• Non ci sono risultati.

Capitolo IV L’ Imposta sui Servizi Digitali: esperienza estere

4.1 Le proposte dell’Unione Europea

4.1.1 Le prime soluzioni proposte

Pur consapevole della portata internazionale della sfida fiscale generata dai colossi del web e della necessità di collaborare con l’OCSE al fine di trovare una soluzione valida a livello globale, la Commissione europea procede autonomamente, da una parte esaminando il problema dall’altra,

tentando di sviluppare una soluzione transitoria che possa costituire un modello di riferimento per le successive riunioni.152.

Negli ultimi anni, infatti, l’Unione Europea ha avviato un processo di modifica delle norme vigenti con l’obiettivo di sviluppare una soluzione a livello europeo, in quanto ritiene che per avere un impatto maggiore a livello globale e promuovere un approccio fiscale univoco153 che intenda

giungere ad una soluzione effettivamente applicabile, gli Stati membri debbano raggiungere una posizione coordinata.

La Commissione europea inoltre si è prefissata come ulteriore obiettivo il raggiungimento del mercato unico digitale154 che mira ad offrire posti di lavoro, trasformare i servizi pubblici e dare un

contributo all’economia dell’intera Unione apportando 415 miliardi di euro ogni anno.

Con la comunicazione 547 del 2017, l’UE ha formulato tre possibili soluzioni per ovviare al problema della tassazione dei ricavi delle società che, pur guadagnando un reddito considerevole in un territorio, operano senza una presenza fisica evitando di pagare le imposte. Le soluzioni in riferimento sono: l’imposta di compensazione sul fatturato delle aziende digitali, la ritenuta alla fonte sulle transazioni digitali e il prelievo sulle entrate generate dalla fornitura di servizi digitali o da attività pubblicitarie.

L’imposta di perequazione sul fatturato delle aziende digitali – Equalization tax on turnover of

digitised companies è una tassa diretta a tutte le imprese che non pagano le imposte e generano

reddito attraverso attività commerciali basate su Internet, sono comprese sia transazioni Business

to Business che Business to Consumers. I soggetti passivi sono le società estere che non hanno una

stabile organizzazione nel territorio sul quale sono localizzati i beneficiari dei servizi stessi; ma non è stata fatta alcuna specificazione in riferimento a quali attività sono assoggettate e se quindi diventino soggetti passivi tutte le società attive sul piano digitale o solo quelle che operano in esclusivi settori dell’economia digitale. La base imponibile risulta essere il fatturato realizzato e non il profitto come avviene al solito, perciò tale configurazione potrebbe comportare una tassazione delle imprese anche se queste realizzano una perdita155.

152 Commissione Europea, COM 147 final: Direttiva del consiglio che stabilisce norme per la tassazione delle

società che hanno una presenza digitale significativa, 2018, p. 3.

153 Consiglio europeo, Tassazione del digitale, 2020.

154 Commissione Europea, COM 192 final, Strategia per il mercato unico digitale in Europa, 2015.

155 Loyens & Loeff, European taxation of digital companies: the options & implications, 2017,

La seconda proposta è la ritenuta alla fonte sulle transazioni digitali – Withholding tax on digital

transactions una ritenuta su base lorda che grava sui pagamenti di beni e servizi che sono ordinati

online a fornitori esteri che non hanno una stabile organizzazione nel territorio dello Stato. Questa potrebbe essere applicata in due modi differenti: come ritenuta alla fonte su alcuni dei pagamenti di beni e servizi che vengono ordinati online effettuati a fornitori non residenti, oppure come tassazione su base netta. La Commissione Europea tuttavia non specifica il tipo di operazioni da assoggettare a tale ritenuta. Inoltre, vengono sollevati alcuni dubbi in relazione alle modalità di riscossione della stessa, perché se questa fosse applicata esclusivamente alle transazioni B2B sarebbe possibile trattenerla dall’acquirente; ma nel caso di operazioni B2C e C2C richiedere la ritenuta ai clienti sarebbe più complicato perché questi ultimi non avrebbero alcun incentivo a dichiarare e pagare l’imposta dovuta. In questa situazione, la soluzione potrebbe essere quella di invitare gli intermediari (quali le banche), a trattenere la ritenuta; allora i fornitori che non sono residenti dovrebbero disporre di un conto bancario locale per l’incasso dei pagamenti ricevuti dai clienti del territorio. In questo modo sarebbe possibile per gli intermediari trattenere la ritenuta. L’introduzione della ritenuta in esame, però, potrebbe comportare una tassazione arbitraria, in quanto il medesimo prodotto, o servizio, venduto online o attraverso un altro canale subirebbe una tassazione differente comportando distorsioni al mercato. La ritenuta sulle transazioni digitali inoltre, si configura come una doppia imposizione non essendo inclusa nei trattati esistenti, pertanto dovrebbe essere accettata anche dai paesi partner degli stessi156.

Infine, la terza proposta consiste in un’imposta sulle entrate generate dalla fornitura di servizi digitali o attività pubblicitarie – Levy on revenues generated from the provision of digital services or

advertising activity è un prelievo separato applicato alle operazioni che si sono concluse a distanza,

nelle quali i clienti e i fornitori appartengono a Paesi diversi e questi ultimi non hanno una stabile organizzazione, ma una presenza economica significativa nel paese del cliente.

Tali proposte, essendo tutte a breve termine, potrebbero essere attuate temporaneamente nell’attesa di una soluzione che intenda sviluppare un mercato unico digitale. È necessaria un’analisi dettagliata dei diversi programmi in quanto, come formulati, non sono compatibili con le

156 Loyens & Loeff, Option II – Withholding Tax on Digital Transactions, 2017: A second factor has to do with

how a new withholding tax on digital transactions would fit into the international tax framework. At the moment, tax treaties help prevent double taxation in cases where a withholding tax is levied on dividends, interests or royalties. A new tax on digital transactions would probably not be covered by existing treaties. To prevent double taxation, then, a new mechanism would have to be devised and accepted, not only by the countries introducing the new withholding tax, but also by all of their treaty partners.

convenzioni in materia di doppia imposizione, con le norme in materia di aiuti di Stato e le libertà fondamentali157.

Ad ogni modo, la soluzione che è risultata essere maggiormente approvata dagli Stati membri è stata quella di revisionare gli attuali concetti di stabile organizzazione, oppure per quanto transitoria, l’introduzione dell’imposta di perequazioni in quanto più facilmente attuabile.

I programmi espressi sono stati fondamentali per la successiva discussione politica avvenuta nel corso dell’Econfin a Tallin del 2017. Durante l’incontro, il Ministro delle Finanze francese, Bruno Le Maire, ha proposto una sorta di imposta di perequazione, la cosiddetta Web Tax, ovvero un prelievo avente un’aliquota ipotetica tra il 2% e 6%, sul fatturato realizzato dai big del web. La proposta è stata tempestivamente accolta da Italia e Germania e in seguito anche da Austria, Bulgaria, Grecia, Portogallo, Slovenia e Romania, riuscendo perciò a raggiungere un accordo con dieci dei ministri degli Stati membri, tuttavia l’unanimità è necessaria per l’emanazione di una legge. Alcuni Stati, tra cui Lussemburgo, Malta, Irlanda e Danimarca si sono dimostrati contrari alla proposta, sostenendo rispettivamente ragioni differenti, anche se concordanti tra loro, al cui fondamento sta, probabilmente, la loro attitudine a garantire alle società un prelievo basso, o addirittura nullo, con l’obiettivo di attirare i capitali nel proprio Paese158.

Il Lussemburgo ha affermato che una soluzione a livello europeo sarebbe poco efficace, poiché l’Europa dovrebbe collaborare in ambito internazionale, con l’OCSE e il G20, in quanto l’economia digitale differisce dai meccanismi già conosciuti, quindi comporta delle sfide fiscali a raggio globale per le quali è necessario trovare un accordo a livello mondiale. Il ministro di Malta invece, ha sostenuto che l’imposta come formulata potrebbe essere “rischiosa” per le imprese, in quanto la base imponibile è il fatturato e non il profitto, perciò un’impresa, anche in perdita, dovrebbe in ogni caso pagare l’onere tributario. Il rappresentante della Danimarca ha sollevato una problematica differente: ha ribadito il punto di vista espresso dal ministro del Lussemburgo, quale la necessità di sviluppare una soluzione a livello internazionale, in quanto se l’Unione Europea istituisse l’imposta in questione, le imprese potrebbero traslare l’onere sui consumatori e da ciò ne conseguirebbe un aumento dei prezzi; per i clienti a questo punto sarebbe più conveniente acquistare i medesimi

157 Commissione Europea, COM 547 final, Un sistema fiscale equo ed efficiente nell’Unione europea per il

mercato unico e digitale, 2017.

prodotti o servizi da imprese appartenenti a ordinamenti nei quali l’imposta non è stata introdotta, come per esempio la Cina159.

È risultato evidente quanto sia complesso il raggiungimento di un consenso unanime in riferimento all’introduzione dell’imposta.

Un’ulteriore riforma presentata riguarda la stabile organizzazione, più in particolare la presenza digitale significativa – significant digital presence. L’applicazione delle attuali norme sulla stabile organizzazione nell’economia digitale ha implicato un disallineamento tra il luogo in cui gli utili sono imponibili e quello in cui viene creato il valore. Come sottolineato al punto numero 12 del documento arrecante le conclusioni del Consiglio dell’Unione Europea in materia di tassazione dell’economia digitale, la Commissione Europea: “ritiene che, qualora un'impresa svolga attività

significative in una giurisdizione, la sua mancanza di presenza fisica non dovrebbe di per sé pregiudicarne l'assoggettabilità a imposte sugli utili generati in tale giurisdizione, purché si faccia ricorso a un legame adeguato che rispecchi la creazione di valore, prendendo in considerazione il

principio di libera concorrenza160”; per questo motivo si sta lavorando anche ad una nuova

definizione di stabile organizzazione che sia adatta all’era digitale e condivisa a livello globale.