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LA PROMOZIONE AUTOMATICA: LA DURATA

Sappiamo che al fine della maturazione del diritto alla promozione automatica devono realizzarsi due presupposti, uno negativo, e cioè che l’adibizione a mansioni superiori non sia avvenuta per sostituire un lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto, e l’altro positivo, ovvero il trascorrere dei tre mesi dal momento dello spostamento( la contrattazione collettiva potrà eventualmente stabilire un termine inferiore o superiore, nel caso di quadri e dirigenti). Soffermiamoci su questo secondo requisito. Le questioni che si sono sollevate riguardano l’effettività e la continuità del periodo necessario per la promozione. Se l’effettività influenza anche questa parte della disciplina, bisognerà per forza giungere alla conclusione che nel computo dei tre mesi non devono essere ricompresi i giorni non lavorativi o non lavorati per ferie, permessi o malattia. In questo senso si è espressa la dottrina prevalente, che ha rinvenuto la ratio della norma nell’intenzione di verificare la vera idoneità del lavoratore a svolgere le nuove mansioni. Anche se queste pause non vengono contate, esse non hanno l’effetto di interrompere la continuità del periodo e quindi si possono sommare le frazioni di tempo antecedenti e successive. Una minoritaria dottrina invece sostiene che ai fini del calcolo dei tre mesi, debbano essere incluse anche le assenze giustificate dal lavoro poiché la ratio della norma oltre a essere quella della verifica dell’idoneità a svolgere le nuove mansioni è anche quella volta a sanzionare un utilizzo eccessivo del lavoratore nelle mansioni superiori,senza fargli acquisire la posizione più alta. Un’ interpretazione così tanto rigida della effettività appare fuori luogo

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proprio alla luce di questa ulteriore funzione della norma123. Ad ogni modo il criterio mediano, che rende calcolabili i periodi ante e post interruzione ma esclude questi giorni dal computo, rimane quello più accettato anche a livello di giurisprudenza, che già aveva dato una risposta analoga relativamente al problema del computo del periodo di prova.

Ma la questione che più di tutte ha creato dubbi interpretativi in giurisprudenza è quella relativa alla continuità del periodo. Il problema sorge nel momento in cui, dalla lettera della norma, non è dato evincere se con la parola “periodo” si intenda una frazione di tempo continuata oppure se, viceversa, si possano sommare distinti momenti. Di regola, sia in dottrina che in giurisprudenza,ha prevalso l’interpretazione rigorosa che intende che il tempo di svolgimento delle mansioni superiori debba essere continuativo. A sostegno della tesi rigida è stato detto che,se il legislatore avesse voluto prevedere il cumulo di distinti periodi, avrebbe previsto anche l’arco di tempo su cui calcolarli124 e poi ancora, lo stesso termine “periodo” lascerebbe pensare ad un arco di tempo che non può non essere continuato125. La stessa contrattazione collettiva poi, da cui la norma trae origine, prevede esplicitamente attraverso disposizioni ulteriori, il criterio basato sul cumulo di distinti periodi in un arco di tempo predeterminato e questo lascia pensare che il legislatore non abbia inteso introdurre tale metodo tacitamente126. Questa interpretazione porta con sé la grave conseguenza di favorire pratiche elusive da parte del datore di lavoro, che potrebbe impedire ogni volta la promozione del lavoratore frammentando il periodo di assegnazione a mansioni superiori. Proprio per questo motivo si è reso necessario trovare delle eccezioni alla regola che tutelassero il lavoratore da questi

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M.GRANDI, la mobilità interna, in AA.VV., strumenti e limiti della flessibilità, Milano, 1986, p.275

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ARESCA, op. cit. p.442 125

LISO, op. cit. p 206 126

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comportamenti fraudolenti: una tesi ormai superata affermava che l’ingiustificata frammentazione dei periodi comportava un negozio in frode alla legge che invalidava gli atti interruttivi; il grave limite di questa tesi era quello di prevedere, in capo al prestatore di lavoro, il pesante onere di dimostrare l’intento fraudolento del comportamento del datore127. Gli orientamenti più recenti sono nel senso di ammettere il cumulo senza la necessità di dimostrare nessun intento fraudolento: in pratica questo sarebbe in re ipsa quando le assegnazioni a mansioni superiori avvengono con frequenza. Proprio questo lascia pensare che non siamo di fronte a saltuarie esigenze dell’impresa, bensì ricorrenti. Il prestatore di lavoro, in sede di giudizio, dovrà solo allegare la prova dei frequenti spostamenti128. Ultimamente si è recuperato in parte l’elemento soggettivo, per correggere l’eccessiva rigidità che si era creata,e adesso si richiede oltre alla sistematicità delle assegnazioni, anche una programmazione degli spostamenti e una preordinazione di vantaggi129. Occorrerà quindi un nesso fra le varie assegnazioni che riveli il carattere non occasionale degli spostamenti, consistente nella programmazione, e un vantaggio per il datore di lavoro nell’utilizzare la professionalità di alcuni lavoratori rispetto ad altri, consistente nella

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Cass. 23 aprile 1982, n. 2518, RGL,1982, II,586; aggiungi foro it.

128 Pretura MI, 5 dicembre 1996, RCDL, 1997, 341, Cass. 14 dicembre 1982,n.6890,

GC 1993, I, p. 3046: «(…)poiché la ratio di questa disposizione consiste pur

sempre nell’adeguamento della “qualifica” del lavoratore alle “mansioni” effettivamente esercitate deve affermarsi che la temporanea assegnazione a mansioni superiori realizza già di per sé uno sfruttamento del lavoratore, consentito soltanto, nei limiti di esigenze aziendali che siano non solo di breve durata( tre mesi), ma anche occasionali, sì da comportare un pregiudizio scarsamente apprezzabile per l’altra parte. Un tale pregiudizio assume rilievo già di per sé, ove l’assegnazione alle mansioni superiori, ancorché protratta per brevi periodi, venga reiterata a distanza di tempo ravvicinata e ciò indipendentemente da ogni intento fraudolento dell’imprenditore, il quale non può trarre dalla propria buona fede, alcun vantaggio che esorbiti i limiti di legge.(…)»

129 Cass.19 marzo 2013, n.6595, leggibile in http://www.italgiure.giustizia.it/ « Si è osservato( cfr Cass n. 11997/2009, n. 12785/2003 ) che "per la sussistenza della frequenza e sistematicità di reiterate assegnazioni di un lavoratore allo svolgimento di mansioni superiori, il cui cumulo sia utile all'acquisizione del diritto alla promozione automatica ex art. 2103 cod. civ., non è sufficiente la mera ripetizione delle assegnazioni, essendo invece necessario - se non un vero e proprio intento fraudolento del datore di lavoro - una programmazione iniziale della molteplicità degli incarichi ed una predeterminazione utilitaristica di siffatto comportamento»

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preordinazione. La rilevanza pratica di tutta questa questione potrebbe essere ampiamente ridimensionata dall’intervento della contrattazione collettiva che si preoccupi di prevedere il cumulo di distinti periodi in un arco di tempo determinato. Ma l’autonomia collettiva si è dimostrata contraria a intervenire in modo incisivo sui meccanismi di avanzamento di carriera perché « è questa una zona molto delicata dove resta molto difficile mettere in discussione le prerogative del datore. Per cui la questione rimane affidata agli interpreti»130.

3.3 Segue: LA SOSTITUZIONE DEL LAVORATORE