• Non ci sono risultati.

Capitolo 3: DIAGNOSI

3.2 Esami di laboratorio specifici

4.1.4 Protocolli terapeutici

Nella pratica, il protocollo più frequentemente utilizzato è quello che prevede l’uso di Antimoniato di N-metilglucamina alla dose di 100 mg/Kg SID SC (oppure 50 mg/Kg BID SC) per uno-due mesi, unitamente alla somministrazione di Allopurinolo alla dose di 10 mg/Kg BID PO, da protrarre per molti mesi dopo la remissione clinica. Questo protollo, applicato correttamente, nei cani in stadio B, C determina quasi costantemente la guarigione clinica ed il suo mantenimento per periodi quasi sempre superiori ad un anno. La terapia con i due farmaci in associazione consente anche un drastico abbassamento della carica parassitaria infettante per alcuni mesi e, di conseguenza, un minore tasso di infettività per i flebotomi (Oliva, 2009).

4.2 Miltefosina

La miltefosina, sviluppata inizialmente come farmaco antitumorale, è chimicamente un esa-decil-fosfo-colina, cioè un analogo della fosfocolina e come tale in grado di interferire sui segnali metabolici cellulari e sulla permeabilità delle membrane cellulari, nonchè sulla loro composizione lipidica. A differenza di altri agenti chemioterapici, la miltefosina non presenta mielotossicità, ed esercita effetti stimolatori sulle cellule progenitrici emopoietiche (Prasad et al., 2004).

Fig. 4.2. Struttura di Miltefosina

4.2.1 Meccanismo d’azione

La miltefosina esercita il suo effetto leishmanicida, colpendo la via del metabolismo dei fosfolipidi nel parassita. Miltefosina è in grado di penetrare le membrane cellulari e causare un rapido ed intenso metabolismo degli eterofosfolipidi; interferisce con le vie di comunicazione cellulare e la sintesi delle membrane della cellula parassita attraverso le seguenti modalità:

1. inibisce la biosintesi di recettori GPI (glicosilfosfatidil-inositolo), una

molecola chiave per la sopravvivenza intracellulare degli amastigoti di Leishmania.

2. disturba il segnale di trasduzione agendo sulle fosfolipasi C e

A causa di questi effetti sulla via mito genica del parassita, miltefosina porta in fine alla morte per apoptosi della cellula protozoaria. (Bianciardi, Incontro Virbac™2007).

L’attività in vitro della miltefosina è stata osservata valutando la sensibilità del ceppo di riferimento MHOM/ET/67/L82 di Leishmania donovani; risultando di efficacia comparabile contro i promastigoti (IC50, 0,4-3,8 microM) e gli amastigoti, contenuti all’interno di macrofagi peritoneali di topo.(IC50, 0,9-4,3 microM) (Vermeersch et al 2009).

4.2.2 Farmacocinetica

La miltefosina presenta un assorbimento rapido e completo dopo somministrazione per via orale, è stata dimostrata una biodisponibilità del 94% con un tempo per il raggiungimento del valore di massima concentrazione variabile tra 4 e 48 ore. Inoltre il farmaco presenta una bassa clearance plasmatica: è stato dimostrato che dopo ripetute somministrazioni orali nel cibo per 28 gg, la clearance plasmatica è risultata di 3,40 ml/Kg/h, corrispondente ad un tasso di eliminazione corporea complessivo di circa 0,06% in un cane di 10 Kg. Questo suggerisce che nei cani, l’efficacia metabolica di trasformazione della miltefosina in differenti metabolici è scarsa e non si assiste ad un primo passaggio metabolico epatico.

L’emivita del farmaco nel cane è di 6,3 gg e il raggiungimento di un equilibrio dinamico si raggiunge dopo circa 3-4 settimane di somministrazioni giornaliere. Al termine dei 28 giorni si assiste ad un lento e progressivo decremento dei livelli di miltefosina plasmatica, che resta comunque presente a livelli terapeutici per ulteriori 3-4 settimane circa. La miltefosina ha un’ampia distribuzione nei tessuti bersaglio dove sono presenti i parassiti di Leishmania. Tale distribuzione, è stata valutata nei ratti dopo 11 gg da una singola somministrazione orale; il livello più elevato di radioattività per grammo di tessuto dopo somministrazione è stato riscontrato in reni, fegato, milza e cute.

quindi può essere scelta per la cura di cani con insufficienza renale. La somministrazione del farmaco nel cane, come nel ratto, ha dimostrato che viene lentamente escreta nelle feci; la clearance media osservata è stata bassa (0,32 mg/Kg/h), molto simile al flusso biliare, suggerendo cosi che la clearance di miltefosina è in pratica una clearance biliare. Poiché la clearance fecale rappresenta circa il 10% della clearance totale, si può concludere che solo circa il 10% della dose somministrata per via parenterale viene eliminata come farmaco nelle feci (Bianciardi, Incontro Virbac™2007).

4.2.3 Tossicità

Studi di tossicità acuta di singole dosi in animali da laboratorio non hanno evidenziato alcuna mortalità nei ratti con dosi maggiori 2000 mg/Kg. I segni clinici di tossicità osservati sono stati pilo erezione e diminuzione dell’attività motoria all’inizio del periodo di esposizione.

Basandosi su questo valore il Milteforan® è classificato come non dannoso per OS e quando i cani vengono trattati al dosaggio terapeutico, 2mg/Kg, che equivale a 0,1 ml/Kg, l’Indice di sicurezza ottenuto è 20 (pari a 2ml/Kg di farmaco). A 2 e 4 mg/Kg die per 28 giorni ( x 1 e x 2 le dosi terapeutiche in studi di tolleranza) Milteforan® è stato ben tollerato in cani sani e non ha causato alcun segno clinico, con esami urine e sangue che erano normali durante il trattamento.

Studi di determinazione della dose efficace in cani naturalmente infetti da

L.infantum effettuati in condizioni di campo hanno dimostrato risultati

simili, con effetti collaterali gastroenterici dose-dipendenti, di breve durata e auto-limitanti.

Questi risultati indicano che il tratto gastroenterico è il bersaglio degli effetti collaterali e che questi effetti sono dose dipendenti. Nello studio di tossicità orale di 52 settimane a livello di ovaie canine sono state osservate alterazioni a tutte le dosi nelle cagne. C’è stato un aumento dose correlato nel numero di follicoli ovarici atresici e i cani del gruppo trattato con dosi elevate, risultavano morfologicamente in anestro. A causa di questi effetti, l’impiego di Milteforan® è controindicato nelle cagne gravide, per l’effetto embriotossico, fetotossico e teratogeno, in lattazione e da riproduzione

E’ stato eseguito uno studio su otto cani sani di razza Beagle, analizzando contemporaneamente la miltefosina e l’N-metilglucammina, per valutare la possibile tossicità renale dei due farmaci. I cani sono stati divisi in due gruppi, ai quali è stato somministrato rispettivamente: gruppo 1 miltefosina, 2 mg / kg di peso corporeo po una volta al giorno, per ventotto giorni, e al gruppo 2, è stata somministrata N-metilglucammina 100 mg / kg di peso corporeo per via sottocutanea una volta al giorno per ventotto giorni. Dopo il trattamento, tutti i cani sono stati controllati per circa un mese. Nei giorni 1 e 55 è stata effettuata una biopsia renale su tutti i cani, e i campioni sono stati analizzati mediante microscopia ottica, immunofluorescenza e microscopia elettronica. Tutti gli esami non hanno dimostrato alcuna lesione nei soggetti trattati con miltefosina; al contrario i cani trattati con antimoniato di N-metilglucammina, hanno dimostrato grave danno tubulare, caratterizzato da necrosi delle cellule tubulari e apoptosi (Bianciardi et al 2009).

Woerly et al. hanno eseguito uno studio multicentrico aperto, finalizzato a valutare l'efficacia dei profili di tolleranza per via orale del Milteforan®, su 96 cani infetti da leishmaniosi naturale. I cani sono stati trattati con il farmaco somministrato per via orale alla dose di 2 mg/kg di peso corporeo una volta al giorno per 28 giorni.

Secondo i punteggi clinici, il trattamento ha dimostrato un significativo effetto terapeutico tempo-dipendente con conseguente riduzione del 61,2% in media 56 giorni dopo il trattamento. Durante il periodo in esame, le reazioni avverse probabilmente associate con il trattamento sono state osservate nell’11,7% dei cani. Tuttavia, essi non erano gravi. Il più frequente è stato il vomito, che è risultato transitorio, autolimitante, e reversibile. Questi dati dimostrano che il farmaco alla dose raccomandata è sicuro ed efficace per il trattamento della leishmaniosi canina (Woerly et al 2009).

un’efficacia terapeutica del 94% (Sundar et al, 2007). Il dosaggio registrato per il cane è di 2 mg/Kg di peso corporeo, pari a 1 ml ogni 10 Kg di peso corporeo al giorno per via orale per 28 giorni. Un recente studio clinico multicentrico ha valutato l’efficacia e la sicurezza dell’associazione miltefosina e allopurinolo rispetto alla terapia con antimoniato di N- metilglucammina e allopurinolo in cani con infezione naturale da

Leishmania infantum. I risultati hanno dimostrato una significativa

riduzione dello score clinico, la normalizzazione dei dati di laboratorio e la riduzione della carica parassitaria in entrambi i gruppi. Non sono state osservate differenza significative tra i due trattamenti (Mirò et al 2008). L’impiego combinato dei due farmaci: Milteforan® 2mgKg SID e Zyloric® 10 mg/Kg PO BID, per 28 giorni di trattamento, per poi proseguire con il solo allopurinolo per un ulteriore periodo non inferiore ai sei mesi; è consigliato dalla Virbac® per i seguenti motivi: sinergia di azione grazie alla diversa modalità d’azione dei due farmaci nei confronti di diversi meccanismi biochimici e strutturali del parassita, prosecuzione dell’azione anti-leishmania nel tempo da parte dell’allopurinolo, mantenimento nel tempo dei risultati clinici raggiunti, mantenimento nel tempo di una più bassa carica parassitaria con minor infettività del cane nei confronti del vettore, possibile riduzione dell’insorgenza di forme di resistenza da parte del parassita (Bianciardi, Incontro Virbac™2007).

4.3 Allopurinolo

L’allopurinolo è un composto simile alla ipoxantina, largamente impiegato nell’uomo nella terapia della gotta, poiché interferisce bloccando la xantina-ossidasi nella sintesi dell’acido urico.

Fig. 4.3. Struttura di Allopurinolo

4.3.1 Meccanismo di azione

L’ allopurinolo è un composto analogo dell’ipoxantina, che interferisce con la sintesi dell’acido urico attraverso il blocco della xantina-ossidasi. La sua attività anti-leishmania è dovuta al fatto che le leishmanie sono incapaci di sintetizzare le purine, per cui devono necessariamente recuperare le basi azotate e i nucleosidi dall’ospite.

L’allopurinolo, una volta recuperato dalla leishmania come qualunque altra base azotata, dà luogo a composti tossici che interferiscono con la sintesi proteica del parassita, inibendone così la crescita. Nel citosol del parassita il farmaco viene trasformato in allopurinoloriboside e successivamente in 4-aminopirazolo pirimidina, composto tossico che viene incorporato al posto dell’ATP nell’acido ribonucleico del parassita, determinandone la morte (Shapiro et al. 1991).

4.3.2 Farmacocinetica

L'Allopurinolo è rapidamente assorbito nel tratto gastrointestinale, ha un'emivita plasmatica di circa 1 ora ed è rapidamente trasformato nel suo principale metabolita, l'ossipurinolo, anch'esso attivo. L'emivita plasmatica dell'ossipurinolo varia da 15 a 30 ore. Sia l'Allopurinolo che l'ossipurinolo

4.3.3 Tossicità

L’allopurinolo è considerato pressoché privo di effetti collaterali, dato che, nei tessuti dei mammiferi solo il 10% viene convertito in allopurinolo riboside, il restante 90% è trasformato in ossipurinolo, composto totalmente inattivo. È comunque necessario, per terapie prolungate, monitorare la funzionalità renale ed epatica, valutare la xantinuria e la formazione di uroliti xantinici, che si possono formare in corso di patologie epatiche.

4.3.4 Protocolli terapeutici

Nel cane se somministrato in monoterapia, per periodi non inferiori a 2-3 mesi, l’allopurinolo determina quasi sempre un miglioramento clinico, e in parte, dei parametri di laboratorio compresa la riduzione di alcune proteine della fase acuta. (Cavaliero et al. 1999, Vercammen et al, 2002).

È stato dimostrato che l’ utilizzo prolungato del farmaco in monoterapia per la cura della leishmaniosi canina cronica, ha migliorato il numero circolante di cellule T CD4 +, ma non ha ripristinato il loro numero entro il range di normalità (Papadogiannakis et al, 2009).

Analogamente all’antimoniato di N-metilglucammina, il farmaco pur riducendo la carica parassitaria, non determina la guarigione parassitologica, come dimostrato anche dalle recidive pressoché costanti dopo poco tempo dalla sospensione della terapia (Cavaliero et al, 1999).

L’allopurinolo dimostra un’ottima maneggevolezza, anche quando è somministrato per periodi molto lunghi (1-2 anni).

Segnalata di recente (Plevraki et al, 2006), è la capacità del farmaco, attraverso il controllo della carica parassitaria, di ridurre o mantenere stabile il grado di proteinuria nei cani leishmaniotici proteinurici e di prevenire/rallentare il deterioramento della funzione renale nei cani infetti non azotemici.

anticorpali anti-Leishmania, mentre l’uso di allopurinolo, in associazione ad una terapia a base di antimoniato di meglumina, è fondamentale per migliorare l'efficacia clinica del trattamento e ridurre il tasso di recidiva.

Ricorrere ad una combinazione di composti antimoniali e allopurinolo, inoltre, determina una migliore tollerabilità della terapia ed un contenimento dei costi in quanto il sinergismo dei due farmaci consente di ridurre la dose totale dei composti antimoniali che viene impiegata durante tutta la terapia (Denerolle et Bourdoiseau, 1999).

Il protocollo suggerito consiste in un trattamento iniziale con entrambi i farmaci per almeno tre settimane, seguito da un trattamento prolungato con solo allopurinolo, alla dose di 20-40 mg/kg al giorno o a giorni alterni. Nel cane vengono consigliati dosaggi di 10-20 mg/kg due volte al giorno per OS e per periodi variabili da 6 a dodici mesi (Miranda et al., 2007).

4.4 Aminosidina

L’aminosidina (o paromomicina) è un antibiotico aminoglicosidico, prodotto dall’attinomicete Streptomyces rimosus, che è dotato di un ampio spettro di attività contro batteri, micoplasmi ed alcuni protozoi.

Sperimentalmente ha mostrato di avere una spiccata attività leishmanicida (Gradoni, 2001). Il suo meccanismo di azione è identico sia nei confronti dei batteri che della Leishmania: riesce ad attraversare la membrana cellulare grazie ad una proteina carrier che si forma nei microrganismi sensibili e raggiunge alte concentrazioni intracellulari, capaci di inibire la sintesi delle proteine. Ne consegue la produzione di proteine anomale incapaci di assolvere alla loro normale funzione. A questo primo importante meccanismo si aggiunge un’alterazione della permeabilità della membrana cellulare, con perdita di elementi essenziali.

Gli aminoglicosidi sono scarsamente assorbiti per os, venendo quasi completamente eliminati per via fecale. La somministrazione di aminosidina deve essere quindi opportunamente eseguita per via parenterale. Se somministrata per via sottocutanea o intramuscolare rimane in circolo per circa 5 ore e solo una minima parte viene assorbita a livello intestinale, mentre la maggior parte viene escreta quasi esclusivamente per via renale.

Gli effetti collaterali principali si manifestano a livello gastrointestinale e comprendono nausea, vomito, dolori addominali crampiformi e diarrea. Se somministrata per via parenterale, la paromomicina è potenzialmente nefrotossica ed ototossica sull’ottavo paio di nervi cranici (Noli et al., 2005).

Dagli studi effettuati su questo farmaco emerge che una terapia basata sulla somministrazione di aminosidina alla dose di 5 mg/kg due volte al giorno per 3-4 settimane può portare ad eccellenti miglioramenti clinici nei cani trattati, ma non ha alcun effetto ne sul titolo anticorpale, nè sul tracciato elettroforetico (Poli et al., 1997).

Di contro, l’uso di aminosidina ad alto dosaggio (20-80 mg/kg die), è fortemente sconsigliato a causa dei forti effetti collaterali che ne derivano (Vexenat et al., 1998).

Negli ultimi anni l’amminosidina ha trovato un discreto impiego nella terapia della leishmaniosi soprattutto in associazione con l’antimoniato di N-metilglucamina, in dose rispettivamente di 5,25 mg/kg ogni 12 ore e di 60 mg/kg bid (Oliva et al., 1998).

4.5 Amfotericina B

Fin dal 1960 è noto che l’amfotericina B, antibiotico macrolide a largo spettro prodotto da Streptomyces nodosus, esercita una potente azione leishmanicida. Tale attività si esplica su un target specifico costituito dal gruppo degli ergosteroli, che costituiscono i principali steroli della membrana citoplasmatica sia della Leishmania che dei miceti, provocando pori di membrana responsabili della perdita di ioni potassio e magnesio e

della successiva morte del parassita. L’Amfotericina B mostra però una certa affinità anche per il colesterolo, fondamentale costituente lipidico delle membrane cellulari dei mammiferi e, per questo peculiare meccanismo d’azione, la sostanza non è priva di effetti tossici di una certa importanza, in particolar modo a livello dei nefroni (Randall, 1996).

Di conseguenza, la somministrazione di Amfotericina B, richiede un accurato monitoraggio delle funzioni renali durante il trattamento ed occorre ricorrere a temporanee interruzioni della terapia se il livello della creatinina si eleva sopra i normali valori fisiologici.

La ricerca ha permesso di superare, in parte, il problema della tossicità di questo antibiotico, in quanto sono state messe a punto nuove formulazioni (con il nome di AmBisome®) che prevedono l’incorporazione dell’antibiotico allo stato liofilo all’interno di microsferule di liposomi unilamellari, di diametro inferiore a 100 nm e che hanno dimostrato particolari successi per la terapia delle forme multiresistenti di leishmaniosi viscerale umana. La formulazione liposomiale indirizza in maniera passiva il farmaco verso i tessuti ricchi di macrofagi, ed è associata ad una minore nefrotossicita.

Per la sua bassa tossicità, per la semplicità di esecuzione del trattamento terapeutico e per la riduzione del tempo di ricovero ospedaliero rispetto alla terapia con gli antimoniali, l’AmBisome® è diventato il farmaco di elezione nella terapia della leishmaniosi viscerale umana, soprattutto nei bambini, manifestando una percentuale di guarigione del 90% (Sundar, 2001).

Nel cane, a differenza di quanto avviene nell’uomo, questo farmaco induce una rapida guarigione clinica, ma non è in grado di assicurare la guarigione parassitaria degli animali (Oliva et al., 1995).

Vista l’importanza dell’impiego di questo farmaco in medicina umana, i prodotti contenenti AmBisome non dovrebbero essere utilizzati in medicina veterinaria per evitare la selezione di parassiti resistenti.

4.6 Metronidazolo

I 5-nitroimidazoli rappresentano una classe di composti (del gruppo ketoconazolo) dotata di attività antibatterica e antiprotozoaria. L’esatto meccanismo di azione del metronidazolo non è completamente chiarito ma, certamente, la sua attività si esplica sul DNA batterico. Alcune prove sperimentali hanno dimostrato che il composto una volta penetrato nell’organismo sensibile, impedisce l’avvolgimento della doppia elica del DNA batterico mediante l’inibizione della DNA-girasi.

I dati relativi all’azione leishmanicida del metronidazolo sono controversi, ma un recente studio condotto da Pennisi et al. (2005) ha dato risultati incoraggianti: nel 57% dei cani trattati con un’associazione metronidazolo + spiramicina (metronidazolo a 25 mg/kg e spiramicina a 150 000 UI/kg somministrata per via orale SID per 13 settimane) (Stomorgyl®) è stato riscontrato un notevole miglioramento clinico, sebbene i risultati della sierologia e della PCR abbiano indicato che l'infezione non sia stata debellata dopo i 90 giorni di cura.

4.7 Pentamidina

La pentamidina è stata aggiunta alla lunga lista dei farmaci anti-Leishmania nel 1950 (Alvar et al., 2006). Si tratta di un composto aromatico diamidinico con elevata attivita antiprotozoaria ed antifungina, che fino a pochi anni fa era considerato (soprattutto in Francia) il farmaco di elezione nella terapia di alcune forme di leishmaniosi cutanea e muco-cutanea dell’uomo, ma anche di alcune forme di tripanosomiasi. Il suo meccanismo di azione è ancora poco conosciuto, ma di sicuro essa agisce provocando danni al kinetoplasto ed al complesso mitocondriale dei protozoi. A differenza dei composti antimoniali, la sostanza si accumula per mesi nel fegato e nei reni, attraverso i quali viene eliminata molto lentamente. Al suo uso sono associati molti effetti collaterali sia acuti (ipotensione,

tachicardia,vomito, diarrea, shock anafilattico), che cronici (ipoglicemia, diabete, danni epato-renali).

4.8 Immunomodulatori

Con il termine immunomodulatori si fa riferimento ad una gamma di sostanze (in genere proteine) prodotte dallo stesso agente eziologico che si vuole contrastare, sia esso una cellula tumorale o un microrganismo, e che hanno un evidente ruolo nello stimolare una risposta protettiva specifica. La leishmaniosi provoca un forte squilibrio a carattere immunitario nel cane infetto, che si traduce in un deficit della risposta cellulo-mediata (scarsa attivazione dei Th1) ed in una massiva risposta umorale (attivazione policlonale dei linfociti B), nella maggior parte dei casi aspecifica, non protettiva e addirittura dannosa per l’animale (Hondowicz e Scott, 2002; Quinnel et al.,2003).

La ricerca su nuove sostanze ad azione parassiticida, quindi, negli ultimi anni è stata affiancata dallo studio di sostanze in grado di ripristinare e orientare in senso positivo la risposta immunitaria dei cani ammalati. Nel campo della leishmaniosi sono stati già individuati e selezionati alcuni antigeni capaci di evocare in animali di laboratorio e anche nel cane una risposta immunitaria protettiva, o consentire la guarigione di quelli ammalati (Oliva, 2003).

Altre strade percorribili sono quelle che prevedono l’impiego di linfochine “positive” (IFN-γ, IL-12), da utilizzare a scopo profilattico o terapeutico. IFN-γ promuove la penetrazione degli antimoniali pentavalenti nei macrofagi ed induce la produzione di IL-12.

Il limite delle sostanze ad azione immunomodulante ad oggi disponibili, è legato alla loro scarsa specificità nei confronti dei delicati equilibri della risposta immunitaria.

Capitolo 5: PROFILASSI

La profilassi della leishmaniosi canina (LCan) riveste un duplice significato, sia per la prevenzione della malattia nel cane che per la salvaguardia della salute umana. Le possibili strategie per il controllo della LCan sono inquadrabili in tre punti ritenuti fondamentali: a) lotta agli insetti vettori e prevenzione dalla puntura; b) vaccinazione degli animali sani; c) eliminazione degli animali infetti/ammalati. La profilassi vaccinale rappresenta ancora oggi una sfida appena agli inizi (Oliva, 2010).

5.1 Profilassi sanitaria

5.1.1 Ambiente

L’ambiente preferito dai flebotomi è rappresentato dalle anfrattuosità del terreno, dalle crepe dei muri, dalle superfici asciutte, ma in un’atmosfera piuttosto secca e senza vento. Ovviamente queste sono condizioni presenti ovunque in Italia, per cui le aree a rischio non sono facilmente delimitabili. Da ciò consegue che, a livello urbano, l’unico intervento possibile di profilassi sanitaria, è quello di mettere in atto misure igieniche generali che tendano ad impedire la costituzione di nuovi focolai dove è possibile lo sviluppo dei flebotomi (raccolte statiche di immondizie, discariche, ecc.).

Documenti correlati