non ha alcuna rilevanza sull’efficienza dell’autodiffusione. Così, nel complesso, il sistema mantiene la forma espressa nell’equazione 2.26, da cui si può ricavare la funzione:
C3= ∆n2Λ4 4π4c K 3 sin2 [︃π∆n L λv ]︃ B3(Ω, ∆n, λ, L) (2.31)
Un’altra considerazione necessaria da fare è la determinazione dell’intensità diffratta. Come chiaramente visibile nella Fig.2.1 del testo principale, l’intensità IC, che misuriamo nel punto in cui è prevista la diffrazione del primo ordine, dipende dal tempo con un brusco aumento, il quale è compatibile con il tempo di apertura del diaframma che controlla il fascio della pompa e ha un’ampiezza proporzionale a Ip, seguito da un piccolo lieve aumento che può essere ben approssimato da una funzione esponenziale.
Quando l’intensità è misurata all’esterno dell’area del fascio diffratto, si osserva un aumento graduale di ampiezza simile senza che si verifichi un successivo relax.
Queste osservazioni indicano che IC si ottiene effettivamente aggiungendo due diversi contributi: il primo è la luce diffratta attesa Id , e il secondo è la luce Is diffusa dalla rugosità superficiale del campione, dalle impurità contenute all’interno della soluzione, dalle distorsioni statiche e dinamiche nei sistemi, le quali sono proporzionali alla luce illuminante e di ampiezza pari all’incremento del passo di IC. I due contributi possono essere distinti valutando l’effetto di miscelazione dei campi ottici diffratti e riflessi.
Ic= e0c n 2 |Ed+ Es| 2 = Id+ Is+ e0c n Re(Ed∗+ Es) ≈ Is+ 2 √︁ IsId (2.32) e quindi: Id= (Ic− Is)2 4Is (2.33)
2.4
Pump-probe
La tecnica del pump-probe permette di effettuare degli studi sul comportamento della materia a livello molecolare come nel nostro caso il riorientamento del cristallo liquido all’interno di strutture micrometriche. Le misure effettuate con la tecnica di pump-probe permettono di indagare dei fenomeni della materia che si svolgono a livello temporale.
Nei nostri studi tale metodo viene utilizzato per la misura dei tempi di riorientamento del cristallo liquido, nella fattispecie i tempi di eccitazione e di rilassamento, dalle quali misure di tempo si possono ricavare le costanti elastiche del materiale studiato.
Il funzionamento del pump-probe consiste di due fasci laser in cui uno viene utilizzato (pompa) per eccitare il materiale, nel nostro caso indurre un riorientamento del cristallo liquido tramite il campo ottico del laser, ed un secondo laser (probe) di potenza ben infe- riore che ha lo scopo di poter effettuare la misura vera e propria. I due laser devono essere usati con due lunghezze d’onda diverse; questo ci permette di poter separare i due fasci con due semplici filtri colorati ad esempio a livello del fotodiodo (S nella figura 2.4) dove viene posizionato un filtro per eliminare la luce del pump.
Per effettuare la misura del riorientamento del cristallo liquido da parte del laser probe,è necessario sfruttare il fenomeno del riorientamento della luce del cristallo. Il cristallo liquido quando viene attraversato da una luce nella fase twist-band ha la proprietà di modificare l’angolo di polarizzazione in uscita, introducendo un angolo di polarizzazione della rotazione della luce. Questa caratteristica di riorientamento della polarizzazione è legata allo stato di organizzazione delle molecole all’interno del cristallo liquido; cambiando tale organizzazione viene indotto un cambiamento dell’angolo di rotazione in uscita.
Per effettuare la misura è necessario utilizzare un sistema che interagisca con le diverse po- larizzazioni e che sia capace di rilevare le modifiche di polarizzazione del campione. Durante la misura viene utilizzato un laser di probe polarizzato (P1 nella figura 2.4) che attraversa il campione; l’angolo di uscita risultante dal laser polarizzato e il riorientamento del cristallo
32 CAPITOLO 2. CRISTALLI LIQUIDI DI DNA A SEQUENZA CORTA
sample
Pu mp 51 2n m Pr ob e 63 3n m x z yB.S.
x y x y x y 0° 45° 90°P
1P
2P
3S
Figura 2.4: Rappresentazione del setup di pump-probe; questo setup è stato montato in modalità contro propagante come si può vedere a livello del campione (sample). Di sotto vengono riportati gli angoli usati normalmente nel laboratorio per definire l’orientazione dei polarizzatori.
liquido devono essere analizzati da un polarizzatore (P2 nella figura 2.4) in uscita.
Per effettuare la misura vera e propria viene utilizzato un fotodiodo (S nella figura 2.4) che misura l’intensità della luce del laser che interagisce attraverso i due polarizzatori (P1 e P2) ed il campione; per rivelare il riorientamento si sfrutta il principio di estinzione di luce tra due polarizzatori incrociati in quanto la luce polarizzata, se attraversa due polarizzatori in- crociati a 90◦ si estingue. Quando viene effettuata la misura, i due polarizzatori vengono messi in condizione di estinzione e il campione comportandosi come elemento ottico con ef- fetto ripolarizzante della luce, permette quando viene stimolato, di muoversi dalla situazione di estinzione della luce. Questa modifica dell’angolo, essendo indotta dal laser di pompa, ci permette di controllare la situazione di orientamento della struttura del cristallo liquido; effettuando misure nel tempo è possibile ricavare la dinamica del riorientamento del cristallo liquido.
Per effettuare la misura di riorientamento è necessario che i due laser, di pump e probe, indaghino la stessa zona. Nel pump-probe una delle parti critiche è l’allineamento dei fasci all’interno del campione, in quanto deve essere garantito il fatto che i due fasci siano collimati uno all’interno dell’altro e in particolar modo che il fascio di pompa sia più grande del fascio di probe all’interno del campione.
La necessità per cui il fascio di pompa deve essere più grande del fascio di probe è dovuto al fatto di garantire che l’analisi della zona stimolata debba ricadere in quella analizzata. Come mostrato in figura, il fascio di pompa copre una superficie molto più grande di quel- lo di probe, all’incirca con una proporzione di 1:3; questo è dovuto in modo particolare al fatto che è necessario garantire che il fascio di probe riesca a misurare in modo omogeneo il fenomeno osservato; dobbiamo inoltre precisare che è necessario garantire l’intersezione dei due fasci nella zona centrale della pompa in quanto la sorgente laser ha un profilo di tipo gaussiana, come mostrato in figura 1.5. E’ quindi necessario rimanere nella zona centrale dove viene garantita la massima linearità del fenomeno.
Per effettuare questi allineamenti abbiamo utilizzato due metodi, in particolar modo il pri- mo di tipo meccanico dove viene posto al posto del campione (figura 2.4) un pin-hole. Il pin-hole è un disco metallico sottile con al centro un foro di piccole dimensioni, nel nostro caso 125 µm che è nella fattispecie molto più piccolo dei due fasci di probe e pompa; questo ci permette di osservare soltanto la parte centrale del fascio gaussiano.
Questo metodo consiste nell’allineamento dei due fasci probe e pompa al centro del pin-hole, così da garantire il passaggio dei due laser. Tale metodo è molto efficace e soprattutto ga- rantisce l’allineamento dei fasci in quanto meccanicamente entrambi passano dal foro del
2.4. PUMP-PROBE 33
pin-hole. Questo metodo non è adatto a misurare la dimensione dei fasci e controllarne la proporzione.
Il secondo metodo introdotto permette di misurare l’allineamento dei fasci ed allo stesso tempo,la loro dimensione.
In questo caso per effettuare la misura, al posto del campione (figura 2.4) viene messo un chopper; questo chopper ci permette di ottenere un segnale in uscita proporzionale alla forma della sorgente laser in quanto, come visto già nella sezione 7.4, si può vedere che offuscando in modo regolare un fascio laser con uno shuttle e misurando la potenza si può ricavare la forma spaziale.
In questo caso si sfrutta il moto rotatorio del chopper per ottenere uno scorrimento propor- zionale del fascio ma a differenza del metodo precendente, questa misura viene ripetuta in modo ciclico; ciò ci permette inoltre di abbassare l’errore di misura effettuando tante medie del segnale.
In figura (2.5) viene mostrato l’andamento temporale misurato dal fotodiodo: da questa misura tenendo conto del tempo situato tra il 10% e il 90% della potenza misurata si può ricavare la larghezza del fascio. In fase di analisi dati, è necessario per effettuare la derivata della funzione, normalizzare i dati (0,1) ed in caso di misura multipla in questa fase viene fatta anche la media delle diverse misure. Di questi dati ottenuti viene effettuata la derivata: in questo caso viene sfruttato il fronte di salita a differenza del metodo utilizzato nel capitolo 3 nel quale si utilizza il fronte di discesa per semplificare i calcoli in seguito.
Per effettuare il calcolo del diametro è necessario convertire una misura temporale in una
-0.3 -0.2 -0.1 0.0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0 2 4 6 8 10 12 P L A S E R ( V ) t(m) 532 nm 635 nm (a) 0 10 20 30 40 50 60 70 0.0 0.2 0.4 0.6 0.8 1.0 P L A S E R ( a . u . ) t(a.u.) 532 nm 635 nm 90% 10% (b) 0 10 20 30 40 50 60 70 0.00 0.05 0.10 0.15 P L A S E R f '( a .u . ) t(a.u.) 532 nm 635 nm (c)
Figura 2.5: (a) Rappresentazione del segnale in uscita dalla scheda di acquisizione e dove è stato messo in risalto il tempo che va dal 10 % al 90 %. (b) In questo grafico vengono rappresentati i dati in modo normalizzato con valori da 0 a 1. (c) In questo grafico vengono rappresentati i dati ottenuti derivando i dati normalizzati. In seguito è stato sovrapposto il fit di una funzione gaussiana per ottenere i parametri della funzione e da questi parametri viene rappresentato il valore a metà picco (wcf) che rappresenta la misura della larghezza del fascio
misura spaziale. Per questo viene sfruttata l’alternanza della chiusura dello shuttle del chop- per che ci fornisce un’onda quadra in uscita dove dalle velocità di risalita si può ricavare la dimensione del fascio. Inoltre, è necessaria l’informazione del raggio in cui viene interrotto il fascio.
Da queste informazioni si riesce a determinare la velocità angolare del chopper e dalla velo- cità angolare e dal tempo del segnale si può ottenere la dimensione del fascio con la seguente formula:
f (t) = v
2
rt (2.34)
I dati ottenuti hanno problemi di rumore quindi onde evitare errori durante il fit della funzione per estrarre le costanti del tempo è stato effettuato un lavoro di analisi del segnale e pulizia che si trova nel capitolo 3.
34 CAPITOLO 2. CRISTALLI LIQUIDI DI DNA A SEQUENZA CORTA 1 1 3 (a) 20 30 40 0.00 0.05 0.10 0.15 P L A S E R ( a . u . ) t(a.u.) 532 nm 635 nm
Figura 2.6: (a) Qui viene rappresentata una vista parallela rispetto al campione dei due laser di pompa e di probe con i rispettivi allineamenti ideali. (b) In questo grafico viene rappresentato l’andamento temporale dei due segnali di probe e pump e si possono notare le diverse tempistiche di ritardo. (c) Qui viene rappresentata spazialmente l’analisi dei dati con il metodo descritto nel grafico precedente dove si può vedere che i due centri delle gaussiane sono pressapoco allineati.