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La presenza militare in Sardegna e i movimenti di protesta del 1969: il caso di Pratobello

in Basilicata G iovanni f errareSe

3.  La presenza militare in Sardegna e i movimenti di protesta del 1969: il caso di Pratobello

La nascita delle servitù militari in Sardegna è indissolubil- mente legata alle vicende del secondo dopoguerra, in partico-

mancarono delle critiche nei confronti degli industriali del comparto petrolchi- mico che, secondo la segreteria della Cgil, aveva tentato di rompere il fronte della lotta dei lavoratori, con l’obiettivo di distorcere il significato più profondo dei movimenti di protesta in atto in Sardegna e nel paese. Comunicato del Comitato regionale sardo della Cgil, 4 dicembre 1969, in Camera del lavoro metropolitana di Cagliari, fondo Filcams-Cgil.

38.  Ibidem.

39.  G. Mele, C. Natoli (a cura di), Storia della Camera del lavoro di Cagliari, cit., pp. 403-405.

lar modo al clima di scontro politico, ideologico e militare della «Guerra fredda»40. Con la fine della seconda guerra mondiale, le

potenze vincitrici del conflitto (Stati Uniti ed Unione Sovietica) diedero avvio ad una vera e propria spartizione dell’Europa e, alla conseguente divisione del mondo in due sfere d’influenza41.

Di fronte a questo scenario, il secondo dopoguerra fu contrasse- gnato dalla nascita delle organizzazioni internazionali finalizza- te alla costituzione di una vera e propria alleanza militare, al fine di contrastare un’eventuale azione militare dei paesi gravitanti nel blocco ideologico avversario: queste organizzazioni presero il nome di Nato (1949) e Patto di Varsavia (1955)42. All’interno

dei paesi fondatori della cosiddetta Organizzazione del Tratta- to Atlantico del Nord, tra i quali bisogna registrare la presenza dell’Italia, si procedette alla realizzazione di infrastrutture mili- tari per fronteggiare un’invasione dei paesi orbitanti nel blocco sovietico. Secondo gli organismi d’intelligence e la classe politi- ca dell’epoca, la Sardegna possedeva i requisiti ideali per mante- nere gli impegni assunti dall’Italia a livello internazionale43.

Il territorio isolano rappresentava un’area periferica rispetto al teatro di un possibile conflitto armato, inoltre, possedeva ampi 40.  Per una ricostruzione delle vicende delle servitù militari in Sardegna si rimanda ai seguenti contributi: Fernando Codonesu, Servitù militari, modello di svi-

luppo e sovranità in Sardegna, Cagliari, Cuec, 2013; Guido Floris, Angelo Ledda, Ser- vitù militari in Sardegna: il caso Teulada, Serdiana (Ca), La Collina, 2010; Ugo Dessy, Sardegna. Un’isola per i militari, Padova, Marsilio, 1972; Regione Autonoma della

Sardegna, Conferenza regionale sulle servitù militari in Sardegna, Cagliari, Regione Sardegna, 1981; Lisa Camillo, Una ferita italiana. I veleni e i segreti delle basi Nato

in Sardegna: l’inquinamento radioattivo e l’omertà delle istituzioni, Milano, Ponte alle

Grazie, 2019; Gianfranco Macciotta, Le servitù militari, in Manlio Brigaglia (a cura di) La Sardegna: la cultura popolare, l’economia, l’autonomia, Cagliari, Edizioni della Torre, 1994.

41.  John Lewis Gaddis, La guerra fredda. Cinquant’anni di paura e speranza, Milano, Mondadori, 2008, pp. 26-42.

42.  Giuseppe Galasso, Storia d’Europa, Roma-Bari, Laterza, 2019, pp. 936-950.

43.  Fernando Codonesu, Servitù militari modello di sviluppo e sovranità in Sar-

territori liberi da insediamenti e tre grandi basi di addestramen- to e sperimentazione. L’isola presentava ampi spazi scarsamente popolati dove sarebbe stato possibile sparare ogni tipo di ordi- gno ed effettuare nuove sperimentazioni militari, al di là delle possibili ripercussioni negative sull’ambiente e sulle popolazio- ni limitrofe. La scarsa densità abitativa della Sardegna, inoltre, cooperava a evitare qualsiasi preoccupazione relativamente alla decurtazione di porzioni territoriali per soddisfare le esigenze di ambito militare e, allo stesso tempo, assicurava una sorta di argi- ne a ogni forma di dissenso contro le installazioni militari44. Dal

punto di vista prettamente settoriale, invece, la presenza delle installazioni militari avrebbe precluso la possibilità di sperimen- tare modelli di sviluppo alternativi, incidendo negativamente nell’assetto dei territori sottoposti alle servitù militari45.

Nel decennio compreso tra gli anni Cinquanta e Sessanta, le attività dei poligoni militari furono contrassegnate da un di- spiegamento di varie forze, le quali utilizzarono il meglio della tecnologia e diedero vita a vere e proprie simulazioni (lancio di missili, utilizzo di carri armati, etc.). Di fronte alla presenza mili- tare e della loro incidenza in termini politici, economici e sociali, la Sardegna fu contrassegnata da profondo dibattito sul fenome- no delle servitù militari. Nel corso dei decenni successivi, infatti, l’opinione pubblica stigmatizzò l’operato delle gerarchie militari nazionali e internazionali, che dal secondo dopoguerra in poi, hanno concentrato buona parte delle proprie basi e dei poligoni sul territorio dell’Isola per scopi difensivi. La sottrazione ai sar- di di porzioni significative della propria terra, come sottolineato dagli studi condotti dallo storico Gianni Fresu, in gran parte dei casi è avvenuta in base ad accordi segreti di dubbia validità co- stituzionale mai ratificati dal Parlamento, e contro essa a nulla valse la lotta organizzata dal Pci tra gli anni Cinquanta e Ses-

44.  Ibidem.

santa e i tentativi di resistenza posti in essere46. Le vicende della

presenza militare in Sardegna, ciononostante, subirono un cam- bio di rotta nel periodo compreso tra la fine degli anni Sessan- ta e gli inizi degli anni Ottanta. A partire da questa fase, infatti, gli organi di stampa, il dibattito politico e la società isolana si interessò al fenomeno delle servitù militari e, alcuni paesi della Sardegna centrale divennero teatro di una vera e propria mobili- tazione popolare. Tutto ebbe inizio a Orgosolo il 27 maggio 1969. Sui muri del paese apparvero dei manifesti recanti la firma della “Brigata Trieste”, i quali annunciavano la decisione del governo italiano, tramite il Ministero della Difesa, di espropriare i pasco- li comunali di Pratobello, per installare una servitù militare che prevedeva un poligono di addestramento e tiro47. Dai primi di

giugno e nel corso delle settimane successive, la popolazione di Pratobello diede vita a una serie di manifestazioni dimostrative nei luoghi in cui sono previste le esercitazioni militari, con la fi- nalità di sensibilizzare la classe politica locale e nazionale rispet- to all’invasione arbitraria dei territori isolani da parte delle forze armate e al conseguente danno che poteva arrecare48. In questo

periodo di lotte, le comunità locali, il commissario prefettizio di Orgosolo, la questura di Nuoro, gli stessi militari e le organizza- zioni dell’Alleanza Contadini, della Coldiretti e della Cgil cer- carono di raggiungere un accordo sindacale con le popolazioni locali49. Nel corso degli incontri successivi, le popolazioni locali 46.  Gianni Fresu, La questione militare in Sardegna oggi, in “L’Ernesto”, mag- gio-giugno 2004, 3.

47.  Per una ricostruzione sulle vicende di Pratobello si rimanda ai seguenti contributi: Piero Loi, Pratobello, 1969. Dove tutto ebbe inizio, in “Sardiniapost”, 14 settembre 2014; Orgosolo celebra 50 anni dalla rivolta di Pratobello, in “La Nuova Sardegna”, 1 febbraio 2018; F. Menneas, Sa lota ‘e Pratobello, cit., pp. 36-38; Marco Aresu, Rivelazioni e promesse del ’68, Cagliari, Cuec, 2002, p. 289.

48.  Pietro Pinna, Scritti politici. Le servitù militari in Sardegna, Oristano, Edi- trice S’Alvure, 1983, p. 22.

49.  Orgosolo: grande lotta popolare contro le esercitazioni, in “L’Unità”, 25 giu- gno 1969.

ribadirono la volontà di continuare a presidiare i territori e ri- fiutarono qualsiasi ipotesi legata alla presenza militare sull’area, mentre i sindacati e partiti intensificarono la loro azione a ridos- so dell’inizio delle esercitazioni. In seguito alle manifestazioni popolari che caratterizzarono il mese di giugno del 1969, le cui vicissitudini ebbero delle ripercussioni anche sul piano legale, venne abbandonata l’ipotesi di realizzare un poligono militare permanente e si compose la lunga vertenza di questa piccola re- altà della Sardegna centrale50. Le esercitazioni sarebbero andate

avanti solo per i due mesi successivi, in una zona circoscritta, anche se le proteste dell’estate del 1969 assumeranno un certo peso nelle manifestazioni di dissenso verso l’ampliamento della presenza militare nel territorio sardo, che sino a quel momento non erano riuscite a ottenere risonanza nell’opinione pubblica51.

Le vicende di Pratobello e il conseguente movimento di prote- sta contro le servitù militari avevano contribuito a sensibilizzare l’opinione pubblica sulle problematiche legate alla presenza mi- litare e alle relative ripercussioni nello sviluppo socio-economi- co del territorio isolano, dando inizio a un intenso dibattito che si sarebbe protratto nei decenni successivi52. Dal punto di vista

delle manifestazioni che caratterizzarono il 1969, come abbiamo 50.  Conclusa in Pretura la vertenza sul poligono di tiro, in “L’Unione Sarda”, 13 luglio 1969.

51.  F. Codonesu, Servitù militari, cit., p. 25.

52.  Nel periodo compreso tra gli anni Settanta e Novanta, infatti, il dibattito politico diede vita a delle importanti normative sull’assetto delle servitù militari (leggi 898/1976 e 104/1990) e la Sardegna ospiterà la conferenza regionale sulle servitù militari, che mise a nudo le criticità della presenza militare nell’Isola. Ne- gli ultimi decenni, inoltre, il territorio isolano è stato contrassegnato dalla nascita di forme di associazionismo, tutte accomunate dall’opposizione alla presenza militare in Sardegna. Per una ricostruzione di queste dinamiche si rimanda al seguente materiale documentale: Regione Autonoma della Sardegna, Conferenza

Regionale sulle servitù militari in Sardegna, Regione Sardegna, Cagliari 1981, pp.

2-5; Legge 24 Dicembre 1976, n. 898, Nuova regolamentazione sulle servitù militari (Gazzetta Ufficiale 11 gennaio 1977, n. 8); Legge 104/1990, Modifiche ed integrazio-

ni alla legge 24 dicembre 1976, n. 898 (Gazzetta Ufficiale 8 maggio 1990 n. 105); L.

riscontrato, la Sardegna assunse un ruolo di protagonista attivo nelle dinamiche dell’Autunno. La significativa adesione di larghi strati della popolazione isolana e dei lavoratori appartenenti al settore industriale, è stata contrassegnata da un elevato grado di combattività da parte del mondo sindacale e di sostegno da parte delle comunità locali. Di fronte a questo scenario, le azioni di lotta del 1969 posero l’attenzione sulle problematiche di svi- luppo economico, sociale e civile che interessarono le varie realtà della Sardegna, il cui scopo era quello di superare quelli squilibri nati dai processi del secondo dopoguerra e che si manifestarono in tutta la loro drammaticità sul finire degli anni Sessanta. Le lotte che interessarono numerose categorie della Sardegna (me- talmeccanici, chimici, minatori, pubblico impiego, scuola, ecc.) e la significativa adesione alle manifestazioni della popolazione, in questo contesto, rappresentano un elemento fondamentale nella ricostruzione della storia dei movimenti di protesta nelle vicen- de italiane del 1969.

a Parma tra gli anni Sessanta e Settanta