perdita di generalità, come condizione iniziale, supponiamo che al tempo 0 sia presente un solo vaso sanguigno descritto dalla curva Ct0
0 il cui estremo vero
il quale avviene la crescita sarà indicato con Ht0
0. L’evoluzione del sistema in
ogni intervallo si articola in due sottofasi, la fase statica e la fase dinamica.
3.1
Primo intervallo temporale
Isoliamo la descrizione del primo intervallo temporale per rendere più chiara l’esposizione. In ogni intervallo τi è infatti necessario introdurre un nuovo spazio di probabilità, indicato con Ωti, e considerare lo spazio prodotto
Ω ×
i
Y
k=0
Ωtk
munito di una opportuna σ-algebra e di una opportuna filtrazione. Questo è necessario dovendo considerare molteplici eventi e variabili in condizioni di indipendenza.
3.1.1 Fase statica
Sia Ut0 = C0,δ
t0 la regione di spazio occupata dalla rete vascolare nell’istante
iniziale: questo rappresenta il dominio ove andremo a considerare una oppor- tuna misura aleatoria. Su di essa consideriamo la σ-algebra dei boreliani che indicheremo con B(Ut0) e sia µ la misura di Lebesgue ristretta a B(Ut0). Sia
inoltre m la misura di Lebesgue ristretta ai boreliani di R+e sia (Ωt0, Gt0, Pt0)
uno spazio di probabilità. Consideriamo quindi lo spazio di misura
(E, E , ν) = (Ut0 × R+, B(Ut0) ⊗ B(R+), µ ⊗ m).
Essendo sia µ che m misure σ-finite è immediato verificare che (E, E , ν) è a sua volta uno spazio di misura σ-finito. Sia quindi
(Ω0, F0, P0) = (Ω × Ωt0, F
t0 ⊗ G
t0, P ⊗ Pt0)
e sia
Yt0 : Ω0× (B(Ut0) ⊗ B(R+)) → N
una Poisson random measure di media µ ⊗ m. In particolare Yt0 si può
rappresentare come
Yt0 =X
k≥1
δ(Sk,Tk)
dove per ogni k (Sk, Tk) è una variabile aleatoria, rispetto a F0, a valori nello
32 CAPITOLO 3. UN MODELLO PER L’ANGIOGENESI
Osservazione. In questa situazione lo spazio (Ωt0, Gt0, Pt0) non può essere
completamente arbitrario: deve essere possibile costruire su di esso una Poisson random measure con media assegnata. Per far ciò deve essere sufficientemente “ricco” da poter costruire una successione di variabili i.i.d. a valori in (E, E , ν) con distribuzione assegnata , si veda l’appendice A per una dimostrazione costruttiva dell’esistenza di tale misura aleatoria.
Le variabili aleatorie Sk e Tk indicano i punti del dominio e gli istanti temporali associati ove nasceranno le nuove diramazioni. È però necessario restringere le variabili Tk al sottointervallo temporale [t0, t1]. Durante il
susseguirsi degli intervalli temporali τi il sistema subisce numerose evoluzioni:
non ha quindi senso considerare diramazioni originatosi in un passo precedente ove lo stato del sistema era differente. Per far ciò dobbiamo quindi considerare solamente i valori Si che sono legati ad un istante temporale più piccolo di
h: nello stato attuale stiamo descrivendo quanto avviene al tempo t0 e, al
fine di considerare solo le diramazioni che avvengono in [t0, t1], dobbiamo
quindi restringerci a Tk ≤ h. Consideriamo quindi l’insieme (aleatorio)
Ht0 = {Sk| Tk ≤ h} e denotiamo con H
j
t0 i suoi elementi. Abbiamo quindi
ottenuto insieme di variabili aleatorie a valori in U che stabiliscono ove si andranno a creare le nuove diramazioni. Si veda la figura 3.1 per una raffigurazione della costruzione fatta. Nella successiva fase dinamica, sempre relativa all’intervallo [t0, t1] descriveremo la loro evoluzione.
3.1.2 Fase dinamica
Descriviamo quindi l’evoluzione spaziale dei capillari: nella situazione attuale questi sono descritti da:
• la curva C0
t0 che descrive le condizioni iniziali del sistema. Associata a
questa vi è la variabile Ht00 che indica l’estremo verso il quale il capillare proseguirà il suo sviluppo.
• Le variabili aleatorie F0-misurabili Htj
0 che indicano le coordinate
spaziali ove si formeranno nuove diramazioni.
In entrambi i casi si utilizzano le variabili Htj
0 come dato iniziale per una
opportuna equazione differenziale stocastica. È quindi necessario riportare i vari elementi che comporrano tale equazione al medesimo spazio di probabilità. Consideriamo quindi lo spazio di probabilità Ω × Ωt0 con la σ-algebra F ⊗ Gt0
e la misura P ⊗ Pt0. Si consideri inoltre la filtrazione su di esso data da
Ft⊗Gt0. Ricordiamo inoltre che abbiamo indicato con Btun moto Browniano
su (Ω, F , P) rispetto alla filtrazione Ft: consideriamo quindi
˜
Bt: Ω × Ωt0 → Rd
(ω, ωt0) 7→ B
3.1. PRIMO INTERVALLO TEMPORALE 33 Ht20 Ht21 H1 t0 H 1 t1 Ht01
Figura 3.1: Raffigurazione dello stato al tempo t1. Le curve Ctj1 sono rappre-
sentate in nero, l’insieme Ut1 ottenuto tramite ingrassamento in colore grigio.
Le frecce, associate alle variabili Htj
1, indicano la direzione di crescita.
È immediato verificare che ˜Bt è un moto Browniano, definito su Ω × Ωt0,
rispetto alla filtrazione Ft⊗ Gt0.
Ricapitolando abbiamo ottenuto la seguente base stocastica
(Ω × Ωt0, F ⊗ Gt0, F
t⊗ Gt0, P ⊗ Pt0, ˜Bt)
Per ogni j consideriamo quindi la seguente equazione differenziale stocastica ( dXtj 0,t= ∇xV (X j t0,t, t)dt + σd ˜Bt t ∈ [t0, t1] Xtj0,t0 = Htj0 (3.1) con σ ∈ Rd×d. Al fine di verificare l’esistenza è l’unicità forte della soluzione, avendo supposto la lipschitzianità delle derivate per la funzione V , dobbiamo solo verificare che il dato iniziale sia Ft0 ⊗ Gt0 misurabile. In questo caso la
34 CAPITOLO 3. UN MODELLO PER L’ANGIOGENESI
• se j = 0 il dato iniziale H0
t0 è deterministico e quindi ovviamente
misurabile;
• se j 6= 0 la variabile Htj
0 è stata costruita direttamente in modo da
essere Ft0 ⊗ Gt0 misurabile.
Definiamo quindi Htj
1 la testa al passo successivo come il valore della
soluzione Xtj
0,t valutata al tempo t1. Si definiscono infine le curve (aleatorie)
Ctj 1 ottenute giungendo C j t0 con la traiettoria di X j t0,t, per t ∈ [t0, t1]. L’insieme
degli ingrassati di raggio δ di Ctj
1 fungerà quindi da nuovo supporto per la
random measure nella fase statica successiva.
Osservazione. Utilizzare una dinamica come quella descritta dall’equazione (3.1) pone delle complicazioni: infatti le traiettorie delle soluzioni hanno una regolarità pari a quella del moto Browniano. Per questo motivo non è stato possibile utilizzare come supporto per le random measure direttamente la traiettoria delle SDE considerate e utilizzare come misura media la misura di Hausdorff. Una strategia possibile per ovviare a questo problema è quella di utilizzare una dinamica che includa la velocità
(
dXt= Vt
dVt= b(t, Xt)dt + σdBt
Infatti in questo caso le traiettorie della soluzione Xt sono regolari ed è
possibile calcolarne la misura di Hausdorff 1-dimensionale. Anche in questo caso però vi sono delle complicazioni: mentre è coerente utilizzare il gradiente della concentrazione di VEGF come termine di drift nell’equazione (3.1) non è immediato immaginare una equazione per Vt. Inoltre, introdurre il
termine della velocità, richiederebbe di modulare la misura che funge da media in funzione di essa. A fronte di quanto osservato abbiamo quindi deciso di adottare una strategia più semplice, utilizzando un ingrassamento della traiettoria permettendo l’utilizzo della misura di Lebesgue.