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I proprietari terrieri “antimilitaristi” e quelli di “uno tsubo”

Nel documento Il caso di Okinawa, un'isola in protesta (pagine 63-66)

Bisogna distinguere le categorie di proprietari terrieri. La prima è quella composta da persone che hanno deciso di firmare il contratto d’affitto con le basi militari e che quindi ricevono soldi da queste. Sono rappresentati dal Tochiren e sono circa 30 mila. Altra categoria formata da svariate centinaia di abitanti, soprattutto delle zone di Iejima, Oroku, Chatan e Yomitan, che si rifiutarono di firmare il contratto. Questi vengono definiti “antimilitaristi” per l’ideologia che li ha spinti a non accettare il contratto. Un esempio del loro pensiero, oltre a quello che si è già scritto a proposito di Ahagon, è spiegato da Shimabukuro Zenyū, che in un’intervista rilasciata a Miyume spiega cosa l’ha spinto, e come lui molti altri, a non firmare il contratto:

61Sokoku Fukki Tōsōshi Henkan Iinkai in Tanji Miyune, Myth, Protest and Struggle in Okinawa, Taylor & Francis e-

64 I was especially inspired by Senaga’s speech, before the all-island land

dispute in 1956, in which he claimed that Okinawans had the right to charge the US military rent, for using the ports, land, and even for breathing Okinawan air. Everyone loved his speech and cheered loudly. Senaga taught us that refusing to give up our land was the best way to get rid of the US military presence. As a landowner who experienced the hell of the Battle of Okinawa, I never feel guilty for refusing the contract. The origin of the landowners’ antimilitarism is quite simple: land is meant to plough and produce food. If you lease land to the US military, you are assisting war and violence instead of growing food.62

Esiste una terza categoria, o meglio una sottocategoria dei proprietari senza contratto, che nasce in questi anni, tra il 1972 e la seconda ondata di protesta. Identificata col nome di “proprietari terrieri di uno tsubo (unità di misura giapponese pari a 3,3 metri quadrati)” è formata da quelle persone che non possedevano dei terreni requisiti per costruire le basi e che per solidarietà alla protesta dei proprietari terrieri antimilitaristi hanno deciso di acquistare un pezzettino di territorio, più simbolico che altro, per aggiungersi alla lotta. Furono inizialmente 883 persone che andarono a rimpolpare le fila dei proprietari antimilitaristi arrivando poi ad essere un numero di circa 3 mila. Il loro slogan era: “ridateci la nostra terra dai militari per la vita e la produzione”. Composti da membri già attivi politicamente o nella comunità come membri del parlamento, attivisti sindacali, ed intellettuali da tutta la prefettura, venivano dipinti spesso dai media come radicali.

L’attività principale dei proprietari antimilitaristi fu quella della lunga disobbedienza per evitare di firmare il contratto di affitto. Parte di questa battaglia, contro il Dipartimento delle Strutture di Difesa di Naha, furono anche i proprietari di uno tsubo, i membri dell’Iken Kyōtō ed esperti avvocati.

Nel 1971, in previsione del ritorno al Giappone di Okinawa, il parlamento giapponese emanò la Legge della Proprietà Pubblica con valenza di cinque anni a partire dal momento dell’unificazione per fare in modo che l’occupazione dei terreni sequestrati per la costruzione delle basi non diventasse illegale. Nel 1976 venne intentata la prima causa contro questa legge da parte dei proprietari terrieri e dell’Iken Kyōtō. Un anno dopo, i membri del JSP che rappresentavano l’elettorato di Okinawa alla Camera Bassa

62 Intervista riportata in Tanji Miyune, Myth, Protest and Struggle in Okinawa, Taylor & Francis e-Library, 2007, p.

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riuscirono a ritardarne il rinnovo facendo diventare per quattro giorni illegale la presenza militare statunitense nelle zone non prese in affitto. Come atto simbolico di protesta in quei giorni i membri dell’Iken Kyōtō, assieme ai proprietari dei terreni che non avevano firmato i contratti d’affitto, fecero irruzione all’interno di alcune basi per tornare nelle loro case per la prima volta dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Uno di questi proprietari, per esempio, Shimabukuro Zenyū, accompagnato dalla famiglia e da un avvocato, riprese possesso del suo terreno all’interno di Camp Shields e, davanti al personale americano incredulo, liberò le sue oche, con il trattore che si era portato da casa arò il terreno dei suoi campi e seminò l’aglio.63 Ovviamente questi quattro giorni furono

una situazione imbarazzante per lo Stato giapponese. Per evitare che si ripetesse una situazione simile anche nel rinnovo successivo previsto nel 1982, in quello stesso anno vennero riattivate la Legge per le Misure Militari Speciali Americane e la Legge per l’Espropriazione della Terra che limitavano i diritti di proprietà privata in caso della necessità di proteggere gli interessi pubblici. Queste semplificarono di molto le procedure di esproprio e permisero la creazione della Commissione per l’Esproprio della Terra, che aveva l’autorità di decidere se l’esproprio fosse giustificato o meno. Dalla sua creazione gli uffici di questa Commissione divennero il luogo di battaglia tra i proprietari terrieri senza contratto con i loro sostenitori ed il Dipartimento delle Strutture di Difesa di Naha.

In questi anni, tra il fatto che il governo giapponese dal ’72 avesse alzato di 6 volte il valore degli affitti e la demoralizzazione dovuta ad una nuova ondata di espropri dall’82, il numero dei proprietari senza contratto diminuì drasticamente fino ad arrivare ad un numero di 120-130 persone. Grande sostegno però gli venne dato dai proprietari di uno

tsubo con la loro presenza costante alle udienze della Commissione per l’Esproprio,

arrivando ad essere anche un numero di svariate centinaia nel 198664. Questi si occuparono inoltre dell’organizzazione di raduni di protesta dopo le udienze e della raccolta di fondi per pagare le lunghe cause legali in atto per l’uso di proprietà privata senza il consenso del proprietario.

Il numero dei proprietari senza contratto tornò ad aumentare nel 1990 quando, scaduti i precedenti contratti d’affitto, 70 persone decisero di non rinnovarlo. Inoltre, contemporaneamente, altre 500 persone diventarono proprietarie di uno tsubo.

63 Shimabukuro e Miyazato in Tanji Miyune, Myth, Protest and Struggle in Okinawa, Taylor & Francis e-Library, 2007,

p. 113.

64 Arasaki inTanji Miyune, Myth, Protest and Struggle in Okinawa, Taylor & Francis e-Library, 2007,

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Nel documento Il caso di Okinawa, un'isola in protesta (pagine 63-66)