5 GLI INTERVENTI DEL GOVERNO ITALIANO IN RISPOSTA
5.1 Primi passi verso una riforma del sistema carcerario
Ernesto Rossi, politico, giornalista ed antifascista italiano, raccontava che “le celle di punizione a Portolongone ed a Regina Coeli potevano fare impazzire chiunque, eppure nessuna commissione d’inchiesta, nessun giudice di sorveglianza, si è mai data/o la pena di andare a visitarle”. Da allora le cose non sembrano cambiate un granché, eppure quello che è cambiato è sicuramente il quadro normativo, a metà degli anni Settanta è stato approvato il nuovo Ordinamento penitenziario (legge 26 luglio 1975, n. 354), integrato negli anni Ottanta dalla cd. legge Gozzini (legge 10 ottobre 1986, n. 663) e, nel 2000, da un regolamento di esecuzione (d.p.r. 30 giugno 2000, n. 230) così ricco di previsioni da configurare esso stesso un completamento della riforma. Infine, con il decreto del presidente del Consiglio dei ministri 1° aprile 2008, la medicina penitenziaria ha lasciato il posto al Servizio sanitario pubblico. Più recentemente, è diventata realtà - a livello comunale e provinciale, talvolta anche regionale - la presenza di Uffici di Garanti dei diritti dei detenuti e delle persone private della libertà personale, con il compito di assicurare la trasparenza all’istituzione totale delle carceri. Per ultimo, 2014, il c.d. decreto svuota-carceri.
Oggi quindi, cosa possiamo fare? Garantire, innanzitutto, l’applicazione integrale di quanto previsto dal regolamento del 2000; invece di pensare a programmi di edilizia penitenziaria e di costruzione di nuove carceri, si dovrebbe assicurare un piano di ristrutturazione degli edifici esistenti secondo standard igienico-sanitari contemporanei: sostituire, dunque, le bocche di lupo laddove ancora ci sono; garantire il passaggio di luce e aria ovunque, eliminando le barriere che in nome della sicurezza sono state predisposte; abbattere i banconi per i colloqui; permettere l’accensione e lo
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spegnimento della luce dall’interno della cella; installare le docce in cella all’interno di servizi igienici separati dalla camera; predisporre sale refettorio per consumare i pasti in socialità all’interno delle sezioni99.
La denuncia di Ernesto Rossi sulla violenza nei luoghi di restrizione della libertà personale è, purtroppo, ancora attuale. Leggendo quelle parole sono venuti in mente molti nomi. Su tutti, Aldo Bianzino, il falegname arrestato per la coltivazione di qualche pianta di canapa e morto nel carcere di Perugia. Ancora, tristemente attuale, Stefano Cucchi, medici condannati in primo grado per omicidio colposo e assolti in appello il 31 ottobre 2014, "perché il fatto non sussiste", cosi come hanno stabilito i giudici della II sezione di Roma.
Nel messaggio del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in risposta alla sentenza Torregiani, l’espressione più ricorrente è “dovere costituzionale”. Le Camere non sono chiamate a un esercizio di buonismo legislativo, ma a restituire legittimità al monopolio della forza che lo Stato esercita sui detenuti in forme illegali, qualificate come tortura dalla comunità internazionale. Per questo l’Italia è stata condannata a Strasburgo, trattiamo in modo inumano e degradante persone dietro le sbarre. Così, mentre, doverosamente, puniamo il reo per aver infranto la legge, siamo colpevoli di violare la Costituzione, la Cedu, l’ordinamento penitenziario e il suo regolamento di esecuzione. Reiteratamente, come delinquenti professionali. Garantire in celle sovraffollate il rispetto della dignità della persona detenuta è impossibile. E ciò, nonostante gli standard legali relativi allo spazio vivibile di una cella siano stati progressivamente abbassati: dai 9 mq regolamentari a persona (stabiliti dal decreto 5 luglio 1975 del Ministro della Sanità), ai 7 mq (raccomandati dal Comitato europeo di Prevenzione della Tortura), fino agli attuali 3 mq (sotto i quali, per la Corte EDU, scatta in automatico la condanna per tortura).100
99 F. CORLEONE - A.PUGIOTTO, op.cit.
100A. PUGIOTTO, Il messaggio del Quirinale sulla questione carceraria e i suoi
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Proprio in risposta a quelle che sono state le critiche dell’Europa nei confronti del governo italiano, quest’ultimo ha adottato, o sta attuando e quindi siamo ancora in sede di definizione, tutta una serie di provvedimenti per colmare le lacune date dalla situazione attuale delle carceri.
Gli interventi sono stati molteplici e di varia natura, i più importanti dei quali riguardano il rimborso economico a chi ha subito trattamenti degradanti all’interno di stabilimenti carcerari.
Otto euro per ogni giorno vissuto in condizioni degradanti, questo è quanto è previsto in una bozza del decreto Detenuti, che contiene alcune misure in favore del risarcimento dei carcerati che subiscono trattamenti inumani. Al momento sono stati stanziati circa 20 milioni di euro in tre anni. Il decreto è stato predisposto appunto dal governo proprio a fronte del pronunciamento della sentenza Torregiani, “per le risoluzioni adottate per conformarsi alle sentenze. Si tratta di uno specifico rimedio che appare rispondente alle direttive emesse dai giudici europei e che la stessa Corte ha recentemente preso in considerazione.” Inoltre, secondo quanto si legge nell’art.1 della bozza del dl, per i detenuti che hanno subito atti di tortura, pene degradanti e trattamenti inumani per un periodo superiore a 15 giorni, il magistrato di sorveglianza potrà disporre una riduzione della pena pari al 10% del periodo vissuto in condizioni degradanti. Il risarcimento di otto euro spetta invece a coloro che hanno quasi finito di scontare la pena e che dunque non potranno godere della riduzione dei giorni di detenzione. Infine, per i detenuti che non si trovino più sottoposti alla custodia cautelare c’è la possibilità di presentare ricorso al giudice entro 6 mesi dalla fine della detenzione; anche per loro, infatti, è previsto il rimborso di otto euro; è previsto anche che i magistrati di sorveglianza, nell’accertamento di trattamenti inumani dei detenuti, potranno avvalersi di assistenti volontari presenti nelle carceri.
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