COOPERAZIONE INTERNAZIONALE E DELLE POLITICHE CONNESSE
VI) PROTEZIONE CIVILE
VII.1 Premesse sulla Politica Agricola Comune
La Politica Agricola Comune (PAC) è stata, per ragioni economiche ed istituzionali, uno dei grandi processi di costruzione dell’“Europa”. Considerata la principale tra le politiche settoriali di intervento, nel corso degli anni, per affrontare i continui mutamenti intervenuti negli scenari economici, compresi quelli internazionali, è stata oggetto di continue revisioni.
Ciò è avvenuto non perdendo mai di vista l’obiettivo principale: garantire un reddito soddisfacente agli agricoltori europei pur in presenza della necessità di ridurre gli stanziamenti del bilancio UE per il settore agricolo.
Nel 2008 la PAC ha festeggiato i suoi primi cinquanta anni interrogandosi sul futuro e sottoponendosi ad un Health Check, cioè – secondo le parole della Commissione europea - ad una “valutazione dello stato di salute della politica esistente”, che permettesse “di apportarvi ulteriori adeguamenti in sintonia con l’evoluzione del mercato e altri sviluppi” (così la
“Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio” del 20 novembre 2007 – COM 2007, 722 def.).
I profondi cambiamenti in atto hanno indotto la Commissione a formulare nel 2008 e 2009 alcune proposte legislative che hanno introdotto le seguenti novità: aggiornamento del regime di pagamento unico, modulazione progressiva, disaccoppiamento totale degli aiuti, revisione del sistema delle quote latte, soppressione del set aside, rafforzamento della condizionalità.
Il 2010 ha rappresentato un anno fondamentale per la definizione delle scelte future della PAC che, secondo il Programma legislativo della Commissione, hanno trovato nell’ultimo trimestre dell’anno una sintesi nel documento “La PAC verso il 2020: rispondere alle future sfide dell'alimentazione, delle risorse naturali e del territorio”.
Il dibattito si è incentrato su come tale politica europea dovrà essere strutturata dopo il 2013, anno in cui prenderà il via il nuovo periodo di programmazione finanziaria che si concluderà nel 2020.
Nel 2011 è continuato il dibattito sulle nuove proposte sia in seno al Consiglio UE (Conclusioni della Presidenza sulla Comunicazione della Commissione su La PAC verso il 2020 - del 17 marzo 2011) sia in seno al Parlamento europeo (Risoluzione su La PAC verso il 2020 del 23 giugno 2011).
I lavori della Commissione si sono conclusi nel mese di ottobre con la presentazione del progetto di riforma della Politica agricola comune dopo il 2013, che mira a rafforzare competitività, sostenibilità e il consolidamento dell'agricoltura, dando anche un contributo decisivo alla strategia Europa 2020 in materia ecologica. La riforma si compone di sette progetti di regolamento di seguito elencati:
- Proposta di regolamento recante norme sui pagamenti diretti agli agricoltori nell'ambito dei regimi di sostegno previsti dalla politica agricola comune;
- Proposta di regolamento recante modifica del regolamento (CE) n. 73/2009 in ordine all'applicazione dei pagamenti diretti agli agricoltori per il 2013;
- Proposta di regolamento recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli;
- Proposta di regolamento sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale;
- Proposta di regolamento sul finanziamento, sulla gestione e sul monitoraggio della politica agricola comune;
- Proposta di regolamento che modifica il regolamento (CE) n. 1234/2007 in ordine al regime di pagamento unico e al sostegno ai viticoltori ;
- Proposta di regolamento recante misure per la fissazione di determinati aiuti e restituzioni connessi all'organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli.
Su tali proposte si svilupperà un negoziato tra Parlamento europeo e Consiglio UE che dovrà concludersi entro il termine del 2013. Le trattative sulla PAC andranno di pari passo con i negoziati sulle prospettive finanziarie dell'Unione europea per il periodo 2014/2020, nel cui ambito saranno assunte le decisioni relative alla dotazione di bilancio assegnata alla PAC.
Questi i punti chiave della riforma:
- garantire un sostegno più equo, semplice e mirato, limitando l'assistenza di base agli agricoltori attivi a un massimo di 300.000 euro all'anno per azienda e distribuendo gli aiuti in modo più equo fra agricoltori, regioni e Stati membri
- aiutare gli agricoltori a far fronte ai rapidi cambiamenti dei prezzi e della domanda, intervenendo più rapidamente in periodi di crisi economica
- riservare il 30% dei pagamenti della PAC alle aziende che attuano pratiche ecologiche, fra cui diversificazione delle colture, conservazione dei pascoli permanenti e salvaguardia delle aree naturali e del paesaggio
- sfruttare meglio la ricerca e l'innovazione, raddoppiando gli investimenti in R&S, adeguando la ricerca alle esigenze degli agricoltori e accelerando il trasferimento del sapere dai laboratori alle imprese agricole
- rafforzare la posizione degli agricoltori, sostenendo le organizzazioni dei produttori e promuovendo legami più diretti con i consumatori, senza troppi intermediari
- incoraggiare la protezione dell'ambiente, includendo fra le priorità della politica di sviluppo rurale la lotta ai cambiamenti climatici e l’uso efficiente delle risorse
- attirare i giovani, sostenendo gli agricoltori di meno di 40 anni nei primi cinque anni di attività
- promuovere l'occupazione rurale e l'imprenditorialità, per esempio, con finanziamenti fino a 70.000 euro per cinque anni per i piccoli progetti
- evitare la desertificazione, stanziando risorse integrative a favore degli agricoltori in aree con difficili condizioni naturali
- ridurre la burocrazia, grazie a regole più semplici, soprattutto per i piccoli agricoltori, che riceveranno annualmente un unico finanziamento compreso fra 500 e 1.000 euro per azienda.
In sintesi per quanto riguarda il I pilastro ed in particolare i pagamenti diretti le novità principali riguardano:
- l’introduzione del pagamento di base che sostituisce il premio unico e costituisce il nuovo meccanismo per la distribuzione dei redditi. La Commissione ha previsto che fino al 2019 gli Stati Membri possano decidere di assegnare le risorse per almeno il 40% con questo meccanismo, e per il restante 60% ridistribuendo gli aiuti a compensazione parziale delle riduzioni rispetto al vecchio Premio unico. La nuova Pac si prefigura quindi come un passaggio intermedio verso l’abbandono del criterio storico. Per quanto concerne la quota del pagamento di base questa sarà assegnata in base al numero di ettari;
- l’istituzione del pagamento aggiuntivo “Greening” riservato alle aziende che rispettano i seguenti requisiti:
- coltivare almeno 3 differenti colture, delle quali ognuna dovrà avere una superficie maggiore del 5% ma mai superiore al 70% del totale;
- mantenere i prati permanenti esistenti, è possibile inoltre convertire un max del 5%
a prati permanenti;
- destinare a fini ecologici una percentuale di almeno il 7% della superficie eleggibile (set aside, fasce tampone, terrazzamenti, ritiri ecc..);
- la previsione di aiuti aggiuntivi per le aree svantaggiate e per i giovani ;
- la creazione del pagamento “flat” per i piccoli agricoltori che semplifica le procedure di assegnazione degli aiuti;
- la limitazione del premio accoppiato che potrà rimanere in vigore solo per alcune produzioni che presentino una particolare rilevanza a livello locale e per le quali sarà effettivamente necessario agire con un supporto accoppiato.
Per quanto riguarda invece lo sviluppo rurale (II pilastro) le principali novità si sintetizzano nei seguenti punti:
- Individuazione di 3 obiettivi ben quantificabili (Competitività, Gestione sostenibile delle risorse umane, Sviluppo equilibrato dei territori rurali);
- Scomparsa degli assi e introduzione di 6 priorità comunitarie (Promuovere il trasferimento delle conoscenze nel settore agricolo e forestale e nelle aree rurali; Potenziare la competitività dell’agricoltura in tutte le sue forme e la redditività delle aziende agricole;
Incentivare l’organizzazione della filiera agroalimentare e la gestione dei rischi nel settore agricolo; Preservare, ripristinare e valorizzare gli ecosistemi dipendenti dall’agricoltura e dalle foreste; Incoraggiare l’uso efficiente delle risorse ed il passaggio a un’economia a basse emissioni di carbonio e resiliente al clima nel settore agroalimentare e forestale; Promuovere l’inclusione sociale, la riduzione della povertà e lo sviluppo economico nelle zone rurali);
- possibilità di includere sotto-programmi tematici per rispondere ai bisogni specifici di alcune aree particolari, legati a:
- Giovani agricoltori;
- Aree Montane;
- Piccole aziende;
- Filiera corta;
- Settori in ristrutturazione;
- approccio collettivo alla realizzazione di talune misure con incremento del 30% dell’entità dell’aiuto (agroambiente, biologico, innovazione);
- definizione di misure concrete di gestione del rischio e rafforzamento ed estensione della cooperazione: Premio alla cooperazione locale innovativa nelle zone rurali;
- Approccio Leader con possibilità di utilizzo in maniera coerente e coordinata con altri fondi QSC per favorire lo sviluppo locale;
- Aree svantaggiate: prevista la revisione della delimitazione delle aree svantaggiate non montane;
- Impiego dei fondi capping per l’innovazione.
La proposte presentano alcune criticità che penalizzano l’agricoltura italiana e a cascata l’agricoltura regionale emiliano – romagnola. Senza pretese di esaustività, nella sintesi che segue verranno messe in luce le principali problematiche.
Particolarmente rilevante è la riduzione complessiva dei finanziamenti pari al 12% entro il 2020, con notevoli e inevitabili ripercussioni sugli aiuti destinati agli agricoltori e alle aziende agricole italiane. Tale riduzione, confermata dalla ridotta incidenza percentuale della PAC all’interno del nuovo quadro finanziario pluriennale (37,4%, rispetto al 42,4% del precedente QFP), risulterà particolarmente penalizzante per l’Italia in conseguenza del nuovo meccanismo di ripartizione dei fondi, che prevede una graduale redistribuzione degli aiuti diretti a vantaggio degli Stati membri che si trovano al di sotto del 90% della media europea per quanto attiene ai contributi ricevuti rapportati all’entità della superficie agricola: un meccanismo che comporta uno svantaggio oggettivo per i Paesi che, come l’Italia, si discostano, per struttura geografica e scelte produttive anche storico-culturali, dal sistema agricolo estensivo dominante nell’UE.
Problematica appare anche la scelta di parametrare i pagamenti diretti esclusivamente sulla superficie che andrebbe corretta con altri criteri quali ad es: la Produzione Lorda Vendibile (PLV).
Perplessità desta anche la previsione di una quota del 30% di progetti agricoli per Stato membro riservata ai cosiddetti "progetti verdi", in quanto essa non sembra tenere conto, nell’individuazione dei parametri, delle specificità territoriali degli Stati. L’individuazione delle pratiche agricole non può prescindere dalla considerazione delle caratteristiche pedoclimatiche dei singoli territori, pena evidenti e inevitabili difficoltà nel dare concreta realizzazione ai progetti di greening. Inoltre l’esclusione dal greening delle colture arboree penalizzerebbe fortemente i Paesi dell’area mediterranea, oltre a risultare troppo rigida e di dubbia efficacia in termini di reale tutela dell’ambiente.
Nell’ambito della proposta di regolamento sull’OCM unica, particolare preoccupazione desta l’assenza di novità di rilievo che garantiscano strumenti più efficaci per la prevenzione e la gestione delle crisi, derogando, ove strettamente necessario, alle stesse regole sulla concorrenza. Va rilevato altresì come non venga revocata la decisione di porre fine al regime dei diritti d’impianto per il settore vitivinicolo (come più volte richiesto dall’Italia e dagli altri Paesi europei produttori), e non sia previsto un adeguato rafforzamento dei sistemi di qualità e tracciabilità dei prodotti agricoli – a cui l’Italia è dedita e ha proceduto anche legislativamente – soprattutto nel settore ortofrutticolo.
Per quanto attiene alla proposta di regolamento sullo sviluppo rurale e alla proposta di regolamento "orizzontale", va rilevato come la Commissione europea non abbia inserito alcuna disposizione che eviti l’applicazione del disimpegno nazionale delle risorse destinate ai Programmi di Sviluppo Rurale regionali. Andrebbe pertanto proposta una previsione di diverso tenore, secondo la quale i fondi eventualmente non utilizzati restino comunque assegnati allo Stato membro, per il successivo riparto tra le Regioni in grado di mantenere costanti i propri ritmi di realizzazione e di spesa.
Sempre in materia di sviluppo rurale pur ritenendo l’introduzione del Contratto di Partnership in comune con gli altri fondi strutturali un’opportunità, si sottolinea come la proposta formulata sia eccessivamente vincolante, rischiando di condizionare pesantemente i futuri Programmi di Sviluppo Rurale, in termini di interventi efficaci e adatti alle esigenze dei singoli territori.
Occorre inoltre potenziare le linee d’intervento per le produzioni di qualità: a fronte della grande enfasi data ai contenuti del Pacchetto Qualità, di fatto, la proposta della Commissione le ha depotenziate, considerata la riproposizione della misura sui costi di certificazione, a ciò si aggiunge l’eliminazione della misura sulla promozione nei mercati interni.
Moltissimi sono gli altri punti sui quali la Direzione Generale Agricoltura, economia ittica, attività faunistico-venatorie dopo un’analisi accurata sta formulando ulteriori osservazioni.
Fin dal 2010 attraverso i diversi Servizi coinvolti la Direzione ha partecipato attivamente alla elaborazione di proprie proposte che sono confluite nel documento complessivo delle Regioni italiane, approvato dalla Conferenza Stato-Regioni in data 28 ottobre 2010.
Nel corso del 2011, la Direzione ha ulteriormente sviluppato l’analisi delle riforma, partecipando all’elaborazione della posizione delle Regioni italiane, approvata nella sua veste definitiva nell’ambito della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome del 21 dicembre 2011.
Degna di rilievo anche la partecipazione nel mese di novembre all’incontro con il Commissario Ciolos nell’ambito di una iniziativa di alcune regioni europee sui temi della riforma, nel corso del quale sono state avanzate specifiche osservazioni.
La Direzione ha inoltre approfondito le proposte comunitarie nel corso di un apposito seminario interno “Sul futuro della PAC”. Nell’ambito delle attività svolte va sottolineato anche il supporto nella elaborazione di una specifica risoluzione dell’Assemblea legislativa, confluita nella posizione delle Assemblee Legislative delle Regioni e delle Province Autonome del 23 dicembre 2011 e le partecipazioni al Tavolo di coordinamento interdirezioni per l’analisi delle
proposte sul futuro dei Fondi Strutturali e di Coesione e alla Monitoring and Evaluation for CAP post 2013 - Stakeholder Conference.
In continuità con tale attività, la Regione è membro del gruppo di lavoro ristretto - fra Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali e Regioni – per supportare il Governo nel corso del negoziato con la Commissione e con il Parlamento europei, che porterà alla formulazione definitiva dei regolamenti per la PAC 2014-2020.
Il 2012 rappresenta quindi un anno cruciale sia per valutare l’impatto della futura regolamentazione sul sistema regionale sia per predisporre il quadro di riferimento per le scelte sul nuovo sviluppo rurale. Fin dal mese di gennaio i Servizi della Direzione stanno discutendo le proposte di regolamento al fine di progettare la nuova programmazione post 2013. Sono state inoltre elaborate specifiche richieste di chiarimento alla Commissione Europea circa l’interpretazione di alcuni articoli - attraverso l’interlocuzione del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali - ed alcune modifiche ai testi.
Recentissimi, in vista del Working party on Agriculture structures and rural development del 22 febbraio i contributi, le osservazioni e i primi emendamenti sulla proposta di regolamento relativa allo sviluppo rurale, predisposte dal Ministero in relazione ad un intenso lavoro di concertazione con le Autorità di Gestione regionali e gli organismi pagatori, a cui la Direzione ha dato un notevole contributo.