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Web Tax: Legge Finanziaria 2014

Capitolo III L’Imposta sui Servizi Digitali in Italia

3.1 Web Tax: Legge Finanziaria 2014

L’Italia per la prima volta nella Legge Finanziaria del 2014 n. 147 del 27 dicembre 2013, all’art. 1, comma 33 e 178 ha introdotto delle norme con lo scopo di reprimere la strategia che viene adottata dalle imprese digitali che fatturano altrove i ricavi che derivano dalla vendita della pubblicità online nel territorio dello Stato.

La norma permette di acquisire i servizi pubblicitari, cioè spazi pubblicitari online e link sponsorizzati, visibili sul territorio dello Stato italiano, solamente da coloro che sono editori, concessionarie pubblicitarie, motori di ricerca o altri operatori pubblicitari che siano titolari di una partita Iva italiana rilasciata dall’Amministrazione finanziaria (comma 33). Inoltre, per poter rispettare il vincolo della tracciabilità delle operazioni, quindi in modo da consentire al Fisco di poter effettuare ogni verifica, è necessario che il pagamento dell’operazione sia reso attraverso bonifico bancario, postale o ogni altro strumento di pagamento che consenta di individuare la partita Iva del beneficiario (comma 178).

La determinazione delle modalità di trasmissione di tutte le informazioni che sono ritenute necessarie al fine di effettuare eventuali controlli è demandata all’Agenzia delle entrate attraverso un provvedimento.

Tale norma sarebbe dovuta entrare in vigore il 1° gennaio del 2014, successivamente il termine è stato rinviato con il decreto Milleproroghe, n. 151 all’art. 1, con decorrenza dal 1°luglio dello stesso anno, ed infine la Web Tax è stata abrogata con il DL n. 16/2014, art.2, comma 1.

Risulta evidente l’obiettivo che il legislatore italiano intende raggiungere: imporre l’apertura della partita Iva a tutti coloro che operano nel territorio dello Stato, così da assoggettarli al pagamento delle imposte sui redditi generati102.

La Relazione tecnica103, servendosi delle analisi effettuate da AGCOM, ha stimato il

maggior gettito derivante delle disposizioni introdotte.

Come risulta dalla tabella al fatturato calcolato da AGCOM, si è proceduto sommando una stima plausibile del fatturato di altri operatori pubblicitari, quali Twitter, Facebook,

102 Perini R., Web Tax (o Google Tax): che cos’è e cosa cambia per l’acquisto di pubblicità online

in Italia, 2013.

103 Camera dei deputati, Legge di Stabilità 2014, XVII Legislatura, 2013 p. 157/158, disponibile a:

Group On, non considerati nella relazione, determinando così un fatturato totale di circa 3.200.000.000 di euro; ipotizzando in aggiunta un incremento medio del 10% del fatturato, valore scelto in via prudenziale, e una remunerazione del 7%, giungono all’erario circa 78.000.000 di euro nel 2013. Negli anni seguenti ci si attende un aumento progressivo di tale ammontare.

Tabella 1. Il mercato della pubblicità online

Fonte: Agcom.

Tabella 2. Stima del gettito atteso con l’introduzione delle disposizioni

Fonte: Relazione tecnica, Camera dei deputati, Legge di Stabilità, pag. 158.

La disposizione è stata considerata per diverse ragioni poco chiara e non applicabile. In primo luogo, è ritenuta contrastante rispetto al principio comunitario di libertà di circolazione dei beni e servizi, e contraria alla disposizione europea che prevede l’obbligo di comunicazione in via preventiva alla Commissione europea di tutte le norme

in materia tributaria, con il fine di verificare il rispetto di ognuno dei principi comunitari, ed è stato rinvenuto che tale notifica non sia mai avvenuta104.

La Web Tax, così come enunciata, può essere aggirata dai piccoli operatori pubblicitari che realizzano ricavi marginali nel territorio italiano: questi potrebbero o evitare del tutto la vendita a soggetti italiani, oppure mettere in pratica delle architetture per sviare alla normativa, vendendo pubblicità solamente alle imprese medio-grandi che possiedono almeno una sede fuori dal territorio italiano, e cedere la pubblicità a quest’ultima piuttosto che alla stessa impresa che ha sede in Italia. Inoltre la norma, al comma 33, pronunzia: “Gli spazi pubblicitari on line e i link sponsorizzati che appaiono

nelle pagine dei risultati dei motori di ricerca (servizi di search advertising), visualizzabili sul territorio italiano durante la visita di un sito internet o la fruizione di un servizio on line attraverso rete fissa o rete e dispositivi mobili, devono essere acquistati esclusivamente attraverso soggetti, quali editori, concessionarie pubblicitarie, motori di ricerca o altro operatore pubblicitario, titolari di partita Iva rilasciata dall’amministrazione finanziaria italiana.” Ciò significa che qualsiasi pubblicità visibile in

Italia deve essere fornita solo da coloro che sono titolari di una partita IVA italiana, ma poiché dell’Italia è possibile vedere tutto il Web, questa interpretazione risulta incoerente105. Convenuto con quanto detto, la legge scritta in questo modo è

fraintendibile e porta a conclusioni sbagliate. Probabilmente il legislatore voleva intendere che la disposizione valesse esclusivamente per le imprese italiane.106

104 Scorza G., La web tax è fuorilegge, in il Fatto Quotidiano, 19 dicembre 2013: La disciplina

europea relativa ai c.d. servizi della società dell’informazione, infatti – proprio al fine di garantire che il mercato unico europeo funzioni efficacemente e non soffra di ingiustificate barriere nazionali come quella che si vorrebbe ergere con la spot tax – prevede che ogni disposizione di legge nazionale che incida sulla circolazione di tali servizi debba essere comunicata alla Commissione europea prima di essere definitivamente approvata dal Parlamento, dal Governo o dall’Autorità nazionale competente per la sua emanazione.

Tale obbligo di preventiva notifica serve a consentire alla Commissione di valutare se ed in che misura la norma di legge che il singolo Paese si accinge a varare sia suscettibile di limitare o ostacolare la libera circolazione dei servizi della società dell’informazione. […] Eppure, gli uffici della Commissione europea responsabili della relativa attività […] hanno appena confermato che nessuno, dal nostro Paese, si è, sin qui, preoccupato di notificare loro il testo della spot tax, né alcuno, nelle scorse settimane, aveva loro notificato quello della web tax.

105 Peirolo Marco componente del comitato fiscale della Confederation Fiscale Européenee

(CFE).

106 Curiat A., Come si potrebbe aggirare la Web Tax, Wired.it, 24 dicembre 2013: […] la legge

non prevede sanzione per le aziende che comprano pubblicità da soggetti senza partita IVA italiana. Potrebbero quindi anche ignorarla. Non si sa quindi il vero impatto possibile.

Nell’articolo inoltre, non è prevista alcuna sanzione per le aziende che non lo rispettano, quindi che continuano ad acquistare pubblicità dai soggetti che non possiedono partita IVA italiana, perciò le imprese potrebbero ignorarla senza incorrere in alcuna contravvenzione107.