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Prosecuzione della formazione universitaria

Nel documento Consorzio Interuniversitario A (pagine 87-92)

4. CONDIZIONE OCCUPAZIONALE E FORMATIVA DEI LAUREATI DI PRIMO LIVELLO LAUREATI DI PRIMO LIVELLO

4.1. Prosecuzione della formazione universitaria

Ad un anno dal conseguimento del titolo di primo livello, le scelte maturate dai laureati sono variegate, anche per l’ampiezza dell’offerta formativa, tanto che solo 4 laureati su 10 (quota in linea con quanto rilevato nell’analoga indagine dello scorso anno) terminano con la laurea triennale la propria formazione universitaria. Al momento dell’intervista il 56% risulta iscritto ad un corso di laurea specialistica107; tale valore, analogo a quello

107 A questi andrebbero aggiunti coloro che, dopo un solo anno, hanno abbandonato il corso specialistico (1%) oppure che lo hanno addirittura già concluso (0,4%); si tratta di realtà poco consistenti, in parte frutto di carriere del tutto particolari (conversioni di precedenti percorsi formativi).

Infine, una quota modesta ma significativa (prossima all’1%) prosegue la

registrato nella rilevazione dello scorso anno, comprende, come già accennato, anche una quota modestissima di iscritti ad un corso quadriennale del vecchio ordinamento (si tratta di uno 0,3%

proveniente dai corsi non riformati di Scienze della Formazione primaria).

Il 41,5% dei laureati di primo livello, come si è già accennato, si dedica esclusivamente allo studio mentre una consistente quota coniuga studio e lavoro (valore di poco inferiore al 15%).

Precedenti percorsi formativi

Come già evidenziato nella precedente rilevazione, la prosecuzione degli studi con l’iscrizione alla laurea di secondo livello è fortemente influenzata dal percorso formativo di primo livello:

riguarda infatti 86,5 laureati su cento del gruppo psicologico, 81 su cento di ingegneria, 80 del geo-biologico, e raggiunge i valori minimi, ma comunque significativi, fra i laureati dei gruppi educazione fisica (42%) e insegnamento (40%)108.

Motivazioni per proseguire

La principale motivazione all’origine della prosecuzione degli studi con la specialistica è legata a ragioni di carattere lavorativo:

coinvolge 66 laureati su cento (quota in lieve aumento rispetto alla precedente rilevazione), di cui 40 che intendono migliorare le opportunità di trovare lavoro, 21,5 che ritengono che la specialistica sia necessaria per trovare lavoro e altri 4 su cento che dichiarano di essersi iscritti non avendo trovato alcun impiego. Quasi un quarto dei laureati è spinto invece dal desiderio di migliorare la propria formazione culturale. Da segnalare infine una quota di laureati che dichiara di proseguire gli studi con la specialistica perché permette di migliorare il proprio lavoro, in particolare dal punto di vista della retribuzione, dell’inquadramento, delle mansioni (10%).

La tendenza è confermata all’interno di tutti i gruppi, tranne che per i pochissimi laureati delle professioni sanitarie che decidono di proseguire gli studi, per i quali il desiderio di migliorare la propria formazione risulta particolarmente elevato (39%). Per i laureati dei gruppi psicologico e geo-biologico, più di altri, l’iscrizione alla

riscontra soprattutto fra i laureati dei gruppi educazione fisica, chimico-farmaceutico ed insegnamento.

108 In realtà, il minimo assoluto (4%) si riscontra in corrispondenza dei laureati provenienti dalle classi di laurea in professioni sanitarie, i quali optano quasi sempre per un immediato inserimento nel mercato del lavoro.

specialistica viene vissuta come una vera e propria necessità per accedere al mondo del lavoro (rispettivamente 42 e 33%). Infine, la prosecuzione degli studi specialistici è vista come un’opportunità per migliorare il proprio lavoro, in particolar modo dai laureati delle professioni sanitarie (20,5%) e dei gruppi ingegneria ed insegnamento (15% per entrambi).

Coerenza con gli studi di primo livello

Le scelte formative post-laurea mostrano una buona coerenza con il percorso di primo livello concluso, poiché quasi tre quarti dei laureati (quota stabile rispetto alla rilevazione del 2010) si sono orientati verso corsi di laurea specialistica da loro stessi ritenuti un

“naturale” proseguimento del titolo triennale; coerenza che si accentua in particolare tra i laureati dei gruppi ingegneria (83%), scientifico (81,5%), giuridico (79%) e architettura (77,5%).

Fig. 19 Laureati di primo livello del 2010 iscritti alla specialistica:

caratteristiche della specialistica per gruppo disciplinare (valori percentuali)

è il proseguim. naturale della laurea di primo livello rientra nello stesso settore disciplinare rientra in un settore discipl. diverso

Minore coerenza si rileva nei gruppi politico-sociale e linguistico, dove rispettivamente 59,5 e 61 laureati su cento ritengono la specialistica il “naturale” proseguimento del titolo di primo livello (Fig. 19). Ancora più “estrema” la situazione dei laureati delle professioni sanitarie, che evidenziano generalmente una relativa minore coerenza con il percorso formativo di primo livello concluso (“solo” il 41% ritiene che la laurea di secondo livello prescelta costituisca il proseguimento naturale di quella appena terminata).

Inoltre, 23 laureati su cento si sono iscritti ad un corso che, pur non essendo il proseguimento “naturale” della laurea di primo livello, rientra nello stesso ambito disciplinare. La restante quota (5%) ha scelto invece un diverso settore disciplinare; ciò è vero in particolare nei gruppi delle professioni sanitarie, linguistico e politico-sociale (rispettivamente 20% per il primo, 10 e 9% per gli ultimi due). Resta da approfondire se e in che misura la coerenza rilevata sia frutto di scelte libere oppure sia vincolata al pieno riconoscimento del percorso triennale precedente. Il quadro qui delineato, anche nelle considerazioni relative ai percorsi di studio, risulta sostanzialmente in linea con la precedente rilevazione.

Ateneo e gruppo disciplinare scelti

Iscrivendosi al corso di secondo livello, l’81% degli intervistati (sostanzialmente in linea con quanto osservato nella precedente rilevazione) ha confermato la scelta dell’ateneo di conseguimento della laurea triennale; a questi si aggiungono altri 7 su cento che hanno cambiato università pur rimanendo nella medesima area geografica109. Particolarmente “fedeli” al proprio ateneo risultano i laureati delle università del Nord-Ovest (che confermano la scelta dell’ateneo nell’88% dei casi). I percorsi più inclini al cambiamento di ateneo sono quelli legati alle professioni sanitarie (il 43,5% dei laureati iscritti al biennio specialistico ha optato per un’università differente da quella di conseguimento della triennale), ma il fenomeno della mobilità è apprezzabile anche nei gruppi linguistico e politico-sociale, entrambi con una quota di laureati che ha cambiato ateneo superiore al 25%. Naturalmente è il caso di ricordare che il cambio di università risulta decisamente più frequente in corrispondenza dei percorsi di studio poco diffusi sul

109 Si tenga presente che i risultati, che tengono conto della sede amministrativa delle università e non della specifica sede didattica del corso di studi, sono influenzati almeno in parte dalla distribuzione geografica degli atenei aderenti ad ALMALAUREA.

territorio nazionale: in tal caso spostarsi per ragioni formative è una condizione necessaria per intraprendere gli studi prescelti. Non a caso, infatti, 90 laureati su cento dei gruppi ingegneria e 87 su cento dei colleghi di architettura (per entrambi esiste un’ampia offerta formativa in tutto il Paese) preferiscono proseguire gli studi presso l’ateneo di conseguimento del titolo di primo livello.

Interessante a tal proposito è il fatto che i laureati di primo livello che hanno compiuto, nel corso del triennio, un’esperienza di studio all’estero nell’ambito di programmi Erasmus (che coinvolgono una quota contenuta di laureati di primo livello: 5%) dimostrano di essere più disponibili a cambiare sede universitaria quando si iscrivono alla specialistica: ben il 38% cambia ateneo, contro il 17%

di chi non ha maturato tale tipo di esperienza. Tale relazione, che vale più in generale anche tra quanti hanno compiuto un’esperienza di studio all’estero (indipendentemente dal tipo), è confermata praticamente in tutti i percorsi disciplinari.

A partire dalla rilevazione 2011 è stato chiesto ai triennali iscritti alla laurea di secondo livello di dichiarare il gruppo disciplinare di attuale iscrizione (fino alla precedente indagine, invece, si rilevava la facoltà di iscrizione). In tal modo è possibile accertare in modo più accurato, si ritiene, la coerenza tra percorso di primo e di secondo livello. Indipendentemente dall’ateneo di iscrizione, 85 laureati su cento hanno confermato con l’iscrizione alla specialistica la scelta del gruppo disciplinare.

Confermano ampiamente le proprie scelte i laureati dei gruppi economico-statistico (97%), ingegneria (96%) e psicologico (94%).

All’estremo opposto si trovano invece i laureati del geo-biologico, che, in oltre il 50% dei casi, si iscrivono ad un gruppo diverso da quello di conseguimento della laurea triennale. I laureati nei gruppi chimico-farmaceutico, politico-sociale e delle professioni sanitarie risultano altrettanto frequentemente iscritti ad un percorso diverso da quella di conseguimento della triennale (le quote sono 36, 28,5 e 25%, rispettivamente).

L’analisi combinata della mobilità geografica e di quella formativa mostra che 71 laureati su cento proseguono la formazione iscrivendosi ad un corso di laurea specialistica presso lo stesso ateneo e lo stesso gruppo disciplinare in cui hanno conseguito il titolo di primo livello, mentre solo 4 laureati su cento cambiano sia l’uno che l’altro. I restanti confermano solo parzialmente le scelte compiute precedentemente (14 su cento cambiando ateneo ma non gruppo disciplinare; 10 su cento optando per un altro gruppo ma presso lo stesso ateneo).

Anche in questo caso il percorso formativo appena concluso risulta determinante: infatti, confermano ateneo e gruppo i laureati in ingegneria (86%), seguiti da quelli dei gruppi economico-statistico e scientifico (80% in entrambi i casi). All’estremo opposto, si collocano i laureati del geo-biologico (40%), delle professioni sanitarie (44%) e quelli del politico-sociale (55%).

Naturalmente, in taluni casi il cambiamento di gruppo nel passaggio tra primo e secondo livello non implica una radicale modificazione dell’area disciplinare di studio: dalla documentazione emerge, infatti, che, tra quei quattro laureati su cento che cambiano ateneo e facoltà, solo uno si indirizza verso un settore disciplinare sostanzialmente diverso.

Oltre la laurea di primo livello: perché non si prosegue

Come si è visto, 41 laureati su cento, con la laurea di primo livello, hanno terminato la propria formazione universitaria: di questi, oltre i tre quinti risultano occupati già ad un anno110.

Per quasi la metà degli intervistati (43%) la ragione della non prosecuzione, quale che sia il percorso formativo concluso, è dovuta alla difficoltà di conciliare studio e lavoro; il 16% dichiara di non essere interessato a proseguire ulteriormente la formazione; un ulteriore 9,5% lamenta la mancanza di uno specifico corso nell’area disciplinare di interesse. Questa tendenza, analoga a quella rilevata nella precedente rilevazione, è confermata in tutti i gruppi, anche se con diversa incidenza. In particolare, per i laureati di ingegneria, e dei gruppi scientifico ed economico-statistico, è elevata la quota di chi lamenta la difficoltà nel conciliare studio e lavoro (in tutti i casi la quota supera di poco il 50%) mentre tale motivazione è più bassa della media soprattutto nei gruppi letterario e linguistico (31,5% per entrambi). Nel gruppo chimico-farmaceutico, invece, ben il 21%

dichiara di non aver trovato un corso di interesse.

4.2. Prosecuzione del lavoro iniziato prima della laurea

Nel documento Consorzio Interuniversitario A (pagine 87-92)