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Caso studio Regione Toscana Giorgio Ragaglini, Ricardo Villani, Federico Triana

Vocazionalità delle aree applicata alle colture da energia

3. Caso studio Regione Toscana Giorgio Ragaglini, Ricardo Villani, Federico Triana

Allo scopo di agevolare l’interpretazione dei diversi passaggi che por- tano alla stima delle aree vocate per la coltivazione di specie lignocellulo- siche da energia, e che nell’insieme possono risultare piuttosto complessi, di seguito si riporta un esempio di analisi che utilizza l’approccio delle rese fisse, riferito all’ambito territoriale della Regione Toscana.

Nei più recenti lavori condotti dal nostro gruppo di lavoro, la determi- nazione dell’attitudine del territorio alla coltivazione di una coltura viene

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realizzata comparando la natura dei fattori climatici, pedologici e topo- grafici che caratterizzano l’areale di studio, con le esigenze attribuibili alla singola specie e valutando il livello di compatibilità conseguente. In con- siderazione però della novità rappresentata da alcune specie, pressoché sconosciute alla maggioranza degli agricoltori, si ritiene utile introdurre adeguati fattori di riduzione riguardanti l’incidenza delle superfici concre- tamente disponibili, nel medio-lungo termine, per una effettiva conversio- ne alla coltivazione di specie lignocellulosiche a destinazione energetica di parte della produzione.

I lavori condotti dagli autori in questo ambito hanno spesso riguarda- to casi di studio relativi alla Regione Toscana, considerando un novero relativamente ampio di specie lignocellulosiche che ha incluso il pioppo (Populus spp.), la canna comune (Arundo donax L.), il miscanto (Mischantus x giganteus Greef et Deuter), ed il cardo (Cynara cardunculus L.). In questo modo si è inteso esplorare il ventaglio pressoché completo delle possibili ‘colture lignocellulosiche dedicate’ in Toscana, verificando anche le poten- zialità di diffusione di specie meno conosciute.

3.1 Il metodo

Il processo di individuazione delle superfici occupabili dalle colture da energia da noi proposto in alcuni lavori recenti è suddivisibile in tre fasi: la prima relativa alla selezione delle superfici potenzialmente convertibili (SPC), la seconda riguardante l’attribuzione di tali superfici alla/e specie più idonee alle condizioni pedo-climatiche rilevate e la terza riguardante la definizione di una quota parte destinabile da subito alla loro coltivazio- ne, ovvero la definizione delle superfici effettivamente convertibili (SEC). Per quanto riguarda i criteri necessari per valutare l’‘idoneità’ del territorio agricolo ad ospitare le colture da energia menzionate in precedenza, si è fatto riferimento a cinque strati informativi (SI) noti per tutto il compren- sorio di studio: pendenza, uso del suolo, deficit idrico potenziale, capacità di ritenzione idrica e tessitura dei terreni e utilizzati in tre successive fasi dell’analisi di vocazionalità.

Nella prima fase di selezione (fig. 1) vengono escluse le porzioni di superficie agricola che non possiedono i pre-requisiti indispensabili alla riconversione produttiva, procedendo all’esclusione di tutte le aree ca- ratterizzate da una pendenza superiore al 15%; oltre questo limite infat- ti non si è ritenuto possibile ipotizzare una adeguata trafficabilità delle macchine (spesso anche piuttosto pesanti), che renderebbe di fatto impra- ticabile la completa meccanizzazione delle operazioni colturali. La secon- da limitazione riguarda la decisione di includere come idonee le sole aree catalogate come seminativi non irrigui. Tale scelta è giustificata da due ordini di motivi: i) la convinzione che molto difficilmente gli agricoltori decideranno di riconvertire le aree più produttive delle proprie aziende

(seminativi irrigui, superfici a vite, olivo, orti, vivai ecc.); ii) l’assunto che non è da considerare ecologicamente proponibile l’utilizzo di una risorsa preziosa come l’acqua per la coltivazione di specie non destinate all’ali- mentazione umana.

La seconda fase di attribuzione di terreni all’eventuale introduzione di colture lignocellulosiche da energia consiste nella caratterizzazione delle aree che avevano superato la prima fase (SPC) sulla base dei rimanenti SI (deficit idrico potenziale, capacità di ritenzione idrica e tessitura dei terre- ni) da considerare determinanti nel modulare sul territorio la potenziale diffusione delle diverse specie.

Per quanto riguarda il deficit idrico potenziale (Ic), esso viene calcolato come la differenza tra sommatoria delle piogge cadute in una località in un dato periodo e la sommatoria dell’evapotraspirazione potenziale fratta la sommatoria dell’evapotraspirazione potenziale. Il deficit idrico potenziale fornisce quindi una stima orientativa dei rischi di carenza idrica attribuibili ad un dato territorio.

La possibilità di poter sfruttare le riserve d’acqua che si formano nel- la prima parte dell’anno (o altre che si formassero anche successivamente quando Ic > 0) in una località è valutata invece dalla capacità di ritenzione idrica del terreno (SWC) calcolata come la differenza tra capacità di campo e punto di appassimento moltiplicata per la profondità del suolo.

Figura 1 – Schema concettuale della metodologia adottata per l’identificazione delle superfici destinabili a colture dedicate.

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Infine, la tessitura dei terreni può costituire un fattore di preferenza di tipo meccanico in relazione all’ottenimento di un adeguato investimento delle colture (a causa delle difficoltà di emergenza/attecchimento) e/o alla resistenza che può opporre al completo sviluppo degli apparati radicali.

Per quanto riguarda le esigenze delle colture prese in considerazio- ne, queste sono state valutate sulla base dei risultati di ricerche plurien- nali svolte presso il Centro di Ricerche Agro-Ambientali “E. Avanzi” dell’Università di Pisa, in considerazione della varietà delle condizioni pedo-colturali che presenta e della bibliografia di settore. Sono state co- sì esplicitate, per ciascuna specie, le esigenze espresse rispetto ai tre SI ‘vocazionali’ (deficit idrico potenziale, capacità di ritenzione idrica del terreno e tessitura) definendo di conseguenza le condizioni, per ciascuna località studiata, di completo adattamento, di parziale adattamento o di non adattamento alla coltivazione.

L’incrocio fra le informazioni relative alle caratteristiche del territorio regionale e quelle riguardanti il possibile adattamento delle singole specie rende possibile l’attribuzione degli ettari di superficie disponibile alla colti- vazione delle colture secondo tre regole di assegnazione: i) in condizioni di completo adattamento di una coltura, rispetto ai tre SI ‘vocazionali’, si pro- cede all’introduzione della specie caratterizzata da livelli quali-quantitativi di produzione più elevati secondo l’ordine di priorità riportato in tabella 1;

ii) in condizioni di parziale adattamento di una coltura la superficie attri-

buitale viene ridotta del 50% a favore della specie che occupa lo stesso or- dine di priorità (se presente) o quello immediatamente seguente, andando a costituire una classe mista di coltivazione di quell’areale; iii) in condizioni di non adattamento della coltura anche a carico di un solo SI ‘vocazionale’, non viene assegnata a tale specie alcuna superficie di coltivazione.

Tabella 1 – Ordine di assegnazione delle colture (a parità di condizioni di adattamento) e caratteristiche quali-quantitative delle diverse colture.

coltura ordine resa areica1 contenuto energetico2

pioppo I 15.00 20.0

canna II 24.00 18.0

miscanto II 21.00 17.0

cardo III 12.00 14.0

Note: 1 Media dell’intero territorio regionale espressa in t ha–1 di sostanza secca; 2 Espresso in

GJ t–1 di sostanza secca.

Infine la terza fase di stima, introdotta per considerare i limiti imposti dalle difficoltà di operare significativi cambiamenti degli ordinamenti col- turali all’interno delle aziende agricole, ma soprattutto per tenere conto di un limite massimo di sfruttamento delle SPC definendo quindi l’en- tità dell’effettivo tasso di conversione alla coltivazione di colture ligno-

cellulosiche da energia che è lecito attendersi. Nello scenario proposto si è assunto che l’estensione delle superfici effettivamente convertibili alla coltivazione di ogni specie ligno-cellulosica (SEC) dovesse essere stima- ta come pari al 10% delle rispettive aree potenzialmente convertibili. Tale percentuale è pari all’incidenza occupata in passato dal set-aside obbliga- torio, che costituendo una porzione della SAU aziendale non coltivata, po- trebbe essere verosimilmente riconvertita senza eccessive preoccupazioni da parte dell’agricoltore.

La figura 2 mostra l’elaborazione su base cartografica dei risultati otte- nuti in Toscana seguendo la metodologia appena descritta.

Figura 2 – Distribuzione delle superfi ci assegnate alle colture dedicate risultata dall’applica- zione della metodologia illustrata.

Lo sviluppo di modelli geografici integrati è parte fondamentale dei processi di pianificazione del territorio su vasta scala. Nel caso delle coltu- re da energia tale tipo di approccio è decisivo non solo ai fini della determi- nazione dei possibili areali di coltivazione, ma anche per l’elaborazione di scenari di produzione finalizzati alla stima del potenziale agro-energetico dei possibili bacini di approvvigionamento.

Capitolo 5

La sostenibilità delle colture dedicate ad uso