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3.6.1 Esponenti naturali positivi

Definizione 3.6. Se a ∈ R e n ∈ N+, si pone (3.1)

®

a1 = a

an+1 = a · an.

Il numero a si chiama base, il numero n si chiama esponente, an si chiama potenza di base a ed esponente n.

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È tradizione nei testi di analisi matematica indicare con ε un reale positivo arbitrario. Nelle applicazioni in generale interessano i valori di ε “piccoli” ed è per questo che spesso si trova scritto: si consideri un ε > 0 arbitrariamente piccolo, o piccolo a piacere. Si presti attenzione al fatto che mentre il concetto di “arbitrariamente piccolo” ha senso, quello di “piccolo” non ne ha alcuno. Riteniamo sia preferibile dire semplicemente che ε è un numero positivo arbitrario.

Introduzione al Calcolo differenziale 3.6 Potenze nei reali

La definizione è esattamente identica a quella data nell’insieme dei naturali (si veda la definizione data nella pagina 19).

Si dimostra facilmente (per induzione) il seguente teorema.

Teorema 3.7(Proprietà delle potenze). Se a e b sono numeri reali ed m, n numeri naturali maggiori di 0, valgono le seguenti proprietà.

an· an= an+m, (3.2) (an)m= anm, (3.3) (a · b)n= an· bn. (3.4) 3.6.2 Esponente 0

Ci chiediamo ora: è possibile estendere la definizione data di potenza in modo da includere anche altri esponenti, oltre ai naturali positivi? È chiaro che, a priori, si potrebbe estendere la definizione di potenza anche assegnando arbitrariamente un valore, per esempio, per a0.

Quello che pretendiamo è però la seguente circostanza:

L’estensione della definizione di potenza deve essere fatta in modo da conservare la validità delle proprietà delle potenze.

Come vedremo questa richiesta ci porterà a concludere che esiste una sola possibilità di estendere la definizione di potenza.

Cominciamo a chiederci come possiamo definire a0. Se vogliamo mantenere le proprietà

citate, in particolare la 3.2, occorrerà che

an· a0= an+0 = an. Se a 6= 0 da qui scende che siamo costretti a definire

(3.5) a0 = 1 .

Se invece a = 0 questa richiesta risulta verificata qualunque sia la definizione che vogliamo dare ad a0. Potremmo scegliere, in analogia con 3.5, di porre 00= 1, ma questo compor-

terebbe difficoltà in altre situazioni che incontreremo in futuro. Pertanto rinunciamo a definire 00: questo simbolo non ha, e non avrà in seguito,l alcun significato.

3.6.3 Esponenti interi negativi

Proseguendo sulla strada indicata, chiediamoci come possiamo definire a−n, se n ∈ N+.

Sempre se vogliamo mantenere le proprietà citate, in particolare la 3.2, occorrerà che an· a−n= an−n = a0= 1 .

È chiaro che se a = 0 questa uguaglianza non ha nessuna possibilità di essere verificata, qualunque sia il valore che vogliamo attribuire ad a−n, in quanto an= 0se a = 0 ed n ∈ N+.

Supponendo dunque a 6= 0, questa uguaglianza è verificata solo se definiamo

(3.6) a−n= 1

an.

Abbiamo dunque esteso la possibilità di scelta degli esponenti a tutti gli interi, con una piccola rinuncia: per esponenti minori o uguali a zero la base non può essere zero.

3 Alcune funzioni elementari Introduzione al Calcolo differenziale

3.6.4 Esponenti razionali

Poniamoci ora il problema di vedere se è possibile definire am/n, sempre con le stesse

condizioni. Dovremo naturalmente anche preoccuparci di dare una definizione in modo tale che sem/n=p/q, am/n = ap/q.

Ci si accorge quasi subito che c’è un problema nel tentare di definire am/n con a < 0. Per

esempio se tentiamo di definire (−2)1/2 in modo che valga la proprietà3.3 dovremmo avere:

−2 = (−2)1= (−2)2/2=Ä(−2)1/2ä2 .

Qualunque significato vogliamo attribuire al numero (−2)1/2, l’ultimo membro di questa

catena di uguaglianze sarà un numero positivo, e non potrà essere uguale a −2. Per questo motivo rinunciamo a definire le potenze con base negativa ed esponente razionale. Concentriamoci dunque sulle basi positive e cominciamo a vedere come si può definire a1/n,

con a > 0. Dovrà necessariamente essere:



an1

n

= ann = a1 = a .

Questo significa che il numero a1/n deve essere una soluzione dell’equazione xn= a, con

a > 0. Sappiamo già, vedi la pagina27, che quest’equazione ha una sola soluzione positiva per ogni n e che si tratta della radice n-esima aritmetica di a. Porremo dunque, per definizione,

(3.7) an1 = n

a , a > 0 .

Per definire ora am/n basterà tenere conto che deve essere, per la proprietà3.3,

amn = (am) 1 n ,

per cui dovremo porre

(3.8) amn = n

√ am.

Se poim/n=p/q, ovvero mq = np, avremo, per le note proprietà dei radicali,

amn = n √ am= nq√ amq= nq√ anp=√q ap= apq , come volevamo.

Per concludere l’estensione della definizione di potenza al caso di esponenti razionali conveniamo anche di porre

(3.9) 0mn = 0 se m

n > 0 .

Non è difficile provare che valgono le seguenti proprietà di monotonia, importanti per la successiva estensione della definizione di potenza a esponenti reali qualunque.

1. Se a > 1 ed r < s sono due numeri razionali, allora ar< as.

2. Se a = 1, ar= 1 per ogni razionale r.

Introduzione al Calcolo differenziale 3.6 Potenze nei reali

3.6.5 Esponenti reali

Come già è successo per le estensioni numeriche, il passaggio da esponenti razionali a esponenti reali è decisamente più complesso e prevede l’uso dell’assioma di completezza, che è la radicale novità dell’insieme dei reali rispetto a quello dei razionali.

Proponiamoci dunque di dare un significato al simbolo aα, con α ∈ R, naturalmente

sempre alle stesse condizioni. Per fare questo cominciamo a supporre a > 1 e consideriamo le seguenti due classi di numeri reali:

C = { ar| r ∈ Q ∧ r < α } , (3.10)

D = { as| s ∈ Q ∧ s > α } .

Per la citata proprietà di monotonia della potenza con esponente razionale, le due classi sono separate e anzi, visto che a > 1, si ha c ≤ d per ogni c ∈ C e per ogni d ∈ D. Proviamo ora che le due classi sono anche contigue. Premettiamo il seguente lemma.

Lemma 3.8. Se a > 1, per ogni δ > 0 esiste un naturale n tale che

a1/n < 1 + δ .

Dimostrazione. Basterà provare che esiste n tale che a < (1 + δ)n. Poiché, per la formula del binomio di Newton, si ha

(1 + δ)n= 1 + nδ + · · · + δn= 1 + nδ + k con k > 0 ,

basterà provare che esiste n tale che a < 1 + nδ; per questo è sufficiente prendere un n tale che n >a − 1/δ, e di n siffatti ne esistono infiniti.

Questo lemma si può enunciare a parole dicendo che se a > 1 la radice n-esima di a può essere resa vicino quanto si vuole a 1, pur di prendere l’indice della radice sufficientemente grande. La cosa è intuitivamente comprensibile se si tiene conto che al crescere di n 1/n

diventa sempre più vicino a 0 e quindi a1/n diventa sempre più vicino ad a0 cioè a 1.

Siamo ora pronti a provare che le due classi C e D sono contigue. Fissiamo un ε > 0 e consideriamo un qualunque razionale k > 0 e cerchiamo due razionali r ed s, con rα < s (< k), tali che as− ar < ε. Ora

as− ar= arÄas−r− 1ä< akÄas−r− 1ä.

Se l’ultimo membro è minore di ε a maggior ragione lo sarà il primo. Dovremo avere akÄas−r − 1ä< ε ⇒ as−r < 1 + ε

ak.

Per il lemma 3.8, se poniamo δ = ε/ak, esiste un n tale che a1/n < 1 + δ. Se allora prendiamo due numeri s ed r tali che s − r <1/n(e due razionali siffatti, uno maggiore e

uno minore di α, esistono sicuramente) avremo proprio as−r < a1n < 1 + δ = 1 + ε

ak,

come volevamo.

3 Alcune funzioni elementari Introduzione al Calcolo differenziale

Le due classi C e D sono dunque contigue, ovvero sup(C) = inf(D), e potremo dare la definizione seguente.

(3.11) aα = sup C = inf D , a > 1 .

Se poi 0 < a < 1 si può porre:

(3.12) aα= 1

(1/a)α .

Naturalmente se a = 1 si potrà porre, in tutta tranquillità, 1α = 1. Per concludere si

porrà anche 0α = 0 se α > 0.

Rimane da provare, ma la cosa richiede una certa fatica e rinunciamo a farlo, che valgono tutte le proprietà dell’elevazione a potenza. Non è invece difficile mostrare, e invitiamo il lettore a farlo come esercizio, che se α ∈ Q, questa definizione riproduce esattamente la potenza già nota con esponente razionale.