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Data la scarsità di risultati ottenuti con il trattamento non chirurgico il trattamento più indicato nel caso di peri-implantite sembra essere quello chirurgico.

Il trattamento non chirurgico può arrecare però beneficio nella fase pre-chirurgica, contribuendo alla riduzione della carica batterica.

Nel caso di trattamento chirurgico l’obiettivo è quello di garantirsi un comodo accesso alla

superficie implantare ed eseguire un’accurata operazione di debridement e decontaminazione del sito al fine di arrestare e risolvere la lesione infiammatoria.

La chirurgia resettiva trova indicazione nel caso di difetti ossei orizzontali moderati e gravi (presenza di una o due pareti) in zone di scarso interesse estetico.

Con la chirurgia rigenerativa potremo eventualmente tentare di riottenere una re-

osseointegrazione attorno alla superficie implantare anche se l’argomento resta tutt’oggi molto dibattuto e privo di una forte evidenza ( Claffey N et al. 2008, Renvert S et al. 2009, Renvert S et al. 2013).

L’aumento di osso peri-implantare osservabile radiograficamente non indica difatti

necessariamente la presenza di una re-osteointegrazione vera e propria, che necessiterebbe di un’analisi istologica per poter essere valutata (Jepsen K et al.2016). Pertanto ad oggi, nel caso di terapia peri-implantare, è più appropriato parlare di chirurgia ricostruttiva piuttosto che

rigenerativa.

Nel caso di parodontite, numerosi studi a lungo termine hanno dimostrato l’efficacia di vari

trattamenti chirurgici; lo stesso non si può dire per la perimplantite, per la quale purtroppo vi è ad oggi una carenza di studi a lungo termine.

63 6.7.1 Conservativa

La chirurgia conservativa prevede l’incisione della mucosa perimplantare, scollamento del lembo, accurata pulizia del sito peri-implantare e sutura. Non vi è infatti alcuna eliminazione di tessuto molle o duro ed è pertanto indicata nei settori estetici. Si può tentare una chirurgia conservativa laddove si abbia componente infraossea moderata o nulla come nei difetti ossei di classe 2 oppure nei difetti ossei di classe 1a ed 1d secondo la classificazione di Schwarz (Schwarz F et al. 2010).

6.7.2 Resettiva

Eliminazione chirurgica delle tasca con riposizionamento apicale del lembo

Questo intervento consiste nel riposizionare apicalmente il margine gengivale ed eliminare così la tasca perimplantare. La procedura chirurgica prevede un’incisione eseguita a circa 1-2 mm dalla cresta gengivale in direzione dell’osso alveolare, seguita da un’incisione intrasulculare.

Viene sollevato un lembo a spessore totale e, utilizzando una curette metallica standard, si procede alla rimozione dell’epitelio della tasca e del tessuto di granulazione, evitando il contatto con la superficie dell’impianto. L’eliminazione della placca e del tartaro dalla superficie implantare viene eseguita utilizzando una curette in titanio.

In aggiunta è possibile eseguire una trattamento chimico antisettico.

Terminata la procedura si esegue un risciacquo del sito operatorio con soluzione fisiologica, si riposiziona il lembo e si procede alla sutura. A questo punto applichiamo un impacco chirurgico che sarà mantenuto per una settimana. Il paziente eseguirà inoltre una terapia antibiotica sistemica per la durata di 7 giorni, coadiuvata da sciacqui orali con clorexidina per 15 giorni (Renvert S et al. 2008).

64 Eliminazione chirurgica della tasca con riposizionamento apicale del lembo ed osteoplastica Con questo intervento, oltre al riposizionamento apicale del margine gengivale, eseguiamo un rimodellamento dell’osso al fine di ristabilire la corretta anatomia del tessuto. L’osteoplastica viene eseguita utilizzando una fresa ossivora associata ad abbondante irrigazione; l’irrigazione aiuta a mantenere la temperatura del tessuto osseo al di sotto della soglia critica di sopravvivenza di 47°C.

In seguito al rimodellamento osseo avremo chiaramente una parziale esposizione della superficie implantare originariamente osteointegrata. Questa superficie esposta rappresenta un fattore di rischio per l’accumulo di placca, soprattutto nel caso in cui la superficie presenti un certo grado di rugosità. E’ inoltre importante ricordare che, data l’esposizione di una parte della superficie implantare, questo tipo di intervento è consigliato solo per i settori a scarso interesse estetico (settori posteriori).

6.7.3 Ricostruttiva

La rigenerazione ossea guidata (ROG) può essere indicata nei seguenti casi (Buser D et al. 1993): - Presenza di deiscenze e fenestrazioni ossee

- Difetti intraossei peri-implantari

- Gestione del sito in caso di implantologia post-estrattiva - Aumento localizzato della cresta ossea

- Gestione di difetti ossei a livello di futuri siti implantari - Settori estetici

Uno degli obiettivi della chirurgia ricostruttiva potrebbe essere quello di porre rimedio

all’esposizione parziale della protesi in cavità orale che, nei settori anteriori, risulta inaccettabile per il buon risultato estetico del nostro trattamento.

65 La rigenerazione ossea guidata (ROG) e la rigenerazione tissutale guidata (RTG) seguono gli stessi principi.

Nel campo della parodontologia la RTG si pone l’obiettivo di stimolare selettivamente la

proliferazione cellulare a livello della superficie radicolare decontaminata, a partire dai fibroblasti e da altre cellule progenitrici provenienti dal legamento parodontale; così facendo si rende possibile l’ottenimento di un nuovo attacco tra l’osso neoformato ed il cemento.

I primi esperimenti di ROG furono effettuati isolando un difetto osseo a livello della cresta iliaca di cane tramite l’utilizzo di una rete di materiale plastico. In seguito alla cicatrizzazione, si osservò la formazione di nuovo tessuto osseo all’interno della rete (Murray G et al. 1957).

Molti anni dopo, un altro esperimento condotto su impianti impiantati nelle tibie di conigli mostrò gli stessi soddisfacenti risultati. In questo caso furono utilizzate membrane in PTFE-e (expanded- polytetrafluoroethylene) (Dahlin C. et al. 1989).

La rigenerazione ossea guidata si basa sui seguenti principi (Buser D. et al. 1993)): - mantenimento dello spazio (favorendo così l’angiogenesi e la formazione ossea) - mantenimento e stabilizzazione del coagulo

- mantenimento di una barriera contro l’invasione cellulare del tessuto connettivo ed epiteliale - mantenimento delle suture gengivali tramite una corretta gestione delle forze post-operatorie Nella ROG quindi il posizionamento di una membrana tra la gengiva e l’osso consente di creare uno spazio in cui si possa formare il coagulo e generare nuovo osso.

Le condizioni necessarie per l’ottenimento del successo sono:

- Cicatrizzazione mucosa per prima intenzione senza esposizione della membrana (rischio di rapida colonizzazione batterica)

- Mantenimento dello spazio sotto la membrana, evitandone il collasso grazie all’utilizzo ad esempio di membrane rinforzate in titanio

66 - La membrana deve adattarsi correttamente alla morfologia e dimensione del difetto, impedendo la proliferazione del tessuto connettivo ed epiteliale al suo interno

- Attesa di un adeguato periodo per la guarigione (6 mesi circa) al fine di ottenere una rigenerazione completa e matura.

6.7.4 Membrane e materiali da innesto

Secondo alcuni autori per ottenere una corretta rigenerazione ossea è sufficiente l’utilizzo

esclusivo di una membrana a ricopertura del difetto. Altri autori hanno invece evidenziato migliori risultati nell’utilizzo associato di una membrana e di un materiale da innesto sottostante

(biomateriali di origine bovina, umana, sintetica oppure osso autologo) (Rasmusson L et al. 1997). Lo studio di Queiroz e colleghi ha voluto comparare i risultati ottenuti con l’utilizzo di tutti e tre i metodi possibili: utilizzo esclusivo di membrana, utilizzo esclusivo di biomateriale, utilizzo combinato di membrana e biomateriale). E’ stato osservato che in taluni casi risultava

soddisfacente l’utilizzo esclusivo della membrana o del biomateriale, ma i risultati apparivano incostanti e dunque impredicibili. Suggerirono quindi che la scelta più consona fosse quella di utilizzare una combinazione di membrane e biomateriali di riempimento (Queiroz TP et al. 2006).

Tipi di membrane

Come abbiamo detto precedentemente la funzione della membrana è quella di mantenere stabile il coagulo, salvaguardare lo spazio necessario alla formazione di nuovo osso ed evitare l’invasione da parte del tessuto connettivo ed epiteliale gengivale.

Le membrane possono essere di tipo riassorbibile o non riassorbibile. Entrambe presentano vantaggi e svantaggi ma sembra che non vi siano differenze significative tra le due tipologie di membrana dal punto di vista dell’efficacia (Moses O et al. 2005).

67 Membrane non riassorbili

Sono le prime ad esser state utilizzate e sono quelle in PTFE-e. Hanno il vantaggio che possono essere manipolate facilmente, possono essere fissate con l’aiuto di viti specifiche e possono avere una struttura di rinforzo in titanio; questo gli conferisce proprietà meccaniche superiori,

diminuendo il rischio di collasso e garantendo perciò un’ ottima protezione del coagulo e del sito rigenerato. Gli svantaggi sono dati dal fatto che questo tipo di membrana viene rapidamente colonizzata dai batteri in caso di esposizione in cavità orale (Moses O et al. 2005). Inoltre l’utilizzo di una membrana non riassorbibile rende necessario un secondo intervento chirurgico per la rimozione della stessa a guarigione avvenuta.

Membrane riassorbibili

Queste membrane possono essere sintetiche oppure in materiale collagene. Hanno il vantaggio di essere riassorbibili e dunque non necessitano di un secondo intervento per la loro rimozione. Le membrane sintetiche sono costituite da polimeri di acido polilattico e poliglicolico

riassorbendosi così per idrolisi. Il loro tasso di riassorbimento varia in funzione del PH e della composizione chimica del sito. In uno studio è stato osservato però che i prodotti di degradazione di queste membrane, potrebbero indurre lo sviluppo di una reazione infiammatoria dei tessuti inducendo così degli effetti negativi sulla rigenerazione ossea (Schliephake H et al. 2000).

Le membrane in collagene sono presenti sul mercato da circa 20anni. Vengono prodotte a partire da collagene bovino, ma anche suino ed equino e sono caratterizzate da un’elevata

biocompatibilità. I tempi di riassorbimento ideali sono di almeno 4-6 mesi ed uno studio ha

evidenziato come questi valori possano oscillare molto, in base alla membrana utilizzata (von Arx T et al. 2005).

Le membrane a fibre intrecciate sembrano esser assorbite più lentamente rispetto alle altre tipologie (Rothamel D. et al. 2005). Lo svantaggio è che però questo tipo di membrana risulta

68 essere molto fragile. Le membrane riassorbibili in generale presentano lo svantaggio di essere meno facilmente manipolabili e suturabili rispetto a quelle non riassorbibili.

Materiali di riempimento osseo

I materiali utilizzati nella rigenerazione ossea guidata aiutano a mantenere lo spazio richiesto per la rigenerazione ossea. I materiali utilizzati più spesso sono i biomateriali allogenici d’origine

umana, i materiali di origine animale e i materiali di origine sintetica (Mellonig JT 2006, Hallman M. et al. 2002).

Innesto autologo

L’innesto autologo è considerato il gold standard poiché possiede un altissimo potenziale

osteogenico, osteoinduttivo ed osteoconduttivo. Il prelievo può avvenire da siti intra-orali (sinfisi mentoniera, mandibola, tuber maxillae, zigomi, esostosi) oppure extra-orali (cresta iliaca, teca cranica, tibia, coste, fibula).

Innesto allogenico

Possiede ottime proprietà osteinduttive ed osteoconduttive. Quest’osso proviene da cadaveri umani. Prima di essere liofilizzato e conservato vengono eliminate le sostanze organiche con l’utilizzo di etere ed etanolo; il processo di sterilizzazione avviene invece con l’utilizzo di ossido di etilene oppure tramite irradiazione a raggi gamma. Il processo di liofilizzazione consente di denaturare le proteine riducendo così l’antigenicità dell’innesto. Eventualmente è possibile procedere anche alla demineralizzazione con l’uso di acido cloridrico, rimuovendo così i sali inorganici e favorendo l’espressione biologica della matrice ossea.

Innesto xenogeno

Questo materiale proviene da un’altra specie. I materiali xenogeni vengono totalmente deproteinizzati e si trovano sotto forma di matrici inorganiche con potere osteoconduttivo.

69 L’impalcatura che vanno a costituire servirà da guida per la crescita ossea e consentirà

l’apposizione a partire dall’osso presente. Innesto alloplastico

Questi innesti sono di origine sintetica e possono essere costituiti da fosfati di calcio, carbonato di calcio, vetro e ceramiche bioattive, idrossiapatite e polimeri compositi. Questi materiali

possiedono proprietà osteoconduttrici; andranno dunque a costituire un’impalcatura per la sintesi di osso neoformato.

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