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Protocollo terapeutico: CIST (Cumulative Interceptive Support Therapy)

Al fine di arrestare la progressione della malattia peri-implantare e programmare quindi il corretto piano di trattamento, nel 1998 è stato proposto da Mombelli e colleghi un protocollo terapeutico denominato CIST. Questo protocollo dipende dall’esame clinico e dall’analisi radiografica e la diagnosi rappresenta pertanto un punto cardine.

E’ un protocollo di tipo cumulativo e include quattro fasi che si articolano secondo una sequenza di procedure terapeutiche.

Abbiamo precedentemente elencato quelli che sono i parametri clinici da utilizzare nella fase diagnostica e che riassumiamo qui di seguito:

- Presenza o assenza di placca dentale

- Presenza o assenza di sanguinamento al sondaggio (eseguito con pressione di 0.25N) - Presenza o assenza di suppurazione

- Profondità di sondaggio peri-implantare - Evidenza radiografica di perdita ossea

70 sano, possono essere considerati clinicamente stabili e non suscettibili di sviluppo di malattia per- implantare. Ciò dev’essere confermato da assenza di sanguinamento al sondaggio, assenza di suppurazione e profondità di sondaggio inferiore ai 4mm.

Protocollo A: debridement meccanico Gli impianti che presentano:

- Placca o depositi di tartaro adiacenti ai tessuti peri-implantari leggermente infiammati - Assenza di suppurazione

- Profondità di sondaggio che non supera i 3mm

devono essere sottoposti a debridement meccanico. Le spicule di tartaro possono essere eliminate con l’ausilio di una curette in fibra di carbonio mentre la placca viene rimossa utilizzando una fresa in gomma e pasta polishing.

Le curettes in fibra di carbonio riducono notevolmente il rischio di danneggiamento della

superficie implantare, a differenza delle curettes d’acciaio o degli strumenti ultrasonici classici con testina in metallo che possono risultare altamente dannosi (Matarasso S et al. 1996, Fox SC et al. 1990).

L’alterazione della superficie implantare, intesa come un aumento del grado di rugosità, facilita infatti l’accumulo di placca batterica e l’adesione dei batteri patogeni ed è per questo che va riposta una grande accortezza nella scelta dei materiali utilizzati durante la fase di debritment implantare.

Protocollo B: trattamento antisettico

71 profondità di sondaggio sia compresa tra 4 e 5mm, sia presente placca e sanguinamento al

sondaggio.

Il trattamento antisettico prevede l’applicazione di clorexidina digluconata (Lang N.P Chlorhexidine digluconate : an agent for chemical plaque control and prevention of gingival inflammation) allo 0.1%, 0.12% o 0.2% sotto forma di sciacqui orali oppure sotto forma di gel applicato localmente sul sito interessato. Solitamente l’utilizzo di clorexidina mostra risultati positivi dopo circa 3-4

settimane di trattamento costante.

Gli sciacqui orali con clorexidina possono altresì essere raccomandati per il controllo chimico preventivo della placca. (Chlorhexidine mouthrinse as an adjunctive treatment for gingival health)

Protocollo C: trattamento antibiotico

Nel caso in cui la profondità di sondaggio superi i 5mm, è possibile riscontrare frequentemente deposito di placca e sanguinamento al sondaggio. Al contrario, non osserveremo necessariamente segni di suppurazione. Radiograficamente evidenzieremo la presenza di una zona radiotrasparente attorno all’impianto. La tasca peri-implantare rappresenta una nicchia ecologica che favorisce l’accumulo di batteri anaerobi gram-negativi patogeni (Mombelli A et al. 1987).

Il trattamento antibatterico deve pertanto includere antibiotici in grado di eliminare, o

quantomeno ridurre, la prevalenza di suddetti agenti patogeni presenti a livello sotto gengivale, favorendo così il processo di guarigione dei tessuti molli (Mombelli A et al. 1992).

Prima della somministrazione di antibiotici il protocollo prevede l’esecuzione del trattamento meccanico (protocollo A) ed il trattamento antisettico (protocollo B).

Durante gli ultimi 10 giorni di trattamento antisettico, viene somministrato l’antibiotico. Mombelli propone la somministrazione di Ornidazolo 2x500mg/die per la durata di 10 giorni. In alternativa alla somministrazione per via sistemica è possibile la somministrazione di antibiotico

72 per via locale. Ad ogni modo è importante ricordare che solamente l’utilizzo di adeguati vettori consente di ottenere risultati clinici soddisfacenti. L’antibiotico infatti, per poter espletare la sua azione, deve poter rimanere nel sito interessato per almeno 7/10 giorni. Ad oggi, buoni risultati sono stati ottenuti con l’utilizzo di microsfere di minociclina (Salvi GE et al. 2007, Renvert S et al. 2006, Renvert S et al. 2004) e con monofilamenti di copolimeri con tetraciclina (Mombelli A et al. 2001, Lang NP et al. 2000).

Protocollo D: chirurgia resettiva e ricostruttiva La fase correttiva

Ottenuto un buon controllo dell’infezione ed una riduzione dell’infiammazione, è possibile valutare la necessità di eseguire un intervento chirurgico. Dopo aver sollevato un lembo muco- periosteo ed aver pulito la zona contaminata, possiamo riposizionare il lembo in maniera tale da ridurre la profondità della tasca peri-implantare (Ramanauskaite A et al. 2016).

L’obiettivo di questa chirurgia correttiva è quello di garantire il recupero locale delle condizioni necessarie al mantenimento di un’adeguata qualità di igiene orale e cercare di assicurarsi perciò una riduzione delle recidive, nonostante la possibile compromissione del risultato estetico a causa dell’esposizione della superficie implantare nella cavità orale (Figuero E et al. 2014).

Il riposizionamento apicale del lembo è particolarmente indicato nel caso di lesioni ossee multiple o nel caso di lesione ossea orizzontale, laddove quindi la morfologia del difetto fornisca scarse indicazioni ad una chirurgia di ricostruzione ossea.

Per quanto riguarda il trattamento delle superfici implantari esposte, ad oggi vi è ancora una scarsa indicazione da parte della letteratura su quale sia il metodo più valido. Sono state proposte numerose alternative, che comprendono trattamenti meccanici, chimici e laser (Hakki SS et al. 2017). La decontaminazione della superficie implantare rappresenta un punto chiave per quanto

73 riguarda la risposta dei tessuti al trattamento.

La fase riparativa

Qualora l’infezione risulti controllata, dunque si riscontri assenza di suppurazione e riduzione dell’edema, possiamo valutare la possibilità di un trattamento volto a ristabilire la presenza di osso di supporto attorno all’impianto.

Dal punto di vista tecnico, la chirurgia peri-implantare si basa sulle metodologie chirurgiche ampiamente collaudate dalla parodontologia. La morfologia del difetto ed il numero di pareti ossee residue ci permetteranno di determinare la scelta terapeutica più appropriata e valutare la possibilità di una riparazione ossea.

Esclusa pertanto la possibilità di una chirurgia ricostruttiva laddove siano presenti moderati e gravi difetti orizzontali (difetti a una o due pareti), potremo invece prendere in considerazione questo tipo di chirurgia nel caso di lesioni infra-ossee circonferenziali, molto frequenti nel caso di peri- implantite.

Come abbiamo visto precedentemente vi sono differenti tecniche di rigenerazione ossea e che riassumiamo qui di seguito:

- Innesto osseo

- Rigenerazione ossea guidata (o Guided Bone Regeneration R.O.G) - Combinazione delle due tecniche

La maggior parte degli autori concorda sull’utilizzo della terapia antibiotica sistemica in associazione al trattamento chirurgico, al fine di limitare il rischio d’eventuali complicazioni di origine infettiva.

74 In figura è rappresentato l’albero decisionale della terapia C.I.S.T.

Espianto

L’espianto, e cioè la rimozione dell’impianto, è indicato nei casi di grave perdita di osso peri- implantare. In questi casi avremo un’esposizione superiore alla metà della lunghezza dell’impianto oppure l’esposizione dei “difetti” propri della superficie implantare, quali scalanature e fori, che hanno l’obiettivo di aumentare la superficie implantare e dunque il livello di osteointegrazione. Radiologicamente la lesione ossea peri-implantare si presenta come una radiotrasparenza attorno all’impianto. Inoltre, qualora un impianto presenti mobilità oppure risulti fratturato, la rimozione è inevitabile. L’espianto è inoltre necessario qualora la lesione e l’infezione peri-implantare siano talmente grave da non rispondere più ai trattamenti meccanici e chimici.

Una tale condizione è caratterizzata clinicamente dalla presenza di un essudato suppurativo, aumento grave della profondità di sondaggio (>8mm), elevato sanguinamento al sondaggio e spesso accompagnata dalla presenza di dolore.

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7 - CONCLUSIONI

La malattia peri-implantare rappresenta ad oggi una questione molto importante e dibattuta nel campo dell’implantologia. Questo tipo di malattia, se non intercettata e controllata precocemente, può portare al fallimento della riabilitazione implanto-protesica, anche a distanza di molti anni dall’avvenuta osteointegrazione. La prevalenza di peri-implantite osservata durante il 6° European Workshop on Periodontology parla di percentuali comprese tra il 28% ed il 56% dei pazienti e tra il 12% ed il 43% dei siti implantari. Per quanto riguarda la mucosite peri-implantare le percentuali osservate si attestano attorno al 80% dei pazienti e 50% dei siti implantari. Benchè i dati sulla prevalenza risultino ad oggi ancora limitati, queste percentuali possono darci un’idea della diffusione della malattia. Non possiamo però parlare di prevalenza senza parlare degli attuali criteri diagnostici.

Secondo il 7° European Workshop on Periodontology questi parametri sono:

- Nel caso caso di mucosite peri-implantare: sanguinamento al sondaggio leggero (0.25N). - Nel caso di peri-implantite: sanguinamento al sondaggio leggero (0.25N), suppurazione, profondità di sondaggio >4 mm, riassorbimento osseo radiografico.

In letteratura sono stati proposti anche criteri diagnostici alternativi come ad esempio l’analisi del fluido crevicolare, ma ad oggi risultano ancora scarsamente capaci di discernere tra salute e malattia e risultano pertanto inaffidabili.

Parlare dei criteri diagnostici è doveroso poiché stabilire dei criteri di valutazione standard (ad oggi non presenti) rappresenta un punto importante per la diagnosi della malattia ma anche per

garantire l’omogeneità e pertanto la possibile comparazione dei dati e dei risultati dei differenti studi presenti in letteratura.

Il mantenimento della salute peri-implantare passa innanzitutto dall’analisi di quelli che sono i fattori di rischio associati. A questo proposito dobbiamo ricordare che igiene orale, fumo,

76 parodontite, diabete, ma anche fattori genetici, assenza di gengiva cheratinizzata, consumo di alcol, superficie implantare e fattori iatrogeni, sono stati associati in letteratura ad un maggior rischio di insorgenza della malattia. E’ compito pertanto dell’odontoiatra sensibilizzare il paziente a tal riguardo, sottolineando l’importanza del mantenimento di determinate abitudini al fine di favorire la buona riuscita a lungo termine della riabilitazione implanto-protesica. Sarà compito poi del professionista associare al mantenimento domiciliare del paziente, un piano di mantenimento professionale che si articoli attraverso dei controlli periodici effettuati presso lo studio. In tal caso l’operato dell’odontoiatra si svilupperà secondo due fasi. In una prima fase avverrà l’analisi clinica e radiografica dei tessuti molli e duri peri-implantari, al fine di intercettare eventuali lesioni nelle fasi preliminari; nella seconda fase invece procederà al trattamento delle aree peri-implantari e delle superfici protesiche con l’ausilio di strumenti professionali, in modo tale da eliminare l’eventuale componente batterica ad esse associata e controllare l’infezione.

Per quanto riguarda la terapia della malattia peri-implantare, sono stati osservati buoni risultati con il trattamento non chirurgico nel caso di mucosite. Per la peri-implantite invece i dati ad oggi in nostro possesso ci fanno propendere per un approccio di tipo chirurgico. I protocolli clinici proposti in letteratura per la prevenzione ed il trattamento delle peri-implantiti sono numerosi ed includono debridement meccanico, utilizzo di antisettici, utilizzo di antibiotici sistemici o locali, nonché interventi chirurgici di accesso (conservativi e resettivi) e rigenerativi. Nel caso della malattia peri-implantare (a differenza della malattia parodontale) sarebbe però forse ad oggi più opportuno utilizzare il termine “chirurgia ricostruttiva” piuttosto che “chirurgia rigenerativa”, poiché i dati in nostro possesso ci mostrano l’impredicibilità di ottenere una re-osteointegrazione, ma piuttosto una semplice apposizione ossea. E’ importante inoltre sottolineare il fatto che ad oggi vi è ancora un limitato consenso su quello che sia il metodo di trattamento migliore per la peri-implantite (ie gold standard) anche a causa della scarsità di studi ad elevata evidenza

77 scientifica che ci possano permettere di delineare un protocollo definitivo.

Nonostante questo, dall’analisi della letteratura sono emersi alcuni elementi terapeutici che sembrano poter apportare un beneficio:

Fase di pretrattamento che include:

- Istruzioni di igiene orale e sensibilizzazione del paziente riguardo i fattori di rischio

- Valutazione ed accomodamento delle protesi al fine di rendere possibile un comodo svolgimento delle manovre di igiene orale e di controllo della placca

- Debridement non chirurgico con o senza l’utilizzo di antimicrobici

Accesso chirurgico (qualora la risoluzione della peri-implantite non sia stata raggiunta col trattamento non chirurgico):

- Esecuzione di un lembo a tutto spessore mucoperiosteo che consenta un’accurata pulizia delle superfici implantari contaminate (avvalendosi dell’utilizzo di numerose tecniche)

- Stabilizzazione del difetto intraosseo peri-implantare con un sostituto osseo/innesto osseo/materiale bioattivo in associazione o meno ad una membrana riassorbibile

Protocollo anti-infettivo:

- Antibiotici durante la fase peri-operatoria o post-operatoria

- Sciacqui con clorexidina durante il periodo di guarigione (alcune settimane)

Cura di mantenimento:

- Cura di mantenimento, che includa istruzioni di igiene orale e rimozione professionale del biofilm batterico

78 A seguito di queste osservazioni penso sia pertanto molto importante concludere dicendo che, nella pratica quotidiana, l’attenzione nei confronti della malattia peri-implantare dovrebbe essere molto concentrata sul campo della prevenzione. La terapia chirurgica è da intendersi, ad oggi, come un intervento di tipo “contenitivo” nei confronti della lesione, la quale può essere

eventualmente arrestata, ma risulta molto difficile da eliminare completamente. E’ possibile difatti osservare un alto tasso di recidive e non vi è ad oggi una chiara evidenza scientifica che ci mostri la possibilità di un ristabilimento delle condizioni iniziali di osteointegrazione.

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