Le colture dedicate
10. Salice (Salix spp.) Valentina Giuliett
Inglese: Willow Francese: Saule Tedesco: Weide Spagnolo: Sauce 10.1 Generalità
In questa scheda saranno illustrate le specie che risultano interessanti per la produzione da biomassa in coltivazioni specializzate in Italia. Prin- cipalmente vengono utilizzati cloni ed ibridi di Salix alba L. ed anche gli ibridi derivanti da Salix babylonica L. e S. matsudana Koidz. L., quest’ultime di origine asiatica.
Origine e diffusione. Il genere Salix comprende circa 500 specie: in Italia
ne sono presenti circa 40, alle quali si aggiungono gli ibridi. L’areale del genere si estende nella zona temperata dell’emisfero settentrionale, da cui si origina gran parte delle specie, ma si trovano anche nelle Ande, Africa meridionale, Madagascar e Indonesia. L’areale di Salix alba L. è molto va- sto: nordafricano, europeo e asiatico. In Italia è uno dei salici più comuni della fascia basale, sia allo stato spontaneo che coltivato. Salix babylonica e S. matsudana sono presenti nelle regioni a clima temperato della Cina. Quest’ultima è considerata da molti autori come una varietà o una sotto- specie di Salix babylonica.
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Importanza storica. I salici della fascia basale (di cui fa parte S. alba) com-
prendono alberi e arbusti che si addensano lungo i corsi d’acqua e che vengono coltivati come piante sparse nei campi, a filari o localmente, in impianti specializzati. Il salice bianco è da sempre largamente coltivato per la produzione di vimini, viene inoltre utilizzato per cassette ed imballaggi e nell’industria della carta.
Questa specie risulta interessante anche per interventi di ingegneria naturalistica. L’impiego dei salici nelle opere di bioingegneria è garanti- to dalla facilità di molte specie a riprodursi vegetativamente. A tale scopo vengono utilizzate talee legnose, prelevate direttamente in natura nel pe- riodo invernale o allevate in vivaio per ottenere materiale omogeneo.
I salici, insieme ai pioppi, costituiscono le specie più diffusamente im- piegate, in Europa ed in Italia, nei cedui a corta rotazione (SRF) da bio- massa. Molta importanza, negli ultimi anni, è stata data alla selezione del materiale di propagazione, impiegando cloni selezionati per tali coltiva- zioni. Nell’Italia centro-settentrionale interessanti risultati di attecchimen- to, produzione e resistenza, sia in impianti biennali che quinquennali, si stanno ottenendo, con genotipi di S. alba e S. matsudana, oltre che con i loro ibridi. Due ibridi di S. matsudana, Drago e Levante per la produzione di biomassa sono stati brevettati dal CREA-PLF (Unità di ricerca per le Pro- duzioni Legnose Fuori Foresta).
Recentemente si sta esplorando la possibilità di impiegare i salici in in- terventi di fitodepurazione, dove le piante sono utilizzate per ridurre la quantità di metalli pesanti o di altri elementi presenti in eccesso nel suolo. I salici sono, insieme ai pioppi, le specie che maggiormente si prestano per ottenere insieme alla funzione di fitodepurazione anche soddisfacenti pro- duzioni di biomassa in piantagioni specializzate (Progetto BIOPROS: http:// www.biopros.info). Associando le due funzioni si è in grado di consentire il realizzarsi di un processo positivo sia dal punto di vista ambientale che eco- nomico, portando ad una riduzione dei costi di produzione delle biomassa.
Caratteri botanici e morfologia
Il genere Salix è caratterizzato da foglie sempre indivise e bratee presen- ti. Le piante sono dioiche, con fiori a sessi separati riuniti in infiorescenze ad amento, talora formati fin dall’anno precedente (fig. 72).
Salix alba è un albero alto fino a 20 m e presenta una chioma solitamen-
te ampia e leggera. La specie è provvista di corteccia grigia che a maturità mostra larghe costolature separate da profondi solchi. I rami sono eretti e i ramoscelli sono sottili e flessibili. Le foglie sono brevemente picciolate e lanceolato-acuminate. I fiori si sviluppano su brevi rami assieme alle fo- glie. Le brattee fiorali sono di colore giallo. L’ovario è quasi sessile e glabro.
Salix babylonica raggiunge normalmente l’altezza di 10-15 m (può arri-
ornamentali. Le foglie sono disposte a spirale, di colore verde chiaro, stret- te e lunghe, appuntite, con margini finemente seghettati. fiori, come in tutti i salici, sono riuniti in amenti, che appaiono precocemente in primavera. I frutti sono capsule, con molti piccoli semi provvisti ciascuno di un ciuffo di peli bianchi e setosi.
Figura 72 – Caratteristiche botaniche di S. alba e Salix babylonica (da sinistra a destra).
Esigenze ed adattamento ambientale
Per i salici vale in generale quanto detto per i pioppi, rispetto ai qua- li manifestano semmai esigenze superiori in acqua, non tollerano periodi prolungati di carenza idrica, mentre sopportano maggiormente l’asfissia radicale e si adattano anche a terreni con tessitura fine. Le Salicacee sono specie pioniere in grado di utilizzare suoli minerali, trovano quindi un am- biente ottimale in prossimità dei corsi d’acqua.
Esigenze termiche. Valgono quelle già riportate per il genere Populus. Esigenze idriche. I salici possono senz’altro valorizzare terreni frequente-
mente esondabili, non utilizzabili per le colture agrarie. Un studio svolto da Minotta et al. (2008) evidenzia come, fra i fattori analizzati, sono le pre- cipitazioni ad influenzare maggiormente la produttività di impianti di SRF di salice (durante il primo ciclo colturale biennale). L’effetto dei parametri pedologici, anche se importanti, sembra subordinato a quello delle piogge.
Suolo. I salici ripariali, colonizzano i depositi recenti dei corsi d’acqua e
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no rustico e si allontana di poco da terreni alluvionali e ricchi di sostanza organica, evitando i terreni argillosi.
Tecnica colturale
Preparazione del terreno. La preparazione del terreno deve essere accura-
ta, essendo una fase molto importante per la buona riuscita degli impianti di SRF. La procedura seguita è la stessa già illustrata nella scheda del piop- po. I lavori di affinamento, eseguiti appena prima dell’impianto, non de- vono essere troppo spinti in quando, per i salici, si utilizzano le talee come materiale di propagazione.
Materiale di propagazione. Il materiale utilizzato per l’impianto ha le stes-
se caratteristiche di quello previsto per il pioppo. Si possono utilizzare sia talee che astoni, in base alle modalità e al tipo di macchina impiegato per la messa a dimora.
Densità di impianto. Densità elevate come quelle usate in Svezia per il
salice, fino a 20.000 piante ad ettaro, non vengono adottate in Italia. Consi- derando turni da uno a tre anni, le densità variano da circa 12.000 a 7.000 piante per ettaro. Con turni di 5-6 anni la densità scende a 1.000-1.500 pian- te ad ettaro (fig. 74).
Figura 74 – SRF di salice (Foto: Rothamsted Research).
Le talee (o astoni) possono essere disposte in campo su file singole o binate (con distanza fra le due file intorno ai 0,75 m), a seconda del tipo di macchine utilizzate sia per le cure colturali che per la raccolta. La pri-
ma soluzione consente una migliore meccanizzazione nel controllo delle infestanti mentre la fila binata massimizza la resa delle macchine falcia- trinciacaricatrici semoventi. Il sesto d’impianto a fila binata non sembra ap- portare notevoli vantaggi da un punto di vista produttivo, come descritto da prove realizzate a Casale Monferrato (AL) (tab. 19).
Tabella 19 – Produttività in piantagioni sperimentali di salice. Confronto impianto a fila singola con fila binata (Fonte: Bergante, Facciotto 2006).
Tipo fila (piante ad ettaro)Densità (t ss haProd. 1° turno–1 anno–1) (t ss haProd. 2° turno-1 anno–1)
Fila singola 10.000 13,6 10,8
Fila binata 10.000 12,2 10,7
Concimazione. Le asportazioni della SRF di salice – pur con differenze
per specie ed ambienti diversi – sono ridotte, rispetto a quelle delle colture erbacee. Le reintegrazioni per mantenere la fertilità da apportare al terreno variano dai 40 agli 60 kg ha–1 anno–1 per i tre elementi N, P e K, in funzione
della produzione annua. Fosforo e potassio vanno interrati con le lavora- zioni di preparazione del terreno, mentre l’azoto va distribuito in copertura sia dopo l’impianto che dopo ogni ceduazione.
Irrigazione. L’irrigazione, essendo un’operazione molto costosa, va pre-
sa in considerazione solo per interventi di soccorso o per favorire l’attecchi- mento delle talee dopo l’impianto.
Controllo delle infestanti. Per il controllo delle erbe infestanti si rimanda a
quanto già indicato nella scheda del pioppo.
Avversità. L’alta densità e il microclima che si crea all’interno delle SRF
di salice sono condizioni favorevoli allo sviluppo di parassiti. Danni all’ap- parato fogliare possono essere provocati da insetti (Asymmetrasca decedens e Hyphantria cunea) e ruggini (Melampsora spp.), che possono provocare im- portanti perdite di produzione. Le frequenti ceduazioni favoriscono l’in- sediamento sulle ceppaie di consistenti popolazioni di insetti corticicoli e xilofagi (Cryptorhynchus lapathi). Importanti misure per prevenire tali at- tacchi sono la scelta di cloni resistenti alle principali malattie e la scelta accurata del sito d’impianto; inoltre è necessario praticare adeguate cure colturali per mantenere le piante in condizioni di buona vigoria.
Turno di taglio. I turni di taglio più diffusi negli impianti di SRF di salice
sono quello biennale e triennale, anche se la sperimentazione italiana si è occupata anche di turni di ceduazione fino a 5 anni. Spesso viene pratica- to un taglio nell’inverno successivo all’impianto (cut back), per favorire la produzione di un elevato numero di polloni (fig. 75), si prosegue poi con il turno prestabilito.
Ripristino del terreno. Le difficoltà di ripristino del terreno alla fine del ci-
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già descritto in modo dettagliato nella scheda del pioppo le migliori tecni- che sono due: estirpazione o devitalizzazione delle ceppaie. Questo secon- do metodo è senz’altro più economico, ma il tempo necessario per rendere il terreno disponibile per una nuova coltura è notevolmente superiore.
Figura 75 – Ricaccio di una ceppaia di salice, polloni di un anno di età (Foto: Pelleri F., CRA-SEL).
Raccolta
Periodo. La raccolta viene eseguita in un periodo limitato di tempo, da
novembre a marzo, quando le piante sono in completo riposo vegetativo. Il taglio durante il periodo vegetativo potrebbe compromettere la vitalità delle ceppaie.
Mezzi. La biomassa prodotta viene raccolta e sminuzzata in modo da
renderla omogenea e gestibile automaticamente dai sistemi di alimenta- zione delle caldaie. Si utilizzano macchine combinate in grado di eseguire contemporaneamente entrambe le operazioni, oppure cantieri separati in cui è prevista la sminuzzatura dopo l’abbattimento e l’esbosco degli alberi interi (fig. 76). Per i dettagli si rimanda alla scheda del pioppo.
Stoccaggio. Per quanto riguarda questo aspetto la metodologia adottata
Figura 76 – Taglio di una SRF di salice di due anni (Foto: Picchi G., CNR-IVALSA).
Produttività
In Italia, la produttività delle piantagioni è molto variabile oscillando da 3 a 20 t/ha/anno di s.s. alla fine del primo taglio produttivo (biennale). Per provare a risolvere tale variabilità la ricerca si è principalmente concen- trata sulla selezione di cloni ad elevata produttività, ma più di recente si è riconosciuta l’importanza di indagare come le caratteristiche ambientali, quali clima e suolo, influiscono sulla crescita. Facciotto e Bergante (2011) ri- portano i risultati di una sperimentazione svolta a casale Monferrato (AL), su terreni sabbiosi, in SRF di salice e pioppo a ciclo biennale. Da questi risultati si osserva la maggiore produttività dei salici al secondo ciclo di taglio, rispetto al primo ciclo. Inoltre la produttività dei due cloni di salice supera, in F2R4, quella del pioppo grazie alla produzione di un elevato nu- mero di polloni a seguito del primo taglio (tab. 20).
Tabella 20 – Produttività in piantagioni sperimentali a ciclo biennale. Confronto fra cloni di pioppo e salice, dove Fn Rn sono fusto e radici di n anni (Fonte: Facciotto, Bergante 2011). Cloni Sopravvivenza (%)F2R4 Resa F2R2(t ss ha–1) Resa F2R4 (t ss ha–1)
Orion (pioppo) 87 12,1 18,4
Levante (salice) 88 12,9 28,1
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Usi e qualità della biomassa
Come riportato da Senelwa e Sims (1999), il potere calorifico superiore delle componenti legno e corteccia di S. matsudana x S. alba (1148) è rispet- tivamente di 19,6 e 18,7 MJ kg–1, con una percentuale di ceneri di 1,1 e 5,7.
Un’importante caratteristica della biomassa legnosa è il basso contenuto di ceneri rispetto alla biomassa delle erbacee, che la rende più interes- sante da un punto di vista qualitativo per la combustione. La corteccia, però, presenta un alto valore di ceneri e di metalli alcalini che possono incrostare la caldaia. Alder et al. (2005) evidenziano come la porzione di corteccia in giovani polloni (rapporto fra peso secco della corteccia e dell’intero pollone) con diametri <20 mm (a 55 cm d’altezza) è relativa- mente alta e varia dallo 0,2 allo 0,4 mentre nel caso di diametri >20 mm la proporzione di corteccia tende a rimanere costante intorno allo 0,2. Questo risultato dimostra come sia possibile influire sulla proporzione di corteccia con la gestione del ceduo e quindi sulla distribuzione diame- trica dei polloni.
RESIDUALI
11. Disponibilità potenziali ed effettive dei residui colturali