3. La Regione Toscana: Azienda Usl Toscana nord ovest
3.2. Azienda Usl Toscana nord ovest
3.2.9 Procedura operativa dell’Azienda Usl Toscana Nord Ovest sulla gestione delle
L’Azienda Usl Toscana Nord Ovest ha attuato la seguente Raccomandazione tramite la creazione di un’apposita procedura operativa. Con la seguente procedura viene quindi recepita ufficialmente, a livello aziendale, la “Raccomandazione sul corretto utilizzo delle soluzioni concentrate di cloruro di potassio – KCL – ed altre soluzioni concentrate contenenti potassio”. Al fine di improntare l’organizzazione aziendale per la corretta gestione delle indicazioni contenute in tale documento tutto il personale sanitario coinvolto si deve impegnare a:
implementare la diffusione della Raccomandazione a tutto il personale interessato;
applicare le indicazioni contenute nella raccomandazione nelle proprie strutture, secondo le responsabilità individuate;
revisionare le procedure Aziendali, di Presidio e di struttura sulla base delle indicazioni contenute nella raccomandazione ministeriale;
organizzare programmi aziendali di formazione e informazione che riguardino il personale sanitario coinvolto nell’uso delle soluzioni concentrate contenenti potassio;
monitorare attivamente l’applicazione delle Raccomandazioni e delle relative procedure.
L’Azienda Usl Toscana Nord Ovest ha deciso di fare una procedura ad hoc poiché gli errori associati a tale raccomandazione sono notevoli e il rischio di arrivare alla morte di un paziente è elevato. La struttura ha voluto quindi prevenire i “quasi eventi” per ridurre il rischio derivante dalle soluzioni concentrate di potassio, attivando in modo concreto la raccomandazione ministeriale e modellandola secondo l’esigenza e l’organizzazione dell’azienda. In questo contesto ad innescare la creazione di questa procedura, è stata la rilevazione di errori rilevati dalle cartelle cliniche. Statisticamente parlando, dall’analisi delle cartelle cliniche è stato rilevato frequentemente l’errore derivante dal potassio. Ci sono stati quasi eventi o eventi a danno del paziente nella somministrazione del potassio in dose eccessive rispetto a quello che era previsto. A seguito di questi è stato rivisto il protocollo aziendale ed è nata questa raccomandazione per gli operatori sanitari a cui si devono attenere per far sì che non
117 accadano più questi errori. L’Azienda mira quindi a provvedere la valutazione dei rischi sul corretto utilizzo delle soluzioni di potassio e a mettere in atto misure preventive per evitare che ciò accadi o comunque per cercare di ridurre l’insorgere di errori dovuti a questo problema. Sulla base di quanto detto l’Azienda si prefissa di migliorare e monitorare tale fenomeno e di far sì che tutti gli operatori sanitari abbiano a disposizione tutte le informazioni necessarie per prevenire tale errori.
Come si può notare l’impegno per la sicurezza, passa quindi non soltanto dalla rilevazione degli “eventi avversi”, ma soprattutto dallo sforzo e dalla propensione alla “misurazione della sicurezza delle cure” e all’utilizzo delle relative fonti informative da cui attingere le informazioni. Vi sono infatti ampie evidenze sul fatto che le organizzazioni più affidabili sono quelle che mettono al centro della loro attenzione la misurazione ed il monitoraggio della sicurezza. La questione che viene posta rispetto alla tematica riguarda di fatto l’impegnativo tema dell’individuazione di tutti gli incidenti/accadimenti significativi per la sicurezza delle cure e di tutte quelle informazioni che possono essere utilizzate per attuare azioni che aumentino il livello di sicurezza nelle organizzazioni sanitarie. Non deve sfuggire infatti che la rilevazione degli eventi viene posta dal legislatore in correlazione con l’analisi degli stessi per individuarne le cause e soprattutto per la predisposizione di iniziative conseguenti finalizzate ad evitarne il riaccadimento. Risulta quindi chiaro che la prospettiva evocata e che rappresenta l’elemento centrale è quella della prevenzione e del miglioramento.
Gli errori che più frequentemente si associano all’uso e.v. delle soluzioni concentrate di potassio sono:
lo scambio di fiala; la mancata diluizione;
la non corretta preparazione del prodotto da infondere; l’errata identificazione del paziente.
Sulla base della raccomandazione Ministeriale e della letteratura occorre agire sulle seguenti leve per ridurre gli errori nell’utilizzo di soluzioni concentrate di potassio e.v.: Azzerare il rischio rimuovendo le soluzioni concentrate di potassio dai reparti non impegnati in attività critiche. Come evidenziato dalla Joint Commission “le soluzioni concentrate di potassio devono essere considerate farmaci ad alto
118 rischio ed essere trattate come sostanze controllate stabilendo precise restrizioni nell’approvvigionamento, utilizzo e conservazione”.
Garantire la disponibilità di soluzioni già diluite di potassio. Come evidenziato dal Ministero della Salute: “le soluzioni contenenti K per uso e.v. dovrebbero essere prescritte, quando le condizioni cliniche lo consentono, in quelle formulazioni commerciali già diluite e pronte all’uso”.
Standardizzare le modalità di comportamento degli operatori per le seguenti fasi critiche del processo di gestione del farmaco: conservazione, prescrizione, preparazione e somministrazione delle soluzioni concentrate.
La procedura operativa dell’Azienda Usl Toscana nord ovest ci dice che37:
Lo scopo della seguente procedura è quello di recepire le indicazioni della raccomandazione del Ministero della salute N. 1 marzo 2008 “Raccomandazione sul corretto utilizzo delle soluzioni concentrate di cloruro di potassio – KCL – ed altre soluzioni concentrate contenenti potassio” e fornire indicazioni per la corretta gestione e il corretto utilizzo delle soluzioni concentrate di cloruro di potassio – KCL – e delle altre soluzioni concentrate contenenti potassio nell’Azienda USL Toscana Nordovest, al fine di:
1. ridurre il rischio di sovradosaggio accidentale di K derivante dall’uso improprio di soluzioni concentrate di KCL e di altre soluzioni a elevato contenuto di K (punto 2 della Raccomandazione);
2. garantire la tracciabilità della prescrizione e della somministrazione (punto 4.2 A della Raccomandazione);
3. regolamentare la conservazione, l’approvvigionamento, la somministrazione e l’allestimento (punti 4.1-4.5 della Raccomandazione);
4. monitorare le richieste e i consumi al fine di valutare l’appropriatezza d’uso (punto 2 della Raccomandazione);
5. raccomandare l’utilizzo di soluzioni contenenti potassio pronte all’uso (punto 4.2 B delle Raccomandazioni).
La procedura deve essere applicata ogni qualvolta sia necessario procedere all’utilizzo di soluzioni concentrate di potassio. Sulla base delle Raccomandazioni ministeriale, nell’Azienda Usl Toscana nord ovest sono stati individuati reparti autorizzati a
119 detenere le fiale di potassio. I reparti non autorizzati, in caso di necessità cliniche, possono fare richiesta di soluzioni di KCL alla Farmacia o, negli orari in cui la Farmacia è chiusa, ai Reparti Autorizzati.
Le soluzioni contenenti K per uso e.v. dovrebbero essere prescritte, quando le condizioni cliniche lo consentono, in quelle formulazioni commerciali già diluite e pronte all’uso. Laddove le condizioni cliniche del paziente richiedano l’utilizzo di soluzioni con diluizione commercialmente non disponibile, le soluzioni devono di norma essere preparate presso la Farmacia Interna. Qualora la Farmacia non sia in grado di preparare le soluzioni richieste, possono essere preparate direttamente presso le unità operative/aree assistenziali.
Il Medico è responsabile dell’appropriata prescrizione terapeutica. Per assicurare la tracciabilità della prescrizione nella documentazione clinica del paziente (Scheda Unica di Terapia) il medico deve riportare:
nome del prodotto e concentrazione (mEq/ml); dose in mEq da somministrare al paziente; volume espresso in ml da prelevare dalla fiala;
volume e tipo di soluzione da utilizzare per diluizione (specificare il solvente in cui diluire il potassio, es.: soluzione fisiologica o glucosata e la quantità espressa in ml);
via di somministrazione;
frequenza e velocità di somministrazione; firma inizio terapia;
data e ora inizio terapia di prescrizione; firma.
Quando le soluzioni concentrate di potassio giungono in reparto, il Coordinatore Infermieristico o suo delegato, deve provvedere a sistemare tali farmaci in armadi possibilmente chiusi, distinti da quelli ove vengono conservati i farmaci di uso corrente, all’interno di contenitori che rechino la segnalazione di allarme “diluire prima della somministrazione: mortale se infuso non diluito”. Le fiale di potassio devono essere rigorosamente separate dagli altri farmaci.
L’infermiere, dopo aver verificato attentamente la prescrizione del Medico, deve provvedere all’allestimento della soluzione da somministrare.
120 Dopo aver acquisito le fiale di potassio non diluite ed aver verificato attentamente la prescrizione del Medico, provvede all’allestimento della soluzione con controllo in doppio effettuato da un secondo operatore non impegnato nell’esecuzione di altre attività.
Compete sempre all’Infermiere togliere le fiale di soluzione di potassio, una volta utilizzate, dal carrello e conservarle, onde prevenire possibili errori.
L’infermiere, al momento della somministrazione di soluzioni a concentrazione variabile di potassio, valuta attentamente l’identità della persona, la prescrizione del medico e il farmaco ricevuto dalla farmacia e procede ad attuare quanto prescritto mettendo sempre in atto un duplice controllo quali/quantitativo sulle azioni personalmente svolte avente la finalità di valutare: corretta diluizione, corretta identificazione del paziente, corrispondenza della velocità di infusione con la prescrizione medica. Questi controlli devono essere effettuati ad alta voce prima della somministrazione al letto del paziente. La struttura deve dichiarare, a seconda della tipologia di cartella clinica che utilizza (cartacea o informatizzata) le modalità adottate per rendere tracciabile il doppio controllo.
La letteratura internazionale ha fornito numerose evidenze in merito al ruolo delle interruzioni cui gli operatori sono sottoposti nell’errore di terapia; le interruzioni influenzano direttamente la qualità e la sicurezza delle cure in quanto possono compromettere il processo decisionale o l’efficienza degli operatori quando si verificano durante lo svolgimento di procedure complesse, delicate, che richiedono
una particolare concentrazione, come le trasfusioni o la
preparazione/somministrazione di soluzioni contenenti potassio od altri farmaci ad elevato livello di attenzione.
La preparazione delle soluzioni contenenti potassio deve avvenire in un’area libera da interruzioni specificatamente identificata in ciascun setting assistenziale.
Compete al Medico e all’Infermiere, ciascuno per le rispettive competenze, la puntuale compilazione degli allegati inerenti la gestione delle soluzioni concentrate di Potassio Cloruro e della Scheda Unica di Terapia.
Compete al Direttore UO verificare la completezza della Cartella Clinica anche per quanto riguarda le indicazioni relative alla prescrizione, allestimento e somministrazione delle soluzioni di potassio.
121 Il Farmacista Responsabile di settore ha il compito di organizzare e vigilare la corretta gestione delle scorte di potassio in farmacia.
Il Farmacista collabora con il Medico al monitoraggio delle relazioni avverse e loro relativa segnalazione al Ministero della Salute e collabora alla corretta applicazione delle Linee Guida.
Qualora un Medico evidenzi la comparsa di una reazione avversa imputabile alla somministrazione di una soluzione salina contenente potassio deve procedere alla compilazione della scheda ministeriale per le relazioni avverse e comunicare tale evento all’ufficio Farmacovigilanza, trasmetterlo alla Farmacia, il Farmacista provvederà ad inoltrare tale segnalazione al Ministero.
Compete al Direttore di Unità Operativa al Coordinatore infermieristico prevedere, nell’ambito dei programmi di formazione continua del Personale, specifici momenti di aggiornamento ed informazione sul tema, promuovere l’analisi degli eventi avversi in collaborazione con il facilitatore del rischio clinico e con eventuale supporto delle funzioni aziendali per la qualità e la sicurezza.
Di seguito potremo osservare una tabella che indica la matrice di responsabilità che va ad associare ad ogni figura all’interno dell’ospedale quello che è il suo compito e in maniera specifica se ne è responsabile (R), coinvolto (C) o informato (I) per realizzare quella determinata attività. All’interno della matrice sono descritte anche le varie fasi da attuare.
Responsabilità “reparti autorizzati” alla tenuta delle soluzioni di potassio
FASI
Direttore di struttura
Medico Farmacista Coordinatore Infermieristico Infermiere Prescrizione del farmaco al singolo paziente R Distribuzione ai reparti autorizzati R
122 Stoccaggio all’interno del reparto R I Allestimento della terapia, verifica in doppio, somministrazione del farmaco diluito C* R Gestione documentazione sanitaria R R C R Formazione R R Archiviazione R R
Fonte Azienda Usl Toscana nord ovest
Responsabilità dei “reparti non autorizzati a detenere soluzioni di potassio”
FASI
Direttore di struttura
Medico Farmacista Coordinatore Infermieristico Infermiere Operatore Tecnico Richiesta Farmaco in ORARIO DI APERTURA DELLA FARMACIA R C I C Allestimento della soluzione da parte della Farmacia R C Richiesta Farmaco in ORARIO DI CHIUSURA DELLA FARMACIA R I C Restituzione fiale non somministrate I R C
123 Allestimento della terapia in ORARIO DI CHIUSURA DELLA FARMACIA O IN STRUTTURE DOVE LA FARMACIA NON ESEGUE LE DILUIZIONI, verifica in doppio, somministrazione del farmaco diluito C* I R Gestione documentazione sanitaria R R C R Formazione R R Archiviazione bolle di stoccaggio I R C
Fonte Azienda Usl Toscana nord ovest
La matrice di responsabilità ha la finalità di allocare le persone assegnando responsabilità e compiti. Lo scopo di questa matrice è chiarire e concordare su chi fa cosa. In questa procedura il medico è coinvolto (C*) solo nel caso in cui abbiamo effettuato le operazioni di controllo in doppio propedeutiche alla somministrazione; se tali operazioni sono state eseguite da due infermieri, il medico è informato “I”.
Questa procedura è servita per scrivere dettagliatamente gli atti che si compiono per eseguire questa attività, dove vengono applicati concetti scientifici senza lasciare spazio a discrezionalità. Sono state standardizzate e rese comuni le azioni ed è stata uniformata l’esecuzione dell’attività, stabilendo in modo chiaro a chi sono assegnate le varie mansioni.
Alla creazione di tale procedura ci si è arrivati tramite l’analisi delle cartelle cliniche e la segnalazione di un operatore sanitario che è stato coinvolto in azioni insicure,
124 “quasi evento” o evento senza conseguenze, che ha segnalato il caso al Facilitatore di riferimento mediante il Sistema Integrato di Gestione del Rischio Clinico (SIGRC). Il Facilitatore del Rischio Clinico o il Clinical Risk Manager/Staff Gestione Rischio Clinico che ha ricevuto la segnalazione, in base alle informazioni ottenute dal segnalante e in base ad ulteriori approfondimenti che ha ritenuto opportuno fare, ha provveduto a valutarla. La valutazione della segnalazione, come abbiamo già visto in precedenza, può dar luogo a tre azioni differenti:
a. archiviazione a cura del facilitatore e/o Clinical Risk Manager;
b. analisi più approfondita attraverso la discussione del caso in rassegna di Mortalità e Morbilità;
c. esecuzione di un Audit Clinico.
Nel nostro caso, data l’importanza e l’effetto dannoso che potrebbe scaturirne ha dato luogo all’esecuzione di un Audit Clinico dato che, come già visto precedentemente, è uno strumento di revisione dell’attività sanitaria, condotto da clinici, focalizzato sull’analisi della documentazione sanitaria di un singolo caso e supportato dalla revisione della letteratura di riferimento con lo scopo di migliorare la qualità ed outcome assistenziali sulla base di standard validati. È un processo strutturato che viene utilizzato in maniera mirata nelle occasioni di eventi avversi o quasi eventi valutati come frequenti, rilevanti e particolarmente insidiosi. L’obietto di un Audit è quello di analizzare le varie fasi del processo di cura che ha avuto come esito un evento potenzialmente dannoso, al fine di identificare le criticità e proporre le azioni di miglioramento necessarie per prevenire e contenere i rischi. Il Facilitatore del Rischio Clinico che in base alla segnalazione decide di effettuare un Audit Clinico provvederà a raccogliere il materiale sanitario inerente al caso in discussione ed a eseguire una raccolta della letteratura correlata all’evento. In tale fase il facilitatore potrà avvalersi del contributo degli operatori della U.O. interessata e/o di consulenti esterni all’U.O. A discrezione del facilitatore può essere coinvolto lo Staff GCR e/o il Clinical Risk Manager. Una volta completate le fasi preliminari, e convocato tutto il personale interessato, il Facilitatore del Rischio Clinico avrà il compito di condurre la discussione del caso con eventualmente il supporto dello Staff Gestione Rischio Clinico. L’analisi del caso dovrà essere come conclusione la formulazione di una serie di azioni di miglioramento. La messa in pratica di tali azioni può essere gestita a livello di U.O., ma potrebbe richiedere il coinvolgimento della Direzione Aziendale nel caso
125 in cui siano richiesti interventi strutturali e organizzativi che superano le competenze e le responsabilità dell’U.O. A seguito dell’Audit il Facilitatore del Rischio Clinico inserirà nel Sistema Integrato di Gestione Del Rischio Clinico il relativo Alert Report. La pagina relativa all’Alert Report contiene:
- titolo del report; - tipologia di evento; - descrizione evento;
- standard di letteratura, protocolli o linee guida di riferimento impiegati; - tecniche di analisi impiegate;
- analisi delle criticità;
- ipotesi di miglioramento con la relativa descrizione, responsabilità/livelli di competenza, risultati attesi e indicatori.
Il Clinical Risk Manager, valuta, valida e pubblica l’Alert Report inserito dal facilitatore; in caso di rilevazione ed incompletezza, il Clinical Risk Manager attiverà il facilitatore per le opportune integrazioni. Il Clinical Risk Manager, in collaborazione con il gruppo di lavoro, ha il compito di pianificare ed avviare i processi di miglioramento suggeriti con il coinvolgimento fondamentale della direzione aziendale e del comitato per la sicurezza del paziente. In questa fase si definisce un piano dettagliato di azioni nel quale siano indicati gli interventi da intraprendere in ordine di priorità, le persone responsabili e i tempi di realizzazione. Il Clinical Risk Manager, in collaborazione con il facilitatore, monitora nel tempo che le azioni previste siano state effettivamente realizzate, e ne valuta gli effetti sui livelli di rischio. Il gruppo di lavoro, sulla base dei risultati del monitoraggio, definisce nuove area prioritarie di intervento e possibili ulteriori azioni da compiere.
L’Audit clinico quindi è un processo di miglioramento della qualità e nel nostro caso ha scaturito la creazione di una nuova procedura. L'obiettivo generale dell’audit è quello di migliorare la pratica clinica correlata al tema scelto; a tal fine il gruppo, in base al tema, deve individuare gli obiettivi specifici. La definizione degli obiettivi deve svilupparsi attraverso un percorso logico e può risultare utile allo scopo di migliorare, rafforzare o cambiare. Criteri, indicatori e standard di riferimento rappresentano elementi di fondamentale rilevanza in quanto, in funzione di essi, si definiscono i risultati attesi. Essi devono essere pertanto ordinati secondo una gerarchia che tenga conto delle evidenze scientifiche, del contesto assistenziale locale e delle risorse
126 disponibili. È utile quindi realizzare una raccolta di criteri, standard ed indicatori sulla base di:
- evidence based practice; - linee guida e raccomandazioni;
- percorsi diagnostico terapeutici assistenziali; - standard nazionali e internazionali;
- best practice di altri ospedali.
L’elaborazione di criteri, standard e indicatori è un passaggio molto importante e complesso, pertanto si consiglia, laddove possibile, di utilizzare referenziali già disponibili in letteratura o forniti da altre organizzazioni. È possibile infatti aggiungere, eliminare o modificare alcuni criteri, aggiornarli o adattarli al contesto, tenendo conto dei protocolli e documenti disponibili, delle strutture, delle attrezzature e dell’organizzazione.
Il percorso di miglioramento può essere affrontato con diversi approcci uno di questi è l’approccio di "processo", che consiste nel:
- migliorare un processo trasversale o un segmento del processo assistenziale - aggiornare, elaborare, validare le procedure assistenziali ed i protocolli
terapeutici
Al fine di puntualizzare le strategie per la realizzazione del programma di miglioramento e renderlo attuale, è molto importante effettuare una accurata analisi del contesto. Si dovrà pertanto:
attestare la coerenza del piano di miglioramento con gli obiettivi di qualità dell'assistenza e con il processo di accreditamento della struttura sanitaria; analizzare le caratteristiche della struttura: modalità di gestione, processi di
assistenza, clima organizzativo;
assicurarsi dell'impegno di tutte le figure professionali coinvolte: personale sanitario ed amministrativo;
individuare le resistenze al cambiamento: queste possono essere a livello individuale, a livello di gruppo professionale, di servizio, di struttura. Nel corso dell’audit, i cambiamenti sono inevitabili e devono essere sostenuti;
valutare le sfide ed i rischi legati al piano: è essenziale identificare i rischi potenziali all’inizio per essere in grado di anticiparli. Più il piano si concretizza,
127 più i rischi tendono a diminuire, ma, allo stesso tempo, aumenta la posta in gioco in termini di risorse umane e materiali impegnate.
Questa procedura operativa è servita per standardizzare un preciso processo e mira a garantire che venga rispettata da tutti gli operatori per farsi che si eviti di incorrere ai rischi derivanti dal potassio. È stata definita la linea di condotta da attenersi e stabilito cosa va fatto, chi lo fa, come, quando e in che ordine temporale. Le procedure e istruzioni devono precisare condizioni, modalità e responsabilità con cui eseguire le varie attività e soprattutto deve essere coerente con la realtà operativa.
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Conclusioni
Dalle ricerche effettuate si può affermare che il tema della gestione del rischio clinico sta acquisendo sempre più maggiore importanza all’interno delle strutture sanitarie. La situazione sta notevolmente cambiando in meglio perché si cercano di creare adeguati programmi di monitoraggio degli eventi avversi e di intervento tempestivo nelle aziende ospedaliere, ma sarà difficile progredire fino a quando l’errore sarà visto come una colpa. Esso deve essere concepito come componente ineliminabile della