Le colture dedicate
9. Robinia (Robinia pseudoacacia L.) Valentina Giuliett
Inglese: Black locust
Francese: Robinier faux-acacia Tedesco: Gewöhnliche Robinie Spagnolo: Robinia/Falsa acacia
9.1 Generalità
Origine e diffusione
Il genere Robinia appartiene alla famiglia delle leguminose e comprende circa 20 specie tutte originarie del nord e centro America. La robinia (Ro-
binia pseudoacacia L.) è originaria degli Stati Uniti occidentali (fig. 68). Nei
luoghi d’origine è presente in modo sporadico, dove colonizza prevalente- mente terreni marginali.
La specie è stata ampiamente diffusa nel Seicento in tutta Europa co- me pianta ornamentale. Circa un secolo e mezzo dopo venne impiegata come specie da rimboschimento per scopi prevalentemente idrogeologici. Nel continente europeo la specie è ormai da considerarsi spontanea ed è particolarmente diffusa in Ungheria (circa 4 milioni di ha nel 2005); anche in Italia se ne registra la presenza, soprattutto lungo l’arco collinare e pede- montano del Piemonte e della Lombardia, nonché nel settore di nord-ovest della Toscana.
Figura 68 – Areale di origine della robinia.
Importanza storico-economica
L’impiego in selvicoltura della robinia è piuttosto recente. La sua diffu- sione, antropica e spontanea, è stata facilitata dal declino patologico del ca- stagno che essa ha sostituito in alcune aree. Ciò nonostante, la sua presenza nelle aree boschive è ormai considerata elemento comune nella vegetazio- ne italiana e, per le sue qualità di pianta consolidatrice del terreno, è stata soprattutto diffusa lungo le scarpate ferroviarie e stradali. In Italia la sua diffusione è avvenuta anche in terreni decisamente marginali, poverissimi e fortemente sassosi, come quelli acidi delle brughiere lombarde. Per quan- to concerne i principali utilizzi, la robinia, oltre al già citato impiego a fini idrogeologici e di conservazione del suolo, è utilizzata per la produzione di paleria agricola e di legna da ardere. Come specie di interesse forestale, la forma più comune di governo della robinia è a ceduo con turni di taglio va- riabili in funzione della destinazione d’uso (3-5 anni per fascine e carbone, 5-7 anni per pali da vigne e 12-15 anni per legna da spacco). In alcuni paesi, la robinia è sfruttata come pianta da destinare all’alimentazione animale. Non meno importante è il ruolo che la specie gioca come pianta mellifera per la produzione del famoso, ma impropriamente detto, ‘miele di acacia’.
Più recentemente la robinia ha suscitato un certo interesse anche in ambito agro-energetico come specie da Short Rotation Forestry (SRF) so- prattutto come coltura alternativa al pioppo (ed ancor più al salice) negli ambienti meno fertili e con minor disponibilità idrica, in virtù della sua elevata tolleranza alla siccità, della sua elevata rusticità, della rapidità di accrescimento e della buona attitudine del legname alla combustione.
165 Le colture dedicate
Caratteri botanici e morfologia
La robinia è una specie appartenente alla classe delle dicotiledoni (Ma-
gnoliopsida), all’ordine delle Fabales, alla famiglia delle Fabaceae, altrimenti
dette Leguminosae. Il nome volgare della specie viene detto, in taluni casi, ‘acacia’ ma in realtà il genere Robinia non ha alcuna affinità con il genere
Acacia (di cui fanno parte, ad esempio, le mimose) né con altre leguminose
arboree simili alle acacie propriamente dette (Sophora, Albizzia ecc.).
La pianta è in grado di sviluppare un sistema radicale molto espanso, tanto che l’ampiezza del raggio su cui si estendono le radici è di 1-1,5 volte l’altezza dell’albero; l’apparato radicale di piante mature sembra essere in grado di spingersi a profondità superiori ai 3-5 m. Relativamente alla strut- tura epigeica della pianta, la robinia pesenta dimensioni medie (altezza 12- 18 m, diametro del fusto 30-76 cm). La specie è pollonifera e le giovani piante sono spinose (fig. 69). La corteccia delle giovani piante è piuttosto liscia, mentre a maturità assume un colore grigio-bruno ed è suberosa, ca- ratteristica che le conferisce un’elevata resistenza al fuoco.
La robinia è in grado di riprodursi per via gamica, mediante seme, ma l’alto potenziale di diffusione della specie è principalmente riconducibile alla propagazione vegetativa (agamica) mediante la differenziazione di polloni dalle radici o dalle ceppaie.
Figura 69 – Caratteristiche della chioma e del fusto di robinia.
Esigenze ed adattamento ambientale
La robinia è in grado di adattarsi a regimi ambientali assai diversificati. In particolare la specie è nota per la sua capacità di colonizzare zone antro- pizzate o abbandonate (bordi stradali e ferroviari, alvei fluviali rimaneg- giati dall’uomo, zone edificate ecc.), da cui è poi in grado di diffondersi a zone naturali, quali boschi, foreste e praterie.
La robinia necessita di temperature medie annue comprese tra 10 e 17 °C. Sopporta temperature minime invernali fino a –20 °C, teme però le gelate tardive che possono compromettere i giovani germogli.
La specie non tollera il ristagno idrico. Necessita di precipitazione medie annue superiori agli 800 mm, di cui almeno 100 mm nel periodo estivo. La notevole profondità dell’apparato radicale ha però consentito alla specie di adattarsi anche a condizioni siccitose; tuttavia, con precipitazioni medie an- nue inferiori ai 400 mm annui, la robinia tende ad avere un portamento più simile a quello di un arbusto che non di un albero.
La robinia può crescere su un’ampia varietà di suoli; tuttavia predilige quelli permeabili, silicei, freschi rispetto a quelli calcarei, nei quali comunque è in grado di svilupparsi. È inoltre in grado di crescere in terreni salini. I ter- reni con tessitura estrema (troppo sabbiosi o troppo argillosi) sono i meno in- dicati allo sviluppo di questa coltura, così come quelli costantemente umidi; anche in fatto di reazione la robinia predilige i terreni subacidi ma si adatta bene anche a quelli acidi e a quelli con pH superiore a 7.
Per quanto concerne le esigenze nutrizionali della specie, essendo una le- guminosa, essa è in grado di fissare azoto grazie alla simbiosi con batteri azoto fissatori. Esperienze condotte in Nord Carolina hanno messo in evidenza come le piantagioni di robinia siano in grado di determinare un miglioramento della qualità del suolo in termini di sostanza organica, azoto totale e azoto nitrico, rispetto ai boschi misti di Quercus ed hanno fatto registrare un tasso orientati- vo di fissazione dell’azoto pari a circa a 50, 80 e 30 kg N ha–1 rispettivamente in
piantagioni di 4, 17 e 33 anni, anche in condizioni di limitata disponibilità idrica.
167 Le colture dedicate
Tecnica colturale
Per la realizzazione di un impianto di SRF di robinia (fig. 70), le operazio- ni di preparazione del terreno da eseguire sono le medesime in precedenza descritte per il pioppo. In merito al materiale di propagazione da impiega- re per lo stesso, possono essere utilizzate talee sia di radice che di fusto, semenzali di un anno a radice nuda o plantule micropropagate, anche se quest’ultime, ad oggi, non risultano economicamente convenienti. Il mate- riale d’impianto deve avere dimensioni tali da consentire il trapianto mecca- nico, altrimenti è necessario eseguire potature dell’apparato aereo e radicale. Si posso usare le trapiantatrici citate per il salice o quelle impiegate in or- ticoltura. L’impianto deve essere realizzato prima della ripresa vegetativa.
Per quanto riguarda la densità d’impianto, questa deve essere decisa in funzione del turno di ceduazione. Sembra, infatti, che densità troppo elevate (maggiori di 10000 piante a ettaro) possano influire negativamente sulla capacità di ricaccio della coltura (tab. 17). Di contro, impianti con den- sità pari a 1500 piante ad ettaro e turno quinquennale hanno fatto registra- re rese medie annue pari a circa 7 t s.s. ha–1 anno–1.
Tabella 17 – Produzione annua di biomassa (ciclo biennale): confronto fra impianti a due diverse densità (Fonte: Bergante, Facciotto 2006).
Densità
piante ha–1 t s.s. ha1° taglio–1 anno–1 t s.s. ha2° taglio–1 anno–1
12000 12,5 9,1
8000 11,1 12,5
Gli impianti a breve rotazione hanno di norma un turno di taglio va- riabile tra i 2 e i 4 anni con densità tra 5000 a 8000 piante ad ettaro; la spa- ziatura tra le file non dovrebbe scendere al disotto di 1,8 m e lungo le file mantenersi di inferiore a 1 m. Per gli impianti a rotazione media il turno si aggira intorno ai 5 -7 anni, quando i fusti hanno raggiunto un diametro di circa 15 cm. In quest’ultimo caso il taglio si realizza con attrezzature forestali tradizionali. Il turno medio presenta alcuni vantaggi rispetto alla rotazione breve: (i) dal punto di vista qualitativo i fusti raccolti presenta- no una minore percentuale di corteccia (le ceneri derivano per gran parte da questa); (ii) dal punto di vista quantitativo, risulta maggiore la quanti- tà di biomassa ottenibile per unità di superficie. In questo senso, l’allun- gamento del turno di taglio rende economicamente conveniente anche la raccolta dei piccoli appezzamenti, perché consente di distribuire il costo di trasferimento del cantiere su una maggiore quantità di prodotto anche con superfici di raccolta esigue e permette, inoltre, di diversificare la filiera attraverso la produzione di legna da ardere.
Concimazione. Per la robinia viene effettuata una concimazione di fondo
cie autosufficiente perché, come per tutte le leguminose, sulle sue radici si sviluppano in simbiosi colonie di batteri del genere Rhizobium in grado di fissare l’azoto atmosferico.
Irrigazione. Essendo l’irrigazione un’operazione molto costosa, va pre-
sa in considerazione solo per favorire l’attecchimento e per interventi così detti di soccorso.
Controllo delle infestanti. È fondamentale per determinare il successo del-
la piantagione intervenire: alcune settimane prima della preparazione del terreno con prodotti non residuali o in post emergenza precoce con sarchia- ture. Nell’interfila si effettua generalmente una lavorazione superficiale con estirpatori, erpici o frese che, oltre all’azione dissodante, permette l’elimina- zione della flora infestante. Negli anni prima della raccolta, se lo sviluppo delle piante è stato discreto, non è necessario alcun intervento diserbante.
Il controllo chimico delle malerbe è nuovamente necessario dopo ogni ceduazione. Nell’interfila va effettuata una lavorazione con mezzi mec- canici sia per interrare eventuali infestanti sia per ripristinare la sofficità del terreno compresso dal passaggio delle macchine e dei carri utilizzati durante le operazioni di raccolta; allo scopo si prestano in modo partico- lare gli estirpatori.
Raccolta
Periodo. La raccolta va eseguita durante il periodo di riposo vegetativo
(novembre-marzo), in modo da non compromettere la vitalità delle ceppa- ie. Tenendo conto del contenuto idrico del materiale raccolto risulta più op- portuno eseguire il taglio nel periodo invernale. Alcuni autori prevedono un’adeguata stagionatura naturale delle piante in pieno campo per facilita- re la perdita di umidità prima della sminuzzatura che, se eseguita contem- poraneamente al taglio, produrrebbe cippato con elevato contenuto idrico e, quindi, con alto rischio di innesco di deleteri fenomeni di fermentazio- ne. Altri autori, invece, osservano come la robinia fornisca un combustibile molto più asciutto rispetto al pioppo, e quindi con minori problemi di stoc- caggio, nella raccolta meccanica con falciatrinciacaricatrice, anche senza la preventiva stagionatura del prodotto.
Mezzi. Anche per la robinia sono utilizzabili le macchine e i tipi di can-
tieri già proposti per il pioppo a turno biennale (fig. 71). Nuove ricerche so- no state svolte invece per turni più lunghi, 4 anni. Le falciatrinciacaricatrici modificate, attualmente in commercio, tuttavia, hanno notevoli difficoltà a raccogliere materiale legnoso con diametro superiore a 7 cm al piede, che sfugge ai convogliatori, causando inceppamenti e determinando la rapi- da usura della macchina. Per questo motivo è stata sviluppata una nuova macchina (BioPoplar): i fusti vengono tagliati da dischi rotanti e convoglia- ti verso i rulli di alimentazione della falciatrinciacaricatrice da sottili barre metalliche applicate direttamente sulla faccia superiore dei dischi; la testa-
169 Le colture dedicate
ta è progettata per lavorare su file singole e cippare fusti con un diametro basale di oltre 15 cm.
Il cantiere completo si compone quindi della falciatrinciacaricatrice e di 2-4 trattori con rimorchio per il carico del cippato e la sua movimentazione al punto di raccolta. Nella robinia la produttività oraria lorda della macchi- na è inferiore, circa 15 t, a quella del pioppo (31-42 t), questo è dovuto al legno più duro della robinia e alla minore distanza tra le ceppaie.
Figura 71 – Raccolta robinia a turno biennale (Foto: Gianni Picchi CNR-IVALSA).
Un problema che si può riscontrare nella raccolta della robinia è dovuto allo sviluppo di polloni al di fuori della file, a causa dell’elevata capacità pollonifera radicale.
Produttività
In condizioni di pieno campo, in zone marginali, con materiale d’im- pianto non selezionato sono state osservate produzioni medie di circa 5 t ha–1 anno–1 (dal 2° taglio) per i tre cicli di taglio analizzati (tab. 18).
Tabella 18 – Produzione annua di biomassa per tre diversi cicli di taglio: biennale, triennale e quadriennale in più di 10 anni di osservazioni (Fonte: Paris et al. 2006).
Turno di taglio 1° taglio t s.s. ha–1 anno–1 2° taglio t s.s. ha–1 anno–1 3°taglio t s.s. ha–1 anno–1 4°taglio t s.s. ha–1 anno–1 5°taglio t s.s. ha–1 anno–1 Biennale 2,2 5,7 5,3 4,8 5,7 Triennale 2,6 5,4 4 4,9 Quadriennale 4,4 4,4 5
Utilizzando materiale selezionato, di provenienza ungherese, la produ- zione media sembra poter raggiungere le 10 t ha–1 anno–1. Inoltre, in im-
pianti di robinia con caratteristiche stazionali e cure colturali simili a quelle del pioppo si raggiungono produzioni maggiori con valori di 12,5 t ha–1
anno–1 al secondo taglio (vedi tab. 17). Usi e qualità della biomassa
La biomassa legnosa di robinia, per il suo elevato potere calorifico in- feriore, è considerata una buona fonte di energia e diverse ricerche hanno evidenziato valori pari a 18,2-19,8 KJ/Kg, nonché un basso contenuto di ceneri.
Il contenuto di umidità del legno alla raccolta, taglio invernale, nella ro- binia risulta inferiore (41%) rispetto al pioppo (53%) nelle stesse condizioni.
Considerando che legno e corteccia presentano una diversa resa energe- tica è importante valutare il rapporto esistente fra le due componenti nelle specie. Nella robinia la corteccia ha un’incidenza inferiore, rispetto al piop- po, sul peso dei rami e nel fusto.
10. Salice (Salix spp.)