• Non ci sono risultati.

L’infanzia, la famiglia e l’ambiente sociale

Pio La Torre nasce il 24 dicembre del 1927 ed è il quarto di cinque figli, tre maschi e due femmine. Il padre, originario della zona di Monreale e figlio di un piccolo proprietario di giardini di agrumi, andato a fare il militare a Muro Lucano in Basilicata incontra la donna che sarà poi la sua sposa e la madre di Pio La Torre.

Questa ragazza, figlia di un pastore, aveva già avuto un figlio dal nobile del paese. Morto il signorotto, il bambino allevato dalla famiglia nobiliare diventò magistrato. Questa sto-ria del figlio avuto al di fuori dal matrimonio dalla madre di La Torre e divenuto un perso-naggio pubblico importante, inciderà molto sulla futura famiglia che questa donna andrà a formare in Sicilia. Infatti, come vedremo, la madre di Pio La Torre impartirà ai figli in maniera determinata e decisa un’educazione protesa verso gli studi e verso la liberazione dai bisogni primari, e questo per far sì che non si sentissero inferiori nei confronti del fra-tellastro che occupava già un posto di primo piano nella società.1

Il giovane militare palermitano e la ragazza già madre decidono di sposarsi e di andare ad abitare nella borgata originaria dell’uomo. Lei quindi vende per 12.000 lire un piccolo pezzo di terra toccatogli in dote e compra quel giardino di agrumi ai piedi di Monreale, precisamente a Villa Nave, dove si stabilirà con il marito e dove nasceranno i cinque figli. La casa dove è nato Pio La Torre è tuttora immersa in quella parte della Conca d’oro che ha resistito all’assalto della speculazione edilizia. Lì vivono ancora due fratelli di Pio, Luigi e Antonina, e proprio nella loro casa natale ho incontrato Luigi, un uomo alto, magro, asciutto, diffidente fino all’inverosimile, che difficilmente parla con gli estranei.2

Luigi, che si esprime essenzialmente in dialetto, racconta le origini familiari e le misere condizioni in cui visse la famiglia di Pio:

Mio nonno Filippo abitava a Monreale. Monrealese è la nostra razza. E allora mio nonno aveva un pezzo di giardino nella vallata di Monreale, noi diciamo a Fiumelato. Mio padre era intelligente, non aveva scuola perché a quei tempi per la festa di mag-gio si andava in campagna. Ma per finire la scuola ci voleva un altro mese... a giugno no? Ma era bocciato. Cinque anni di prima... Ogni anno la stessa storia: lo

iscriveva-22

CAPITOLOLO I

1. Questo particolare della vita della madre di La Torre mi è stato raccontato da Filippo La Torre, figlio di Luigi che è il fratello più piccolo di Pio.

2. Il colloquio con la famiglia La Torre è stato il più toccante ed indimenticabile dell'intero lavoro di ricerca. Credo di essere stato il primo ad avere raccolto un’intervista dalla famiglia di Pio La Torre. Infatti questo nucleo familiare non ha mai voluto aprirsi a nessuno. Ho insistito molto e ho dovuto rompere a poco a poco il muro di sospetto che l’intera famiglia ha innalzato attorno a sé. Questa chiusura verso il mondo esterno penso sia stato l’esito del dolo-re e della riservatezza che ha dominato queste persone durante i lunghi anni trascorsi dal momento dell’omicidio del loro congiunto. All'intervista erano presenti la moglie di Luigi, Ninetta, e il figlio maggiore, Filippo.

no in prima, se ne andavano in campagna, incominciava il raccolto... La scuola però finiva dopo un mese e a giugno veniva bocciato perché la maestra, il maestro, non lo vedeva più per un mese. Come poteva essere promosso? Ma mio padre era intelligen-te. Mio padre si è difeso una causa in tribunale con l'avvocato presenintelligen-te. Ma l'avvoca-to non parlò.

Mio padre era piccolo commerciante di bovini, comprava la vacca, vitelli, faceva qual-che fiera nei paesi. Aveva un pezzo di giardino, lo coltivava e così si accattavano 'u pane e 'a pasta. Altri tempi!

- Riusciva a mantenere la famiglia con queste attività? Come vivevate? - Riusciva, riusciva. Mia madre lavorava più di mio padre. Erano altri tempi. - Cosa faceva sua madre?

- Avevamo quelle 80, 100 galline, si vendevano le uova, io le portavo ad Altarello e le scambiavo con la pasta al mulino... Era tutta un'altra cosa. Era la lotta per la soprav-vivenza e c'erano quelli peggio di noialtri... Che miseria! Si moriva di fame. Mia madre faceva il pane in casa, pure.3

Ma è lo stesso Pio La Torre che, in un suo scritto autobiografico compilato il 25 ottobre 1954 per essere ammesso alla scuola di partito, descrive la sua famiglia e le condizioni sociali nelle quali si trovò nei primi anni di vita:4

Mio padre, un contadino povero che possedeva allora un pezzo di agrumeto e una casetta alla periferia di Palermo, nella cosiddetta “Conca d’oro” era costretto a fare il bracciante per più di metà dell’anno. Mia madre, figlia di un pastore di Muro Lucano sposata a mio padre militare in quel centro, era una donna molto intelligente e ricca di iniziative, faceva sforzi disperati per risollevare la famiglia dalla miseria. Mia madre era analfabeta e si pose il problema di istruire i figli facendo di ciò l'obiettivo primo della sua esistenza che effettivamente fu sacrificata a questo scopo. Noi cinque figli adoravamo la madre.5 Lei ci diceva: “Figli miei dovete istruirvi per non fare i braccian-ti e non morire di fame”. Ma il modo in cui lo diceva non era di disprezzo per i brac-cianti ma per coloro che li mantenevano in quelle condizioni. Ciò era per noi una spin-ta a liberarci anche se non sapevamo come. Ricordo che nel periodo delle sanzioni 1935-1936 mangiavamo tutto l'anno riso e fagioli senza olio. Molti braccianti della

23

I PRIMI ANNI DI FORMAZIONE

3. Luigi La Torre, intervista del 14.5.95.

4. Ho trovato questo testo autobiografico inedito, tra i numerosi documenti di Pio La Torre donati dalla moglie, Giuseppina Zacco, all'Istituto Gramsci di Palermo. Questo componimento, contenuto dentro un vecchio quaderno con la copertina nera e lucida, è stato scritto di proprio pugno. A decifrarne la scrittura mi ha aiutato l'archivista dell'Istituto Gramsci, Enza Sgrò.

5. L'articolo determinativo “la”, che è ben chiaro nello scritto di La Torre e sul quale io ed Enza Sgrò abbiamo discusso a lungo, sottolinea non solo la figura unica di questa madre ma anche quella decisa e piena di autorità che, come vedremo, ha caratterizzato l’infanzia di Pio.

mia borgata volevano arruolarsi per andare in Ispagna a combattere come “Legionari Romani” a 30 lire al giorno credendo così di evadere dal loro ambiente.6

E poco più avanti Pio La Torre aggiunge:

Il problema che più mi tormentava era quello delle condizioni di vita dei quindicimila braccianti della Conca d'oro così tragicamente diverse dalle descrizioni degli scrittori fol-cloristi. Avevo i miei congiunti, i miei parenti, i miei compagni d'infanzia che ogni gior-no mi mettevagior-no a contatto drammatico con quella realtà di sofferenze e di miserie.7

Insomma l’infanzia e l’adolescenza di Pio La Torre non sono certo facili ed agiate. Ma da questi racconti narrati dagli stessi protagonisti si capisce chiaramente che non era solo la famiglia La Torre che doveva combattere la battaglia quotidiana per la sopravvivenza, ma era tutto l'ambiente che li circondava, costituito da braccianti, contadini poveri, operai, gente che s'inventava un mestiere al giorno e che doveva trovare la forza ed il coraggio per andare avanti.

Povertà, miseria e stenti che quindi segnano fortemente il carattere del ragazzo La Torre che non potrà mai più dimenticare i suoi primi anni di vita, i suoi familiari, i suoi amici e i suoi vicini. Esperienze e contatti che hanno inciso profondamente nell’animo e nei pen-sieri del futuro uomo politico, tanto che lui stesso ammette, sempre nel suo componi-mento, che queste origini familiari e questo ambiente sociale lo porteranno

“d’istinto ad identificare le mie aspirazioni con il programma del PCI”.8

Questo insieme di condizioni precarie porta quindi la madre di Pio La Torre, Angela, oltre che a sostenere economicamente la famiglia, ad incitare i figli ad istruirsi. Determinazione ostinata e ferrea che trova un’ulteriore spiegazione nell’episodio della sua giovinezza descritto sopra. E forse è proprio Pio più di tutti gli altri fratelli che raccoglie l’aspirazione e il desiderio della madre. Studia quindi con accanimento e sacrificio.

È il fratello Luigi che descrive questo ragazzetto intento sui libri: di notte e di giorno, quando sta bene e quando sta male, che dà qualche lezione per mantenersi a scuola:9

Aveva 16, 17 anni andava all'avviamento a piedi... di qua. Andava alla scuola... ai Leoni della Favorita, in fondo via Libertà, e ce n’è di strada! La volontà, la

volon-24

CAPITOLOLO I

6. Scritto autobiografico di Pio La Torre, Fondo Pio La Torre, Istituto Gramsci di Palermo, p. 4. 7. Ibidem, p. 6.

8. Ibidem, p. 3.

9. È questa una delle parti più commoventi del racconto di Luigi La Torre. I ricordi si fanno vivi ed il tempo tra-scorso si annulla nella memoria. Si noti all'inizio, lo stile rotto, essenziale, letterariamente molto efficace.

tà di studiare. A piedi!

Le undici, mezzanotte... tempo d'inverno... lui studiava. Mezzanotte... le cinque. Le cin-que è buio d'inverno! Gennaio, febbraio.

Mi ricordo, ragazzino, io andavo all'opera dei pupi al corso Calatafimi. Io mi ritiravo tardi, ragazzino, e lui studiava. “T'arricughisti?”10 mi diceva Pio. E lui continuava a stu-diare, perché l'aveva proprio nel sangue... La natura! E guadagnava pure qualche cin-que lire, dieci lire, perché dava lezioni ad una bambina, al corso Calatafimi, e la faceva studiare mentre faceva la scuola... giovanotto. Sacrifici... sacrifici. Si manteneva così. E mi ricordo una volta, io piccolino, potevo avere sei sette anni, mi ricordo che mio padre piangeva e Pio pure, in braccio a lui. Io mi rendevo conto che erano cose brut-te. E allora andarono all'ospedale dei bambini in corso Tukory. Insomma forse aveva la poliomielite, non lo so. Poi si ristabilì, ma lui era fisicamente sempre snello, giallo, perché era dedicato allo studio, perché a quei tempi andava a piedi. Tempo d'inver-no a piedi... a piedi. Quella volta all'ospedale se la vide brutta, proprio brutta. Era in condizioni che non poteva camminare... La debolezza...!

Quindi la ferma volontà e la dura decisione della madre che spinge i figli a fare l'impos-sibile per migliorare le loro condizioni di vita trova un risultato nella tenacia e nella volon-tà di Pio La Torre che supera notevoli difficolvolon-tà per continuare a studiare.

La scuola e gli studi

Pio La Torre dopo la frequenza alla scuola di “avviamento”, che corrisponde in pratica all’odierna scuola media, prosegue gli studi iscrivendosi all'Istituto Tecnico Industriale. Dopo aver ottenuto la maturità tecnica, in soli tre mesi consegue anche la maturità scien-tifica. Quest'ultimo diploma gli permette di iscriversi all'Università; dapprima in Ingegneria, ma dopo appena un anno lascia e va in Matematica. Abbandona definitiva-mente gli studi universitari poco dopo, essendosi dedicato completadefinitiva-mente alla politica. Solo dopo dieci anni, quando era già consigliere comunale a Palermo e segretario della Camera del lavoro, si iscriverà di nuovo all'Università nella Facoltà di Scienze Politiche dove, nel 1961, conseguirà la laurea con 110 e lode.

Pippo Fuschi è il compagno di scuola e dell'adolescenza di Pio La Torre. È con lui che Pio La Torre stringe amicizia ed è con lui che, come vedremo, avrà i primi disagi giovanili e maturerà le prime idee politiche. Negli anni successivi la scuola sono rimasti amici e hanno continuato ad avere rapporti fino all'ultimo, quando La Torre tornò in Sicilia.

È proprio il periodo della scuola all’Istituto Tecnico Industriale che rimane più impresso nella memoria di Fuschi. Questo compagno di scuola sottolinea soprattutto il disagio di

25

I PRIMI ANNI DI FORMAZIONE

La Torre a frequentare gli studi tecnici che in qualche modo gli furono imposti dal tipo di famiglia da cui proveniva e dal futuro che gli era stato riservato. Fortunatamente, però, all’ultimo anno dell’Istituto Tecnico Industriale La Torre incontra il professore Scaglione che gli apre nuovi orizzonti: per la prima volta infatti incontra il mondo delle Lettere, della Filosofia e della Storia. Sembra che il ragazzo abbia trovato la sua strada: il suo rendimen-to è al massimo.

Racconta Fuschi:11

Bisogna tenere presente che la famiglia di Pio già faceva uno sforzo mantenendolo a scuola. E l'unico sbocco che allora si vedeva alla scuola era il lavoro e quindi la “la di avviamento al “lavoro”. E ormai “la strada era tracciata: allora non esisteva “la scuo-la media unificata per cui dall'Avviamento passò all'Industriale.

Pio ha incontrato subito il professore Mistretta che apprezzò subito le qualità di Pio e che ha insistito per farlo continuare. Veramente fu la moglie del professore Mistretta che insegnava matematica alla scuola di Avviamento che prese a ben volere Pio. Lo aiutò perché vedeva che era una persona intelligente. Dopo subentrò il marito che insegnava all'Istituto Industriale. Loro lo hanno aiutato moltissimo. Lo facevano stu-diare a casa loro.

Pio si trovò all'Industriale per avventura. Sì, capiva tutto a livello teorico perché era intelligente, ma non aveva manualità. Si trovava all'Istituto Industriale fuori posto. Noi ci siamo conosciuti all'Istituto Industriale dove eravamo dei bravi studenti ma lui era il migliore. Era il più intelligente, era geniale. Fu all'ultimo anno l'occasione giusta e quasi, possiamo dire, fortuita: l'incontro con il professore Scaglione. Questo profes-sore ci ha addirittura plagiato, ci ha comunicato tutta la sua esperienza. Ci ha fatto la preparazione alla maturità tecnica e poi a quella scientifica e Pio ha sfondato agli esami: ha preso 9. Se si pensa che non aveva studiato filosofia ma aveva studiato mec-canica, fisica, ecc. ecc.! Lui ha avuto i migliori voti in assoluto di tutta la sessione d'esami per passare dalla scuola all'università:12 9 in filosofia, 8 in matematica. Mentre negli anni precedenti, visto che lui era uno modesto, non aveva raggiunto questi voti.

Lui aveva questa genialità, questa intuizione immediata. E si annoiava quando l'inse-gnante per seguire il livello medio della classe si attardava a ripetere. E lì era insoffe-rente fino, ricordo una volta, ad essere stato richiamato. Infatti si distraeva, parlava d'altro. E non era neanche tenuto in grande considerazione. E' stato scoperto dopo, all'ultimo anno.

26

CAPITOLOLO I

11. Fuschi, che sarà menzionato da La Torre nel suo scritto autobiografico a proposito delle prime lotte studente-sche da loro sostenute per ottenere l’iscrizione all’università visto che agli studenti tecnici era vietato, ben presto abbandonerà l'attivismo politico per dedicarsi agli studi ed al lavoro.

In un primo momento forse per questa sua modestia, per questa sua insofferenza non venne scoperto. Modesto nel senso che non voleva imporsi, prevaricare, primeggiare. Lui primeggiò quasi contro voglia, per la sua potenza. Tutto all'ultimo anno. Lo stes-so preside era orgogliostes-so di presentare uno come Pio agli esami di maturità, anche se negli anni precedenti lo aveva sottovalutato e grazie a Scaglione lo scoprì.13

Beppe D'Angelo, che è un altro compagno di scuola, ricorda invece le caratteristiche che saranno una costante nella vita di questo importante uomo politico siciliano, e cioè l’at-taccamento alla realtà, la concretezza, l’essenzialità ed il bisogno di mettere subito in luce il nucleo centrale dei problemi senza preamboli e senza un’inutile retorica:14

Pio era uno che navigava sulla sufficienza. Però non studiava. Lì a casa sua suo padre lo richiamava al dovere di lavorare. Il padre prima di andare a scuola lo obbligava a mungere le vacche. Lui in definitiva studiava con noi, quando andava a casa di Pippo Fuschi.

Nel periodo scolastico lui era, ed è stato sempre, molto chiuso. Non era estroverso nei primi periodi della scuola dell'Istituto Tecnico Industriale. Lui non parlava a vuoto, in questo senso non era estroverso.

In italiano era bravo. Quando venne il professore Scaglione andò oltre la sufficienza. Al professore Scaglione piaceva molto come scriveva Pio, non gli dava neanche il voto. Aveva una prosa molto stringata. Il professore Scaglione portava ad esempio i suoi componimenti perché non faceva retorica. Anche su temi di fantasia lui andava sul concreto, sull'essenziale. Era uno con i piedi per terra. Era così essenziale nell'espres-sione che uno come me infarcito di ideologia, di cultura e di poesie a memoria, non lo capiva. Lui poesie a memoria non ne sapeva, ma quando commentava le poesie del Carducci le commentava in maniera perfetta, senza citare brani. Andava all'essenzia-le. Era originaall'essenzia-le. A scuola era l'unico che si esprimeva in quella maniera. In poche parole riusciva a raffigurare un concetto, senza tanti panegirici.15

Il professore Scaglione

Pio La Torre quindi trova la sua strada e si esprime al meglio quando all’ultimo anno dell’Istituto Tecnico Industriale va ad insegnare in questa classe il professore Scaglione che scuote ed indirizza verso nuovi orizzonti le idee di questi ragazzi.

Personaggio fondamentale per la preparazione e la formazione di La Torre, professore di

ita-27

I PRIMI ANNI DI FORMAZIONE

13. Pippo Fuschi, intervista del 3.5.95.

14. Beppe D'Angelo è l'altro grande amico di La Torre. Di famiglia socialista, anche lui come Pippo Fuschi ben pre-sto abbandonerà la politica attiva.

liano storia e filosofia, uomo di grande cultura e figura carismatica, Franco Scaglione prepare-rà La Torre e Fuschi pure per la maturità scientifica. Pio La Torre lo frequenteprepare-rà anche dopo aver conseguito i due diplomi; infatti per un paio d'anni andrà nella sua biblioteca per legge-re numerosi libri, ma anche, e soprattutto, a scambialegge-re idee ed opinioni.

Come si vedrà in seguito questo professore eserciterà una notevole influenza su tutta la classe a proposito delle vicende e delle scelte politiche di quel confuso periodo politico che va dalla caduta del fascismo all'instaurarsi della Repubblica.

Anticipando quanto verrà poi raccontato da tutti gli altri amici e compagni, il professore Scaglione disegna in maniera precisa ed attenta i lati personali e caratteriali di La Torre, e cioè: la concretezza, l’enucleazione dei problemi, l’opposizione, il rimanere con i piedi sempre per terra, la voglia di libertà:16

La Torre era un ragazzo che aveva il dono della semplicità quando parlava. E a prima vista sembrava che dicesse delle cose ovvie. In realtà erano estremamente persuasive e chiare perché era convinto di quello che diceva e quindi aveva una certa concretez-za. La ragione di questa concretezza nel La Torre sta in questo: molte volte gli uomi-ni partono dalle idee per arrivare alle cose, mentre La Torre partiva dalle cose per arri-vare alle idee. Quindi l'esperienza è basilare nella sua formazione, l'esperienza che è di natura sociale.

La figura del La Torre spiccava tra tanti altri per la sua semplicità, per la sua concre-tezza, per il fatto che non era colui che apparentemente vuole sopraffare gli altri. No. La sua leadership emergeva naturalmente dalla situazione, ed era riconosciuta fin da principio dai suoi compagni; non era sofferta, attenzione, ma riconosciuta per le sue particolari qualità.

La sua intelligenza lo portava alla centralizzazione del nucleo problematico che si andava via via aggredendo da parte nostra. La Torre era il ragazzo che si chiedeva: “Qual è il problema? E questo problema poi – diceva lui, e questo anticipa tante cose del suo sviluppo – non è soltanto mio, ma è il nostro problema, il problema della clas-se insomma”.

Ma c'è un'altra caratteristica dell'intelligenza non comune del La Torre, adatto anche a trasmettere qualche cosa all'insegnante. La Torre era fondamentalmente un alunno