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La polifonia del linguaggio di Arbasino

III.1 Il canto delle Art

III.1.1 L’impegno didascalico e il fondo ironico

III.1.2.2 La presenzialità dell’opera d’arte

Le frasi nominali e la connessa brevitas «sono connaturali alla presenzialità dell’opera d’arte e all’opportunità di staccarne singoli costituenti, ma, nel rapporto con le frasi verbali circostanti, funzionano anche da mise en relief e sollecitano senso d’improvviso,

196 A. A., Quante Ofelie con la muffa, «La Repubblica», 23 marzo 1989 197

A. A., Li vogliamo Nudi, «La Repubblica», 26 maggio 1988

198

A. A., Matisse lusso e voluttà, «La Repubblica», 11 dicembre 1986

199 A. A., Gli amanti della Medusa, «La Repubblica», 14 giugno 1987 200

A. A., Dove siete anime liete?, «La Repubblica», 26 luglio 1989

201

A. A., La carriera di Salomè, «La Repubblica», 5 gennaio 1989

202 A. A., Pop e pompiers, «La Repubblica», 25 novembre 1993 203

A. A., Spaghetti alla Sistina, «La Repubblica», 14 febbraio 1993

204

A. A., Quelle sale color maionese, «La Repubblica», 11 aprile 1992

205 A. A., Per il dito di San Venceslao, «La Repubblica», 206 A. A., Undicimila vergini, «La Repubblica», 22 ottobre 1994

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sprezzatura o enfasi».207 Tale caratteristica stilistica è usata da Arbasino soprattutto quando deve tratteggiare gli elementi tipici di un artista. Esempio fra tutti, il caso di Caspar David Friedrich: «cacciatori cauti e solinghi in boschi anche assai cupi, da fiaba malefica. Chiari di luna su velieri ancorati. Croci isolate sui picchi inaccessibili. Pescatori scontrosi fra scogli negletti. Icone esemplari di alberi spogli intorno a rovine irreparabili, con e senza eremiti meditabondi».208

Altra figura stilistica dell’ecfrasis è indubbiamente l’accumulazione di sintagmi o monoremi con schiacciante prevalenza del collegamento asindetico, di cui gli articoli e i saggi arbasiniani abbondano. Come spiega Mengaldo:

il legame asindetico può essere il sintomo di un’espressività quasi affannosa indotta dalla serie di chocs emotivi che provoca lo scorrere l’opera lungo le sue parti, come per continue agnizioni; ma può essere anche, è da supporre, l’equivalente del fatto che nell’opera – e nella sua percezione- i dettagli non si dispongono in modo discreto, ma in continuità agganciata e integrata.209

Alcuni esempi arbasiniani di accumulazione asindetica, tra cui emerge anche quella inerente all’elencazione di nomi d’artisti, sono: «piume, fuochi, fumi, schiaffi, poliziotti, automobili, sguardi, mani, […] alberi, colonne, casette alpine, cortili, pendii di montagna»;210 «fiori, foglie, sassi, ranocchie, uccellini da transavanguardia»;211 «i punti, gli strati, i fili, i margini, gli intarsi, i segni, le cifre, con materiali poverissimi,

207 P.V. Mengaldo, Tra due linguaggi. Arti figurative e critica, p. 29 208

A. A., Romantici e visionari, «La Repubblica», 23 maggio 2011

209

P.V. Mengaldo, Tra due linguaggi. Arti figurative e critica, p.37

210 A. A., Moschettieri, manichini, fiori, foglie, piume, schiaffi, «La Repubblica», 31 maggio 1984 211 Ibidem

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sacco, tela, carta, acqua, gesso, inchiostro, cartone»;212 «bacheche di piani di studi, estratti di riviste, foto di gruppo, diplomi encomiastici, macchine per tastare la libido, le suggestioni, i fluidi»;213 «le teche medioevali, gli smalti rococò, spade, scettri, corone, mani di giustizie»;214 «spiagge, comfort, picnic, croquet, moda, brasserie, barche, marine, Venezie, flutti»;215 «tendaggi, triclini, tripodi, cuscini. Urne, olle, anfore, tamburelli, pifferi, zufoli, prestigiatori egizi. Bagni, vasche, terme, piscine»;216 «Lettere, sedie, telai, intersezioni, parole-talismano […] di Bruce Nauman»;217 «Guercini, Domenichini, Albani, Algardi, […] Poussin, Lorrain, Vouet, Dughet, Rubens, Velàzquez, Van Dyck».218

Non mancano, ovviamente, accumulazioni polisindetiche, talvolta anche a coppie, che a differenza delle asindetiche viste finora, rallentano la descrizione. Ne offriamo qui pochissimi esempi: «i rossi e porpora e viola cardinalizi o imperiali e sportivi»;219 «frammenti e reperti, marmi e calchi, urne e busti, sigilli e terrecotte»;220 «quante velette e cuffiette, quanti cappellini e ombrellini, e modiste, e ventagli, e silhouttes, e magari vezzose altalene, e righe, e nastri, e fiocchi, e pois».221 Spesso per stemperare l’effetto caotico, derivante da un’accumulazione martellante, lo scrittore adopera anche la figura dell’anafora, come si può evincere dall’ultima occorrenza riportata, nella quale la ripetizione dell’aggettivo quantitativo ‘quanto’, declinato in base alla

212

A. A., L’insaziabile Klee e l’ironico Roy, «La Repubblica», 7 maggio 1987

213 A. A., Dove siete anime liete?, «La Repubblica», 26 luglio 1989 214

A. A.,, Dal Louvre alla piramide, «La Repubblica», 6 giugno 1989

215

A. A., Tiziano e Manet. Il segno di Venere nella Venezia della Biennale, «La Repubblica», 22 luglio 2013

216

A. A., Tutti in coda per vedere il magnifico pompier, «La Repubblica», 27 febbraio 1997

217

A. A., MoMA e i suoi rivali, «La Repubblica», 12 dicembre 1985

218 A. A., L’estetica barocca e quella di regime lì dove batte il cuore dell’Urbe,«La Repubblica», 27 aprile

2015

219

A. A., Rothko, «La Repubblica», 18 marzo 2001

220 A. A., Quelle sale color maionese, «La Repubblica», 11 aprile 1992 221 A. A., Al toilettes museo, «La Repubblica», 26 novembre 2012

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circostanza, non è mero strumento retorico. Come afferma Mengaldo, «il fatto che l’elencazione tenda a strutturarsi secondo ritorni, anche sintattici e ritmici, dell’identico o del simile non andrà visto come un puro omaggio alla retorica; ma piuttosto come necessità di muoversi in una zona media fra accumulazione caotica, dissipata e d’altra parte l’eccesso di selezione».222

Sempre connaturato a un’operazione non solo interpretativa, ma soprattutto descrittiva, è il ricorso alla deissi, la cui funzione primaria è quella di designare l’obiettività del referto e l’astanza dell’opera d’arte, in linea con la critica in presenza condotta da Arbasino. In merito a ciò si ha: «Ecco Brad Davis…», «Ecco un artista…»;223 «eccolo, barbuto occhialuto»;224 «qua le agonizzanti […] là i pescatori»;225 «qui i maestri del Trecento»;226 «ecco i cherubini che danzano»;227 «ecco il Savonarola»;228 «ma qui, tra flagellanti e inquisizioni», «ecco invece un cospicuo gruppo di J. A. D. Ingres, […] ecco una miniatura […] ecco le relazioni contabili»;229 «qui, invece, la

differenza sta nella concezione»;230 «ecco un’abbondante e significativa

rappresentanza»;231 «qui un rinvio all’ideale»;232 «ed ecco alcuni Lèger belli e importanti»;233 «ecco un assortimento squisito»;234 «qui la categoria del cascinale»;235 «ecco le nonne delle poltromamme di Savinio»;236 «ecco qui un mercato persiano»;237

222 P.V. Mengaldo, Tra due linguaggi. Arti figurative e critica, p. 38 223

A. A., Moschettieri, manichini, fiori, foglie, piume, schiaffi, «La Repubblica», 31 maggio 1984

224

A. A., Matisse lusso e voluttà, «La Repubblica», 11 dicembre 1986

225 A. A., Quante Ofelie con la muffa, «La Repubblica», 23 marzo 1989 226

A. A., Per il dito di San Venceslao, «La Repubblica», 30 giugno 1990

227

A. A., Romantici e visionari, «La Repubblica», 23 maggio 2011

228 A. A., Mostri e mostre in una Parigi senza più divi, «La Repubblica», 18 ottobre 2014 229

A. A., Le zingare di Goya quelle, «La Repubblica», 4 aprile 2013

230

A. A., Le mostre dell’anno: da Caravaggio alla Cina, «La Repubblica», 30 dicembre2006

231 A. A., L’arte surreale, «La Repubblica», 14 settembre 2011 232

A. A., Il trionfo dadaista, «La Repubblica», 24 gennaio 2011

233

A. A., Salve MoMa, «La Repubblica», 11 maggio 1984

234 A. A., Macchia selvaggia, «La Repubblica», 20 gennaio 1985

235 A. A., Quante idee vestite di pietra, «La Repubblica», 26 giugno 1985 236

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«ecco la desolazione smisurata degli ambienti lecorbusieristici»;238 «ecco una contessa stralunata e macilenta», «ecco i vecchi osceni che abbrancano delle biondacce»;239 «ecco un Bazille boschereccio a Fontainebleau e un Boudin da spiaggia a Trouville»;240 «ecco Abramo stravolto»;241 «qui una donna è al di là della ringhiera»;242 «ecco qui un capolavoro del “divino” Guido Reni».243

La trasposizione della materia figurativa in un linguaggio verbale lineare, narrativo e discorsivo, che si oppone all’astanza e alla compresenza degli elementi propri dell’oggetto contemplato, genera nel critico la consapevolezza di un’incongruenza semiotica tale da indurlo a estrarre dal repertorio linguistico quei tratti, come la deissi o la sintassi nominale o l’elencazione, che meglio possono risolvere un tale impasse, come abbiamo appena notato nel caso del nostro autore.

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