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La concettualizzazione dell’innovazione in termini di logica S-D si basa principalmente sul diverso significato del servizio; piuttosto che essere vista come un risultato, l’innovazione è percepita come un processo in cui fornitore e utente cercano insieme modi che consentano loro di collaborare con successo nell’integrazione delle risorse e nella promozione della creazione di valore (Vargo and Lusch, 2008). In altre parole, l’innovazione riguarda la scoperta di modi innovativi di co-creazione di valore e definizione di nuove proposte di valore, in quanto le innovazioni dei servizi sono strumentali alla creazione di valore. “La

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service innovation emerge quando gli attori interagiscono, integrano risorse e sviluppano pratiche di mercato volte a fornire nuovi benefici per ogni soggetto coinvolto che può assumere il ruolo di co-innovatore” (Lusch and Vargo, 2006). In tal modo, l’innovazione viene vista come un processo sociale di costruzione di valore, in un contesto caratterizzato da varietà e variabilità di attori, risorse e ambienti, in cui viene sviluppata non solo attraverso schemi pianificati, ma soprattutto mediante pratiche emergenti.

Partendo dai presupposti della logica S-D alcuni studiosi propongono una prospettiva diversa sull’innovazione, osservandola in termini di tre principali focus:

- Concettualizzazione dell’innovazione e suo legame con la creazione di valore; - Clienti come co-innovatori;

- Reti di attori che partecipano all’innovazione.

Con riferimento al primo focus, Mele (2009) definisce l’innovazione di valore come “lo sviluppo di nuove competenze o una nuova combinazione di competenze esistenti per la fornitura di nuovi o maggiori benefici a una o più parti” (p. 204). Dunque, le aziende impegnate nell’innovazione producono conoscenza, la assorbono e la rendono disponibile ai clienti, che poi partecipano utilizzando le proprie competenze per realizzare valore in uso. Ordanini e Parasuraman (2011), partendo dall’approccio S-D logic, propongono un modello che spiega gli antecedenti e le conseguenze dell’innovazione nei servizi. Tale modello individua tre driver principali dell’innovazione nei servizi, precisamente le competenze collaborative (l’abilità di coinvolgere clienti e partner aziendali nel processo di innovazione), la capacità dinamica di orientamento al cliente (l’abilità di rimanere focalizzati sia sul cliente, sia sull’innovazione) e le interfacce di conoscenza (il personale ed altri meccanismi per integrare la conoscenza nell’impresa) e ipotizza che essi abbiano effetti

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diversi sulla frequenza e sulla radicalità dell’innovazione. I risultati confermano la maggior parte delle previsioni derivanti dai principi di SDL: la collaborazione con i clienti stimola la frequenza di innovazione, mentre la collaborazione con i partner stimola la sua radicalità; la collaborazione col personale di contatto nel processo di innovazione dei servizi stimola non solo la frequenza di innovazione, come ci si attendeva, ma anche la sua radicalità; l’uso di meccanismi di integrazione della conoscenza migliora la radicalità dell’innovazione. Michel et al. (2008a, b) sottolineano la necessità di considerare l’innovazione come una proposta che richiede ai fornitori e ai clienti di migliorare o modificare la loro co-creazione di valore. “La modifica del valore così come viene definita e utilizzata dal cliente, non il valore nella produzione e nello scambio, definisce l’innovazione” (Michel et al., 2008b, p.50).

Con riferimento al secondo focus, il ruolo dei clienti come co-innovatori, essi non sono più considerati semplici acquirenti e utenti di un prodotto o servizio di cui “distruggono” valore. Acquisendo una nuova proposta di valore, essi svolgono attività di creazione di valore al fine di ottenere valore dal suo utilizzo (valore in uso). Di conseguenza, i clienti assumono anche il ruolo di co-creatori di valore (in uso) nell’ innovazione di servizio, cioè, sono co- innovatori di valore. Nella loro veste di co-innovatori, inoltre, essi contribuiscono allo sviluppo di nuove proposte di valore coproducendo risultati innovativi che sono conformati alle loro idee e conoscenze. E non sono solo i lead user (von Hippel, 2005) che contribuiscono in questo modo, poiché gli attuali strumenti dell’Information and Communication Technology consentono anche ai clienti “normali” di diventare co- innovatori e di sperimentare lo sviluppo di un’innovazione dalla generazione di idee fino al suo utilizzo (Flint, 2006; Mele, 2009; Russo-Spena e Mele, 2012; Caridà et al., 2014). Durante questo processo le aziende e i clienti possono impegnarsi in molte attività

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interattive (Edvardsson e Tronvoll, 2013) che portano all’applicazione di innovazioni aperte, guidate da “pensiero incentrato sul servizio”, realizzando così “open-service innovation”, per usare la terminologia di Chesbrough (2011).

Con riferimento al terzo focus ovvero le reti di attori che partecipano all’innovazione, occorre considerare che gli attori (azienda, cliente, e altri stakeholder) formano una rete di relazioni interagenti che genera valore attraverso la condivisione e l’integrazione di risorse. Le reti, dunque, sono intese come contesti di collaborazione e fonti di conoscenza, risorse e capacità che, attraverso l’interazione e le relazioni, consentono di superare la separazione tra aziende, clienti e stakeholder. Vari studiosi hanno proposto l’uso del termine generico “attore” per enfatizzare le interazioni attore-attore (A2A) che facilitano la co-creazione di valore rispetto all’innovazione (Edvardsson e Tronvoll, 2013; Gummesson, 2011; Vargo e Lusch, 2011). Ampliando il punto di vista, il processo di innovazione in rete è sviluppato all’interno di un ecosistema dell’innovazione in cui le interazioni continue tra i vari stakeholders consentono loro di integrare le proprie risorse al fine di co-creare valore reciproco.La logica S-D enfatizza il ruolo dell’ecosistema del servizio, cioè il contesto più ampio sociale, culturale, economico e politico. Secondo Vargo e Lusch (2012, p 31), gli ecosistemi dei servizi descrivono sistemi autoregolati di attori che integrano le risorse, collegati da logica istituzionale condivisa e creano valore reciproco attraverso lo scambio di servizi. La metafora dell’ecosistema permette di prendere in considerazione la crescente complessità dei mercati e delle industrie che influenzano l’innovazione. Le barriere tra le industrie non hanno più importanza; aziende manifatturiere e di servizi stanno confondendo i loro confini. I modelli di business su Internet “multisided” (come Amazon, Google, eBay, Alibaba) stanno sviluppando piattaforme per innovare in cui consumatori e fornitori stanno

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confondendo i loro consueti ruoli distinti. Anche nelle industrie tradizionali, i consumatori stanno diventando innovatori attivi (come nei casi di Starbucks, Build a bear, Threadless) e le regole del gioco stanno cambiando rapidamente. In questo contesto la varietà e la variabilità di attori, ruoli, risorse e contesti caratterizzano un ecosistema complesso in cui l’innovazione è diventata così onnipresente, che si sviluppa non solo attraverso schemi pianificati, ma anche pratiche emergenti. La metafora dell’ecosistema descrive “le connessioni tra organizzazioni che condividono caratteristiche comuni o complementari e che motivano o facilitano una qualche forma di scambio di informazioni e altre risorse” (Mars et al., 2012, p. 274). L’ “ecosistema dell’innovazione” è quindi il contesto in cui gli attori: in primo luogo condividono norme, valori e istituzioni, interagiscono e costruiscono relazioni, attraverso le quali utilizzano e integrano risorse con lo scopo di co-creare innovazione.