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possibili soluzioni a problematiche specifiche dell’allevamento biologico a riguardo del “benessere animale”

Nel documento Il benessere degli animali da produzione (pagine 93-96)

3.5 “benessere animale” e politica agricola

5.7 possibili soluzioni a problematiche specifiche dell’allevamento biologico a riguardo del “benessere animale”

Gli animali allevati con metodo biologico sono esposti a specifici rischi sanitari, di sicurez- za da parte di agenti esterni o da altre sostanze pericolose, ma anche da fattori che dipendono direttamente dagli allevatori e operatori del settore.

Il metodo di allevamento biologico può determinare una nuova espressione di problemi patologici già noti (per es., l’elmintiasi nei suini), la ricomparsa di patologie (per es., i vesciconi sternali nei broiler), o il perdurare di problemi già diffusi (per esempio, la mastite nelle bovine da latte). Ogni situazione deve essere analizzata in una prospettiva locale e climatica a causa delle profonde differenze nelle pratiche di allevamento, delle diverse condizioni di sopravvivenza e di trasmissione degli agenti infettivi nell’ambiente esterno, e delle differenti norme nazionali (Thamsborg et al., 2004).

Nella conversione al biologico vi sono diversi aspetti che possono influenzare lo stato sani- tario e quindi il benessere degli animali:

• le differenze nei sistemi di stabulazione e la produzione all’aperto;

• le limitazioni e i princìpi nell’uso di trattamenti farmacologici, come ad esempio il divieto di ricorrere a trattamenti preventivi;

• il necessario cambiamento nell’atteggiamento e nelle percezioni dell’allevatore; • i vincoli di costo;

• lo sviluppo di nuove strategie alimentari legate alla disponibilità limitata di specifici nutrienti. Ognuno di questi aspetti può avere sia effetti positivi che negativi sull’insieme delle pato- logie e sulla loro epidemiologia, e sarà fortemente influenzato dall’associazione tra i differenti fattori. Può sembrare, ad esempio, che il divieto di ricorrere a trattamenti preventivi renda la profilassi più complessa (es. per il controllo dei parassiti; Thamsborg et al., 1999). Tuttavia, molto dipende dalle condizioni nelle quali sono allevati gli animali, e dall’atteggiamento dell’al- levatore verso metodi alternativi durante e dopo la conversione. Ci possono essere anche altri fattori che possono essere determinanti, quali l’introduzione di nuove razze (per es., razze avi- cole adattate all’allevamento free range) o i sistemi misti di allevamento (per il controllo delle parassitosi).

Anche l’alimentazione estensiva con foraggio grezzo può influenzare la salute degli ani- mali. Ad esempio nei bovini un’elevata percentuale di foraggio, anche se può limitare le perfor- mance degli animali perché le richieste energetiche possono non essere del tutto soddisfatte, può favorire l’ambiente ruminale e portare a una minore incidenza di disordini metabolici (Thamsborg et al., 2004).

Le patologie che possono colpire gli animali in produzione biologica sono in parte legate alle loro produzioni e in parte al sistema di allevamento. Si possono ricordare, per le bovine da latte: mastiti, disordini riproduttivi, disordini metabolici, zoppie e malattie parassitarie; per gli ovini: parassiti e clostridiosi; per gli avicoli plumofagia, cannibalismo, coccidiosi ed elmintiasi; per i suini: malattie parassitarie. Alcune patologie riguardano di- rettamente la sicurezza alimentare: quali ad esempio campylobatteriosi, salmonelle e altre infezioni fra cui anche la BSE.

Tutti gli animali al pascolo sono affetti per la maggior parte del tempo da parassiti, e si reinfestano quasi continuamente tramite le larve presenti sugli steli d’erba. Sebbene le malattie parassitarie non abbiano in genere gli effetti eclatanti delle malattie infettive, possono determinare perdite produttive ed economiche, pertanto nella letteratura sono proposte diverse strategie di contrasto.

Intanto si può ridurre i parassiti riseminando il pascolo, tagliando l’erba per produrre fieno o insilato, o alternando colture annuali come ad esempio la colza.

La strategia ideale per il controllo dei parassiti consiste nello spostamento verso aree pulite durante la stagione di pascolamento, e/o nell’alternanza di pascolo tra le diverse spe- cie, il cosiddetto pascolo misto (Younie et al., 2004). Il primo tipo di strategia è quello più conosciuto in Italia, anche se non viene sempre applicato, per mancanza di spazio o per scarsa conoscenza del problema, il secondo tipo è meno conosciuto e attuato nel nostro Paese.

Il pascolo misto può essere realizzato, ad esempio, immettendo nella stessa area pe- core assieme ad altre specie non suscettibili, o facendo pascolare animali giovani e recetti- vi con altri più anziani e immuni (es. pecore in asciutta). Questa strategia riduce la densità di capi suscettibili. Gli animali immuni, ingerendo l’erba contaminata, distruggono atti- vamente le larve dei vermi riducendo così il rischio di infestione dei soggetti suscettibili.

Anche un’alimentazione appropriata, in particolare un giusto apporto di proteine a fine gravidanza e inizio lattazione, ridurrebbe l’emissione fecale di uova e in ultima analisi la contaminazione del cotico erboso (Houdijk et al., 2001).

C’è da tempo interesse sempre maggiore verso l’uso di foraggi “bioattivi” contenenti metaboliti che potrebbero contribuire alla riduzione di infestazioni parassitarie. I foraggi bioattivi sono generalmente non tossici e non pongono quindi problemi di dosaggio, al con- trario delle piante medicinali di climi temperati con presunta attività antielmintica. Ideale sarebbe inserire le piante bioattive nella dieta come elementi principali, e se possibile, que- ste dovrebbero essere inserite nella rotazione colturale dell’azienda (Niezen et al., 1998).

Gli erbivori che devono stare al pascolo nel sistema delle produzioni biologiche, ne- gli ultimi anni subiscono il problema del ritorno dei grossi predatori, soprattutto lupi, che possono provocare danni agli animali e/o aumento dello stress con conseguente danni al benessere e alle produzioni.

Per proteggere il loro bestiame dagli assalti dei predatori la maggior parte degli al- levatori europei nel passato ha sempre utilizzato cani di grossa taglia che vivevano in- sieme alle pecore ed erano capaci di respingere un lupo e persino un orso (nelle regioni in cui i predatori non sono mai scomparsi, ad es. in Abruzzo, questi sistemi sono ancora utilizzati)4.L’Italia ha una tradizione millenaria in questo senso, e per la protezione delle

4 Spesso gli allevatori dotavano i loro cani di collari con punte metalliche (come l’abruzzese “vreccale”), per proteg- gerli nell’eventualità di una lotta con un grande predatore, o accorciavano loro la coda perché non potesse essere un punto di appiglio durante la lotta (KORA, 2009).

greggi viene utilizzato il Pastore Maremmano Abruzzese. Cani da difesa delle greggi ven- gono sempre più utilizzati anche nel resto dell’Europa, (es. Portogallo, Norvegia, Francia, Slovacchia, Bulgaria) per proteggere le pecore sia dai cani randagi sia dai grandi predatori, ormai ritornati in numerose regioni.

I lupi sono sempre più presenti nel nostro territorio, ma la conoscenza dei sistemi di difesa degli animali dai lupi e altri cani randagi, fra cui la utilizzazione di cani da difesa, non è più diffusa come un tempo5. Un altro sistema molto utilizzato ultimamente contro i

predatori è quello di circondare il pascolo con recinti elettrici, anche se questa soluzione è costosa e non sempre efficace in quanto a volte il lupo riesce a superare la recinzione, o a spingere il gregge contro il recinto in modo di romperlo, e, se l’allevatore non riesce a raggruppare la totalità del gregge all’interno della recinzione, spesso attacca i gruppi di animali rimasti all’esterno.

Il pascolo degli animali porta con sé anche il rischio che le loro produzioni possano essere contaminate da patogeni o da inquinanti ambientali presenti nel terreno. È il caso della diossina presente in molte aree dei Paesi Bassi contaminate da precedenti attività industriali6 che ha in certi casi portato al ritrovamento della stessa nelle uova prodotte da

galline biologiche (De Vries et al., 2006; Kijlistra et al., 2007).

Come più volte sottolineato, il rispetto dei regolamenti comunitari sul biologico non garantisce automaticamente il benessere degli animali, ma molto dipende dal comporta- mento degli allevatori. Ci sono allevatori che non somministrano insilati ai propri animali (anche se permessi dai regolamenti), oppure non utilizzano mai rimedi allopatici (anche se consentiti entro certi limiti), oppure non danno antiparassitari ritenuti dannosi e inqui- nanti per l’ambiente come l’ivermectina (anche se consentiti) e utilizzano sistemi alterna- tivi per controllare i parassiti (come il pascolo misto multispecie che è una buona pratica anche se non imposta dalle norme). Per contro ci sono allevatori meno ideologizzati, con una lunga esperienza personale o familiare di allevamento convenzionale alle spalle, più sensibili agli obiettivi economici, che ricorrono a tutto ciò che il regolamento consente.

Tra le scelte che influenzano in modo diretto il benessere degli animali ci sono quelle relative alla macellazione, in particolare degli ovini. Gli animali per essere certificati bio devono essere macellati in strutture riconosciute, ma sia nel convenzionale che nel bio molti pastori macellano gli animali direttamente in azienda, spesso senza stordirli prima di iugularli. Il problema è significativo perché, a causa dei costi di macellazione e del fatto che i macelli certificati bio sono spesso poco raggiungibili, è difficile che gli allevatori ma- cellino regolarmente gli animali. Questo punto potrebbe essere superato adottando, come in altri paesi, impianti di macellazione mobile che si spostino da un allevamento all’altro. Un primo macello per ovini è stato autorizzato a Zeri (Massa Carrara), dove viene prodotto il celebre agnello.

Un altro problema deriva dall’obbligo di alimentare i piccoli con latte materno o, almeno, naturale. Alcuni allevatori, contraddicendo in modo evidente le dichiarazioni sul “benessere animale”, pur di non nutrire i vitelli con il latte naturale perché troppo costoso, li vendono a poco prezzo sul mercato convenzionale destinandoli all’ingrasso intensivo. In realtà, diverse sperimentazioni hanno dimostrato che sarebbe possibile ingrassare con 5 Ad esempio in Toscana molti pastori provengono da famiglie che si sono trasferite dalla Sardegna negli anni ’60. Non essendoci lupi sull’isola, questi allevatori non hanno la cultura della difesa del bestiame da questo animale e non hanno mai utilizzato cani pastori.

6 Ma anche in un’area vicino a Firenze, usata come discarica di materiali e fanghi derivanti dall’alluvione del 1966, si è dovuto interrompere un allevamento biologico di suini allevati all’aperto perché il grasso degli stessi era risul- tato inquinato da sostanze chimiche ancora presenti nel terreno dopo 40 anni di riposo.

profitto questi animali in allevamenti biologici producendo della carne bio con ottime qua- lità nutrizionali (Martini et al., 2008).

Nel documento Il benessere degli animali da produzione (pagine 93-96)