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La produzione di energia dall’agricoltura

Fase 4 – La conversione energetica delle biomasse

2. Cenni sulle tecnologie di conversione Marco Mancini, Anna Dalla Marta, Simone Orlandin

2.4 Processi biologic

2.4.1 La digestione anaerobica e la produzione di biogas

La digestione anaerobica per la produzione di biogas è un processo chi- mico-biologico in cui la sostanza organica viene trasformata in biogas ad opera di differenti ceppi di microrganismi tra cui i metanigeni, quando si trovano in ambiente anaerobico. Il processo è svolto da un consorzio batte- rico e nessun ceppo batterico da solo è in grado condurre autonomamen- te la completa degradazione anaerobica della sostanza organica. Ciascuna popolazione opera un livello di degradazione e produce come cataboliti degli intermedi di reazione che fungono da substrato per la popolazione successiva nella catena trofica. I primi ad operare sono i batteri idrolitici che spezzano le macromolecole biodegradabili in sostanze più semplici, seguono i batteri acidogeni, che utilizzano come substrato i composti or- ganici semplici liberati dai batteri idrolitici e producono acidi organici a

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catena corta. Intervengono poi i batteri acetogeni che producono acido ace- tico, acido formico, CO2 e H2; batteri omoacetogeni che sintetizzano acetato partendo da anidride carbonica e idrogeno; batteri metanigeni, distinti in due gruppi: i) quelli che producono metano ed anidride carbonica da aci- do acetico, detti acetoclastici; ii) quelli che producono metano partendo da anidride carbonica e idrogeno, detti idrogenotrofi.

Il processo di fermentazione anaerobica avviene in ambiente liquido e può essere quindi schematizzato nei seguenti quattro stadi.

• Idrolisi: degradazione delle macromolecole organiche in molecole sem- plici (fino a monomeri).

• Fermentazione (acidogenesi): trasformazione delle molecole semplici in etanolo.

• Acetogenesi: trasformazione degli alcoli e degli acidi grassi volatili in acetati, idrogeno e anidride carbonica.

• Metanogenesi: trasformazione degli acetati, idrogeno e anidride carboni- ca in metano.

• Riduzione dell’anidride carbonica: secondo la reazione CO2+4H2àCH4+2H2O. • Decarbossilazione dell’acido acetico: secondo la reazione CH3COOH+H2O

àCH4+H2CO3.

Nel processo di produzione del biogas possono essere distinte tre dif- ferenti fasi.

• Fase aerobica: i batteri utilizzano l’ossigeno disponibile (disciolto o dell’atmosfera interna al digestore) per crescere e moltiplicarsi; in que- sta fase l’energia liberata dalle intense attività microbiche innalza la temperatura della massa fino a 50-70 °C, il pH diviene leggermente acido fino a valori di 6, l’anidride carbonica presente aumenta, la so- stanza organica inizia ad essere degradata, il carico organico carbonioso (COD) è elevato.

• Fase anaerobica facoltativa: quando l’ossigeno è finito i batteri utilizzano l’ossigeno legato alle molecole organiche; in questa fase si produce ul- teriore anidride carbonica, una grande quantità di acidi organici e poca energia termica, il pH è compreso fra 5,5 e 6,5.

• Fase anaerobica metanigena: rappresenta lo stadio finale della degradazio- ne della sostanza organica durante il quale i batteri convertono le mole- cole organiche in metano e anidride carbonica.

I fattori che intervengono nel processo di digestione anaerobica e che consentono di controllarne l’efficienza sono molteplici: composizione chimica della biomassa, omogeneizzazione della massa, carico, grado di umidità, disponibilità di sostanze nutritive, capacità tampone, grado di umidità, temperatura, tempo di ritenzione ecc.

Il biogas essendo insolubile nella biomassa si libera dal sistema, nella parte atmosferica del digestore e può essere raccolto.

2.4.2 Impianti per la produzione di biogas

Gli impianti per la produzione di biogas sono essenzialmente costituiti da:

• sistema di alimentazione, per convogliare la biomassa nel digestore (l’a- limentazione può partire un serbatoio di pretrattamento al digestore); • digestore (vasca o serbatoio chiusi ermeticamente per far svolgere la

fermentazione anaerobica);

• sistema di riscaldamento e miscelatori per riscaldare ed omogeneizzare la massa all’interno del digestore;

• sistema di trattamento del biogas per la filtrazione, la deumidificazio- ne, la desolforazione e, nel caso di biometano, sistema per l’eliminazio- ne dell’anidride carbonica upgrading (rimozione della CO2);

• serbatoio di stoccaggio del digestato.

A seconda dei gruppi batterici impiegati possiamo distinguere i sistemi mesofili (ottimo di temperatura fra 30 e 40 °C) e termofili (ottimo di tempe- ratura fra 40 e 55 °C).

Per quanto riguarda l’umidità della biomassa possiamo distinguere due tecniche di digestione anaerobica, la digestione a secco (dry digestion) quan- do il contenuto in sostanza secca della biomassa è superiore al 20% (letame, FORSU) e digestione a umido (wet digestion), che è la più diffusa, quando il contenuto in sostanza secca è inferiore al 10%.

I digestori possono essere monostadio o bistadio. Nel primo caso le dif- ferenti fasi in cui si sviluppa il processo di degradazione anaerobica av- vengono all’interno dello stesso digestore, mentre nel secondo la fase di idrolisi e acido genesi avviene all’interno di un primo comparto, mentre la successiva fase di metanizzazione avviene in un secondo comparto.

La biomassa utilizzata può essere di differenti matrici (scarti dell’indu- stria alimentare, deiezioni animali, FORSU, colture dedicate ecc.). Sostan- zialmente la resa in biogas è condizionata dalla quantità e dalla tipologia di carboidrati, proteine e lipidi contenuti nelle matrici di partenza. Tradi- zionalmente in agricoltura questa era rappresentata dagli effluenti zootec- nici, ma sempre più questi sono stati integrati con biomasse coltivate (mais ceroso, triticale, sorgo ecc.) che hanno consentito di aumentare l’efficienza dell’impianto.

Il biogas prodotto può poi essere impiegato, previo trattamento di fil- trazione, deumidificazione, desolforazione e deidrogenazione, per la coge- nerazione termoelettrica attraverso l’impiego di differenti tecnologie quali turbine, motori endotermici o a combustione esterna.

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Altresì può essere ulteriormente epurato dell’anidride carbonica fino a raggiungere concentrazioni del 96-98% ed essere immesso in rete come biometano.

Il digestato può poi essere impiegato come fertilizzante con il limite del contenuto di azoto che è sottoposto a direttiva di regolamentazione. Per questo spesso viene eseguito un trattamento di separazione solido-liquido che consente di diminuire i volumi di stoccaggio e di ottenere prodotti di più facile gestione. Il liquido viene impiegato per la fertilizzazione mentre il solido costituisce un ammendante organico appetibile nel mercato e che può quindi diminuire il carico di azoto aziendale.

3. I biocombustibili di seconda generazione: la produzione di