato delle resolvine della serie E e DHA quello della serie D. Anche le protectine e le maresine derivano dal precursore DHA. Le lipossine invece derivano dall’AA.

I mediatori lipidici, durante la fase risolutiva, riducono l’infiltrazione dei granulociti neutrofili ed aumentano la capacità fagocitaria dei macrofagi verso i leucociti apoptosici, particelle cellulari e microrganismi (Serhan, 2011).

Le protectine (PD1), che nel tessuto nervoso centrale vengono denominate neuroprotectine (NPD1, 10,17S-docosatriene), hanno effetti protettivi verso i tessuti nervosi compresa la capacità di risolvere l’infiammazione (Hong et al, 2003). La formazione di NPD1 riduce l’espressione della ciclossigenasi-2 che segue dopo l’ischemia, riduce il “nuclear factor kappa-light-chain-enhancer of activated B cells” (NfkB), coinvolto nella trascrizione di geni codificanti citochine e proteine pro-infiammatorie e indotto dall’interleuchina 1-β, e diminuisce l’infiltrazione leucocitaria (Marcheselli et al., 2003).

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