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Trattamento di superficie

70 CAPITOLO 5. ELECTROWETTING γl θ E γsl γs EDL (a) γl θ E γsl γs EDL + + + + + + + + + - - - - (b)

Figura 5.5: Fenomeno di electrowetting. Anche in assenza di tensione applicata (a) ci sono cariche distribuite all’interfaccia elettrodo-elettrolita, formanti un doppio strato di carica (EDL). Applicando una tensione (b) varia la densità di carica e di conseguenza anche l’energia superficiale e l’angolo di contatto.

dove εl è la costante dielettrica del liquido.

Utilizzando questo risultato unito alla (5.3) si ottiene:

γsl(V ) = γsl,0− ∫︂ V V0 σsldV = γsl,0− ∫︂ V V0 Cedl· V dV = γsl,0ε0· εl 2dedl (V − V0) 2 (5.5)

dove γsl,0 è l’energia superficiale dovuta al solo contributo chimico ed è considerata indi- pendente dalla tensione applicata. V0 è il potenziale che corrisponde alla tensione di carica nulla; spesso, infatti, si viene a creare spontaneamente un doppio strato di carica nel mo- mento in cui si origina la superficie: la tensione da applicare per annullare questa carica è appunto V0.

E’ possibile ora ricavare il valore dell’angolo di contatto in funzione della tensione, utilizzan- do l’equazione (5.4) unita alla relazione di Young:

cos [Θ] = cos [Θ0] +

ε0· εl

2dedl· γl(V − V0)

2 (5.6)

Se il liquido considerato è l’acqua, si ha εl = 80 e γlv = 0.072 J/m2 (a 20C); un valore

sperimentale tipico per dedl è 2 nm. Se si utilizzano questi valori per calcolare il rapporto adimensionale nell’equazione 5.6 si ottiene un valore dell’ordine di grandezza dell’unità: l’an- golo di contatto di conseguenza diminuisce molto velocemente all’aumentare della tensione applicata. In realtà la 5.6 è valida finché non iniziano ad innescarsi fenomeni elettrolitici; tipicamente ciò avviene a tensioni di poche centinaia di millivolt.

5.3

Apparato sperimentale per misure di electrowetting

Viene illustrato l’apparato sperimentale utilizzato per effettuare misure di electrowetting. In particolar modo le misure di nostro interesse sono quelle dell’angolo di contatto del cristallo liquido LC con il substrato di Niobato di Litio.

Per quest’apparato sperimentale viene utilizzata una fotocamera reflex Canon D750 con un obiettivo a focale fissa con ottime funzionalità macro Canon EF 100mm f/2.8L Macro IS USM che forniscono la vista frontale della goccia.

5.3. APPARATO SPERIMENTALE PER MISURE DI ELECTROWETTING 71

Laser 532 nm Beam expander LC

Reflex

Substrato

Figura 5.6: Schema dell’apparato sperimentale visto di lato, simile a come già visto in letteratura [65]

L’illuminazione è stata fornita da una luce LED culminata posta in riflessione rispetto alla fotocamera.

Occorre inoltre precisare che si è scelta un’ottica di tipo macro. Questa scelta si è resa necessaria per ottenere delle immagini a fuoco in quanto lo spazio tra il campione e il sensore della fotocamera risulta sotto i 30 cm.

L’illuminazione implicata per puntare le cariche all’interno del substrato di Niobato di Litio viene effettuata tramite un laser con lunghezza d’onda 532 nm (verde) da sotto. Attraverso un gioco di lenti e un beam expander è stato il diametro del fascio che poteva variare da un minimo 1mm a 3mm. Il beam expander è stato scelto in quanto permetteva di mantenere la qualità spaziale in modo da ottenere un fascio di tipo gaussiana.

Nel setup sperimentale per ottenere le micro gocce di liquido sul substrato dell’ordine 1- 0.5 µl è necessario utilizzare micro siringhe. La scelta delle siringhe ad insulina si è resa necessaria in quanto permette di dosare piccole quantità dell’ordine di 0.5µl, in quanto una siringa ad insulina per bambini ha una capacità di 0.5 ml divisa in 100 unità, quindi una unità corrisponde 0.5µl.

Figura 5.7: Foto dalla punta dell’ago ad insulina con una goccia di cristallo liquido.

72 CAPITOLO 5. ELECTROWETTING

sura G33 (diametro esterno 0.24mm), che dopo essere stato tagliato ha permesso di ottenere gocce di liquido in modo molto regolare. L’utilizzo di questo ago tagliato ci ha permesso di ottenere delle gocce con un volume perfettamente controllato e con dimensioni regolari in quanto, come si può vedere nella foto, la tensione superficiale del cristallo liquido o dell’acqua permette di ottenere una goccia perfettamente sferica.

5.4

Trattamento di superficie

Nelle prove di electrowetting uno degli aspetti importanti è il trattamento di superficie, in quanto questo influenza l’angolo di contatto.

Sui substrati è possibile effettuare diversi tipi di trattamenti superficiali, applicando film sottili o all’occorrenza nessun trattamento, solo una semplice pulizia che in alcuni casi è sufficiente.

In questo lavoro è stato utilizzato un film di olio siliconato.

(a) (b)

Figura 5.8: Nelle immagini vengono rappresentati diversi angoli di contatto con diversi trattamenti di superficie. (a) Goccia di cristallo liquido E7 senza nessun trattamento di superficie. (b) E7 con trattamento di superficie di PTFE

Il trattamento di superficie deve essere correlato al tipo di cristallo liquido utilizzato per massimizzare l’angolo di contatto; per il cristallo liquido DSCG abbiamo utilizzato uno strato sottile di olio siliconico, in quanto il cristallo liquido a base acquosa viene respinto dall’olio. In quanto questo cristallo liquido è contenuto in soluzione acquosa, nella fattispecie dal 4% al 14%, come si può vedere in figura 5.14, si usa l’effetto di coalescenza che consiste nella non miscibilità dell’acqua nell’olio. Per questo fenomeno, aumenta in modo l’angolo di contatto.

Per la deposizione dell’olio siliconico sul campione di Niobato di Litio è stata usata la tecnica dello spin-coating. Questo ci ha permesso di poter controllare lo spessore del film in modo molto accurato, andando a controllare le velocità dei giri dello spin-coating[66]. Per effettua- re la deposizione dell’olio si è iniziato con una velocità dell’ordine di 100 RPM per deporre un primo strato sottile in modo omogeneo sulla superficie. In seguito, per ottenere il film sottile si è dovuta utilizzare una velocità di 3000 RPM per 30 secondi che ci ha permesso di ottenere un film di 20µm di spessore. Prima di effettuare le deposizioni di film sottili di olio, si è resa necessaria la pulizia della superficie del substrato; in particolar modo era necessario eliminare i residui di tipo organico come l’olio precedentemente usato, per questo è stata utilizzata una soluzione piranha (la procedura è descritta nella sezione 7.5). Con questo trattamento di superficie del substrato, con DSCG sono stati ottenuti buoni risultati come illustrato in figura 5.13.

In seguito, quando sono stati utilizzati i cristalli liquidi di tipo termotropici o di tipo ferro- elettrico, è stato necessario utilizzare un trattamento più complesso. Come si può vedere in figura 5.8, il trattamento di PTFE [67, 68] influenza moltissimo l’angolo di contatto; infatti

5.4. TRATTAMENTO DI SUPERFICIE 73

siamo passati da un angolo di circa 30◦C ad un angolo di 85 ◦C, nello specifico si è quindi duplicato l’angolo di contatto.

Per il trattamento della realizzazione di un film di tipo fluoridrico è necessario utilizzare tecniche di fotolitografia e sistemi di controllo di atmosfera.

Il film utilizzato è realizzato con un film polimerico composto da una miscela di un polimero 95% e dal suo fotoiniziatore irgacure 651. Per realizzare il film è stato necessario trovare un polimero con le seguenti caratteristiche: l’ottimizzazione dell’angolo di contatto, la tenuta in temperatura in quanto i cristalli liquidi ferronematici hanno questa fase in un range di temperatura dell’ordine di 100-150 ◦C [69] che verrà illustrato più precisamente nella sezio- ne 5.9, la possibilità di essere deposto in film sottili e la compatibilità con la superficie del Niobato di Litio.

L’aspetto della temperatura è necessario in quanto il cristallo liquido R734 ha la necessità per entrare in fase nematica di essere scaldato fino alla temperatura di transizione di 200◦C ed in seguito essere raffreddato fino a 130 ◦C nella sua fase nematica.

I due aspetti meccanici cioè la realizzazione di un film sottile in quanto necessario per il fatto di non limitare l’influenza delle cariche elettriche prodotte nel Niobato di Litio, come si può vedere in figura 5.4a, e la possibilità di poterlo depositare correttamente sul Niobato di Litio, hanno reso necessario l’utilizzo di tecniche di trattamento di superficie a base di soluzioni piranha e la polimerizzazione in atmosfera controllata.

x10

x5

(a) (b) (c)

Figura 5.9: In queste foto è stata analizzata la quantità di PTFE; per questo è stato utilizzato al microscopio ottico. (a) La foto riporta dei piccoli cristalli di idracure indesiderati; è stato inoltre riportato un ingrandimento di un cristallo per confermare l’analisi. (b) Foto dello stesso campione fatta sotto luce polarizzata incrociata dove si possono vedere i cristalli molto nitidamente. (c) Foto di un altro substrato con concentrazione del 2.5% di idracure dove si può notare la quasi assenza dei cristalli.

Questo metodo è già stato utilizzato in altri lavori come descritto nel capitolo 2.2 in quanto il cristallo liquido ferroelettrico ha caratteristiche simili ai cristalli liquidi in soluzio- ne acquosa. Per questo, è stata optata questa soluzione già precedentemente provata con successo. Le miscele utilizzate come primo tentativo sono composte come segue in tabella.

Tabella 5.1

Mix 1 Mix 2 Mix 3 Unità

Fluorolink MD700 95 90 80 [%]

Diclorometano 2.5 5 10 [%]

Irgacure 651 2.5 5 10 [%]

74 CAPITOLO 5. ELECTROWETTING

comunque necessario tener conto che le altre miscele possono tornarci utili in altre prove in quanto le loro caratteristiche risultano interessanti per i trattamenti di superficie. La miscela ottenuta con il 2.5% risulta interessante quando si vogliono realizzare strati molto sottili di qualche centinaia di micron di spessore. La miscela con 10% di idracure ha caratteristiche meccaniche molto interessanti e resistenti in caso di dilatazione termica del materiale su cui viene deposta. Per realizzare la deposizione di questo polimero in uno strato sottile di film è necessario utilizzare la tecnica dello spin-coating; essendo una miscela densa pone particolari problemi nella lavorazione in quanto fa difficoltà a rientrare negli aghi delle siringhe. Inoltre tale deposizione deve essere effettuata in una stanza con la luce controllata; nella fattispecie utilizziamo una illuminazione con luce rossa in quanto tale illuminazione non possedendo luce ultravioletta non inizia la polimerizzazione in modo non controllato in quanto se la stanza fosse illuminata con una luce bianca contenente UV la miscela appena mescolata con il fotoiniziatore inizierebbe a polimerizzare nel contenitore.

Prima della deposizione sul vetrino della miscela dovrebbe essere effettuata una pulizia pro- fonda del vetro; nella fattispecie dovrebbe essere effettuata tramite tecnica di pulizia ozono- UV o plasma-UV. Nel nostro laboratorio abbiamo usato un metodo alternativo sfruttando la soluzione piranha come visto nella sezione 7.5. Questa tecnica da gli stessi risultati ma ha lo svantaggio di essere molto più onerosa e più difficile da intraprendere in quanto essendo un lavaggio chimico necessita è più complesso di un semplice irraggiamento in atmosfera controllata e il controllo della qualità deve essere molto più sottile per ottenere gli stessi risultati.

Dopo aver pulito la superficie viene effettuata la deposizione vera e propria in due fasi: nella prima fase viene deposto il polimero in quantità sul campione ed in seguito viene effettuato un primo spin-coating a velocità bassa, all’incirca 200 RPM. Questa fase ci permette di po- ter coprire tutta la superficie in modo omogeneo ma con uno strato spesso. Nella seconda fase viene effettuato uno spin-coating all’incirca 3000 RPM per 30 secondi; questo secondo passaggio ci permette di ottenere lo strato sottile di film in quanto viene rimosso tutto il materiale in eccesso e combinato al primo passaggio ci permette di avere tutta una superficie omogenea.

Per il controllo della qualità del film sfruttiamo il principio della frange di interferenza ad anelli di Newton; idealmente non si dovrebbero vedere questo tipo di interferenze ma nella fattispecie le piccole interferenze del film si riescono a vedere per le leggere imperfezioni del film dove ci sono granelli di polvere. Idealmente per eliminare queste imperfezioni dovute alla polvere sarebbe necessario effettuare la preparazione del campione all’interno di una glove-box.

In seguito alla deposizione del film sopra al campione è necessario utilizzare una fase di polimerizzazione: per questo, deve essere utilizzata della luce UV e deve essere garantito all’intorno del campione un’assenza di ossigeno; per tale motivo si usa una cameretta con atmosfera controllata. Aria Azoto Vuoto Cameretta Plexiglass Sample Luce UV (a) (b)

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