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Produttività, semantica lessicale e conoscenza del mondo.

Chapter 2. Productivity  Generality

2.3 Fattori di produttività sintattica nelle costruzioni a struttura argomentale.

2.3.1 Produttività, semantica lessicale e conoscenza del mondo.

Un aspetto fondamentale nella definizione della produttività sintattica risiede nell’importanza attribuita alla semantica lessicale e alla world knowledge.

Il fenomeno della selezione argomentale è stato da sempre considerato una proprietà intrinseca delle parole o dei morfemi. Pertanto, l’aspetto semantico ha rivestito un ruolo cruciale ed è stato analizzato dalla semantica lessicale, un ramo della linguistica che si occupa di studiare il significato delle parole sia da un punto di vista paradigmatico (le relazioni che intercorrono fra le parole in absentia) che da quello sintagmatico (relazioni fra parole in praesentia).

Nel processo di selezione argomentale le teste sintattiche da un lato specificano, a livello lessicale, la struttura argomentale semantica e come essa debba essere realizzata

a livello sintattico, dall’altro, impongono restrizioni semantiche sul paradigma di lessemi che possono riempire un determinato slot al fine di garantire un output semanticamente corretto.

Si veda l’esempio:

13) Maria cucina l’arrosto.

Il verbo cucinare richiede che determinati ruoli tematici siano istanziati da specifici argomenti sintattici, soddisfacendo il principio, proprio della grammatica generativa, del

theta-criterion per cui ad ogni ruolo tematico deve corrispondere un argomento e

viceversa.

Cucinare dunque apparirà in una struttura argomentale con due argomenti, un AGENTE

e un TEMA: cucinare(AGENTE, TEMA). La stessa testa può apparire con diverse strutture argomentali che fanno riferimento ai medesimi ruoli tematici realizzati in modo differente a livello sintattico.

14) L’arrosto è stato cucinato da Maria.

Allo stesso tempo però, è necessario imporre determinati vincoli semantici al range di lessemi che possono essere istanza di un determinato slot sintattico.

15) ?? Maria cucina una pietra

Nonostante la struttura argomentale di (15) sia paragonabile a quella di (13) e la frase sia accettabile da un punto di vista grammaticale, quest’ultima, se non collocata all’interno di un determinato contesto pragmatico, risulterà sicuramente strana alle orecchie di qualsiasi parlante.

Numerosi sono gli approcci che hanno cercato di spiegare in che modo determinati verbi impongano restrizioni semantiche sul tipo di argomenti con i quali ricorrono (Katz e Fodor 1963, Dowty 1991, Jackendoff 1990, Wierbzicka 1996). Comune a tutti gli approcci è l’idea di postulare un insieme di vincoli semantici che operano sugli slot, siano essi definiti dallo slot stesso o una conseguenza delle relazioni sintagmatiche della costruzione. Tali vincoli sono strettamente correlati con la conoscenza che il parlante ha

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del mondo che lo circonda, a tal punto da rendere talvolta difficoltosa la distinzione fra restrizioni di carattere concettuale-semantico e vincoli di tipo pragmatico.

Quando utilizziamo un verbo come bere, la scelta dell’argomento che riveste il ruolo di PAZIENTE, dipende sia dalle nostre esigenze comunicative che dalla nostra conoscenza del mondo circa le cose che posso essere bevute e non; i parlanti sanno, grazie all’esperienza che hanno col mondo, che le sostanze che si bevono, faranno parte della classe semantico-concettuale [+liquid]. Tale conoscenza è utilizzata dai parlanti quando estendono il verbo a nuovi oggetti; la mancata appartenenza di un oggetto a una determinata classe spiega la malformazione di (16):

16) ?? Luca ha bevuto un treno[-liquid]

Un aspetto altrettanto importante è rivestito dalle convenzioni con cui ogni singola lingua decide di descrivere a livello linguistico un determinato tipo di evento.

In italiano, siamo soliti dire mangiare la zuppa, mentre una lingua come il giapponese, per indicare la stessa azione, utilizza l’espressione suupu o nonda, equivalente a “io

bevo la zuppa”, e lo stesso verbo è utilizzato per indicare l’ingestione di medicine, sia

liquide che in pillole. In questo caso, il ricorso alla classe semantica [+liquid], non è sufficiente a spiegare la discrepanza di comportamenti fra le due lingue, dovuta invece a differenze di lessicalizzazione specifiche di ciascuna lingua.

Il rispetto dei soli vincoli semantici e pragmatici tuttavia non è sufficiente a spiegare interamente il fenomeno della realizzazione argomentale, e in particolare la predisposizione di determinati slot ad essere riempiti da un numero ed una varietà maggiore di argomenti rispetto ad altri.

L’importanza di tale componente idiosincratica è stata recentemente riconosciuta dai modelli usage-based del linguaggio; essi ritengono, contrariamente a quanto sostenuto dai modelli generativi di stampo semanticista, che la produttività sintattica di una costruzione non sia totalmente predicibile a partire dalle proprietà semantico-lessicali delle sue componenti o dalla conoscenza che i parlanti hanno del mondo, e che determinate strutture argomentali siano più predisposte ad accettare nuovi elementi lessicali, indipendentemente dalla loro appartenenza ad una determinata classe semantica concettuale.

Per dimostrare tale componente idiosincratica, Zeldes (2012) ha analizzato le differenze di produttività sia di gruppi di verbi inglesi sinonimici sia di costruzioni sinonimiche al

cui interno ricorrono verbi o teste sintattiche le cui differenze di tipo pragmatico o di registro sono ridotte al minimo. Un caso interessante è rappresentato dalla costruzione tedesca costituita da wegen (a causa di) in posizione preposizionale o posposizionale, solitamente accompagnata dal genitivo, o, nel caso della prima variante, anche dal dativo (in contesti colloquiali). Le due costruzioni non differiscono per quanto riguarda l’aspetto semantico, entrambe sono attestate nel tedesco contemporaneo ma differiscono nel grado di formalità e colloquialismo: la variante con wegen posposizionale è più arcaica e costituisce un’espressione più fissa e formulaica mentre la seconda variante è più recente e aperta ad accettare nuovi elementi lessicali. L’idea alla base dello studio di Zeldes è che, se la semantica lessicale e la world knowledge fossero sufficienti a spiegare la selezione di nuovi argomenti, costruzioni che hanno lo stesso significato e lo stesso scopo pragmatico dovrebbero mostrare pattern di produttività simili. I risultati della sua analisi, mostrano al contrario che le due costruzioni, pur essendo entrambe produttive, lo sono in gradi differenti.

Zeldes, si ricollega agli studi compiuti da Bayeen sulla produttività dei processi morfologici, riprendendo quattro misure: la frequenza token (N(C)), la frequenza type (V), P e S. Come abbiamo visto nel paragrafo precedente, P è un indice di produttività e indica il rapporto fra il numero di hapax legomena e il numero di tokens, mentre S indica la misura del limite asintotico di crescita di V di un dato processo, ovvero, il valore massimo di V che ci aspetteremmo di trovare se continuassimo a leggere un testo dello stesso genere per un tempo illimitato.

Se la prima e l’ultima sono proprietà invariabili per ciascuno slot, V e P dipendono invece dalla dimensione del campione di testo preso in analisi. Dal momento che la dimensione del vocabolario di un processo può essere particolarmente ampia, ma i singoli type relativamente rari, Zeldes utilizza i modelli statistici LNRE (large number

of rare events) per misurare le proprietà che dipendono dalla crescita del vocabolario.

Attraverso tali misurazioni, egli dimostra che la variante posposizionale è meno produttiva, presenta un vocabolario più ridotto e ripetitivo, e, in proporzione, un numero di hapax legomena su un campione di testo equivalente, più basso.

È importante sottolineare come tali risultati non siano volti a delegittimare l’importanza dell’aspetto semantico nel fenomeno della realizzazione argomentale. L’intento dello studioso è, al contrario, quello di rifiutare una visione assolutistica per cui quest’ultima dipenderebbe esclusivamente da vincoli imposti dalle classi semantiche; sono numerosi i fattori che contribuiscono a rendere produttiva una costruzione e questi riguardano

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l’aspetto distribuzionale e la frequenza con cui una determinata espressione e i suoi elementi costitutivi ricorrono nella lingua.

Lo scopo dei modelli usage-based, oltre a quello di fornire una definizione del concetto di produttività, è offrire una serie di criteri qualitativi e quantitativi per misurarlo e per farlo spesso ricorrono a nozioni di carattere distribuzionale.

Questo secondo tipo di informazioni sono memorizzate nella mente del parlante e lo guidano durante il processo di produzione nel selezionare la costruzione più adatta al contesto linguistico e comunicativo sulla base degli usi che della costruzione sono stati fatti precedentemente.