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Possibilità di stabilire una visione continuista del manifestarsi dei concetti non euclidei; cioè la novità teorica corrisponderebbe ad una normale evoluzione dei concetti antichi,

che la contenevano già in forma primordiale. Questa interpretazione, ovviamente, elimina il carattere di rottura epistemologica delle geometrie non euclidee;

2. La concezione filosofico – metafisica dello spazio di derivazione kantiana, in particolare nei contesti culturali della seconda metà dell’Ottocento, accoglie la modalità interpretativa precedente; la geometria non euclidea è un mero ampliamento tecnico, una questione di geometria astratta, completamente inutile per la nozione fisica di spazio.

Quello che, dunque, nelle immediate interpretazioni filosofiche della nuova geometria viene perduto, è il significato eversivo nei confronti della nozione tradizionale ed intuitiva di spazio. In questa particolare contingenza storica, la complessa situazione epistemologica resta sopita e soprattutto la questione che vede queste nuove geometrie articolarsi sulla relazione geometria – spazio fisico. L’immagine frequente della geometria non euclidea come pura “invenzione” matematica, frutto del libero gioco dei significanti scientifici, deriva (spesso ancora oggi!) dalla relazione “geometria – spazio fisico”. È stato necessario pertanto rimettere in discussione l’apparato concettuale sottogiacente, basato sulla doppia relazione “geometria – intuizione” e

“geometria – fisica”, modificato il quale, vi può essere un livello di astrazione che legittima la

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Quando, dunque, si è gradualmente preso coscienza che il problema delle parallele potesse diventare un problema “scientifico” e “matematicamente definibile”, il contesto culturale era pressappoco di tale consistenza. Volgendo l’interesse verso la contestualizzazione storica della problematica, è possibile notare che al tempo di Gauss e successivamente, le linee di ricerca sulla teoria delle parallele presentava in due centri istituzionali i maggiori focolari: l’Università di Kazan, dove imperversava la problematica kantiana ed antikantiana; l’Università di Gottinga, che rappresentava in sostanza l’area culturale della matematica tedesca. La prima scuola è stata la matrice culturale da cui proveniva Nikolaj Lobacevskji; la seconda è stata l’humus culturale in cui ha operato Gauss, come già visto, e da cui proveniva Janos Bolyai.

Lobacevskji e Janos Bolyai giunsero rispettivamente ad un sistema di geometria immaginaria (nome dato da Lobacevskji alla sua geometria) e di geometria assoluta15 (nome che Janos Bolyai assegna al suo sistema geometrico) contemporaneamente ed in modo indipendente l’uno dall’altro. Il loro risultato deriva direttamente da quelli di Gauss, Schweikart e Taurinus e corrisponde all’ipotesi dell’angolo acuto di Saccheri e Lambert. In seguito, è obiettivo della presente trattazione fornire una schematica esposizione di alcuni punti fondamentali dei due sistemi geometrici citati. Nel fare ciò è parso opportuno non esporre in modo dettagliato e tecnico i risultati cui giungono tali ricerche; quanto più invece si è considerato importante ai fini di tale lavoro mostrare lo “sforzo logico” che gli autori in esame in questo paragrafo hanno dovuto affrontare e le motivazioni che li portarono a tale scoperta. È bene notare subito, in accordo con il già citato Bonola, che è possibile individuare due differenti tipi di impostazione riguardo il problema in esame da parte dei due autori: per quanto riguarda Lobacevskji, la sua

geometria immaginaria, presenta un più completo sviluppo analitico; invece Janos Bolyai, nella

15 I due sistemi citatati, verranno considerati parte della geometria iperbolica, termine introdotto dal matematico

Felix Christian Klein (1849 – 1925), professore di matematica a Erlangen (1872), Monaco (1875), Lipsia (1880) e Gottinga (1886). Fu socio straniero dell’Accademia dei Lincei (1883). Il termine “iperbolico” in greco significa “eccesso” ed è stato dato perché ricorda che vi è un eccesso di parallele rispetto a quanto considerato in

precedenza. Klein ebbe il merito di ampliare i sistemi geometrici di Lobacevskji e Janos Bolyai. Quindi le similitudini che accomunano tali sistemi permettono di unificarli sotto un’unica denominazione, quella di geometria

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sua geometria assoluta punta con maggior decisione sulla questione della dipendenza od indipendenza dei teoremi della geometria dal V postulato. Cioè, mentre Lobacevskji cerca di costruire la sua geometria sulla negazione del V postulato, Janos Bolyai porta in evidenza le proposizioni e le costruzioni dell’ordinaria geometria che ne sono indipendenti. Tali proposizioni che egli chiama assolutamente vere fanno parte della scienza assoluta dello spazio.

Cogliamo dunque l’occasione, per approfondire, per quanto ci è concesso dal fine ultimo di questa trattazione, la geometria assoluta di Janos Bolyai. La pubblicazione della “Scientia spatii

absolute vera” risale dapprima al 1831. Mentre, invece, venne aggiunta come appendice al Tentamen di suo padre Wolfgang Bolyai nel 1832. In quest’opera, Janos Bolyai indicava la

geometria non euclidea con il termine neutrale Systema S e la geometria euclidea con l’espressione altrettanto neutrale Σύστημα Σ.

Ora, per poter comprendere il lavoro di Janos Bolyai occorre chiarire alcuni concetti. Consideriamo l’assioma euclideo delle parallele e la sua negazione. Il sistema dei teoremi non euclidei viene generato tramite inferenza logica da un gruppo di assiomi, uno dei quali rappresenta la negazione formale di una proposizione assiomatica che compare negli Elementi di Euclide e porta in se il carattere peculiare di euclidicità. Ovviamente la proposizione cui ci riferiamo è il V postulato. Janos Bolyai la cita spesso come “assioma XI” perché in alcune edizioni antiche era erroneamente indicata in questo modo. Sorprendentemente, il postulato noto come postulato delle parallele, non concerne il parallelismo (almeno direttamente), bensì il suo contrario, cioè l’incidenza di coppie di rette complanari. Tale notissimo postulato esprime la proprietà semplice e chiarissima all’intuizione, che due rette complanari hanno, di incontrarsi da qualche parte in un punto se una è in posizione obliqua rispetto all’altra e si avvicina sempre di più ad essa, ossia: la convergenza delle rette implica la loro inevitabile incidenza. Ad onor di precisione, Euclide formula: “se due rette complanari, a e b, sono tagliate da una terza retta, e se le due rette formano, sul medesimo lato della secante comune c, angoli interni che insieme sono

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minori di due retti, allora le due rette date sono incidenti”. Si noti che il punto d’incidenza C può trovarsi anche ad una distanza inaccessibile alla percezione immediata, tale da renderci incapaci di stabilirne subito l’esistenza. La sicurezza che il postulato ci offre sul comportamento delle rette ci è data da un’unica proprietà locale e metrica, cioè sulla base della grandezza misurabile di un angolo. Tutte le rette sono incidenti se formano con una secante comune, da uno dei suoi lati, angoli interni che insieme misurano meno di due retti. Ciò garantisce l’esistenza di un punto d’incidenza. Si noti anche, che il V postulato è una proposizione esistenziale. Invece, i primi tre postulati esprimono ognuno una costruzione (di un segmento di retta, di una retta, di un cerchio), sebbene possano essere formulati anch’essi come proposizioni esistenziali. Ma la particolarità del V postulato è che non può essere formulato come esprimente una costruzione16. L’esistenza del punto d’incidenza può essere affermato, ma non si può determinare con una costruzione. Un’altra particolarità della formulazione linguistica del V postulato è che non solo afferma l’esistenza di un punto d’incidenza, ma fa riferimento anche alla sua posizione. Il punto d’incidenza si trova dallo stesso lato della secante comune, giace dunque sullo stesso semipiano (dove i due angoli interni sono minori di due retti). Tale aggiunta può sembrare superflua dal punto di vista teoretico, ma non lo è sotto l’aspetto storico, perché come si vedrà in seguito, il suo valore storico ci è dato analizzando con Imre Toth un passo non euclideo del corpus

aristotelicum, ossia il passo 66 a 9-15 di Analitici Primi, II 17, dove Aristotele tratta del teorema

fondamentale secondo il quale non esistono rette parallele se i tre angoli interni di un triangolo sono insieme maggiori di due retti.

Comunque, possiamo esporre in modo ancora più conciso il V postulato, se chiariamo molto brevemente il concetto di coortogonalità17. Siano dette coortogonali due rette che formano

angoli retti con almeno una secante comune. Ne deriva che sono non coortogonali le coppie di

16 L’impossibilità di determinare il punto di incidenza C tramite una costruzione finita, richiede l’introduzione di un

assioma indipendente, che affermi la pura esistenza di un punto di intersezione e ne garantisca la realtà oggettiva.

17

Coortogonale non è assunto, in generale, come termine tecnico della geometria, ma rende con più facilità l’argomento trattato.

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rette che non hanno nessuna perpendicolare comune (molto banalmente, rette oblique una rispetto all’altra). Il postulato euclideo, si può riformulare sotto queste condizioni come segue: “tutte le coppie di rette non coortogonali sono incidenti”. Al fine di snellire l’argomentazione si indichi d’ora in poi tale proposizione con E.

La negazione formale di E risulta di semplice formulazione: “non tutte le coppie non

coortogonali sono incidenti”. Si indichi tale negazione con non – E. Da questa proposizione

negativa segue l’affermazione dell’esistenza di coppie di rette non coortogonali ed allo stesso tempo non incidenti. È dimostrabile che tali coppie di rette non incidenti e non coortogonali con nessuna secante comune, convergono l’una verso l’altra asintoticamente. Tale dimostrazione si ebbe per la prima volta per merito del già citato Saccheri18. Le proposizioni E e non - E sono tra di loro in relazione di contraddizione formale. Quando Gauss ha denominato il frutto delle sue ricerche come geometria non euclidea ha espresso chiaramente la pura negatività che vige tra le due proposizioni E e non – E su di un piano strettamente logico.

Bisogna, a questo punto, essere sicuri che non – E possa sussistere indipendentemente accanto ed insieme ad E nello stesso universo concettuale. Ciò non è possibile, se non – E porta ad una contraddizione logica, ossia se non – E congiunta ai restanti assiomi della geometria porta a conseguenze che si contraddicono una con l’altra: vorrebbe dire che non – E è stata ridotta ad assurdo ed estromessa dal discorso geometrico.

I restanti assiomi, che consideriamo premesse di un ragionamento inferenziale, costituiscono una geometria a se stante, che non contiene la proposizione E. Tra questi assiomi due hanno un particolare significato per il nostro argomentare:

1.

Ciascuna coppia di punti del piano definisce un unico segmento di retta;

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2.

Ciascun segmento di retta può essere prolungato in entrambe le direzioni all’infinito, cioè la retta è infinita e aperta in entrambe le direzioni.

Essi corrispondono al I ed al II postulato degli Elementi di Euclide. Questi assiomi sono proposizioni semplici che riguardano concetti quali l’incidenza e l’ordine sussistenti tra rette e punti, la relazione di congruenza di segmenti ed angoli e la proprietà della

continuità. Essi vennero esplicitati formalmente da David Hilbert nel celebre lavoro

“Fondamenti della geometria”. Il lettore perdonerà questa breve digressione, ma essa si è

resa necessaria al fine di meglio poter comprendere la portata delle ricerche di Janos Bolyai, dal quale si era partiti. Infatti uno dei risultati più importanti ottenuti da Janos Bolyai è che vi è una geometria autonoma, la quale può essere fondata solo sulla base di questi assiomi. Ed è ciò che egli chiamò la scienza assolutamente vera dello spazio. Il motivo per cui fu denominata assolutamente vera risiede nella ragione secondo cui essa è indipendente dalla verità o falsità, indecidibile a priori, dell’assioma euclideo E e di conseguenza è indipendente anche da non – E. Riportiamo le parole di Janos Bolyai: “a

veritate aut falsitate Axiomatis XI Euclidei (a priori haud unquam decidenda)

independens”. Essa è universalmente nota come la geometria assoluta di Janos Bolyai.

Secondo una corrente di pensiero19, Bolyai essendo uno spinoziano, usava il termine

assoluta per la geometria nel senso dell’Ethica more geometrico demonstrata: ossia la

totalità di tutti gli oggetti geometrici, il mondo della geometria, possiede essere autonomo20 e per sussistere non gli si richiede di essere né euclideo né non euclideo. Questo mondo sussiste in sé e per sé, anche qualora non esista nessun mondo non euclideo o anche euclideo. Il suo “conceptus non indiget conceptu alterius rei, a quo formari debeat”21. Esso

19 Tale corrente di pensiero trova riscontro nel lavoro di Samuel Benko, “Le confessioni di Giovanni Bolyai”,

Bucarest, 1968, pp.265 -269.

20

“In se est, et per se concipitur”, Spinoza, Ethica, I. def.3

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dispone di piena autonomia e resta vero pur quando il valore di verità non appartenga né al postulato euclideo né al suo opposto.

Prima di esporre schematicamente i risultati degli studi comuni a Janos Bolyai e Lobacevskji, si è ritenuto maggiormente conforme alla continuità dell’esposizione, a questo punto, mostrare l’apparato concettuale che ha portato Lobacevskji al suo sistema di

geometria immaginaria. Questa scelta deriva dal fatto che i risultati cui pervengono in due

autori sono pressoché uguali, ma la via con cui vi giunsero e il clima culturale in cui maturarono le loro ricerche è differente. Dopo aver quindi esposto la linea concettuale seguita da Janos Bolyai, prendiamo in considerazione le ricerche di Nikolaj Lobacevskji. Come si è detto in precedenza, il polo culturale nel quale operava Lobacevskji era l’Università di Kazan. Non è una considerazione secondaria, poiché abbiamo accennato di passaggio che in tale centro istituzionale, era preponderane la diatriba sulla concezione kantiana dello spazio. Ciò è determinante per comprendere le ragioni di fondo dell’impostazione lobacevskiana. Nello strutturare la nostra argomentazione, consideriamo nel testo “Nuovi principi della geometria. Con una teoria completa delle parallele”22, la prefazione di Evandro Agazzi. In questo testo fondamentale, che presenta una lodevole introduzione di Lucio Lombardo – Radice, la prefazione di Agazzi è molto preziosa. Egli mostra come il Lombardo – Radice, nell’esporre la struttura delle ricerche di Lobacevskji, mostri una lettura per certi versi fuorviante del pensiero kantiano. Questo perché il Lombardo – Radice, assumendo come dottrina filosofica di riferimento il materialismo dialettico, cade in una lettura semplicistica dei pensatori in due schiere: gli “idealisti” e i

“materialisti”. Ciò lo conduce ad etichettare in questo caso Kant come idealista,

nonostante il filosofo abbia lasciato un capitolo della Critica della ragion pura dedicato alla “confutazione dell’idealismo” e si sia affaticato a qualificare la sua filosofia come

22

Nikolaj Lobacevskji, “Nuovi principi della geometria. Con una teoria completa delle parallele”, 3° ed., Torino, Bollati Boringhieri Editore, 2012.

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idealismo trascendentale. Nonostante ciò il Lombardo – Radice attribuisce al kantismo le resistenze che storicamente resero faticoso l’imporsi delle geometrie non euclidee. Non entriamo nel merito di questa polemica, tuttavia notiamo che la ferrea convinzione della verità geometrica euclidea ha dominato la cultura occidentale per secoli prima di Kant e che forse, in accordo con l’Agazzi, tale convinzione mostra di incrinarsi con il diffondersi del kantismo. Riteniamo questo perché proprio con Kant si teorizza una concezione della conoscenza come processo costruttivo, in cui l’elemento sintetico garantisce l’irriducibilità ad un semplice costrutto formale, mentre l’elemento a priori, non essendo un a priori contenutistico ma formale o strutturale, ci da la garanzia dell’universalità e necessità. Questo non inficia l’ottima introduzione di Lombardo – Radice al testo, che resta comunque esemplare.

Perché, dunque, si è ritenuto considerare tale polemica? La risposta risiede nella consapevolezza che l’originalità e la densità filosofica delle ricerche di Lobacevskji trascendono persino per certi versi l’importanza matematica della sua teoria geometrica. Con la pubblicazione dei suoi testi, Lobacevskji illustra i principi di una geometria più generale della geometria ordinaria e nella quale per un punto esterno possono essere tracciate almeno due parallele alla retta data e la somma degli angoli interni di un triangolo è minore di due retti. Negli anni 1829 – 1830, grazie alle prime pubblicazioni di Lobacevskji (prima anche di Janos Bolyai) la “geometria non euclidea” diviene una branca riconosciuta come patrimonio scientifico dell’umanità.

Questi nuovi principi, sono dunque concetti e proposizioni primitive diversi da quelli espressi negli assiomi e postulati di Euclide. Essi vengono ricavati dal nostro concreto operare con i corpi fisici e tra essi non trova posto né il postulato euclideo, né alcuna proposizione ad esso equivalente. La geometria euclidea diventa il caso limite di una geometria più generale. Tuttavia, si ritiene in questa sede, che la genialità filosofica di

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Lobacevskji è che egli non si limitò ad accettare l’ipotesi dell’angolo acuto come possibile in base a pure considerazioni logiche. Infatti la teoria delle parallele egli la deriva dopo aver pensato i nuovi principi e questo ci mostra bene il percorso di pensiero che egli effettua. È nella revisione dei principi e la conseguente diversa organizzazione dell’insegnamento della geometria la sua novità. Per Lobacevskji punto, retta, piano non sono concetti primitivi. Egli non pone né una loro definizione intuitiva né una loro definizione assiomatica. I concetti primitivi per Lobacevskji sono quelli di corpo, contatto

tra corpi, di movimento rigido. Per “corpo” intende qualsiasi solido che una deformazione

possa ridurre ad una sfera: in termini contemporanei, ogni solido omeomorfo ad una sfera (anche i punti della superficie sono considerati appartenenti al solido). Il concetto di “contatto” equivale alla possibilità di dividere un corpo in parti (varie sezioni) e di comporre le parti di nuovo: i vari tipi di contatto definiscono le superfici, le linee, i punti. Così vengono definite anche le linee e le superfici a meno di trasformazioni topologiche (biunivoche e bicontinue). Anche se la topologia come scienza nascerà dopo Lobacevskji, la sua geometria ha un forte carattere topologico. In questo senso, riportiamo un’opinione dello psicologo svizzero Jean Piaget secondo cui i concetti geometrici dell’infanzia hanno carattere topologico e non metrico. In effetti, pur non avendo nessuna capacità in merito, ci permettiamo di considerare che didatticamente i concetti ed i procedimenti della geometria assiomatica e razionale, con le astratte definizioni di punto, retta e piano, è un punto di arrivo di un cammino abbastanza complesso; mentre per l’insegnamento della matematica, potrebbe essere più felice prendere le mosse da concetti topologici elementari,quali quelli esposti come nuovi principi da Lobacevskji.

Abbiamo visto quali siano state le ragioni e l’insieme dei nuovi concetti che portarono Janos Bolyai e Nikolaj Lobacevskji, allo stesso tempo, ad ottenere dei sistemi geometrici nuovi. Ancora una volta, seppure consapevoli di tediare il lettore, ricordiamo che lo scopo

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di questa trattazione non è un’analisi tecnica specificatamente matematica, bensì consiste nel mostrare come sia stato possibile lo slittamento di paradigma scientifico e quali conseguenze abbia portato. Ciononostante mostreremo ora brevemente i risultati raggiunti dai due matematici, al fine di chiudere l’argomentazione che riguarda loro e trattare invece un altro sviluppo successivo ed originale della geometria non euclidea apportato da Bernard Riemann.

Esponiamo quindi, brevemente, i risultati cui pervennero i due matematici.

Data una retta r ed un punto A non appartenente alla retta, sia tracciata da A la perpendicolare AA’ ad r; si conduca altresì da A la perpendicolare s ad AA’.

Figura 4.

Le due rette r ed s non sono secanti. D’altra parte, tra le rette per A che penetrano nell’angolo A’AB, ve ne sono di secanti (ossia quelle che congiungono A con un punto C di r). Si hanno quindi due possibilità, a seconda che la retta s sia l’unica non secante la r (ipotesi in cui varrebbe il V postulato) o che per A escano altre rette non secanti r, oltre la

s. Fino a questo punto l’argomentazione è analoga a quella di Saccheri. Si mostra infatti

che se esistono rette non secanti allora esisteranno due rette t e t’, una entro l’angolo A’AB e l’altra A’AB’, come elementi di separazione tra le rette secanti e quelle non secanti la retta r.

40 Figura 5.

Tali rette si chiamano le parallele di A alla r in uno dei due versi possibili, mentre le altre rette per A non aventi punti comuni con r, si dicono non secanti. In tale geometria, che Felix Klein definì iperbolica, si assume al posto del V postulato che:

per un punto esterno ad una retta data si possono condurre due rette parallele, e tali rette delimitano i due angoli che contengono le non secanti.

Successivamente si dimostra che i due angoli A'AT, AAT' sono congruenti; la loro ampiezza comune si chiama angolo di parallelismo, relativo alla distanza  di A dalla retta r e si indica con . Il fatto che l'angolo di parallelismo sia relativo a una distanza, sottintende la proprietà, dimostrata da Lobacevskij, che tale angolo dipenda dalla distanza di A da r e più precisamente vale:

 

        ek    2arctg

Dove si ha k come costante positiva che compare nella formula dell'unità precedentemente trovata da Gauss.

41 Inoltre, per k che tende all'infinito, tende a

2 

e quindi le rette t e t' vengono a coincidere con una

retta che rappresenta l'unica retta passante per A non secante r. Quindi per k che tende all'infinito vale