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Il metodo educativo pianificato da Girolamo Miani avrebbe ri- schiato di rimanere lettera morta se non fossero state introdotte regole disciplinari. In un mondo permeato dalla violenza genera- lizzata e in cui erano i bambini a farne le spese era mancata pro- prio la forte volontà di voler intervenire in un ambito che non si voleva comprendere e recepire: quello dell’infanzia. Se si aspira- va a creare quasi plasmare un bambino che sarebbe poi diventato un buon cristiano non era sufficiente operare su di esso. Era ne- cessario un radicale cambiamento all’interno di quella società che non aveva mai voluto occuparsi dei bambini291. La consape- volezza, in quel preciso periodo storico, che l’età infantile fosse diversa da quella adolescenziale aveva fatto sì, lo abbiamo visto, che a quest’ultima fosse riservata un’attenzione maggiore nella fase educativa. Per poter procedere con metodo non si poteva più accogliere in maniera indiscriminata tutti coloro che anelassero ad un aiuto. Sostanzialmente la novità con cui gli orfanotrofi so- maschi si presentavano nella prima metà del XVI secolo era co- stituita dalla volontà di non accogliere tutti i fanciulli fin dalla nascita, di questa fascia, si dovevano interessare i brefotrofi. Era necessario disporre di regole certe e ferree per non incorrere in difficoltà di gestione. Dovunque i bambini venivano divisi per età. Niente promiscuità tra loro. Come, per contro, era avvenuto fino ad allora. Nel 1571 i padri Somaschi, per evitare tutto ciò, sancirono che fosse allestito “un dormitorio capace, di tanti letti quanti sono i figlioli”292

. Quelli più piccoli e medi, ai quali era imposto di lavorare già a tenera età, dovevano accompagnare questa attività con sane letture per almeno un’ora al giorno293

.

290 Ibidem: “(…) ordine che senza offesa dei Protettori si ricerchino le elemosine

fuori della città non più dagli orfani, ma da persone mercenarie, purché non sia ciò di danno alle case”.

291 Sul problema dell’infanzia violenta si veda: O. NICCOLI, Compagnie di

bambini nell'Italia del Rinascimento, in Rivista Storica Italiana, v.101, 1989,

pp.346-374: O. NICCOLI, Il seme della violenza: putti, fanciulli, mammoli

nell’Italia tra Cinque e Seicento, cit.

292 Acta congregationis, I, (1528-1602), a c. di M. BRIOLI, Roma 2005, p.51. 293 Ordini e costituzioni fino al 1569. III. Ordini e decreti capitolari dal 1547 al

1568, in Fonti per la Storia dei Somaschi, a cura di C. PELLEGRINI, Roma,

Nelle costituzioni approvate dal Capitolo il 1 ottobre 1547 si leg- ge “che li figlioli piccoli e mezzani, i quali lavorano, si faccian leggere la mattina per lo spazio quasi di un’ora, e lo stesso la se- ra”294

. Ai più grandi era concessa a tavola una porzione maggio- re di cibo in virtù delle fatiche profuse durante la giornata295. Il requisito indispensabile perché si venisse accettati era che l’età variasse dai sette ai quattordici anni296. Ai bimbi oltre i quattordi- ci anni erano chiuse le porte297. Nel Capitolo del 1547 si dava di- sposizione perché “non si accettino putti maggiori di tredici an- ni”298

. Nel 1557 venne introdotta la norma secondo la quale i si- gnori Protettori non potevano accogliere fanciulli senza l’approvazione del Capitolo “acciocché”, leggiamo, “non se ne introducano o dei troppo piccoli o degli infermi”299.

Nel 1571 i Padri si assicurarono che non si accettassero “orfani minori di sette anni”300

. Una volta compiuti i diciotto anni era d’obbligo lasciare l’istituto e mettere a frutto nel mondo le abilità apprese301. Raggiunti i limiti d’età, sembra che il ragazzo venisse consegnato dai Padri ai Protettori perché trovassero un recapito dove collocarlo ed eventualmente impiegarlo. La sessione del 1547 si può considerare la più esauriente per quanto concerne la stesura di regolamenti interni. In essa vengono sistematizzate norme che, per decenni, non subiranno modifiche. Troviamo, co- sì, prescrizioni sulla pulizia da osservare302, come anche sulle re- sponsabilità dei visitatori i quali “faccian riflesso ai figlioli di buona indole ed ingegno persuadendo loro d’imparar la gramma- tica”303

. Nel Capitolo del 1552 ai bambini si fa divieto di desina- re seduti “salvo se fussero stanchi”304

.

Queste disposizioni come altre a venire le ritroviamo anche nelle norme fondamentali emanate dal Capitolo Generale nel 1571 con

294 Ibidem. 295 Ibidem.

296 M.TENTORIO, Saggio storico sullo sviluppo dell’ordine somasco dal 1569 al

1650, cit., p.149: “Assolutamente era prescritto che li orfanelli da accettarsi non

fossero minori di anni sette né maggiori di anni quattordici o dodici o dieci secondo i luoghi, e dovevano essere nati di legittimo matrimonio”.

297 Ibidem.

298 Ordini e costituzioni fino al 1569. III. Ordini e decreti capitolari dal 1547 al

1568, cit., p.6.

299Acta congregationis, I, (1528-1602), cit., p.24. 300Ibidem, p.56.

301 M.TENTORIO, Saggio storico sullo sviluppo dell’ordine somasco dal 1569 al

1650, cit., p.149:

302 Ordini e costituzioni fino al 1569. III. Ordini e decreti capitolari dal 1547 al

1568, in Fonti per la storia dei Somaschi, cit., p.7: “Che tutti siano solleciti nel

nettare la tigna”.

303Ibidem, p.6. 304

le quali la Congregazione governava orfanotrofi305. Nello Statuto redatto dal Capitolo e che porta la data del 1660306 a queste con- dizioni ne erano state aggiunte altre: che il bambino fosse sano, che fosse nativo della Città o della Diocesi di Milano, e che fosse figlio legittimo privo di padre e di madre307. Di quest’ultima norma troviamo riferimenti già nel Decreto del 1571308. Per altro nell’omelia di cui abbiamo riferito sopra, declamata nel 1533 dal vescovo Lippomano, possiamo già ravvisare i germi delle regole vigenti negli istituti voluti da Girolamo Miani e i suoi seguaci. A dimostrazione di come essi, fin dalle prime battute, avessero le idee chiare in merito all’organizzazione degli orfanotrofi secondo un modello organizzativo preordinato che ritroveremo all’interno di tutte le istituzioni che i compagni del Miani dissemineranno in altre città309. Nel 1533, stando alle cronache e in base a quanto da noi raccolto, l’orfanotrofio di Milano non solo non era ancora stato concepito ma lo stesso era ancora a Somasca. Quanto citato e scritto sopra riguardo alle norme di gestione era stato frutto di numerose sessioni dei padri all’interno delle quali, periodica- mente, venivano aggiunte prescrizioni nuove. Ciò in base all’evoluzione dell’istituto e in virtù delle necessità che erano sorte. Un testo che le raccogliesse era mancato per decenni. Uno degli scritti più esaustivi in questo senso fu gli Ordini generali

per le opere, seppur redatto nel 1569 era certamente frutto di più

revisioni. Nel capitolo Di quelli che si allevano nelle opere leg- giamo quanto fosse necessario operare una selezione in entrata. Non tanto nella condizione sociale quanto, per contro, nella con- dotta morale. I fanciulli non possono essere ammessi qualora “non si vede in loro bene inclinationi alla virtù”310

a causa, si di-

305 M.TENTORIO, Saggio storico sullo sviluppo dell’ordine somasco dal 1569 al

1650, cit., p. 141. Il Capitolo generale si riunì in S. Croce di Triulzio il 20 aprile

1571 con l’impegno di promulgare nuove prescrizioni in merito al governo degli orfanotrofi in gestione. Ne uscì un documento risolutivo. Si tratta di un decreto costituito da 21 capitoli in cui si spazia dalle regole sulla disposizione dei letti del dormitorio (2), all’obbligo di allestire un refettorio (4), dal divieto assoluto che una donna varchi le porte dell’orfanotrofio (5), all’età minima perché si venisse ammessi (7).

306 ASMi, Atti di governo, Luoghi pii, p. a., cart. 320: Origine, Sistema, Patrimonio

dell’Ospitale degl’Orfani, cit., Ordini et regole per il buon governo del ven.

hospitale di S. Martino in Porta Nova”, Milano 1660.

307 M. TENTORIO, Saggio storico sullo sviluppo dell’ordine somasco dal 1569 al

1650, cit., p. 157.

308 Ibidem. : “Da ultimo in modo particolare mi preme far notare come in tutti i

documenti è detto espressamente che gli orfani da accettarsi dovevano essere legittimi e privi d’ambedue i genitori”.

309 Un esauriente studio sugli orfanotrofi e non solo eretti e gestiti da Girolamo

Miani e suoi seguaci si può trovare in G. ALCAINI, Origini e progressi degli

istituti tenuti e diretti dai Padri Somaschi, in Somascha, anno IV, 1979, pp.70

310Ordini generali per le opere, in Fonti per la storia dei somaschi, 7, Roma 1978,

ce, del motivo per cui sono nate queste istituzioni, “cioè per aiu- tare le creature fuora dalla miseria corporale et spirituale”311

. Il testo in questione, avendo visto la luce dopo che, in più Capitoli, erano state redatte le regole base recepite ed accettate in toto, si incaricava di puntare lo sguardo più alla normativa spirituale che ad allestire precetti per accogliere i fanciulli. L’intero testo mo- stra un maggiore interesse alla crescita morale dei singoli sogget- ti ospitati che verso regole di accoglienza.

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