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1 Appello e procedimento in camera di consiglio: strumenti utili per contenere i tempi processuali 2 Limiti cronologici per una ragionevole

2. La problematica delle notificazioni.

Un serio ostacolo alla celebrazione del procedimento in tempi ragionevoli è costituito dalle notificazioni. Ove non sia rimesso alle cancellerie, il controllo circa il buon fine delle notificazioni viene effettuato per lo più a ridosso dell’udienza, quando la verifica eventualmente negativa potrebbe condurre ad altro che ad un inevitabile rinvio: dovrebbe invece essere buona norma anticipare di molto questo controllo. Un possibile rimedio è rintracciabile internamente al sistema, l’art. 613 c.p.p. prescrive con riguardo al giudizio che si svolge dinanzi alla Cassazione, che per tutti gli atti che si compiono nel procedimento davanti alla Corte il domicilio delle parti è presso i rispettivi difensori.

Un altro rimedio per situazioni straordinarie è previsto dall’art. 175 comma 1 c.p.p. al fine di rimediare alla situazione in cui un certo impedimento, non imputabile alla parte che reclama il rimedio, abbia reso impossibile alla stessa l’esplicazione di una data attività nel termine perentorio fissato dalla legge, dispone che il pubblico ministero, le parti private e i difensori sono restituiti nel termine stabilito a pena di decadenza, se provano di non averlo potuto osservare per caso fortuito o per forza maggiore. L’impedimento deve scaturire da caso fortuito da forza maggiore: per caso fortuito si intende un evento non previsto né prevedibile dalla parte e che sia intervenuto prima dell’inizio o nel corso o dopo l’esaurimento dell’attività posta in essere dalla parte stessa per il

complimento dell’atto, mentre per forza maggiore quella energia causale, naturale o umana o sub umana, alla quale la parte non ha potuto resistere e che rese vano ogni sforzo per l’adempimento dell’atto entro il termine stabilito. La richiesta di restituzione nel termine per proporre impugnazione od opposizione, relativamente all’imputato nei ci confronti sia stata pronunciata sentenza contumaciale o decreto penale di condanna, può anche poggiare sul fatto che questi provi di non aver avuto effettiva conoscenza del provvedimento da impugnare. L’art. 175 comma 2 c.p.p. prevede che l’imputato deve provare che la mancanza di effettiva conoscenza del provvedimento da impugnare non è dovuta a sua colpa; occorre inoltre che l’impugnazione non sia stata proposta dal difensore e che, ove la sentenza contumaciale sia stata notificata mediante consegna al difensore nei casi prevista dagli artt. 159, 161 comma 4 e 169 c.p.p., l’imputato non sia stato sottratto volontariamente alla conoscenza degli atti del procedimento. I soggetti legittimati sono tenuti a presentare la richiesta per la restituzione, a pena di decadenza, entro dieci giorni da quello nel quale è cessato il fatto costituente il caso fortuito o la forza maggiore ovvero, nei casi previsti dal comma 2, da quello in cui l’imputato ha avuto effettiva conoscenza dell’atto. L’art. 175 comma 3 prescrive che la restituzione non può essere concessa più di una volta per ciascuna parte in ciascun grado del procedimento.

Anche la disciplina dettata per il giudizio contumaciale produce un appesantimento della durata del processo. Il nostro codice consente all’imputato, pur avvertito della celebrazione di un processo a suo carico, di non comparire dinanzi all’autorità giudiziaria; in base all’art. 420 quater c.p.p. è previsto infatti che se risulta che non vi è stata assoluta impossibilità a comparire dell’imputato e che la sua assenza quindi è volontaria, il giudice ne dichiara la contumacia, sentite le parti sulle questioni connesse alla sua mancata comparizione ( la contumacia qualifica la posizione dell’imputato che, citato in dibattimento, non compare senza addurre alcun legittimo impedimento ). L’ordinanza dichiarativa della contumacia è nulla se al momento della pronuncia vi è la prova che l’assenza dell’imputato è dovuta a mancata conoscenza della citazione, ma anche nel caso in cui al momento della pronuncia vi è prova che l’assenza dell’imputato è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento. Le possibilità di revoca dell’ordinanza di contumacia sono legate invece alla comparizione tardiva dell’imputato e alla sopravvenuta prova circa la mancata conoscenza della citazione o l’assoluta impossibilità di comparire. Se l’imputato comprare prima della decisione il giudice revoca l’ordinanza che ha dichiarato la contumacia, in tal caso l’imputato può rendere

dichiarazioni spontanee e chiedere di essere sottoposto all’interrogatorio. Ulteriore possibilità di revoca dell’ordinanza dichiarativa di contumacia è poi prevista per i casi in cui la prova della mancata conoscenza della citazione o della assoluta impossibilità di comparire sopravvenga dopo la pronuncia dell’ordinanza, ma prima della decisione. In questi casi il giudice rinvia il dibattimento solo se l’imputato non è comparso, prosegue invece nel dibattimento se l’imputato compare. La contumacia per quanto costituisca l’estrinsecazione di una facoltà che rientra nel diritto di difesa, cagiona un pregiudizio alla credibilità della sentenza conclusiva e non solo, si pensi all’impossibilità delle dichiarazioni spontanee che il giudicabile, qualora fosse comparso, avrebbe potuto rendere , e ancora al venir meno dell’elemento essenziale del contraddittorio. Ciò che appare incomprensibile è il motivo per cui si debba prolungare il tempo del processo per un soggetto che volontariamente rinuncia a comparire e non manifesta alcuna lacuna di conoscenza che merita di essere colmata.

Va riconosciuto che molti rinvii, con conseguente allungamento dei tempi processuali, sono dovuti all’assetto della professione forense; a questo problema potrebbe ovviarsi trasformando in obbligo la facoltà per il difensore, di nominare un sostituto a norma dell’art. 102 c.p.p. con eventuale reciprocità rispetto ad altro difensore impegnato nel medesimo processo, in modo da limitare i rinvii per legittimo impedimento del titolare a quelli effettivamente necessari per l’esercizio del diritto di difesa.

Una considerazione a sé merita il caso dei ritardi imputabili a scioperi dei difensori delle parti; l’indirizzo giurisprudenziale della Corte di cassazione afferma che l’astensione collettiva delle udienze, deliberata dall’associazione di categoria, non costituisce legittimo impedimento a norma dell’art. 420 ter comma 5 c.p.p., per cui l’adesione del difensore allo sciopero di categoria costituisce una libera scelta e deve essere inquadrata nella nozione di abbandono della difesa.

Si devono registrare alcune iniziative provenienti non dal legislatore ma dagli operatori del diritto. Per esempio la magistratura togata ha intrapreso un’iniziativa lodata da più parti, ovvero il << Programma Strasburgo >>, messo a punto dal Presidente del Tribunale di Torino, << per l’eliminazione mirata ed immediata del vecchio arretrato >>. Il Programma Strasburgo è incentrato sull’uso rigoroso del potere di direzione del processo ex art. 175 c.p.c. e sulla rivitalizzazione di alcune regole processuali cadute in desuetudine.