Progettare per Intaccare la Cultura delle Pratiche
Capitolo 4 La Valle del Simeto e le sue Pratiche
4.4 Primi Passi di una Partnership
Il primo contatto con il mondo associativo esistente nella valle del Simeto è avvenuto durante il 2007, a conclusione degli “anni caldi” della lotta contro l’“inceneritore”. In quel momento ViviSimeto si rivolgeva all’Università per trovare supporto tecnico necessario ai processi giudiziari in corso e, dunque, procedere nelle sue azioni legali di contrasto alla realizzazione del progetto di contrada Cannizzola (Gravagno, Saija 2008). Superata l’emergenza incenerito- re, le associazioni avevano come obiettivo a lungo termine quello della realiz- zazione del Parco Fluviale e avevano già instaurato alcune collaborazioni con tecnici esterni all’Università. L’intento era quello di coinvolgere anche il grup- po di docenti e ricercatori del Dipartimento di Architettura all’interno del pro- getto per il Parco. Ispirati da forme sperimentali di collaborazione con realtà attive sul territorio, il nostro intento era però quello di instaurare una partners-
hip di più lungo periodo (§ 3.4) nel tentativo di costruire un percorso più com-
plesso, assumendo un ruolo che andasse ben al di là di quello di advocacy.
«A tanti di noi questa prima fase [quella della lotta contro l’incene- ritore] stava stretta e capivamo che bisognava fare un salto di qua- lità. Capivamo che non si poteva dire soltanto no, ma che poteva- mo diventare noi i protagonisti di ciò che si voleva su questo ter- ritorio. É vero che i sindaci nel 1997, con il patto territoriale, ave- vano iniziato a tracciare nuovi percorsi di sviluppo, ma era sempre una cosa dall’alto e noi volevamo che fossimo noi a farlo. Debbo dire, per questo, grazie al Dipartimento di Architettura e Urbanistica dell’Università di Catania. Siamo andati a cercare il prof Filippo Gravagno e gli abbiamo raccontato ciò che stavamo facendo in questo territorio e lo abbiamo invitato a tenere una conferenza. Filippo mi ha risposto in un modo che mi ha toccato profondamente: “se dobbiamo fare la conferenza non sono inte- ressato, ma se insieme individuiamo delle azioni per coinvolgere davvero gli attori del territorio, allora io sono disposto a venire non una volta ma anche dieci, venti volte”» (Turi, attivista di ViviSimeto, ViviSimeto 2009, A.VS.).
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Sin dall’inizio esisteva dunque la volontà da parte del gruppo dell’Università di voler superare l’idea di Parco Fluviale avviando un processo di riflessione col- lettiva per promuovere e potenziare iniziative concrete e partecipate di svilup- po del territorio. Questo obiettivo era un punto chiaro su cui si basava la nascente partnership. Nonostante questo, i primi passi che la partnership metteva in atto, non raggiungevano i risultati sperati:
«Alla richiesta di collaborazione abbiamo risposto con una propo- sta di lavoro alternativa al convegno, che si basava sull’idea che, al di là di qualsiasi progetto tecnico, lo sviluppo locale dipenda dalla diffusione di iniziative concrete e partecipate. Così è partita una iniziativa volta alla facilitazione di cooperazione tra soggetti eco- nomici già vicini all’associazione: in tre mesi più di 50 tra cittadini ed esponenti degli enti locali, delle realtà economico-produttive, delle associazioni culturali, etc. hanno individuato linee di azione strategica di promozione dello sviluppo della Valle (adesioni a una iniziativa di filiera corta e individuazione di percorsi e strutture per il turismo naturalistico e responsabile). Nonostante il buon proce- dere dei lavori, il progetto è stato bruscamente interrotto, al sopraggiungere della stagione estiva, per essere poi sostituito, alla ripresa autunnale, dalla ipotesi di convegno ‘tradizionale’ sul Parco Fluviale; in particolare, il nostro gruppo di ricerca ricevette la richiesta di collaborare con un ampio gruppo di tecnici vicini a Vivisimeto per la redazione di analisi ed elaborati tecnici a suppor- to dell’ipotesi di Parco, da presentare al convegno alla presenza dei rappresentanti istituzionali» (Gravagno et alii 2011).
Diverse riflessioni possono essere effettuate sugli esiti di questi primi tentativi di stabilire un percorso collettivo di lungo periodo (Gravagno et alii 2011). Le lezioni imparate in altri contesti però ci dicono che realizzare partnership di que- sta natura con obiettivi predefiniti sin dall’inizio è spesso un’impresa di diffici- le realizzazione e che, invece, sono più conducenti percorsi in cui ruoli e obiet- tivi si ridefiniscono step by step all’interno della partnership stessa (Raciti, Saija 2009, 2010). Con questa idea in mente, abbiamo riformulato un percorso che
fosse di più ampio respiro e che, per prima cosa, mostrasse nel concreto cosa volesse dire avviare un percorso collettivo di natura riflessiva sulle potenziali- tà di sviluppo della valle del Simeto. Abbiamo quindi messo a disposizione delle associazioni esperienze concrete di empowerment planning che fossero rac- contate da chi realmente le aveva realizzate in contesti anche molto lontani da quello siciliano. Per questa ragione abbiamo deciso di inserire all’interno della settimana della manifestazione ViviSimeto 2009 tre giorni di workshop interna- zionale sui temi del community planning e del community organizing, invitando a lavorare con noi Kenneth Reardon e Wade Rathke (fig. 14). La volontà di rac- contarsi tra mondi lontani nasceva per numerose ragioni. Prima di tutto per la convinzione che una stessa storia, quando raccontata dai protagonisti, può apparire molto più vicina di quanto invece appare se letta sui libri o racconta- ta da chi non l’ha vissuta; secondariamente perché l’intento non era quello di realizzare un seminario, ma usare il workshop come prima occasione per creare ambienti di muto apprendimento (Argyris et al., 1985) con “esperti” di proces- si di pianificazione (Reardon) e di organizzazione di comunità (Rathke), in modo da confrontare esperienze simili fra mondi lontani e trovare punti comu- ni e differenze dai quali poter apprendere nuove lezioni. Questo è stato il nostro modo di condividere ciò che a livello teorico è ormai ampiamente rico- nosciuto: come, cioè, il flusso transnazionale di conoscenze ed esperienze possa offrire spunti di riflessione e suggerire possibili percorsi di sviluppo, da interpretare alla luce degli specifici contesti problematici all’interno dei quali si opera (Healey, 2010). Il “fagotto” di esperienze di cui parla la Healey (ibidem), trasportato dai “planner” viaggiatori americani (nel nostro caso) è stato conse- gnato nelle mani dei vari partecipanti al workshop per permettere loro di trova- re in esso quanto di più utile possibile per affrontare le situazioni problemati- che del proprio contesto (Reardon, Raciti 2011). Il racconto della nascita del
community organizing negli Stati Uniti ha permesso di guardare in maniera diver-
sa i sistemi democratici americani ritenuti perfetti, e avvicinato moltissimo i problemi che i partecipanti al workshop sentivano come ostacolo allo svilup- po della valle a quelli affrontati quotidianamente dagli “esperti” d’oltreoceano. Inoltre vedevano nelle forme di community organizing raccontate da Rathke molte similitudini con quelle costruite durante le lotte contro l’inceneritore, e guardavano alla possibilità di costruire un polo di ACORN International nella
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Fig. 14
La locandina di ViviSimeto 2009 e alcuni momenti dell’evento.
Antonio Raciti
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valle del Simeto18. Molti sono stati dunque gli spunti di riflessione per prose-
guire nella costruzione di nuovi percorsi di sviluppo della valle e altrettanti sono stati i limiti che l’evento di soli tre giorni inevitabilmente aveva. Citando direttamente le parole di Wade Rathke durante il workshop, l’evento non voleva “generare un prodotto” ossia una ricetta salvifica utile a risolvere i problemi del Simeto, quanto “un processo” capace di espandere, seguendo una politica dei piccoli passi, le opportunità da guardare per intraprendere nuove ipotesi di sviluppo per la valle.