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Il Private Equity come strumento di supporto dell’economia reale 1 Il Private Equity supporta l’Innovazione

Capitolo II: CONTRIBUTO DEL PRIVATE EQUITY SULLA CRESCITA ECONOMICA

3. Il Private Equity come strumento di supporto dell’economia reale 1 Il Private Equity supporta l’Innovazione

Quando si parla di innovazione nell’ampio spettro del private equity si fa principalmente riferimento all’attività di finanziamento condotta dai fondi Venture Capital. Nel corso del primo capitolo ne abbiamo evidenziato le peculiarità operative, analizzando le diverse forme di intervento previste per la fase di Avvio e per quella di Sviluppo dell’impresa target. In particolare, l’Early Stage Financing rappresenta quella forma di investimento a carattere più innovativo in quanto privilegia e sostiene quelle imprese che intendono sviluppare il proprio business in settori scientifici/tecnologici o in progetti derivanti da un’approfondita attività di ricerca, anche universitaria. Si tratta di imprese di piccole dimensioni, al cui progetto imprenditoriale è associato un livello di rischio molto alto che, legato alle peculiari caratteristiche economico- finanziarie, le rende non idonee per l’accesso al credito o al mercato borsistico. D’altra parte il settore in cui esse operano è un settore caratterizzato da un livello di innovazione notevole e da prospettive di crescita altrettanto elevate. E la combinazione di questi due fattori, innovazione-crescita, a rendere tale segmento attrattivo soprattutto per quella tipologia di investitore maggiormente propensa al rischio. Il Private Equity, dunque, diviene un’opportunità per entrambi i soggetti coinvolti: opportunità ravvisabile per l’investitore nel più alto capital gain ottenibile dall’investimento; per l’impresa target, invece, in quella serie di input indispensabili per la realizzazione del progetto imprenditoriale e per la messa in funzione della “macchina impresa”. Il supporto della società private equity alla impresa target si concretizza, infatti, nell’apporto di: capitale paziente, attraendo investitori ed allocando le rispettive risorse finanziarie in alettanti progetti imprenditoriali; competenze manageriali, manager con know how specifico, altamente professionali, sostengono e affiancano l’imprenditore durante tutta l’operazione e per un periodo successivo alla sua conclusione; network di contatti con esperti del settore, operanti sia a livello nazionale che internazionale, e che conferiscono maggiore certezza non solo all’operazione in sé, ma anche al futuro dell’impresa.

Secondo i dati pubblicati dalla EVCA nel Yearbook 201350, 5.089 sono le imprese

target, residenti nel territorio dell’Unione Europea, ad aver beneficiato di investimenti da parte di società private equity per un valore totale di €35.7b, valore inferiore del 3% rispetto al corrispettivo livello raggiunto nell’anno precedente e del 95.5% rispetto al

62 livello pre-crisi (2007). Nel 2007 il valore totale dei capitali investiti era pari a €69.8b, distribuito per un numero di imprese uguale a 5.114. Nel corso dell’anno successivo la quota dei capitali investiti si riduce del 31%, mentre aumenta il numero delle imprese partecipate (5.567). E nel 2009 che si segnala una drastica contrazione tanto nei capitali investiti, €24.3b, quanto nel numero di imprese destinatarie degli investimenti, 4.472. Sintomo di come anche il Private Equity al pari delle tradizionali attività di investimento abbia risentito della particolare congiuntura economica. Tra il 2010-2011 il mercato degli investimenti segnala una continua e sostenuta ripresa, rispettivamente del 42% e del 46% rispetto ai livelli 2009. Nel biennio 2012-2013, pur restando pressoché invariato il numero di imprese target (5.080-5.089), l’ammontare degli investimenti è in calo di circa il 20% rispetto al biennio precedente.

Tabella 3. Private Equity Investments by Stage Focus (2007-2013) Fonte: Riproduzione Propria su dati EVCA, Yearbook 2013

Dai dati riportati in tabella emerge come il segmento Venture Capital risulta essere il terzo per ammontare investito e primo per numero di imprese partecipate. Ciò è spiegato dai modesti apporti finanziari riconosciuti a progetti imprenditoriali innovativi a cui è associato un livello di rischio medio-alto. Guardando più da vicino i dati relativi al segmento Venture, analizziamo la ripartizione degli investimenti per forma di intervento; dimensione dell’impresa target; settori economici coinvolti. Rispetto al primo punto, si denota un andamento dei capitali investiti nei singoli stage similare rispetto a quello di settore precedentemente osservato, seppur con qualche differenza. Nello specifico, tra il 2007-2008 per ciascun stage si denota un trend in rialzo pari a +26% per il seed, +4% per lo start-up e il later stage venture. Diversamente, dal 2009 il valore dei capitali investiti continuerà a mantenersi inferiore rispetto ai livelli precedentemente rilevati, toccando un primo punto di minimo nel 2010 a cui seguirà una leggera ripresa nel corso dell’anno successivo. E al 2012 che viene fatto corrispondere il valore più basso degli investimenti nei tre stage, complessivamente pari a €3.2b. Il 2013 si conclude con valori investiti più alti del 5% per lo start-up e del 7% per il later, mentre si registra una ulteriore contrazione del 2.5% per il seed.

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Figura 5. Venture Capital Investments by Stage Focus (2007-2013) Fonte: Riproduzione propria su dati EVCA, Yearbook 2013

Da notare come le forme di intervento nel capitale di rischio dell’impresa target maggiormente attrattive sono la start-up e il later stage venture, mentre i capitali investiti nel seed continuano a mantenersi notevolmente al di sotto del valore medio annuale investito dai fondi venture capital51. Questi ultimi, a partire dal 2009 hanno concentrato la propria operatività principalmente verso lo start-up, rappresentando nel 2013 il 55% e il 59%, rispettivamente dell’ammontare investito e delle imprese partecipate.

Come prima accennato, le imprese target verso cui il Venture Capital destina i propri investimenti sono principalmente PMI, ossia microimprese, piccole imprese, medie imprese. Prima di procedere ad una analisi dei dati di settore, risulta opportuno ricordare i criteri sulla base dei quali un’impresa può dichiararsi essere una PMI. Tali criteri sono

stati individuati dalla Commissione Europea in una raccomandazione52 a seguito della

quale, a partire dal 1/gennaio/2005, è entrata in vigore una nuova definizione di PMI, valida per tutto il territorio dell’Unione Europea. I criteri di cui sopra attengono al:

i) NUMERO DI UNITÁ LAVORATIVE PER ANNO (ULA), i cosiddetti

EFFETTIVI;

ii) FATTURATO ANNUO;

iii) TOTALE DI BILANCIO ANNUO.

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Il venture capitalist investe poco in tale stage dato l’elevato rischio connesso alla difficoltà di valutare se l’iniziativa imprenditoriale proposta può essere effettivamente market oriented. Ciò rende l’operazione nel suo insieme non conveniente per l’investitore in quanto gli elevati costi sostenuti per la consulenza resterebbero non adeguatamente remunerati. Un ruolo decisivo per il Seed Financng è svolto dagli investitori privati e dai cosiddetti Business Angels (v. Capitolo I, paragrafo 1.2.).

52 Raccomandazione 2003/361/CEE che ha modificato la definizione di PMI data dalla precedente

64 Mentre è obbligatorio rispettare la soglia relativa al numero di impiegati, un’impresa per definirsi PMI è sufficiente che rispetti uno degli altri due criteri: quello del fatturato o quello del totale di bilancio. L’impresa, dunque, non deve soddisfarli entrambi, ma può superare una delle soglie previste per ciascun criterio senza perdere la qualifica di PMI. Le soglie previste sono riportate in Tabella 4.

Tabella 4. Criteri qualificanti una PMI Fonte: Riproduzione propria

EFFETTIVI FATTURATO TOTALE DI BILANCIO