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LA PROVOCATIO AD POPULUM: DIFFICOLTA’ NELLA RICOSTRUZIONE DELL’ITER FORMATIVO DI UNA DELLE PRINCIPALI GARANZIE

CAPITOLO TERZO : RECUPERO MODERNO DEL COSTITUZIONALISMO ROMANO REPUBBLICANO, UTILIZZO CONCRETO ED ELEMENT

3. LA PROVOCATIO AD POPULUM: DIFFICOLTA’ NELLA RICOSTRUZIONE DELL’ITER FORMATIVO DI UNA DELLE PRINCIPALI GARANZIE

COSTITUZIONALI ROMANE.

In un assetto statuale decisamente meno incline a riconoscimento di diritti individuali rispetto agli ordinamenti moderni260, che circondano i consociati di una vera e propria armatura di garanzie contro il Leviatano, in cui viceversa i rapporti tra pubblico e privati erano pressochè esclusivamente improntati alla più unilaterale subordinazione, si comprende come quelle rare garanzie che fossero attribuite, assumessero un pregnanza ancora più essenziale. Tra queste garanzie un posto di primo piano riveste senz’altro la provocatio ad populum, estremo usbergo che sottraeva all’imperium dei magistrati per lo meno i beni ultimi della vita e dell’incolumità fisica.

Nonostante l’importanza di questa facoltà nella storia costituzionale romana, o forse proprio in cagione di essa, riesce oltremodo difficile ricostruirne l’iter formativo. Quest’incertezza ha inizio già nelle fonti classiche: esse attribuiscono ad uno dei fondatori della Repubblica, Valerio Publicola, una lex de provocatione261, ma Cicerone, citando i libri pontifici e degli auguri, afferma che la provocatio esisteva anche nell’età regia262 e Livio,( Ab Urbe condita, 3,5,2) incolpa Tarquinio il Superbo di aver esercitato la giustizia criminale per i delitti capitali sine consiliis per se solus (Liv., Ab Urbe condita 1,49,4), il che viene interpretato nel senso che questo re dispotico avrebbe sottratto al popolo l’esercizio dell’antico diritto di

260

Scrive a proposito De Martino, Storia della costituzione romana, cit., pag. 202: ”Sebbene i tratti più caratteristici della costituzione di una polis consistano nella

sfera di libertà, che essa garantisce ai cittadini, sia essa più o meno ampia, errerebbe tuttavia chi credesse di poter applicare alle città antiche i principi moderni sui diritti soggettivi pubblici ed in genere sul diritto dei cittadini alla libertà individuale. Il singolo non aveva diritti verso lo Stato, la cui onnipotenza era senza limiti ed il cui fondamento era teocratico; la religione, che informava di sé tutta la vita cittadina, era uno strumento invincibile di dominazione . Anche Roma non si sottrasse a questo comune carattere dello stato antico e certo in Roma la libertà del cittadino fu meno ampia che in Grecia.”

261

Liv, Ab Urbe condita, 2,8,2; Cic., De rep., 2,31,53.

138 pronunciarsi. La provocatio quindi sarebbe stata una garanzia precedente alla Repubblica, di origine monarchica, che avrebbe trovato nel periodo della dominazione etrusca solo un passeggero offuscamento.Si ripropone di seguito il difficile percorso di consolidamento di questa garanzia:

- 509 a.C. lex Valeria, in base alla quale nessun magistrato avrebbe potuto far fustigare o mettere a morte un cittadino romano che avesse provocato al popolo;

- 454 lex Aternia Tarpeia, 452 lex Menenia Sextia: individuava in 30 buoi + 2 pecore (3020 assi) il limite delle multe oltre il quale era accordato il diritto alla provocatio;

- 450 XII Tab.: comitia centuriata dichiarati come unica sede competente a pronunciare la condanna a morte di un cittadino (de capite civis nisi per maximum comitiatum ne ferunto);

- 450 XII Tab.: divieto di mettere a morte un cittadino non regolarmente condannato (indemnatum hominem interfici).

- 449 lex Valeria Horatia: vietata la creazione di nuove magistrature esenti da provocatio, e il plebiscitum Duillium (qui magistratum sine provocatione creasset tergo ac capite puniretur).

- 300 lex Valeria: meritevole di riprovazione (improbe factum) l’atto del magistrato che avesse fatto fustigare e uccidere un cittadino, nonostante questi avesse provocato al popolo.

- Lex Porcia de tergo civium (dovuta forse a Catone il vecchio, console nel 195 a. C.): ricorso al popolo contro la fustigazione come provvedimento autonomo (forse abolizione delle verghe contro i cittadini romani);

- Lex Porcia (proposta da P. Porcio Leca, tribuno della plebe nel 199 a. C. e pretore nel 195 a. C.): esteso il diritto di provocazione oltre i mille passi da Roma, quindi a favore dei cittadini romani residenti nelle province e dei soldati nei confronti del loro comandante.

La necessità della reiterazione è spiegata da Livio col fatto che l’influenza di pochi era più forte della libertà della plebe263, quindi bisognava di volta in volta recuperare questa garanzia dai diversi tentativi di insabbiamento. Secondo una certa parte della dottrina, peraltro, questa reiterazione sarebbe fittizia e frutto di una retrodatazione di provvedimeti più recenti264; è questa la posizione anche di Giuseppe Branca, che, in uno scritto dedicato al Giannini e in alcuni appunti pubblicati postumi265, aveva affrontato il tema

263

Livio, Ab Urbe condita, 10,9,4.

264

Fra tutti De Sanctis, Storia dei Romani , Firenze, 1969, II, pag. 52; De Francisci, Storia. Cit., pag. 345; ma si potrebbero fare molti altri esempi. Contra De Martino,

Storia della costituzione romana, cit., pagg. 313 e ss.

265 L’opera è G. Branca, Convenzioni costituzionali e antica repubblica romana, in

AA.VV, scritti in onore di Massimo Severo Giannini, vol.1, Milano, 1988,75 e ss, ripubblicato in Diritto e storia.L’esperienza giuridica di Roma attraverso le riflessioni

di antichisti e giusromanisti contemporanei.Antologia a cura di A.Corbino,Padova,1995,85 ss.

139 delle anticipazioni e duplicazioni di leggi e di norme consuetudinarie. La sua ricostruzione sembra mettere in crisi, almeno in casi peculiari, il valore precettivo pro futuro di precedenti e convenzioni costituzionali. A riprova delle sue affermazioni lo studioso mette sotto la lente d’ingrandimento, oltre alla provocatio ad populum, l’auctoritas patrum e il senatoconsulto, tutte istituzioni che c’era bisogno di ribadire ciclicamente nella storia romana. Lo studioso sostiene che non necessariamente tutti questi precedenti siano reali, ma trattavasi piuttosto di fictiones giuridiche volte a creare un precedente illustre a provvedimenti recenti, per renderli maggiormente assimilabili con il velare la loro carica innovativa attraverso la storicizzazione.

Ad esempio, con questo sistema un provvedimento del II secolo a.C poteva esser fatto risalire al V, creando artatamente un vero e proprio falso storico. Sarebbe avvenuto ciò anche nel caso della provocatio ad populum, istituto che i Romani volevano far figurare come tratto genetico della Repubblica anticipando il suo atto di nascita rispetto alla realtà storica.

In effetti Branca scrive verso la fine degli anni ’40 dello scorso secolo, in un’epoca in cui si riteneva che tutto quanto fosse avvenuto prima dell’incendio dei Galli del 390 a.C. fosse in gran parte frutto di invenzione perché nell’invasione erano andati bruciati tutti i documenti e gli atti pontificali e quindi non si poteva sapere qual era la storia precedente. 266 Un simile atteggiamento di messa in dubbio delle fonti è contestata dagli studi più recenti , che tendono a tributare una maggiore credibilità anche alle leggi più antiche267 , posto che comunque diversi autori insistono sulla loro veridicità. 268

Inoltre non ci sarebbe stato motivo, per gli annalisti, di inventare due leggi sull’appello al popolo, per attribuirle entrambe ad un console Valerio269 e, d’altra parte, il rilievo che tra gli antichi soltanto Livio conosce le tre leggi sulla provocatio, mentre gli altri scrittori ne conoscono non più di due, cioè la prima e quella del 449 a.C., non è un argomento decisivo per l’unicità della legge, appunto per il fatto, che quest’ultima presuppone l’esistenza dell’appello al popolo nei giudizi capitali.

Tali considerazioni ci devono rendere prudenti nel valutare i dati tradizionali, rispetto ai quali uno scetticismo aprioristico non appare giustificato; sembra così da accogliere la spiegazione che lo stesso Livio forniva per render ragione di questa reiterazione, perfettamente coerente con i tratti peculiari

266 Su questa scettica corrente di pensiero si veda De Sanctis, Storia dei Romani cit.,

I,16 ss.

267

Così, ad esempio, De Martino, Storia costituzionale romana, cit., pagg. 205 e ss.

268

Cfr. Cicerone, De Rep.,2,31,54 e Livio, Ab Urbe condita, 1,49,4.

140 del costituzionalismo romano che abbiamo delineato finora: in assenza di norme scritte e immutabili la vitalità di un principio di diritto era dimostrata attraverso la sua reiterazione nella prassi e nelle leggi. La vastità dei provvedimenti che abbiamo sopra elencato, secondo questa impostazione non farebbero altro che sottolineare quanto il diritto alla provocatio fosse sentito nella civitas romana.270

4. CASI MODERNI DI RECUPERO DEL COSTITUZIONALISMO ROMANO: