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Prospettive future di ricerca: il cambio di paradigma nella direzione della

SOCIAL BUSINESS MODEL E NUOVE FORME DI SOCIAL BUSINESS PER

A NALISI EMPIRICA P ARTE II: IL CASO PILOTA “C ENTRO M EDICO

5.4 Prospettive future di ricerca: il cambio di paradigma nella direzione della

social innovation

I risultati dell’analisi approfondita sul Centro Medico Santagostino portano ad una comprensione più ampia del modello low cost-high value. Esso, infatti, nella peculiare declinazione assunta nel settore sanitario ingloba una componente sociale la cui analisi diventa di fondamentale importanza in termini di appropriatezza delle

181 cure e che consente di poter delineare un nuovo approccio low cost-social plus nei modelli di business in sanità.

Il “modello Santagostino” si presenta come un’esperienza unica e peculiare di sanità privata a impatto sociale, identificabile con l’effetto più ampio e a lungo termine delle attività core come potenziale beneficio o cambiamento che genera nella comunità, in termini di conoscenze, attitudini, stato, condizioni di vita e valori. Il risparmio economico sul costo delle prestazioni, il risparmio di tempo nell’accesso e nella fruizione della visita medica e la capillarità della presenza sul territorio indicano che il modello operativo del Santagostino produce degli impatti significativi; essi sono misurabili in termini di costo rispetto alla media dell’offerta privata, in termini di tempi di attesa rispetto agli standard medi dell’offerta pubblica e in termini di diffusione e vicinanza al target.

Tali impatti risultano particolarmente rilevanti soprattutto rispetto a due aree: da un lato, le prestazioni caratterizzate da un basso grado di copertura da parte del SSN dove la domanda è più elevata (ad es. le terapie riabilitative e le visite psicologiche e psichiatriche); dall’altro, le prestazioni ad alto impatto in termini di prevenzione, come la diagnostica di controllo (ecografie, mammografie, etc.) con un conseguente effetto significativo di lungo periodo sui costi del SSN.

Questi aspetti peculiari del “modello Santagostino”, orientato alla creazione di valore e confermato dalle dimensioni di analisi del social business model e dal metodo narrativo applicato all’intervista, ci consentono di rileggere l’esperienza del modello low cost in un’ottica di innovazione sociale.

Le innovazioni nei processi clinici e nel modello di business che emergono dal caso pilota onfermano, infatti, quanto sostenuto da Michelini (2012): “l'innovazione

sociale è generata dalla combinazione di componenti del modello di business che creano un'impresa con l'obiettivo di migliorare il benessere della comunità e, allo stesso tempo, garantire la sostenibilità economica e finanziaria.”

Questa definizione di innovazione sociale rientra anche nella tassonomia avanzata in merito da Mason et al. (2005) che classifica l'innovazione sociale secondo quattro tipologie principali:

182 1. seguendo Diani (1992), “networks of informal interactions between a

plurality of individuals, groups and/ or organizations, engaged in political or cultural conflicts, on the basis of shared collective identities” (Diani, 1992,

p.1);

2. innovazioni sociali legate ai servizi con l'obiettivo di garantire una maggiore partecipazione sociale, in particolare attraverso modelli centrati sulla persona (Leadbeater, 2007);

3. innovazioni sociali digitali che sfruttano le ICT per stabilire “social and

collaborative innovation in which innovators, users and communities collaborate using digital technologies to co-create knowledge and solutions for a wide range of social needs and at a scale that was unimaginable before the rise of the Internet” (Bria et al., 2014, p. i);

4. forme innovative di impresa sociale, il che significa individuare nuovi modelli di business per fornire servizi in grado di raggiungere obiettivi sociali (Defounrny et al., 2014) e in cui tipicamente una parte del profitto o surplus è reinvestito nelle attività della mission sociale.

L’indagine empirica conferma, in particolare, il ruolo delle imprese sociali come risposta socialmente innovativa alle disuguaglianze del settore sanitario e individua due principali ambiti in cui il loro contributo è importante.

In primo luogo, l’impresa sociale si è sviluppata in alcuni campi come un fornitore alternativo di servizi sanitari, rispondendo al gap geografico e/o culturale rispetto alla tradizionale erogazione di servizi (Hall et al., 2012; Park e Wilding, 2013).

In secondo luogo, l’impresa sociale è stata teorizzata come una forma di intervento “controcorrente” che si rivolge alle determinanti sociali della salute (Roy et al., 2013).

In entrambi i casi, l’introduzione dell’impresa sociale costituisce un processo di innovazione, in cui le evoluzioni del modello di business sono attesi nello sviluppo di miglioramenti nel design e nell’accessibilità dei servizi.

Il social business model di Centro Medico Santagostino, impostato secondo la logica della value constellation (Normann e Ramirez, 1993), è in grado di produrre processi di innovazione sociale ad ogni passaggio della catena del valore (Porter e Teisberg,

183 2006). Tali innovazioni finalizzate a migliorare lo status quo erogando soluzioni soddisfacenti per problemi sociali insufficientemente risolti sono avvalorate anche dalla definizione di innovazione sociale di Christensen et al. (2006).

L’autore la considera come un sottoinsieme del più ampio concetto di disruptive

innovation (Christensen et al., 2000; 2003; 2006; 2008).

Christensen e Raynor (2003) la descrivono come un processo che crea nuove reti e cambiamenti organizzativi, basato su una nuova serie di valori, e coinvolge nuovi attori, creando valore tra i diversi stakeholder.

Christensen e Hwang (2008) la descrivono come un modello interdipendente composto da quattro componenti: la value proposition (un prodotto o servizio che aiuti i consumatori a fare in modo più efficiente, conveniente e accettabile il lavoro che essi si apprestano a fare); i processi (modalità comuni di lavoro per ottenere obiettivi ricorrenti in modo consistente: training, sviluppo, budgeting, planning, etc.); le risorse (persone, tecnologia, prodotti, attrezzature, competenze, marchi e soldi che sono richiesti per sviluppare la value proposition in relazione al target di consumatori); infine, il profitto (struttura delle risorse e dei costi fissi e dei margini e formula richiesta per coprire i costi).

Quando, come nel caso Del “modello Santagostino”, l’impatto sociale è l’obiettivo principale e non l’effetto collaterale del raggiungimento di opportunità di business, si rileva una congruenza con quanto Christensen et al. (2006) affermano sulla catalytic

innovation (come parte della social innovation) in cui il social business model:

 è capace di creare cambiamenti sociali sistemici attraverso la crescita e la replicabilità;

 soddisfa bisogni che probabilmente non sono soddisfatti del tutto o sono soddisfatti parzialmente;

 offre prodotti e servizi che sono più semplici e meno cari delle alternative esistenti e possono essere percepiti come prodotti e servizi con livelli più bassi di performance, ma che gli utenti considerano sufficienti;

 genera risorse, come donazioni, sovvenzioni, forza lavoro volontaria o capitale intellettuale, in modi che inizialmente non attraggono concorrenti;

184  è spesso ignorato da attori esistenti per i quali il modello di business è poco redditizio, pertanto si delinea un segmento di mercato che viene evitato o considerato poco attraente.

Utile ricordare anche quanto Christensen et al. (2006) notano circa l’importanza di rendere sostenibile il modello di business. Essi affermano che “just because an

organization has come up with a good idea for systemic social change does not mean that it will succeed in implementing that change [it is also vital to] assess whether the group’s business model can allow it not only to effectively introduce the innovation but also to scale it up and sustain it” (p. 101).

La capacità di queste organizzazioni che attualmente operano nel settore sanitario di soddisfare bisogni collettivi attraverso l'implementazione di prodotti, servizi o modelli più efficienti di quelli attualmente utilizzati a tale scopo e di attivare relazioni e competenze promuovendo al tempo stesso un migliore e più sostenibile utilizzo delle strutture e delle risorse disponibili (Defourny e Borzaga, 2001; Dees, 1998; Defounrny et al., 2014; Defounrny e Nyssens, 2006; Dees e Anderson, 2006), innesca processi di innovazione sociale.

Phills et al. (2008) si riferiscono all'innovazione sociale come alla modalità di rispondere ai cosiddetti “wicked issues” in modo non convenzionale e più efficace, sfruttando complessi processi relazionali in grado di reagire alla crescente complessità delle questioni sociali (Mulgan et al., 2007). Essi definiscono l'innovazione sociale come “a novel solution to a social problem that is more

effective, efficient, sustainable, or just than existing solutions and for which the value created accrues primarily to society as a whole rather than private individuals”

(Phills et al., 2008, pagina 38).

Nei modelli di business di queste organizzazioni si combinano elementi dell’economia classica basata sulla produzione e il consumo di servizi con nuovi elementi, tipici del paradigma dell’innovazione sociale, come il ruolo chiave dei bisogni degli individui e le relazioni; la partecipazione dal basso e il ruolo della community; la creazione di valore; la tendenza a valutare gli effetti sociali piuttosto che le prestazioni economiche e finanziarie (Murray et al., 2010).

185 In questo senso, l'innovazione sociale rappresenta il punto di svolta del fenomeno moderno dell'imprenditoria sociale che gli consente di raggiungere valore economico e benefici sociali per la comunità (Zollo et al., 2016).

Pertanto, il modello low cost consente, in primo luogo, di far incontrare convenientemente domanda e offerta di alcune categorie di servizi sanitari, aumentando innegabilmente l'accesso a servizi sanitari che erano fuori dalla portata di molti fino a poco tempo fa. Nel contesto italiano, si assiste anche a un fenomeno di coinvolgimento della classe media, non solo della cosiddetta “zona grigia della vulnerabilità sociale”. In questo senso, i potenziali clienti sono sia coloro che non possono accedere alla salute privata out of pocket, sia coloro che sono costretti a rinunciare al trattamento perché incapaci di pagare le tariffe della sanità pubblica, sia coloro che potrebbero accedervi ma possono risparmiare se paragonano i prezzi alla sanità privata orientata al profitto.

In secondo luogo, offre una nuova opportunità per la coesione sociale e la creazione di valore non solo perché ridefinisce l'offerta di assistenza sanitaria a costi più bassi ma anche perché modifica l'organizzazione della filiera produttiva e le relazioni e l'interdipendenza tra i vari attori pubblici e privati coinvolti (Castelli, Cerutti, Giuliani, Insalata, Marinelli, e Sirressi 2010).

Di conseguenza, queste considerazioni consentono di definire il modello come un

social business model perché è in grado di combinare aspetti economici (in termini di

efficienza), aspetti sociali (in termini di relazioni), aspetti culturali (legati ai valori) e istituzionali (in termini di capitale sociale generato) (Rago , 2012; Donati e Colozzi, 2011) e di generare processi di innovazione sociale.

In accordo con Mason et al. (2015), le evidenze dello studio suggeriscono che le principali caratteristiche del modello low cost intesto come un social business model e in grado di generare innovazione sociale sono:

1) la reattività ai fallimento o alle crisi dei sistemi economico, sociale e politico (Oosterlynck et al., 2013);

2) la capacità di riconoscere e guidare valore latente o potenziale (Mulgan et al., 2007);

3) infine, la capacità di creare nuove alleanze e collaborazioni oltre che nuove forme organizzative (Roy et al., 2013; Battilana e Lee, 2014).

186 Questi risultati, infatti, confermano la definizione di Mulgan et al. (2007) per i quali la caratteristica principale delle innovazioni sociali è la capacità di creare nuove combinazioni tra elementi già esistenti, riuscendo a superare i confini tra settori e discipline diverse e a creare relazioni tra gruppi di attori che fino ad allora erano rimasti separati.

187 CONCLUSIONI

Dal lavoro di ricerca condotto e supportato dall’indagine empirica, è possibile evidenziare alcuni importanti elementi di riflessione.

Una prima considerazione è che il modello low cost è in grado di far incontrare in modo più efficace la domanda e l’offerta di alcune categorie di servizi sanitari. Ciò aumenta innegabilmente l'accesso a cure mediche e a servizi sanitari che erano fuori dalla portata di molti fino a poco tempo fa.

Una seconda riflessione riguarda la capacità del modello low cost di offrire una nuova opportunità di coesione sociale e di creazione di valore non solo perché esso ridefinisce l’offerta di assistenza sanitaria erogando servizi di qualità a prezzi contenuti ma anche perché altera l’organizzazione della catena di produzione, le relazioni e le interdipendenze tra i vari attori pubblici e privati coinvolti (Castelli, Cerutti, Giuliani, Insalata, Marinelli, e Sirressi 2010).

In verità, il modello low cost è in grado di combinare aspetti economici (in termini di efficienza), aspetti sociali (in termini di relazioni), aspetti culturali (legati ai valori) e aspetti istituzionali (in termini di capitale sociale generato) (Rago, 2012; Donati e Colozzi, 2011).

Alla luce di queste considerazioni, il modello si avvicina molto al costrutto teorico di

social business model che è pensato, nello specifico, per includere nella formula del

profitto non solo i ritorni economici ma anche ritorni in termini di benefici e valore per la comunità (Haigh e Hoffman, 2014; Prahalad e Hart, 2002; Yunus et al., 2010). I cosiddetti social business si avvicinano particolarmente a quanto le moderne organizzazioni sanitarie si sforzano di ottenere, spesso con difficoltà, nell’equilibrio tra outcome economici e sociali.

Trattandosi di un modello alternativo che affronta i limiti specifici percepiti nelle principali forme tradizionali di assistenza sanitaria, le maggiori differenze che presenta sono correlate a questioni come la proprietà e il controllo; la distribuzione dei profitti o del surplus; gli obiettivi, le motivazioni e gli incentivi; la qualità dei processi di lavoro.

Nel caso specifico del Centro Medico Santagostino il miglioramento dello status quo attraverso lo sviluppo di soluzioni adeguate a problemi sociali insufficientemente

188 considerati è la modalità attraverso cui si generano processi di innovazione sociale (Christensen, Baumann, Ruggles, e Sadtler, 2006; Michelini, 2012).

Nel contesto italiano la visione di una sanità improntata al modello low cost è attinente a quanto Christensen et al. (2006) hanno definito come catalytic innovation, come parte del più ampio concetto di social innovation, in cui il social business

model è in grado di creare cambiamenti sociali sistemici che siano scalabili e

replicabili in risposta a bisogni ancora insoddisfatti, offrendo servizi a costi più bassi rispetto alle alternative esistenti e generando ritorni non solo di tipo economico. Utile ricordare quanto Christensen et al. (2006) hanno sottolineato anche rispetto all’importanza di valutare il modello di business. Essi affermano, infatti, che un’organizzazione che ha una buona idea per un cambiamento sociale sistemico non è detto che riesca ad implementarla se non valuta efficacemente il modello di business da adottare in modo che tale innovazione nel tempo sia sostenibile e replicabile.

Pertanto, d’accordo con Michelini (2012), ripensare e innovare il modello di business per il settore sanitario non vuol dire semplicemente ridurre i costi nello sviluppo del prodotto ma creare nuovi servizi a prezzi più bassi.

Inoltre, nel contesto italiano, si osserva che i destinatari di servizi sanitari low cost sono anche cittadini di reddito medio-alto, nonostante si tratti di un contesto economico sviluppato. In questo senso, i potenziali clienti/pazienti sono sia quelli che non possono accedere alla sanità privata out of pocket per la barriera dei prezzi, sia quelli che rinunciano alle cure perché non riescono a sostenere il pagamento del ticket o per la barriera delle lunghe liste di attesa della sanità pubblica, sia quelli che potrebbero accedere alla sanità privata ma che, comparando i prezzi, decidono di risparmiare.

Di conseguenza, queste considerazioni, insieme alle caratteristiche specifiche del modello di business low cost applicato alla sanità, consentono di definire il modello come un social business model in grado di generare innovazione sociale.

Sempre in accordo con Christensen et al. (2000), risulta evidente che le dinamiche di questa innovazione sono dirompenti. Essa inizia con un processo che si nasconde inosservato mentre i principali attori del mercato sono intenti a migliorare i loro prodotti e servizi senza tener conto delle necessità dei clienti. Con il tempo queste

189 innovazioni migliorano fino al punto di riuscire a soddisfare le esigenze di un numero sempre maggiore di utenti che scelgono di adottarla. Questo processo naturale di disruption potrebbe consenitre di avviare un profondo cambiamento nel Sistema Sanitario Nazionale perché caratterizzato da costi inferiori, maggiore qualità e maggiore accessibilità. Resta un elemento di riflessione ulteriore la comprensione della sostenibilità del fenomeno, collegato alla possibilità di chiarire se l’esperienza low cost possa avere margini di crescita significativa oppure restare una nicchia di mercato.

Pertanto, sebbene sia prematuro tirare delle conclusioni su un fenomeno emergente, si apre un dibattito su diversi aspetti da comprendere, che fa emergere alcune criticità legate a mutamenti profondi che stanno attraversando il contesto della sanità italiana. In virtù di queste considerazioni resta ancora aperta una questione legata ai ruoli e alle competenze dei soggetti coinvolti in queste organizzazioni soprattutto in riferimento al rapporto con il Sistema Sanitario Nazionale, con il quale volontariamente o passivamente non riescono a insaturare un dialogo.

In secondo luogo, le opportunità del settore delineano al contempo un rischio di possibile free riding di operatori e di clienti/pazienti, in cui la spinta determinata dall’opportunità del ritorno economico per gli uni e del prezzo per gli altri rischia di innescare processi non virtuosi; pertanto poiché non tutte le organizzazioni che adottano il low cost sono di fatto in grado di generare processi di innovazione sociale, è necessario sempre riuscire a tenere in considerazione l’impatto sociale che esse producono e la qualità a servizio del paziente nell’erogazione del servizio.

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