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Promotore degli studi nella Società Salesiana

L’incarico assunto nel 1885 da Cerruti, come direttore generale della scuola salesiana, si inseriva, ancora una volta, in un quadro di proposte ed esperienze precedenti; in particolare, di quelle che miravano alla preparazione dei salesiani aspiranti al sacerdozio. Infatti, la questione degli studi filosofici e teologici era da tempo oggetto di dialogo all’interno del Consiglio Generale della Congregazione. Alcuni dei membri ne prospettavano soluzioni più esi-genti, non completamente coincidenti con il parere di Don Bosco. Ma anche le autorità ecclesiastiche avevano manifestato perplessità e riserve riguardo al programma formativo dei giovani salesiani.

Nel 1873, dopo l’esame del testo delle Costituzioni della nuova Società religiosa, presentate agli organismi vaticani, la Congregazione dei Vescovi e Regolari trasmise a Torino le osservazioni espresse dal consultore: «Manca la Costituzione degli studi. Quelli che aspirano al Sacerdozio dovrebbero essere tutti implicati per quattro anni agli studi teologici o in un collegio speciale dell’Istituto, o in qualche Seminario, senza applicarli intanto alle opere del-l’Istituto».53

Nella sua riposta, don Bosco riconobbe l’assenza del punto segnalato, ma ne spiegava così la ragione: «Non è notato nelle costituzioni, ma vi sono trent’anni di prova che ci garantiscono il buon effetto»; e ribadiva poi con fer-mezza: «In quanto al non applicare gli studenti alle opere dell’Istituto non è

52Cf. S. ZIMNIAK, Salesiani nella Mitteleuropa, già citato, specialmente il capitolo VII (283-340). Nella lettera in cui comunicava ai membri della Congregazione Salesiana la morte di don Cerruti, il Rettor Maggiore, don Paolo Albera, scriveva: «Nessuno ignora quanto abbia curato lo studio della teologia, della filosofia, delle lettere e delle scienze, affine di procurare alla nostra Pia Società sacerdoti colti e preparati per tutti i ministeri che avrebbero dovuto eser-citare» – Paolo ALBERA, Don Francesco Cerruti consigliere scolastico del Capitolo Superiore, Torino, 1917, 3.

53Costituzioni, 245.

possibile perché noi abbiamo per base che gli studenti abbiano sempre la loro prova nei catechismi, nelle assistenze ecc., ma sempre in modo che possano compiere i loro studi come fin’ora si è fatto. Si aggiungerà pure un capo in cui si esporrà il modo con cui si fanno gli studi».54Infatti, nel testo delle Costituzioni salesiane edite nel 1874, apparirà già un capitolo intitolato De studio. Esso venne poi modificato nell’edizione definitiva, indicando la durata degli studi, d’accordo con i rilievi formulati dai consultori dell’orga-nismo vaticano.

Si trascrive a continuazione il testo dei sei articoli del menzionato capi-tolo, che costituiranno spesso un punto di riferimento nei documenti salesiani in generale e in particolare nelle circolari e nei programmi d’insegnamento elaborati da Cerruti, e raccolti in questo volume.

«1. I chierici e tutti i soci che aspirano allo stato ecclesiastico, devono per due anni attendere seriamente allo studio della filosofia, per quattro altri anni almeno alle materie ecclesiastiche.

2. Il loro studio principale sarà diretto con tutto impegno alla Bibbia, alla Storia Ecclesiastica, alla Teologia dogmatica, speculativa e morale, ed anche a quei libri e trattati che parlano di proposito dell’istruzione della gioventù nelle cose religiose.

3. Il nostro Maestro sarà s. Tommaso, e gli altri autori, che nelle istruzioni catechistiche e nella spiegazione della dottrina cattolica sono stimati più celebri.

4. Ad insegnare le scienze filosofiche ed ecclesiastiche si scelgano di prefe-renza quei maestri o soci o esterni, che per probità di vita, per ingegno e dottrina sono maggiormente stimati.

5. Ciascun socio per completare i suoi studi, oltre le morali conferenze coti-diane, si adoperi eziandio a comporre un corso di prediche e meditazioni, primie-ramente ad uso della gioventù, e quindi accomodato all’intelligenza di tutti i fedeli cristiani.

6. I soci, finché attendono agli studi prescritti dalle costituzioni, non si applichino troppo alle opere di carità proprie della Società Salesiana, se non vi son costretti dalla necessità, perché questo per lo più suole recare grave danno agli studi».55

Gli articoli riprodotti si inseriscono in una cornice di temi e problemi a cui bisogna far cenno, se si vogliono capire i successivi interventi dei consi-glieri scolastici generali e, in particolar modo, quelli di Cerruti. Le osserva-zioni e riserve al riguardo degli studi salesiani non provenivano solo dal con-sultore vaticano. Nel 1868, erano arrivate a Roma anche le lagnanze espresse

54Costituzioni, 247.

55Costituzioni, 180-181; cf. circ. di don Bosco sullo studio della teologia in Em, lett. 2034 (23.11.1874).

dall’arcivescovo di Torino. Questi, pur manifestando le sue simpatie nei con-fronti delle finalità del nuovo Istituto promosso da don Bosco – «raccogliere e catechizzare i ragazzi ed avviarli a qualche arte o mestiere» –, si dichiara poco soddisfatto del sistema di formazione attuato dal fondatore.56 Mons.

Riccardi di Netro suggeriva alla Congregazione dei Vescovi e Regolari che, prima di dare una qualsiasi approvazione alla Società Salesiana, si affidi ad una «persona estranea, pia, sperimentata, e pratica di educazione della gio-ventù», la missione di redigere una accurata relazione, dopo aver esaminato di persona le cose a Valdocco.57

L’argomento in questione fu ripreso dal nuovo arcivescovo di Torino, mons. Lorenzo Gastaldi. Egli scriveva, il 2 febbraio 1873, al prefetto della Congregazione del Concilio, ritenendo un suo preciso dovere il manifestare che, nella Società Salesiana, erano «necessari studi filosofici e teologici ed altri simili, assai più sodi e seri di quelli che generalmente si fecero finora».

Alcuni mesi dopo, lo stesso mons. Gastaldi ribadiva il proprio parere al ri-guardo: «in questa Congregazione non si possono formare ecclesiastici bene istruiti nella Filosofia razionale e nella teologia e nelle altre scienze sacre;

perché la massima parte attendono a questi studi mentre fanno la scuola di la-tinità o di altra arte o scienza». Come «conclusione pratica», consiglia che tutti «gli studenti di Teologia debbano almeno per quattro anni frequentare le scuole del Seminario ove trovasi la loro casa; e quindi nelle case della Con-gregazione dei luoghi ove non sono Seminari, non si tengano soggetti i quali percorrano lo studio di questa scienza».58

All’origine dei contrasti tra l’arcivescovo di Torino e il fondatore dei Sa-lesiani, si trovavano determinate situazioni che andavano certamente miglio-rate, ma c’era anche la contrapposizione tra due mentalità, due modi di collo-carsi di fronte alla realtà, di percepire le urgenze delle circostanze storiche e di rispondervi con le soluzioni ritenute più appropriate e tempestive. Le «di-vergenze sulla formazione ecclesiastica si radicavano in modi notevolmente differenti di vedere il prete e la sua missione nella Chiesa e nella società o, al-meno il prete chiamato in misure sempre più vaste in attività educative e pa-storali, con metodi in parte innovativi, in favore della gioventù e degli strati popolari, in tempi di gravi emergenze».59

56MB IX, 96-97. La lettera porta la data: «14 marzo 1868». Cf. Pietro BRAIDO, Un

«nuovo prete» e la sua formazione culturale secondo don Bosco, in RSS 8 (1989) 11.

57MB IX, 367-368.

58OE XXV, 351-352; cf. MB X, 847-854.

59P. BRAIDO, Un «nuovo prete», 14; cf. anche Giuseppe TUNINETTI, Il conflitto fra don Bosco e l’arcivescovo di Torino Lorenzo Gastaldi (1871-1883), in Don Bosco nella storia.

Atti..., 142; ID., Lorenzo Gastaldi 1815-1883, vol. II. Arcivescovo di Torino 1871-1883, Casale Monferrato, Piemme, 1988.

Tale cambiamento di prospettiva comportava, di conseguenza, un nuovo tipo di curricolo formativo. Si «potrebbe dire che il santo educatore è un po’

controcorrente. In tempi in cui i vescovi diocesani tendono a chiudere i propri chierici nei seminari [...], don Bosco tende a prendere una via media; o, se si vuole, tende ad adottare un sistema misto, che contemperi la prova delle pro-prie personali attitudini sia nella spiritualità della famiglia religiosa alla quale si vuole aderire, sia nell’attività che le è specifica. Attività che per i salesiani era allora prevalentemente l’educazione dei giovani negli oratori festivi e nei collegi per ragazzi dei ceti sociali inferiori».60

Difatti, don Bosco – commentando le prime misure prese da mons. Ric-cardi di Netro – esprimeva il suo punto di vista sul delicato argomento in questi termini: «Il nostro Arcivescovo credendo di seguire un buon consiglio stabilì che niun chierico di sua diocesi potesse rimanere fuori del seminario».

Ma «se io – continuava don Bosco – mando i chierici in seminario, dove sarà lo spirito di disciplina della Società? Dove prenderò oltre a cento catechisti per altrettante classi di fanciulli? Chi passa un quinquennio in seminario avrà volontà di rivenire a chiudersi nell’Oratorio?».61

Più in generale, il fondatore dei Salesiani auspicava un maggior numero di preti e religiosi per rispondere ai bisogni della Chiesa e alle numerose chieste di fondazioni, ritenute un segno delle benedizioni di Dio. Tali ri-chieste erano sempre più pressanti dopo l’anno 1875, quando i primi missio-nari salesiani arrivarono in America. Come soluzione d’urgenza, furono orga-nizzate a Valdocco le «scuole di fuoco» per la preparazione al sacerdozio di giovani adulti (i «figli di Maria»). In casi di speciale bisogno, don Bosco si mostrava favorevole all’ordinazione di alcuni candidati prima di concludere gli studi ecclesiastici, con l’obbligo però di condurli a termine in un secondo momento. Ma, riguardo a quest’ultimo punto, non tutti i membri del Consi-glio superiore si trovavano completamente d’accordo. Alcuni di essi avreb-bero preferito misure più severe. Il tema fu ripreso nel secondo CG (1880).

Nelle Deliberazioni, pubblicate nel 1882, è dedicato un capitolo agli Studi filosofici e letterari ed un altro agli Studi ecclesiastici. Se ne trascrivono in seguito gli articoli più volte accennati nelle circolari e programmi scolastici editi nel volume.

«Studi filosofici. [...] 5. Gli studenti di filosofia restino tutti, per quanto è possibile, nelle case di studentato. [...] 13. Affinché possano agevolmente compiere gli studi filosofici e teologici, i nostri soci non frequenteranno le scuole delle università, se non dopo essere stati iniziati negli ordini sacri».62

60P. STELLA, Don Bosco e la formazione, 62.

61E I, 572-573.

62Delib. 2CG, Dist. IV, cap. II. Studi filosofici e letterarii, 70.

«Studi Ecclesiastici. 1. Il corso teologico abbraccia quattro anni. Finito il quadriennio richiesto dalle Costituzioni i soci attenderanno per due anni allo studio della morale casistica.

2. In ogni ispettoria vi sarà uno studentato per gli studi teologici.

3. L’anno scolastico durerà nove mesi intieri. Negli studentati vi sarà non meno di tre ore di scuola al giorno. Nelle case dove non si può ancora avere un regolare studentato sono stabilite non meno di cinque ore di scuola per settimana.

4. Si assegnino le lezioni giorno per giorno, e si facciano recitare, no-tando il voto meritato.

5. Nessuno sia dispensato dai tre esami consueti, se non per gravi mo-tivi. [...]

11. Affinché un chierico sia ammesso al sacerdozio, dovrà aver soste-nuto gli esami su tutti i trattati assegnati al quadriennio.

Qualora però il Rettor Maggiore giudicasse farsi alcuna eccezione col presentare alle sacre Ordinazioni qualcuno prima del compimento del corso teologico, questi rimarrà ancora obbligato a completare gli studi negli anni seguenti ed a sostenere gli esami».63

Dopo la pubblicazione delle Deliberazioni del 1882, riemerse con più forza nelle sessioni del Consiglio generale l’esigenza di un maggior rigore nel completamento di un «regolare corso di studi» prima di ricevere l’ordine pre-sbiterale.64Nella riunione del 18 settembre 1885, tornandosi a parlare dell’ar-gomento, don Bosco propose una soluzione duttile, invitando a non dimenti-care «le usanze degli Ordini religiosi che affrettano talora le ordinazioni e danno il Presbiterato al primo anno di teologia». Ad ogni modo – ribadiva –

«ciò che non si studia prima si studi dopo». Don Rua – che nelle riunioni pre-cedenti si era dimostrato incline a una linea esigente in tema di studi ed esami – osservava realisticamente, da parte sua, che, «prese le ordinazioni», diventa

«difficile che uno possa continuare gli studi».

Al vivace dialogo che ebbe luogo nella citata sessione capitolare del 1885, partecipò, per la prima volta, don Francesco Cerruti. Nel prendere la parola, egli osservò che «certi uni specialmente se abbandonati a se stessi agli studi non andrebbero avanti se non studiando i trattati in italiano».65Il suo in-tervento – benché la sua nomina non fosse stata ancora ufficialmente

comuni-63Delib. 2CG, 65-66 («Studi ecclesiastici»).

64Nelle Delib. 1CG, si trova soltanto questa indicazione: «Studio tra i salesiani. I sacer-doti e i chierici della pia Società Salesiana regoleranno i loro studi secondo il capo XII delle nostre Costituzioni e secondo il Regolamento interno delle case» (Dist. I, cap. I,15).

65D870 Verbali del Capitolo Superiore (18.09.1885).

cata ai Salesiani – si collocava ormai nell’ambito delle competenze attribuite al consigliere scolastico dal Capitolo Superiore: «Sarà sua cura – recitavano le deliberazioni del secondo CG sopra ricordato – stabilire ogni anno il pro-gramma per le scuole di teologia e di filosofia; e di ricevere i voti conseguiti dai chierici negli esami».66 D’accordo con tale disposizione, don Celestino Durando aveva provveduto in precedenza a inviare alle case il «Programma di teologia» per il corso 1885-1886, aggiungendo, tra l’altro, la raccomanda-zione di «attenersi nell’anno scolastico per lo studio della teologia e per gli esami alle deliberazioni del Capitolo Generale del 1880».67

Al di là dell’elenco dei trattati da studiare o dei voti degli esami da in-viare a Torino – temi mille volte ricorrenti nelle circolari –, rimanevano aperte molte altre questioni rilevanti, raccomandate o prescritte dalle delibe-razioni capitolari e, prima ancora, dalle Regole o Costituzioni salesiane del 1874: erezione di studentati teologici e filosofici nelle singole ispettorie, sele-zione e formasele-zione di professori competenti, elaborasele-zione di norme metodo-logiche, scelta di libri di testo.

La strada che portò alla fondazione dei primi studentati teologici fu lenta e irta di ostacoli;68 forse, anche perché il medesimo CG del 1880 aveva aperto, per così dire, una finestra che facilitava delle situazioni poco soddisfa-centi. Dopo aver formulato una precisa deliberazione – «In ogni ispettoria vi sarà uno studentato per gli studi teologici» –, il supremo organismo salesiano aggiungeva: «Nelle case dove non si può ancora avere un regolare studentato sono stabilite non meno di cinque ore di scuola per settimana».

Il testo dell’articolo esprimeva, senz’altro, una indubbia affermazione di principio, ma vi si alludeva subito dopo a eventuali eccezioni, con il rischio di compromettere gli obiettivi che si volevano raggiungere. E direi che tale ri-schio non diveniva meno reale dopo il primo intervento di don Michele Rua, come Rettor Maggiore. Nel 1889 egli dedicò una lettera circolare al tema dello «Studio della Teologia». Fatto qualche cenno a un «felice migliora-mento negli studi teologici», egli ribadiva: «Si facciano regolarmente in cia-scuna Casa le cinque ore di scuola alla settimana, stabilite dalle Deliberazioni

66Delib. 2CG, 15.

67Si riporta in Appendice il testo dei programmi di teologia per l’anno scolastico 1883-1884 e per l’anno 1885-86, pubblicati a stampa. Vi è stato pure riportato il testo del programma per l’anno 1880-1881, ms. conservato nell’ASC E318 Studi filosofici e teologici.

68Che «la Deliberazione del Capitolo Generale II circa lo studentato teologico in cia-scuna ispettoria costituisse più un ossequio formale alla legge canonica che una perentoria di-sposizione da eseguire tassativamente sembra confermato dal fatto che né don Bosco né altri prevedono provvedimenti in relazione al radicale cambiamento che ne sarebbe venuto nella vita delle case e alle esigenze del nuovo tipo di formazione che avrebbero fornito gli “studen-tati” (come avverrà in parte nel Capitolo Generale IX del 1901)» – P. BRAIDO, Un «nuovo prete», 33.

Capitolari». Ma specificava subito dopo: «Dove o quando questo non si po-tesse assolutamente fare vi si rimedi almeno con qualche conferenza quoti-diana, triduana o settimanale […]. Si tenga una conferenza ogni mese nella quale si ripeta tutta la parte studiata o dovuta studiare in detto mese».69

È probabile che lo stesso don Rua abbia intuito che i «rimedi» suggeriti potevano dare origine ad inadempimenti e abusi. Forse per questo aggiunse una raccomandazione: «I Direttori si adoperino con la più scrupolosa cura, af-finché i nostri soci studenti di Teologia subiscano regolarmente gli esami su tutti i trattati assegnati per l’anno in corso».70Nel 1890 egli stesso constatava:

«Altro difetto, che trovai in alcune Case, fu l’irregolarità nella scuola di teo-logia».71Dieci anni dopo, nella circolare del mese di aprile del 1901, il Rettor Maggiore scriveva ancora: «Io sono un po’ mortificato nel dover, dopo tante altre volte, ricordare ancora adesso il grave peso di coscienza che qualche Di-rettore ha col non procurare che si faccia regolarmente la scuola e che si stu-dino da tutti le materie ecclesiastiche».72

Nel nono CG, si dovette riconoscere che le disposizioni riguardanti gli studentati salesiani «non vennero messe in pratica che in parte». Vi si prese allora «l’importante determinazione» di organizzare finalmente gli studi ec-clesiastici.73Venne costituita una Commissione, presieduta da don Cerruti e articolata in diverse sottocommissioni, allo scopo di studiare i differenti aspetti del progetto da attuare. Questa volta le decisioni del CG non rimasero soltanto sulla carta. Nel 1904, aprì finalmente le porte il primo studentato teo-logico a Foglizzo Canavese. Seguirono poco dopo quelli del Grand-Bigard (1904) nel Belgio, di San Gregorio di Catania (1905) e di Manga (1905) nel-l’ispettoria dell’Uruguay-Paraguay.74

Il ritmo di crescita di tali centri si trovava, però, in forte asimmetria con la crescente espansione della Società Salesiana agli inizi del XX secolo. Molti giovani «chierici», nel periodo di preparazione al sacerdozio, erano costretti a realizzare gli studi teologici «nelle case», mentre spendevano generosamente

69Lettere circolari di don Michele Rua ai salesiani, Torino, Tip. S.A.I.D. «Buona Stampa», 1910, 30.

70Lettere circolari di don M. Rua, 31.

71Lettere circolari di don M. Rua, 52.

72Lettere circolari di don M. Rua, 261. Don Rua si era occupato del tema precedente-mente: Ibid., 30, 31, 53, 70, 98-100, 115, 166.

73Capitolo Generale IX. Commissione 3ª. Relazione intorno agli studi teologici e testi da adottare, Torino, Tipografia Salesiana, 1901, 1. Cf. José Manuel PRELLEZO, Don Pietro Ricaldone e la formazione dei salesiani: alle origini dell’Università Pontificia Salesiana, in Don Pietro Ricaldone quarto successore di Don Bosco 1932-1951. A cinquant’anni dalla morte 25 novembre 1951; a cura di S. Frigato, Torino, UPS Facoltà di Teologia-Sezione di Torino, 2001, 31-73.

74ASC E233 Durando Cerruti (28.10.1904).

le loro energie nelle attività educative e didattiche tra i ragazzi e i giovani degli ambienti popolari. Cinque anni dopo la formulazione delle normative capitolari riguardanti gli studentati filosofici e teologici, Cerruti dovette se-gnalare, nell’adunanza capitolare del 12 maggio 1906, una realtà deplorevole:

«i nostri chierici rimasti nelle Case, purtroppo tuttora numerosissimi, trovansi in peggiori condizioni di prima, giacché né gli Ispettori, né i Direttori ordina-riamente se ne occupano e mancano financo di professori, soprattutto atti».75

Il redattore del verbale della riunione precisa che i capitolari presenti «si associano» alle parole del consigliere scolastico. Questi, trascorsi pochi mesi, il 20 agosto 1906, rivolgeva un pressante appello agli ispettori e direttori:

«Qui poi non posso non richiamare tutta la vostra attenzione su quei chierici che, pur bramosi di far il loro studentato regolare, debbono rimanere fuori la-vorando e studiando come possono, perché obbligati all’insegnamento e al-l’assistenza. Provvedeteli di testi occorrenti e di qualche buon libro che ne fa-ciliti l’intelligenza, assegnate un confratello a cui possano ricorrere per spie-gazioni od almeno per schiarimenti, gl’ispettori nelle loro visite e i direttori una volta la settimana s’interessino di questi loro studi. Soprattutto poi invigi-late perché tutto il tempo libero dalle occupazioni della scuola e dell’assi-stenza sia da essi impiegato in letture e studi sacri, non già in letture frivole od anche pericolose. Per lo più non è il tempo che manca, ma bensì l’ordine e la buona volontà. Né si dica che gl’impegni son molti, le occupazioni tante, che manca il tempo allo studio e simili. Il primo dovere di un superiore è quello di occuparsi de’ propri confratelli. L’interessamento sincero, costante di un ispettore e direttore pel bene morale, intellettuale e sanitario de’ propri confratelli è uno de’ migliori mezzi per assicurarne la perseveranza nella vo-cazione e l’attaccamento alla nostra Pia Società. È meglio rinunziare a nuove case, a nuove opere, a nuove scuole, piuttosto che trascurare o soverchia-mente aggravare i confratelli con danno degli studi o della sanità».76

«Qui poi non posso non richiamare tutta la vostra attenzione su quei chierici che, pur bramosi di far il loro studentato regolare, debbono rimanere fuori la-vorando e studiando come possono, perché obbligati all’insegnamento e al-l’assistenza. Provvedeteli di testi occorrenti e di qualche buon libro che ne fa-ciliti l’intelligenza, assegnate un confratello a cui possano ricorrere per spie-gazioni od almeno per schiarimenti, gl’ispettori nelle loro visite e i direttori una volta la settimana s’interessino di questi loro studi. Soprattutto poi invigi-late perché tutto il tempo libero dalle occupazioni della scuola e dell’assi-stenza sia da essi impiegato in letture e studi sacri, non già in letture frivole od anche pericolose. Per lo più non è il tempo che manca, ma bensì l’ordine e la buona volontà. Né si dica che gl’impegni son molti, le occupazioni tante, che manca il tempo allo studio e simili. Il primo dovere di un superiore è quello di occuparsi de’ propri confratelli. L’interessamento sincero, costante di un ispettore e direttore pel bene morale, intellettuale e sanitario de’ propri confratelli è uno de’ migliori mezzi per assicurarne la perseveranza nella vo-cazione e l’attaccamento alla nostra Pia Società. È meglio rinunziare a nuove case, a nuove opere, a nuove scuole, piuttosto che trascurare o soverchia-mente aggravare i confratelli con danno degli studi o della sanità».76