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LE PRINCIPALI CARATTERISTICHE DELLE AREE RURALI ITALIANE In Italia esiste una forte differenziazione a livello territoriale dei sistemi agricoli e agro-

Grafico 1.11 – Andamento dell’occupazione in agricoltura Soggetti dipendenti e indipendent

1. L’ANALISI DELLE DIFFERENZE TERRITORIAL

1.2. LE PRINCIPALI CARATTERISTICHE DELLE AREE RURALI ITALIANE In Italia esiste una forte differenziazione a livello territoriale dei sistemi agricoli e agro-

alimentari, che si caratterizzano per le diverse forme di integrazione con il contesto urbano e industriale e con i più generali processi di sviluppo economico e sociale che caratterizzano il nostro Paese. Il metodo di classificazione utilizzato, come già evidenziato nel precedente paragrafo, individua un’articolazione del rurale in quattro tipologie di aree (Figura 1.1 e Tabella 1.1): a) Aree Urbane e Periurbane, b) Aree rurali ad agricoltura intensiva, c) Aree rurali intermedie, nel cui ambito rientrano aree diversificate ma spesso con situazioni di contesto che ne frenano l’evoluzione, d) Aree rurali con problemi di sviluppo.

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Figura 1.1 – Mappatura delle aree rurali 2014-20

Fonte: elaborazioni INEA Inea su dati Istat e Agrit-Popolus

Tabella 1.1 – I principali indicatori per tipologia di area rurale

* La superficie rurale è data dal peso delle superfici agro-forestali. Per i dati sulle superfici agro-forestali si è fatto riferimento ad elaborazioni Sin-INEA su dati Agrit-Popolus 2010 (Mipaaf).

** ISTAT- Elaborazioni su dato elenco ufficiale are protette - 2010 Fonte: elaborazioni INEA su dati ISTAT, Agrit-Popolus

Il sistema agricolo si presenta fortemente differenziato a livello territoriale nelle aree urbane e periurbane (aree A), cui afferisce il 30% della popolazione nazionale e solo il 4% della superficie territoriale, l’agricoltura svolge una funzione produttiva ridotta, limitandosi ad occupare territori di corona attorno ai grandi centri urbani che, a loro volta, rappresentano

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mercati di consumo (a corto raggio) potenzialmente capaci di assorbire anche produzioni agro-alimentari di elevata qualità. Nelle aree immediatamente a ridosso del tessuto urbano, si concentrano anche attività industriali agroalimentari, che occupano il 20% degli addetti agro- industriali del Paese. In queste aree le strutture di trasformazione e commercializzazione rappresentano uno sbocco per la produzione proveniente da altre aree.

Le aree rurali con agricoltura di tipo intensivo e specializzato (aree B) rappresentano la parte “centrale” del sistema agro-industriale nazionale. Collocate essenzialmente nel centro- nord del paese, sono densamente popolate (306 ab./kmq) e presentano una forte specializzazione produttiva, con filiere territoriali di tipo agro-industriale e, in determinati casi, con una organizzazione tipicamente distrettuale. Si collocano fondamentalmente nei territori maggiormente produttivi di pianura e in alcune aree di collina dove si concentra il 27% della popolazione complessiva nazionale. Gli addetti all’agro-alimentare in queste zone sono circa 134 mila, pari al 32% del totale nazionale.

Nelle aree rurali intermedie (aree C) complessivamente ricadono 3.139 Comuni cui afferisce il 30% della popolazione italiana e il 33% circa della superficie territoriale. Qui si concentra inoltre il 35% della superficie agro-forestale nazionale.

Le aree rurali con problemi di sviluppo (aree D) sono le zone meno densamente popolate del paese (60 ab./kmq). Esse si concentrano prevalentemente nell’arco appenninico e alpino o comunque in aree di montagna e di collina delle regioni meridionali e insulari. Complessivamente queste aree ricoprono il 46% della superficie nazionale e ospitano il 14% della popolazione. La presenza di un’agricoltura diffusa di tipo estensivo e la grande varietà di habitat naturali arricchiscono queste aree di una particolare importanza sotto il profilo ambientale. E’ in questi territori che è concentrato infatti il 69% delle superfici protette italiane e il 45% della superficie agro-forestale nazionale.

Le aree D e in misura minore quelle C sono le più deboli dal punto di vista della struttura occupazionale e della dotazione di servizi.

Le zone D sono caratterizzate da scarsa presenza di processi di sviluppo locale in tutti i settori e da un basso livello di diversificazione del sistema economico, eccessivamente dipendente dall’attività agricola e dal turismo, che spesso assume connotati di stagionalità. Qui le attività più importanti sono l’agricoltura e il turismo con valori degli indicatori relativi doppi rispetto a quelli medi nazionali. Il settore agro-alimentare per importanza in termini di addetti si allinea su valori di poco superiori a quelli nazionali. Il manifatturiero ha un’importanza molto più bassa nel sistema economico rispetto alla media delle altre tipologie di aree. Si consideri inoltre che gli addetti totali al settore rappresentano solo il 9,5% del totale Nazionale, contro il 37,4% nelle aree ad agricoltura intensiva (zone B) e il 31,9% nelle zone intermedie (aree C). Inoltre all’interno del settore il peso dell’agroalimentare in termini di addetti è più rilevante che nelle altre zone (17% contro l’11% delle zone C e il 9% di quelle B).

Le aree rurali intermedie (aree C), come testimoniato anche dai valori degli indici di importanza dei diversi settori di poco superiori alla media nazionale, presentano un certo livello di diversificazione delle attività economiche e sono sede di sviluppo diffuso, in particolare quello più inserito nei processi di diversificazione extra-agricola. L’industria agro- alimentare in queste aree risulta comunque rilevante. Complessivamente alle aree C afferisce il 32% degli addetti totali al settore agro-alimentare nazionale.

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Segnali preoccupanti per entrambe le macro-aree provengono dalle dinamiche recenti. Nell’ultimo decennio nelle zone C e D si rileva una persistente tendenza alla diminuzione (rispettivamente -4% e -3%) della superficie agricola utilizzata (SAU), legata all’abbandono dei terreni agricoli, soprattutto nelle zone montane, ad eccezione di quei contesti in cui sono presenti sistemi agricoli di qualità (come ad esempio la frutticoltura in Trentino). Ciò a fronte di una sostanziale tenuta della SAU nelle aree ad agricoltura intensiva (0,04%) e in quelle periurbane (+3,1%) grazie alle performance delle zone agricole nelle aree A e B (si pensi ad esempio alla Pianura Padana). Inoltre, si consideri che anche a seguito della crisi economica degli ultimi anni, il settore manifatturiero ha subito nel decennio una rilevante contrazione degli addetti pari al 18% nelle zone D e al 20% in quelle C. Il tasso di variazione risulta allineato in linea generale rispetto al trend nazionale. Tuttavia, data la maggiore fragilità del sistema economico locale, testimoniata, soprattutto nelle zone D, dai livelli di reddito pro- capite sistematicamente inferiori rispetto alle altre macro-aree, tale dinamica desta qualche preoccupazione circa la tenuta del tessuto occupazionale.

Esiste, inoltre, una situazione di svantaggio in termini di dotazione di servizi sia nelle zone rurali intermedie (C) che in quelle con problemi di sviluppo (D), dove questi svantaggi risultano più accentuati. In queste aree (C+D) si contraggono le classi più giovani della popolazione, il che porta alla contrazione degli alunni delle scuole primarie secondarie di I grado e, in linea di tendenza, anche delle classi della scuola primaria. Circostanza questa che implica nei luoghi più marginali un rischio di chiusura di alcune sedi scolastiche. Le strutture ospedaliere di primo soccorso e in generale i posti letto ospedalieri in rapporto alla popolazione complessiva e agli anziani sono tutti sfavorevoli se comparati con le altre aree. Inoltre in linea di tendenza i posti letto si contraggono in queste aree di più che nelle zone A e B. In presenza di una rarefazione dei servizi ospedalieri assume maggiore rilevanza l’organizzazione di una rete efficiente di assistenza territoriale (specialistica ambulatoriale, assistenza domiciliare integrata, etc.) e il ricorso a soluzioni basate sulla telemedicina.

In tema di servizi inoltre assume rilevanza, accanto alla dotazione, la distribuzione sul territorio degli stessi e il grado di accessibilità a servizi ubicati in aree limitrofe. La conoscenza di tali elementi è necessaria per consentire di concentrare gli sforzi laddove sono maggiori le problematiche in termini di marginalità. A questo riguardo la metodologia di analisi del territorio messa a punto ai fini della strategia per le Aree interne nazionali2 consente di evidenziare all’interno delle aree C e D quelle che presentano, accanto ad una scarsa dotazione, anche un problema di perifericità rispetto ai centri d’offerta di servizi di base. In particolare, in termini di popolazione le aree rurali intermedie (zone C) che risultano classificate come periferiche rappresentano il 51% della superficie e il 30% della popolazione complessiva di questa tipologia. Nelle aree con problemi di sviluppo tali percentuali salgono rispettivamente all’84% e al 67%. Si consideri che dal punto di vista dell’accessibilità esiste una differenziazione interna anche nelle zone ad agricoltura intensiva (zone B), evidenziata dalla diversa classificazione dei singoli comuni rispetto alla distanza dai centri di offerta dei servizi di base. Qui il 26% della superficie e il 16% della popolazione afferiscono a comuni classificati come interni. In linea generale guardando agli indicatori di reddito, importanza delle attività agricole e dinamica della SAU le aree interne afferenti alle diverse tipologie di aree rurali presentano un livello di debolezza maggiore.

La sostanziale situazione di fragilità sopra illustrata per quel che concerne i servizi e la diversificazione del sistema economico, soprattutto nelle zone con problemi di sviluppo più

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periferiche (aree D ricadenti in aree interne), è alla base delle dinamiche demografiche dell’ultimo decennio. Tali aree che hanno subito nei passati decenni una forte decrescita demografica, sono caratterizzate dal persistere di una tendenza al calo demografico (-1,5%) nelle zone interne più marginali. Qui e in generale nelle aree rurali con problemi di sviluppo (aree D) l’incremento degli ultra sessantacinquenni (rispettivamente 5% e 8%) e il calo dei giovani (rispettivamente -8% e -11%) in età scolare (0-15 anni) hanno determinano il progressivo invecchiamento demografico della popolazione. Tale andamento interessa, in misura meno accentuata, anche le aree rurali intermedie con caratteri di perifericità (-3,5% i giovani; +12% gli ultra sessantacinquenni)

Per invertire questi trend nelle aree più deboli, caratterizzate da scarsa accessibilità ai servizi di base, è necessario rompere una dinamica di causazione negativa tra carenza dei servizi di base, scarso sviluppo e spopolamento. A tal fine è prioritaria la creazione di sinergie tra l’azione nazionale sui servizi e quella congiunta dei diversi fondi comunitari per lo sviluppo, come proposto dalla Strategia nazionale aree interne nell’ambito dell’Accordo di Partenariato 2014-20. Questo aspetto verrà approfondito nella parte terza del presente rapporto.

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