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Capitolo IV: L’azione per l’efficienza della pubblica

4.2. I presupposti dell’azione

Il linea con l’evoluzione della giustizia amministrativa, l’attenzione che l’ordinamento ha prestato all’effettività della tutela giurisdizionale appartenenti alla categoria. La soluzione del d. lgs. n. 198 del 2009 invece, è diversa, perché all’interno dell’azione collettiva pubblica vi è soltanto una possibilità per coloro che intendono essere destinatari degli effetti del giudizio, di intervenire o quantomeno di depositare in cancelleria un atto di adesione.

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Cons. Stato, sez. cons. atti normativi, 9 giugno 2009, n. 1943. 7

Sul tema, G. Fidone, L’azione per l’efficienza nel processo amministrativo: dal giudizio

sull’atto a quello sull’attività, Giappichelli, Torino, 2012, ricorda che tale vincolo impone che

l’obiettivo perseguito, ovvero una maggior efficienza ed efficacia dell’agire delle amministrazioni pubbliche, venga raggiunto a parità dei costi già sostenuti.

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riservata ai cittadini nei casi di lesione dei propri interessi legittimi, ha portato alla creazione di una innovativa azione in grado di farsi portatrice di una pretesa nei confronti della pubblica amministrazione. La stessa Corte Costituzionale ha sottolineato che l’art. 24 della nostra Costituzione “costituzionalizza anzitutto il carattere strumentale del processo rispetto al diritto sostanziale”8

. Tuttavia, l’evoluzione della società e al contempo i crescenti interessi economici dei privati hanno fatto sì che l’Amministrazione rinunciasse a parte delle proprie tradizionali prerogative, mutando così in parte il ruolo riservato alla stessa dall’ordinamento 9

. In particolare, i modelli classici di protezione del singolo risultano insufficienti all’interno del nuovo rapporto paritario tra le strutture pubbliche e i singoli cittadini. Inoltre, il processo di responsabilizzazione degli operatori pubblici è culminato in un’ulteriore ipotesi di valutazione e di controllo della performance dell’intera Amministrazione, riconoscendo indirettamente alla collettività non soltanto una forma di tutela azionabile nei casi di lesione delle proprie posizioni giuridiche, ma soprattutto un diritto di partecipazione dei singoli alle decisioni degli amministratori. La dottrina infatti, sostiene che l’effettività di una tutela si misuri non tanto sulla base della verifica del rispetto dei dati formali di un modello astratto, quanto più, calandosi nelle dinamiche sussistenti tra i poteri pubblici e i singoli cittadini10.

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Corte Cost., 6 luglio 2004, n. 204. Queste le parole utilizzate dalla Corte per ribadire che il processo sia il mezzo attraverso il quale i ricorrenti possono ottenere una protezione delle proprie posizioni giuridiche così come l’ordinamento le ha disciplinate, poiché il loro completo soddisfacimento si misura relativamente al quantum di tutela, che a livello sostanziale, l’ordinamento ha previsto.

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Sul tema G. Fidone, L’azione per l’efficienza nel processo amministrativo: dal giudizio

sull’atto a quello sull’attività, Giappichelli, Torino, 2012, ricorda che altresì il diritto

comunitario e i propri principi hanno comportato l’introduzione di molteplici disposizioni normative, volte tutte ad assicurare una garanzia al privato pregiudicato dalle eventuali condotte dell’Amministrazione.

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In questo senso, F. Patroni Griffi, Class Action e ricorso per l’efficienza delle

amministrazioni e dei concessionari pubblici, in www.federalismi.it, 13, 2010, osserva che il cittadino sarà effettivamente assicurato dalle eventuali violazioni degli amministratori, qualora gli strumenti che l’ordinamento gli riserva possano definirsi come la sintesi della valutazione della “morfologia della situazione giuridica da tutelare” e dunque, siano correlati alla portata dei poteri conferiti ai soggetti pubblici.

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I passaggi fin qui esaminati, risultano essere utili ai fini della comprensione innanzitutto del bisogno di codificare una tale azione e di conseguenza, dei propri caratteri fondamentali e delle tipiche peculiarità che saranno oggetto della seguente trattazione.

4.2.1. La lesione e le singole situazioni legittimanti

L’esame dei presupposti necessari ai fini dell’esperibilità di tale azione deve sostanzialmente prendere avvio con la ricostruzione dell’elemento intorno al quale ruota, per i privati, l’intero istituto ovvero la lesione. Il d. lgs. n. 198 del 2009 richiede infatti, già al primo comma dell’art. 1, che soltanto coloro che detengono interessi giuridicamente rilevanti e quanto più omogenei tra i consumatori e gli utenti, escludendo di fatto le lesioni strettamente personali, possono agire in giudizio al fine di ottenere un ristoro a seguito di un loro pregiudizio da parte dell’Amministrazione. Prima di affrontare meglio le ipotesi in cui tale lesione può integrarsi, è necessario porre l’attenzione sulle caratteristiche che la stessa lesione deve avere. Oltre dunque al fatto che gli interessi pregiudicati non devono avere una natura strettamente individuale, il decreto richiede tuttavia che tale lesione sia “diretta, concreta ed attuale”11

. Ai fini della precisazione del significato di tale espressione, il testo del decreto aggiunge infatti che debba considerarsi integrata una fattispecie di violazione in presenza di una delle tre ipotesi codificate in termini di parametri di valutazione dell’attività posta in essere. La prima, coincide con il caso

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Sul punto ancora, C. Deodato e M. G. Cosentino, L’azione collettiva contro la P.A. per

l’efficienza dell’Amministrazione, Neldiritto Editore, Roma, 2010, precisano che sono

legittimati soltanto i titolari di interessi quanto più riferibili ad una collettività di cittadini, ovvero per così dire affini ad una pluralità di consumatori o utenti, poiché si tratta pur sempre di un’azione che ha natura collettiva. Gli autori aggiungono inoltre che le predette caratteristiche della lesione invece, dovranno essere oggetto di interpretazione da parte della giurisprudenza amministrativa chiamata non soltanto a riempire di contenuto tali locuzioni, ma anche a circoscrivere la portata dei pregiudizi rilevanti ai fini dell’applicazione dei rimedi previsti.

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in cui l’Amministrazione non abbia adottato gli atti amministrativi generali obbligatori e privi di contenuto normativo, nei termini previsti da una legge o da un regolamento. Basterà dunque qui rilevare che l’omessa emanazione di tale atto ha provocato una lesione o un pregiudizio diretti nella sfera giuridica dei cittadini. La seconda ipotesi invece, colloca sullo stesso piano lesivo anche la violazione degli obblighi contenuti nelle carte dei servizi, poiché queste ultime rappresentano uno strumento alla base della regolazione dei rapporti tra gli erogatori dei servizi e gli utenti, ma allo stesso tempo anche un mezzo di tutela per i cittadini intesi sia come utenti che come consumatori. Queste difatti, indicando gli standard di qualità e di quantità relativamente alle prestazioni erogate, assumono in parte il ruolo di contratto regolatore dei servizi forniti all’utenza12

. Per queste ragioni, l’attività giurisdizionale si sostanzia, in tali ipotesi, nei medesimi poteri riconosciuti al giudice civile qualora debba accertare il rispetto di un comune contratto, ovvero il compito di verificare l’avvenuto adempimento delle obbligazioni ivi contenute.

L’ultimo presupposto che consente l’esercizio dell’azione oggetto della trattazione, risulta essere la violazione di standard qualitativi ed economici stabiliti all’interno dell’organizzazione amministrativa. Ciò che la nuova azione riconosce ai cittadini è un vero e proprio diritto all’osservanza di tali livelli di efficienza amministrativa fissati tanto nelle carte dei servizi, tanto come obiettivi delle amministrazioni a livello nazionale stabiliti da direttive aggiornabili ogni anno dal Presidente del Consiglio dei Ministri. Tale pubblicità, risulta essere idonea anche a rendere conoscibili alla collettività i margini fissati per l’erogazione dei servizi pubblici.

12

Al riguardo, G. Raiss, Un Sistema Qualità per la Pubblica Amministrazione, Quaderni AIPA, n. 5, 2000, afferma che tali standard devono essere intesi come elementi tesi a migliorare la qualità del servizio erogato, non assumendo dunque soltanto un valore programmatico.

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Pare opportuno già adesso precisare che parte della dottrina ha osservato che l’introduzione di un’azione collettiva idonea a correggere le inefficienze delle pubbliche amministrazioni, anche se secondo alcuni difetta dei principali caratteri volti a conseguire un operato più efficiente ed efficace, possa configurarsi quantomeno come un valido deterrente alla commissione di future violazioni da parte degli amministratori13.

4.2.2. La legittimazione attiva

Richiamate le principali connotazioni dell’istituto, di seguito verrà posta l’attenzione sui soggetti legittimati a rivolgersi al giudice per porre rimedio agli effetti pregiudizievoli delle condotte dell’Amministrazione, considerati rilevanti a tale finalità.

Il testo dell’art. 1 del d.lgs. n. 198 del 2009 colloca, nella sfera dei legittimati ad agire, i titolari di interessi giuridicamente rilevanti e affini per una pluralità di utenti e consumatori ed altresì, le associazioni o i comitati interessati a tutelare le posizioni giuridiche dei propri utenti o consumatori14.

A causa della natura dell’azione per l’efficienza della pubblica amministrazione è possibile dunque sostenere che a differenza delle tradizionali azioni inserite all’interno del codice del processo amministrativo, i soggetti legittimati al suo esercizio si definiscono in qualità di “titolari di una frazione dell’interesse collettivo alla corretta

13

Cfr. R. Chieppa, Il codice del processo amministrativo alla ricerca dell’effettività della

tutela, in www.giustamm.it, 2010. 14

Osserva M. Taruffo, Modelli di tutela giurisdizionale degli interessi collettivi, in AA.VV.,

La tutela giurisdizionale degli interessi collettivi e diffusi, Giappichelli, Torino, 2003, che gli

interessi collettivi devono necessariamente appartenere all’intero gruppo sociale e non soltanto ad alcune delle sue parti, non potendo dunque sussistervi alcuna tipologia di conflitti al suo interno.

82 erogazione di quella prestazione” 15

. La dottrina infatti, con l’introduzione di una nuovo ricorso finalizzato al miglioramento dell’efficacia dell’attività amministrativa, si è fin da subito chiesta se i concetti tradizionali di legittimazione ad agire e di interesse a ricorrere potessero essere applicati anche in questo caso16. In soccorso è arrivato il legislatore, poiché la legge delega n. 15 del 2009 definendola in termini di azione collettiva, limita dunque la legittimazione ad agire alla sola ipotesi in cui il ricorrente sia titolare di un interesse omogeneo a quelli degli altri soggetti appartenenti allo stesso gruppo di utenti che, in questi termini, ricoprono posizioni analoghe a quella di colui che ha presentato tale ricorso. Ciò nonostante, il carattere personale non è andato completamente perso, poiché la normativa, qualificando gli attori come utenti o consumatori, implica pur sempre una natura individuale del ricorso, tanto è vero che non è necessaria la loro appartenenza ad un ente specifico, bensì è sufficiente che gli interessi che vengono ad essere rivendicati siano riconducibili, in modo omogeneo, ad una pluralità di soggetti. La Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche, con la delibera n. 88 del 2010, ha infatti definito gli utenti come soggetti individuali o collettivi che hanno il diritto di fare uso, o quantomeno di richiedere l’utilizzo, dei servizi pubblici17. Ai fini dunque dell’ammissibilità dell’azione, i soggetti legittimati ovvero gli utenti o i consumatori, ma anche le associazioni o i comitati, dovranno necessariamente lamentare una violazione del

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P. M. Zerman, Partenza in salita per la class action, in www.giustizia-amministrativa.it, 2009, cit.. L’autore aggiunge che sulla base del sistema pluralistico creato dall’art. 2 della Costituzione, il singolo non viene più ad essere considerato soltanto individualmente, ma la sua tutela è strettamente connessa alla collettività all’interno della quale la propria personalità si sviluppa, superando così il profilo meramente individualistico dell’interesse legittimo. 16

In particolare, F. Patroni Griffi, La responsabilità dell’amministrazione: danno da ritardo e

class action, in www.federalismi.it, 2, 2009, sottolinea che tale azione debba essere qualificata come collettiva, ma la denominazione di “class action contro la pubblica

amministrazione” è impropria se correlata alla tipica figura anglosassone.

17

Sul punto, G. Fidone, L’azione per l’efficienza nel processo amministrativo: dal giudizio

sull’atto a quello sull’attività, Giappichelli, Torino, 2012, ritiene che tale normativa,

riferendosi altresì ai consumatori, utilizza quest’ultimo termine soltanto come sinonimo del concetto di utente, così come definito dalla predetta delibera.

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proprio interesse a fruire di un servizio correttamente o ad ottenere l’esercizio delle funzioni pubbliche, secondo le modalità fissate dall’ordinamento, posta in essere attraverso uno dei comportamenti indicati dal decreto18. Ciò nonostante, parte della dottrina osserva come l’intento controllore alla base di tale istituto, superi nettamente la dimensione soggettiva, finendo per contraddistinguersi come un mezzo per “accedere all’interno delle stanze della p.a.”19

. Tuttavia, il presupposto della legittimazione ad agire deve configurarsi nell’appartenenza del ricorrente ad una categoria di utenti o consumatori che siano titolari di interessi omogenei a quello fatto valere in giudizio, mentre l’interesse a ricorrere si manifesta tutte le volte in cui le inefficienze amministrative causino pregiudizi ai privati impossibilitati a fruire di un servizio pubblico, oppure qualora vengano lesi dal malfunzionamento delle funzioni esercitate dalle pubbliche amministrazioni. A conclusione di tale esame, si ricorda che anche la giurisprudenza ha qualificato all’interno della sfera dei soggetti detentori di una legittimazione attiva le associazioni e i comitati nel rispetto degli obblighi di rappresentanza dei diritti dei propri membri20.

18

In questo senso, F. Caringella, Il commento- al debutto la class action nei confronti della P.

A., in Il diritto per i concorsi, 1, 2010, osserva che tale azione pubblica consente un controllo

dell’operato delle amministrazioni con effetti favorevoli tanto per il singolo ricorrente che per la collettività, la quale indubbiamente beneficerà della sentenza del giudice mediante la quale viene ordinato agli organi pubblici o ai concessionari di un servizio pubblico di porre rimedio alle inefficienze accertate giudizialmente.

19

F. Cintioli, Note sulla c.d. class action amministrativa, in www.giustamm.it, 2010, cit.. Egli considera il giudizio per l’efficienza caratterizzato anche da un profilo oggettivo poiché lo strumento in grado di controllare l’attività amministrativa che l’ordinamento fornisce al privato, deve fare i conti con un accertamento del giudice limitato a parametri già fissati dal legislatore non disponendo di poteri di merito o di scelta. Inoltre, la stessa sentenza rilasciata a seguito della valutazione delle inefficienti prestazioni avendo effetti ultra partes conferma questa connotazione oggettiva, la quale non si pone in contrasto con la Costituzione poiché il legislatore ha in altri casi allargato la legittimazione ad agire, basti pensare all’azione popolare o a quella fondata su interessi diffusi.

20

Si veda, Cons. Stato, sez. IV, 16 novembre 2011, n. 6050, che ha precisato che il giudice in questi casi dovrà necessariamente accertare l’esistenza, oltre che di una finalità di protezione di un bene oggetto di fruizione collettiva e della stabile organizzazione di tale particolare ricorrente, anche di una sorta di localizzazione degli interessi coinvolti nello spazio territoriale all’interno del quale l’ente svolge la propria attività.

84 4.2.3. La legittimazione passiva

Conclusa l’individuazione dei soggetti legittimati a presentare il ricorso, saranno qui richiamate invece le posizioni di coloro nei confronti dei quali l’azione può essere esercitata. Dal lato passivo infatti, il d. lgs. n. 198 del 2009 ha collocato le pubbliche amministrazioni e i concessionari di servizi pubblici. Tuttavia, non sono mancate le critiche a tale disposizione, poiché è stato sollevato un possibile rischio di una sua sovrapposizione con l’art. 140 bis del codice del consumo, il quale disciplina l’azione di classe esercitabile nei confronti delle imprese private e dei concessionari che presentino la stessa natura, nei casi di danni arrecati agli utenti o ai consumatori21. In merito a tale possibile collisione, la dottrina ha affermato però che fra le due azioni vi sia una differenza sostanziale, ovvero la loro natura. L’azione qui trattata, presenta caratteri prettamente pubblicistici ed è finalizzata alla correzione delle inefficienze riscontrate nell’erogazione di un servizio pubblico o nello svolgimento delle funzioni amministrative, mentre l’altra si contraddistingue per la propria natura privata, avendo meramente lo scopo di proteggere la parte debole del rapporto contrattuale sussistente tra l’erogatore e l’utente e a colmare lo squilibrio delle posizioni sul mercato22.

21

Al fine di evitare una tale sovrapposizione applicativa, R. Lombardi, L’ampliamento della

legittimazione ad agire a tutela delle posizioni meta-individuali innanzi al giudice amministrativo, in (a cura di) G. Clemente di San Luca, La tutela delle situazioni soggettive nel diritto italiano, europeo e comparato, ESI, Napoli, 2011, ha sottolineato che

l’introduzione di misure coordinate è parsa utile non solo in tale direzione, ma ha permesso altresì di sancire di fatto una prevalenza delle già presenti azioni collettive nell’ordinamento rispetto a quella codificata dal d.lgs. n. 198 del 2009, poiché sprovvista di una tutela risarcitoria diretta.

22

Oltre a tale distinzione, F. Giulimondi, Primi passi della class action nelle aule giudiziarie

italiane: esperienza nazionale a confronto con quella degli ordinamenti comunitari e nordamericani, in www.amministrativamente.it, 2011, sottolinea che l’ulteriore elemento che differenzia le due azioni è il trattamento risarcitorio, poiché la class action ordinaria introdotta con la legge n. 244 del 2007 prevede un risarcimento del danno a tutti coloro che hanno aderito al giudizio, mentre quella pubblica non consente ai ricorrenti di ottenere una soddisfazione diretta, ma possono essere utilizzati soltanto i rimedi riparatori tradizionali.

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Ai fini di una definizione più precisa dei soggetti nei cui confronti è possibile instaurare il giudizio, per concessionari di pubblici servizi devono intendersi tutti i soggetti di diritto privato che svolgono attività di interesse pubblico a seguito di un provvedimento autorizzatorio dell’Amministrazione alla quale vengono riservate poteri di controllo. Ciò che rileva a questo punto, non è la natura giuridica dell’ente in sé, quanto piuttosto l’attività di erogazione dei servizi destinati alla collettività23.

Per quanto riguarda, invece, il concetto di pubblica amministrazione, la dottrina definisce tale soggetto come l’insieme degli apparati amministrativi dei pubblici poteri, ovvero dell’Unione Europea, dello Stato, delle Regioni e degli enti locali24. Al riguardo, il tema presenta molteplici punti di criticità dovuti alla difficoltà sussistente nella distinzione tra gli enti pubblici e gli enti privati a causa del processo di privatizzazione che ha interessato l’organizzazione statale. Basterà dunque qui tenere presente tale definizione e soprattutto che la concezione unitaria della stessa pubblica amministrazione, intesa come soggetto erogatore di prestazioni, ha di fatto permesso l’inclusione dei concessionari nella sfera dei legittimati passivi25

. Il comma 1 ter dell’art. 1 invece, esclude dalla portata dell’azione l’attività delle autorità amministrative indipendenti, degli organi giurisdizionali, delle assemblee legislative, degli altri organi costituzionali e della Presidenza del Consiglio dei Ministri26. Ciò

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Sul tema, Cons. Stato, sez. III, 06 giugno 2014, n. 2873, ha ritenuto ammissibile l’esperibilità di tale azione a fronte di un provvedimento di chiusura di un ufficio postale, poiché l’erogazione dei propri servizi non è relagata soltanto ad un isolato rapporto con l’utenza, bensì la condotta di Poste Italiane ha determinato danni concreti per la collettività. 24

Cfr. D. Sorace, Diritto delle amministrazioni pubbliche. Una introduzione, Il Mulino, Bologna, 2007.

25

Così C. Deodato e M. G. Cosentino, L’azione collettiva contro la P.A. per l’efficienza

dell’Amministrazione, Neldiritto editore, Roma, 2010.

26

Al riguardo, V. Gastaldo, La class action amministrativa: uno strumento attualmente poco

efficace, in www.federalismi.it, 2016, sottolinea che tale esclusione si giustifica sulla base del fatto che le autorità amministrative non sono state incluse all’interno del d. lgs. n. 165 del 2001 che disciplina il pubblico impiego e al quale la legge n. 15 del 2009 si è diretta in senso riformatore. Ciò che accomuna i soggetti accantonati dall’ambito di operatività dell’azione è il mancato esercizio di compiti di amministrazione attiva, il quale impedisce la determinazione di eventuali lesioni agli interessi dei singoli che lo strumento invece mira a tutelare.

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nonostante, alcuni autori hanno sottolineato che le prime e la Presidenza del Consiglio dei Ministri, qualificandosi in termini di pubbliche amministrazioni, esercitano invece attività rilevanti collettivamente27.

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