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Primi dissapori tra Deputati e Somaschi

Dopo la morte del Miani, nel 1537, la confraternita composta da sacerdoti e laici ebbe un momento di crisi. I Deputati laici, riuniti in una Compagnia dei Deputati di san Martino, al loro primo apparire, si erano dati degli obiettivi, lo abbiamo visto, con i qua- li per alcuni decenni sarebbero riusciti a gestire l’istituto. La sud- divisione che si era creata tra Somaschi e Deputati, inizialmente, era stata di natura fisiologica. Da un lato, la scelta di povertà as- soluta a cui si erano votati i Somaschi, aveva costretto questi ul- timi a dipendere, per il sostentamento, dalle questue e dalle offer- te elargite dagli enti laici, dall’altro, la sollevazione dalle preoc- cupazioni di natura economica, aveva permesso ai padri e servi

350 G. BONACINA, L’origine della congregazione dei padri somaschi, cit., p. 40. 351 Ibidem, p.125.

352 Ibidem, p.127. 353 Ibidem, pp.127-128.

354 Ibidem, p.128: “Item si pigli cura di far visitare li poverj infermi per le cità et

sovenirglj spiritoalmente et corporalmente massime dove non fosse tale provisione; così si tenga bon conto de li orphani dati a Patron scrivendogli sopra un libro et dandone special cura a qualchuno de fratellj come de proprij figliolj”.

355 Ibidem, p.131: “Circa le schole de' maestri e de' figliuoli se procuri de farle, ov-

vero almanco che quelli della Congregazione s'accordino di mandar gli suoi fi- gliuoli a scuole de maestri da bene per esser da esse condutti, et non a schole pub- bliche”.

Somaschi di dedicarsi totalmente all’assistenza356

. Dopo alcuni anni le tensioni che si erano accumulate cominciarono a serpeg- giare e ad uscire allo scoperto. Era in gioco la sopravvivenza dell’istituto. Tra i Somaschi aveva cominciato a sorgere un dub- bio: proseguire nell'opera di apostolato o fare marcia indietro e ritornare alle proprie precedenti occupazioni. Questo era il di- lemma357. Riuniti a Somasca i congregati elessero padre il sacer- dote Agostino Barili358 e ottennero nell'agosto 1538 l'approva- zione diocesana dal vescovo di Bergamo Pietro Lippomano con la quale poter disporre dell'elezione di un superiore. Da quel momento la Congregazione, risorta dalle ceneri, avrebbe celebra- to il Capitolo ogni anno come ci informa il Morigia il quale scri- ve che “questi Sacerdoti fanno ogni anno il loro capitolo e per tre anni possono confermare il suo generale con due consiglieri ”359

e continua, in esso “si rappresentano tutti li nomi di quelli che sono nella congregatione tanto i laici Conversi quanto i Sacerdo- ti”360

. Nel 1538 il Capitolo si era tenuto a Merate. Nella riunione erano usciti i nomi di di Federico Panigarola361, Angiolmarco Gambarana362 e Marco Strada. In quello del 1569 fu assegnato un Padre e un commesso i “quali governassero detto luogo et po- veri orfani et avessero cura del tutto”363

. Il contributo che i depu- tati laici avevano offerto ai Padri Somaschi nella gestione degli orfanotrofi divenne, però, in breve tempo motivo di disputa tra le due comunità. I primi contrasti, documentati, risalgono al 1562, non a San Martino ma a Cremona. In quella data la Compagnia dei protettori venne d’ufficio sciolta dalla Città stessa, vuoi per disfunzioni amministrative che erano state accertate al suo inter-

356 P. PISSAVINO-G. SIGNOROTTO, Lombardia Borromaica Lombardia

spagnola: 1554-1659, Roma 1995, vol. II, p.775.

357 Vd. G. BONACINA, L’origine della congregazione dei padri somaschi, cit., p.

101.

358 A. STOPPIGLIA, Del P. Agostino Barili immediato successore del Santo

Fondatore, in Rivista della Congregazione di Somasca, VIII, 1932, pp.73-88. Si

veda anche: Elogia nonnullorum pietate doctrina et dignitate illustrium virorum

Congregationis de Somascha venerabilis Augustinus Barillus, in Fonti per la Storia dei Somaschi, 12, Roma 1996, pp.4-5.

359

P. MORIGIA, Historia dell'origine di tutte le religioni che fino ad hora sono

state al mondo, cit., p.142: “(…) e per tre anni possono confermare il suo generale

con due consiglieri, e dipende dal volere del Generale di congregare il capitolo do- ve più gli aggrada, nel quale si appresentano in iscritto tutti i nomi di quelli che so- no nella congregazione”.

360 Ibidem.

361 Si veda: Elogia nonnullorum pietate, doctrina et dignitate illustrium virorum

Congregationis de Somascha. Venerabilis Fridericus Panigarola, in Fonti per la Storia dei Somaschi, 12, Roma 1996, p.5.

362A. STOPPIGLIA, P. Angiolmarco Gambarana ch. Reg. Somasco, in Bibliografia

di S. Girolamo Miani, Genova 1977, pp.10-13.

363 M. TENTORIO, Saggio storico sullo sviluppo dell’ordine somasco dal 1569 al

no, vuoi per poter togliere ai laici una importante funzione eco- nomica364. Questa decisione si ripercosse immediatamente tra deputati e Somaschi ingenerando sfiducia tra loro. Sette anni do- po, nel 1569, anche nell’orfanotrofio San Giuseppe di Tortona si verificò un caso analogo. Voluto dal sacerdote Michele Bonanata, all’atto della sua fondazione, questi si riservò il diritto di nomina ecclesiastica, salvo poi concederla alla Città. Con la scomparsa del primo Direttore, nel 1574, il Comune affidò le cure dell’istituto ai Somaschi, a cui, lo ricordiamo, aderirà lo stesso Bonanata365. Ben presto i poteri di cui si erano impossessati i pa- dri trascesero la sola questione educativa per abbracciare, senza averne il diritto, anche la materia assistenziale ed economica. Anche in questo caso si ruppe il sodalizio, tacito, tra competenze laiche e religiose.

Nell'istituto di San Martino, nel 1573, la scomparsa del Padre A. M. Gambarana fece emergere alcuni problemi rimasti sopiti per anni. Durante la sua conduzione il Gambarana si era interessato perché i Protettori laici fossero selezionati secondo criteri rigoro- samente cristiani. Il credito che Gambarana aveva ottenuto dai deputati fece in modo che questi ultimi concedessero molti diritti ai Padri anche in materia amministrativa ma tergiversarono su questa richiesta366. Mentre all'inizio dell'avventura i Somaschi avevano accettato l'investitura di buon grado, all'interno degli istituti, solo a patto che non dovessero occuparsi della parte am- ministrativa, ora sembra che i problemi di ordine temporale non fossero più negletti. Il successore di Gambarana, ottenuti ancora più poteri amministrativi dai deputati laici, forzò la mano. Af- francò i Padri dalla dipendenza dagli amministratori per entrare in possesso dell'istituto. I deputati, vistisi scavalcati, si appellaro- no a Carlo Borromeo con un memoriale367 supplicandolo che quest'ultimo “ intenda bene la cosa e provegga secondo che ella

364 P. PISSAVINO-G. SIGNOROTTO, Lombardia Borromaica Lombardia

spagnola: 1554-1659, cit., p.776.

365 Ibidem, p.778.

366 Ibidem, p.153: “Ciò si ricava dai libri autentici Capitolari della Religione in cui

si legge il seguente decreto fatto in Capitolo a Roma l'anno 1575, 18 aprile: Essen- do stato proposto in Capitolo se si dovesse concedere alli deputati di Milano l'am- ministrazione di San Martino per tre anni fu conceduto con le ballotte a favore”.

367Si tratta di un documento del 1574 in cui i Deputati laici si appellarono a Carlo

Borromeo dopo che i malintesi sorti tra le due parti risultava difficile potessero venir composti senza l’intervento delle alte gerarchie. Oltre a contenere una lagnanza nei confronti dei servi somaschi lo scritto costituisce una insostituibile fonte di notizie in merito all’origine e costituzione dell’orfanotrofio. Non ho citato il documento nella parte inerente la storia dell’istituto dalla sua nascita per riservare, a questo paragrafo, l’analisi del memoriale. Il testo in questione è riprodotto integralmente in S. Martino di Milano e case filiali, in Rivista della

stimerà di giustizia”368

si legge. E se fosse necessario, chiedono, sarebbe bene accetto che anche il Papa venisse a conoscenza del- la cosa369. Nella prima parte del memoriale colpisce l’insistenza con la quale i Deputati ricordano al cardinale che affitto e spese di sostentamento, fin dai primi anni, erano stati a carico del Duca Francesco che “piacendogli tale opera, fece dar ricapito a detti orfani nella casa di san Martino”370

e, continuano, “la qual casa et è dell’hospitale grande di Milano e si contentò esso S.re Ill. mo di pagar lui il fitto”371

. Quasi volessero sottolineare che, da sem- pre, l’istituto doveva al potere laico la sua esistenza e senza il quale non avrebbe potuto vivere a lungo372. L’espansione della casa, negli anni a venire, avrebbe indotto gli alti poteri a doman- dare “alcuni gentilhuomini pij di questa città per aiuto”373

ai quali fu concessa gran parte dell’amministrazione374.

Questa, nelle poche battute riportate dai Deputati, l’origine della distinzione tra potere temporale e potere spirituale che era stata osservata per decenni all’interno dell’istituto375

. Dopo alcuni an- ni i Deputati accusano, un padre somasco, Angiolmarco Gamba- rana, si era proposto per gestire la cassa scavalcando le preroga- tive degli stessi laici376 i quali, per fiducia verso la sua figura in- tegerrima gliela affidarono377. Con la scomparsa del Gambarana, però, continuano i Deputati, i Somaschi avrebbero alzato la testa e rivendicato il potere che era stato concesso378. In primo luogo non intendevano più essere succubi dei Deputati, in secondo luo- go, l’atto dimostrativo si sarebbe spinto tanto oltre da pretendere l’esclusione dei Deputati non solo da S. Martino ma anche dalla

368 Ibidem, p.110.

369Ibidem: “(…) avvertendo il Sommo Pontefice, acciocché non sia mal informato” 370Ibidem, p.109.

371Ibidem.

372 Ibidem: “(…) il che poi ha successivamente pagato la regia ducal camera di

ordine ancora del Ser. mo Principe nostro”.

373Ibidem.

374Ibidem: “(…) et a loro diede assolutamente tutto il carico delle cose temporali

attinenti a essi orfani; cioè di ricevere scodere e dispensare qualunque denaro, o, roba e far contratti e distratti in tutti i modi che fosse opportuno per detti orfani”.

375 Ibidem: “Congregò anche a Somasca alcuni boni religiosi et altri laici perché

attendessero a ministrare li sant.mi sacra et servissero con le loro persone a gli orfani: uno dei quali sacerdote et uno laico introdusse per Milano. Ma tutto con distintissimo ordine”.

376 Ibidem: “Ma da qualche anno in qua, uno dei loro chiamato R.do p. Angelo

Marco Gambarana, quale li Deputati portavano somma riverenza per la buona qualità sua, parendogli ch’el tesoriere e l’ spenditore non supplissero bene al bisogno dei poveri , si offerse di far lui questo ufficio di tesoriero”.

377Ibidem: “(…) e Deputati, quali fidandosi di lui gliel concessero restando però in

loro tutto il resto del governo temporale”.

378Ibidem, p.110: “Ora morto esso R.do Gambarana, questi altri R.di Padri, sotto

pretesto che sono religiosi regolari et privilegiati da Sommi Pontefici hanno cominciato a conoscere questi uffici di spendere per loro propria autorità”.

Colombara379. Per sollecitare l'intervento del cardinale che met- tesse fine alla controversia i Deputati fecero appello a tutte le ri- sorse. Fino a paventare la possibilità che potessero cessare le of- ferte in primo luogo, per “l'affetto che la città porta al buon go- verno et integrità delli deputati”380

poi perché, secondo loro, la comunità cittadina di Milano, stando così le cose, si sarebbe po- tuta rendere conto che “queste opere si convertiranno in proprio uso”381

ossia che potesse sorgere un interesse personale da parte dei chierici nei confronti della gestione economica. Infine la stoccata definitiva. A dire dei deputati i chierici avrebbero in animo “per via del Sommo Pontefice di impadronirsi absoluta- mente del spirituale e del temporale di queste opere”382. Ed era compito del cardinale che questo non avvenisse. Il Borromeo, ri- cevuta la lettera di rimostranza, scrisse a Monsignor Caviglia per sollecitarlo a richiedere ai chierici somaschi una replica da con- trapporre alla protesta dei laici. Senza attendere oltre Carlo Bor- romeo inoltrò una sua sentenza in cui individuava le colpe. Per la verità, secondo lui, la bilancia pesava pesantemente contro i laici e li invitava a trattare. Intenderò quello che haveranno da dire i padri di Somasca sopra il memoriale di deputati di S. Mar- tino, et scriverò poi quello che me ne parerà”383

replicava Carlo Borromeo ma per gli impegni che lo avevano tenuto lontano da Milano fu padre Scotti ad assumersi l’onere di rispondere al me- moriale. E lo fece con una lettera che ribadiva che, poiché, si legge, “la religgione nostra è stata fatta per la cura di questi puti et ha potestà di piantare simili opere”384

ne consegue che noi pa- dri regolari ci consideriamo “patroni et massime dove non siamo stati dimandati, come a Milano”385. Per anni, la lettera continua, i padri avevano lamentato una ingerenza dei deputati che preten- devano “il maneggio delle elemosine”386

e così agendo “tengono loro essere patroni di questa opera”387

. Questo andazzo doveva finire perché, ribadisce padre Scotti “non so vedere per qual rag- gione la religgione habbi a sottomettersi a secolari”388

. Così di- cendo prendeva posizione a favore dei chierici. Il 29 aprile 1575 ci fu una prima tregua. Destinata a rompersi fino a che il cardina-

379Ibidem. 380 Ibidem. 381 Ibidem. 382 Ibidem.

383 G. BONACINA, L’origine della congregazione dei padri somaschi, cit., p.242 384 Ibidem, p.245. 385 Ibidem. 386 Ibidem, p.243. 387 Ibidem. 388 Ibidem.

le avrebbe emesso gli ordinamenti per gli orfanotrofi di San Mar- tino e Santa Caterina389. Leggiamo, infatti, che Carlo Borromeo orphanis pueris atque virginibus sub S.S. Martini et Catharinae

auspicibus congregatis leges dedit opportunissimas 390.

Era il 1582. Tre anni dopo le regole furono soggette ad una revi- sione. Le divergenze tra le due parti, tuttavia, non impedirono di portare a termine alcuni progetti.

Per esempio nel 1578 fu portata a termine la donazione di Giro- lamo Dugnani, il quale fece un nuovo lascito “ut alimentarentur decem pueri orphani inclinati religioni cum Magistro pro eru- diendis in bonis litteris, cum uno coquo pro eis inserviendis”391

dopo quello del 1566 con il quale si era dato inizio all'erigenda casa della Colombara392. Il progresso dell'opera di Girolamo Miani non aveva , dunque, conosciuto battute d'arresto. Ma nel 1593 il problema si ripresentò. Alla presenza del Padre Evangeli- sta Dorati393 i deputati, in seduta plenaria, vollero rivedere alcuni punti del precedente accordo394. In dodici articoli che spaziavano dall’abbigliamento da proporre agli orfani395

, alla registrazione delle vettovaglie che entravano quotidianamente396, il verbale af- frontava anche la difficile questione delle competenze che spetta- vano alle due parti. La difficoltà di poter dirimere queste contro- versie, ad anni di distanza, si evince, per esempio, dal punto un- dici dell’accordo nel quale si fa divieto al Rettore, si legge, che “pro tempore non possi in alcun modo intromettersi nelle cose temporali di detto Hospitale, ma il carico tutto spetti alli Signori Deputati”397

. A sottolineare ancora, se ce ne fosse stato bisogno, che nell’amministrazione i padri somaschi non dovevano mettere

389 Si veda: C. PELLEGRINI “Regolamenti” per istituti e collegi dei Padri So-

maschi, conservati nell’archivio storico di Genova (A-N)”, in Somascha, annoV,

1980, pp.112-136.

390 M. TENTORIO, Saggio storico sullo sviluppo dell’ordine somasco dal 1569 al

1650, cit., p.119.

391 Ibidem, p.93.

392 G. SCOTTI, Il pio luogo di santo spirito alla Colombara di Milano nel secolo

XVI, in Somascha, 1986, pp.9-20.

393 Maestro dei Novizi e dei Chierici Somaschi fu sacerdote secolare di Cremona.

Prese i voti religiosi nel 1582 e quindi nominato in S. Spirito a Genova. Dal 1593 al 1596 fu Generale di tutta la Congregazione.

394 Il verbale integrale è riportato in M. TENTORIO, Saggio storico sullo sviluppo

dell’ordine somasco dal 1569 al 1650, cit., pp.121-124.

395 Ibidem, p.122: “Primo che tutti li orfani, et che li serviranno (salvo i Religiosi,

Chierici, Commesso et Maestro di Scuola) portino di sopra vestimenti di tela, e non di lana, salvo le calze e il tempo dell’inverno”.

396 Ibidem, p.123: “Ottavo che tutta la cera, capuzzi et le altre cose che vengono a

S. Martino, e similmente, vino, grano, et cerche delle Ville che entreranno in S. Martino siano notate sopra il giornale del Rettore”.

397

lingua. In cambio di questo impegno “i deputati con quella carità, che all’offitio loro si richiede, provvederanno secondo alle occor- renze alli bisogni della Casa, con quella prontezza, e maggior uti- lità, che si potrà”398

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